Ma i transgender rimangono esclusi dal provvedimento.
(La Stampa) La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, a maggioranza democratica, ha votato un provvedimento che difende i lavoratori gay e mette al bando la discriminazione sul luogo di lavoro in base all'orientamento sessuale. La legge è passata con 235 voti a favore contro 185 contrari, numeri che tuttavia non consentono di scongiurare un possibile veto del presidente George W Bush. Per impedirlo, infatti, sono necessari i due terzi dei voti. "Questo è un giorno storico - ha dichiarato la Presidente della Camera Nanci Pelosi - Non c'è posto per la discriminazione in America".
Ma l'"Employment non-discrimination act" non ha mancato di sollevare polemiche tra le associazione che difendono i diritti degli omosessuali. Sebbene, infatti, il provvedimento metta fuorilegge la discriminazione dei lavoratori "gay, lesbiche e bisessuali", non include i transgender. I transessuali erano in realtà nominati nel disegno di legge originale, ma sono stati esclusi per consentire al provvedimento di avere maggiori possibilità di essere votato anche dai parlamentari democratici più moderati e conservatori.
La nuova legge, almeno secondo un sondaggio commissionato da Abc News e Washington Post, non dispiacerà all'opinione pubblica americana: il 55 per cento degli intervistati si è detto, infatti, favorevole alle unioni civili tra omosessuali in grado di garantire alle coppie gay gli stessi diritti di quelle eterosessuali unite in matrimonio, come copertura assicurativa, eredità e reversibilità della pensione. I risultati dell'indagine mostrano un notevole incremento rispetto ai dati del 2006, quando solo 45 americani su cento si erano dichiarati favorevoli alle unioni gay, e fa segnare un vero e proprio record: il precedente primato era stato registrato nel 2004 (51 per cento).
(Zenit.org).- La Santa Sede ha levato la propria voce per chiedere di difendere giuridicamente gli immigrati, in particolare le donne e i minori, che spesso diventano vittime impotenti di abusi sessuali o delle reti della prostituzione.
La rivendicazione è stata presentata dalla guida della delegazione vaticana, l’Arcivescovo Manuel Monteiro de Castro, Nunzio apostolico in Spagna, nel corso della conferenza dei Ministri europei della Giustizia svoltasi il 25 e il 26 ottobre nell’isola di Lanzarote, nell’arcipelago delle Canarie.
Il rappresentante papale, nel suo intervento, pubblicato questo giovedì dalla Sala Stampa della Santa Sede, ha chiesto di garantire l’accesso alla giustizia agli immigrati e ai minori “perché siano rispettati i loro diritti e si possano prevenire o far scomparire eventuali forme di discriminazione”.
Il Nunzio ha denunciato che in Europa “queste persone, in un modo o nell’altro, subiscono forme di esclusione, di disuguaglianza di trattamento, sia nel mondo del lavoro che in quello dell’educazione e della formazione, o nell’assistenza sanitaria”.
Secondo monsignor Monteiro, “gli abusi, compresi quelli sessuali, che interessano i minori e gli immigrati, soprattutto le donne, pongono numerosi problemi di carattere morale e giuridico”.
“Si tratta di circostanze particolarmente penose se si tiene conto del fatto che riguardano persone indifese, i più deboli e che vivono lontano dal loro Paese, quasi sempre senza averlo scelto”, ha constatato.
In particolare, “il traffico di esseri umani colpisce soprattutto le donne ed è in aumento laddove sono deboli o negate le possibilità di ricongiungimento familiare, di miglioramento delle condizioni di vita o semplicemente di sopravvivenza”, ha denunciato.
“Queste situazioni facilitano l’azione criminale di trafficanti che offrono false speranze a vittime ignare di ciò che le aspetta, destinando donne e ragazze ad essere sfruttate praticamente come schiave e offrendo allo stesso tempo un’espressione concreta alla cultura edonista che promuove lo sfruttamento sistematico della sessualità”, ha affermato.