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domenica 30 dicembre 2007

Vaticano: perché c'è ruggine tra mons. Joseph Clemens e mons. Georg Gänswein.

(Agenzia Radicale) E' uno degli argomenti che i corrispondenti di lingua tedesca da Roma e dal Vaticano amano non trattare: la ruggine che divide mons. Joseph Clemens e Mons. Georg Gänswein. I due ecclesiastici hanno diversi tratti in comune: sono entrambi tedeschi, hanno frequentato il cardinale Joseph Ratzinger. Il primo, mons. Clemens, per dodici anni come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il secondo è stato al fianco di Joseph Ratzinger molto meno e lo ha visto eletto dall'aprile 2005 al ruolo ben più impegnativo di pontefice.
Certamente mons. Clemens è un vescovo, titolo non concesso a mons. Georg Gänswein (papa Wojtyla ha nominato vescovo il suo segretario mons. Stanislaw Dziwiz, ma nella fase finale del suo lungo pontificato). Mons. Clemens attualmente è segretario del Pontificio Consilum pro Laicis.
Alla sua ordinazione episcopale, sotto papa Wojtyla e impartitagli dallo stesso Ratzinger, era presente tra gli altri Raffaele Vignali, il presidente del network di piccole e medie imprese, diffuso anche all'estero, Compagnia delle Opere, nato da una costola in origine collocata dentro l'alveo di Comunione e Liberazione, il movimento facente capo a mons. Luigi Giussani, scomparso nel 2005 e sempre seguito con attenzione dal cardinale Ratzinger.
Mons. Clemens, assicurano i beni informati, anche dopo l'elezione a papa del suo ex superiore ha raccontato che ''mai '' lui aveva immaginato che potesse uscire dal Conclave del dopo Wojtyla vestito di bianco, come, nella realtà, è accaduto.
La bizzaria imprevedibile della storia, anche se letta in una chiave di fede cristiana, unita a una certa comprensibile invidia di mons. Clemens nei confronti del più giovane e più fortunato mons. Gänswein, aiutano a capire perché molti dei ''boatos'' che periodicamente puntano a mettere in difficoltà il segretario personale di Benedetto XVI, trovano la loro radici in circoli vicini a mons. Clemens o a funzionari della Curia Romana che si presentano in giro come suoi ''amici''.
Quel che c'è da sperare è che col 2008 queste interessati api impollinatrici trovino più difficoltà a essere credute all'ombra delle Mura Vaticane.

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Storie d’Italia: noi, che lottiamo perché i nostri figli disabili non siano come isole.

[i](Credits: [url=http://www.flickr.com/photos/jemsweb/5710092/]jemsweb[/url] by Flickr)[/i]
(Panorama) “Non siamo quelli che vanno in giro in carrozzina, non abbiamo un anziano non autosufficiente a carico, non ci portiamo dietro le conseguenze invalidanti di un infortunio sul lavoro. Siamo quelli che convivono con la disperazione, che ogni giorno confidano a un amico di volere farla finita o di voler porre fine alla sofferenza dei propri figli”. La tragedia della madre di Fano che poche settimane fa ha ucciso la figlia disabile o quella, più recente, della donna 60enne che a Rivoli ha colpito a morte in ospedale la figlia con gravi problemi psichici danno voce ai genitori di disabili gravi e gravissimi (psichici o fisici), riuniti dalla fine del 2006 in un Coordinamento nazionale.

“Nessuno di noi è stupito da quello che è successo a Fano”, confessa Pietro Stefani, referente per la Lombardia del Coordinamento. “Purtroppo l’esasperazione di quella madre la conosciamo bene. Una frustrazione che nasce non certo dalle gravissime menomazioni dei nostri cari né dalle cure che dedichiamo loro senza sosta, ma dal fatto che non possiamo contare sui più elementari diritti”. Una prigione fatta di indifferenza da parte delle istituzioni, di disorganizzazione da parte di chi dovrebbe fornire i servizi, di regole che cambiano da città a città, di silenzio da parte dei media.

Pietro Stefani è un ex carabiniere di 43 anni. Lui e la moglie, impiegata, hanno una figlia di 21 anni, disabile grave da quando ne aveva 3. Accanto a lei deve esserci qualcuno 24 ore su 24, un impegno che diventa inconciliabile con un’attività lavorativa a tempo pieno. “O meglio”, precisa Stefani, “che non lo sarebbe se i datori di lavoro rispettassero la legge, che in caso di ’stato di gravità’ di un familiare (articolo 3 comma 3 della legge numero 104 del 1992, ndr) prevede alcune agevolazioni. Dopo anni di permessi non concessi, orari rigidi e trasferimenti, sette mesi fa sono stato invitato a lasciare l’Arma. Allo stesso modo il 90 per cento dei genitori di disabili gravi è costretto a rinunciare al lavoro”.

I propri figli li chiamano “figli della Basaglia, quelli nati dopo la legge che ha giustamente chiuso i manicomi, ma che non è stata applicata nelle misure alternative che prevedeva e ci ha lasciati completamente soli”, continua il referente lombardo dei genitori. “Il problema non sono tanto i soldi o la pensione di accompagnamento. Non ci serve l’assistenzialismo, ma vogliamo poter decidere dei nostri ragazzi. Per noi la risorsa più preziosa è il tempo”. Dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 13, ci sono le scuole e gli istituti. Molti Comuni appaltano a cooperative a associazioni questo tipo di servizi. Ma il bello viene dopo. Non solo le visite mediche continue e la spola tra Asl e uffici. Ci sono il corso di nuoto, il provare a partecipare a un lavoro, un salto in biblioteca, una passeggiata in centro, ogni tanto una visita al parco giochi. “Cerco di far fare esperienze sempre nuove a mia figlia, trovare degli stimoli che le facciano fare progressi nel relazionarsi col mondo esterno. L’alternativa è seppellirla in casa. E noi con lei”, spiega Stefani e conclude: “Il mio sogno sarebbe poter inserire i nostri ragazzi nelle realtà cittadine, biblioteche, circoli, associazioni, negozi, uffici pubblici, magari affiancati da un genitore. Acquisterebbero più autonomia e il mondo sarebbe costretto a confrontasi con loro. Si parla tanto di integrazione…”.

La battaglia delle famiglie dei disabili gravi oggi ha un obiettivo preciso. L’equiparazione giuridica del loro impegno ai lavori usuranti e la possibilità di prepensionamento. Katia Bellillo ha presentato una proposta di legge che potrebbe rientrare nella legge sul welfare. Intanto il Coordinamento dei genitori ha raccolto 110 mila firme.
Per l’Istat sono circa 7 milioni le persone disabili in Italia, ma il dato è calcolato sulle pensioni erogate dall’Inps e comprende invalidi, anziani non autosufficienti, disabili di ogni tipo. Mentre le famiglie con figli disabili gravi e gravissimi sono circa 1 milione e 300 mila. “Siamo una minoranza”, dicono i rappresentanti, “ma mai come nel nostro caso è necessario prendere in considerazione l’intero nucleo familiare e non il singolo assistito. Noi siamo tutt’uno coi nostri figli, il disabile non è un’isola”.

LEGGI ANCHE: Esempi da copiare: la Locanda dei girasoli

Una manifestazione dei genitori di ragazzi disabili per il diritto alla scuola

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Fegiz svela i partecipanti a Sanremo, il 15 l'annuncio ufficiale. La Tatangelo e la canzone di D'Alessio sui pregiudizi contro gli omosessuali.

(Tvblog) Comincia l’attesa per conoscere i nomi dei concorrenti del prossimo Festival di Sanremo ed in attesa dell’annuncio ufficiale previsto non prima del 15 Gennaio, gran cerimoniere il solito Pippo Baudo, Mario Luzzatto Fegiz delinea oggi una prima attendibile lista di candidati ad entrare nella lista dei 20 che si sfideranno per vincere il Festival e usufruire della visibilità connessa alla manifestazione.

Non mancano nomi di una certa importanza fra gli aspiranti, anche se si conferma l’inevitabile assenza dei veri Big della musica italiana, quelli alla Vasco Rossi per intenderci che non hanno bisogno nemmeno del Festival di Sanremo 2008 per promuovere la loro musica. Raf, Gianluca Grignani, Ron, Loredana Bertè, Anna Oxa, Toto Cutugno, Samuele Bersani, Gerardina Trovato, Pacifico, Paola Turci, Max Gazzè, Simone Cristicchi, Alex Britti, Matia Bazar, Francesco Renga e Marco Masini sono in piena corsa, ma ci sono anche Massimo Ranieri e Peppino Di Capri pronti con un pezzo già inviato per provare ad entrare nella rosa dei concorrenti.

Quasi certo di partecipare il concittadino di Baudo e cantante jazz Mario Biondi, al quale è stata richiesta una canzone proprio dallo storico conduttore del Festival, così come il duetto Povia-Francesco Baccini, Anna Tatangelo (che propone un pezzo scritto con Gigi D’Alessio sui pregiudizi contro gli omosessuali) e Manuela Villa, fresca vincitrice dell’Isola dei Famosi che cerca così di rientrare nel giro della musica. Incuriosisce la proposta dei Quintorigo, già protagonisti qualche anno fa nella categoria giovani e orfani di John De Leo, che lavorano con la Banda Osiris per un pezzo molto particolare dal titolo “Isterica”. Non ci resta che attendere la lista dei 20 candidati e le solite polemiche aizzate dagli illustri esclusi.

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Giornalismo. Per Adnkonos la scrittrice Reay Tannahill muore due volte...

LETTERATURA: ADDIO A TANNAHILL, SCRITTRICE INGLESE CON LA PASSIONE DELLA STORIA.

Londra, 30 dic. - (Adnkronos) - La scrittrice inglese Reay Tannahill, autrice di ''Storia dei costumi sessuali'' e ''Storia del cibo'', bestseller internazionali tradotti in italiano da Rizzoli, e' morta a Londra all'eta' di 78 anni. La notizia della scomparsa e' stata diffusa dalla famiglia a funerali avvenuti con annunci sui giornali britannici. Dopo quasi vent'anni di ricerche, nel 1980 pubblico' ''Storia dei costumi sessuali. L'uomo, la donna, l'evoluzione della societa' di fronte al sesso'', in cui si proponeva di dimostrare come la sconcertante varieta' delle pratiche sessuali e delle idee che le varie civilta' hanno assunto nei confronti del sesso fosse un riflesso delle ideologie dominanti, ma anche come, parallelamente, la realta' del sesso avesse sempre contribuito in modo determinante a interferire nelle vicende storiche di ogni civilta'.

In precedenza aveva pubblicato ''Storia del cibo'' (1973), una delle prime grandi ricostruzioni sulla materia, un affresco storico documentato e scritto in maniera brillante dell'evoluzione della civilta' gastronomica: dai banchetti degli antichi Romani ai festosi pranzi del Rinascimento, fino all'introduzione dell'ora del the' in Inghilterra. ''Storia del cibo'' ha avuto tre diverse edizioni, l'ultima delle quali, aggiornata fino all'introduzione degli ogm nell'alimentazione, le e' valso nel 2002 il Premio letterario internazionale Chianti Ruffino Antico Fattore, attribuito a Firenze. Tannahill ha pubblicato tra gli altri saggi divulgativi ''Carne e sangue'' (1975), una storia del cannibalismo, ''Regency England'' (1964) e ''Parigi durante la Rivoluzione'' (1966).

Come narratrice, Tannahill ha prediletto il romanzo storico: ''A Dark and Distant Shore'' (1983) racconta una saga familiare che combina elementi di capolavori come ''Via col vento'' e ''Guerra e pace''; ''Il mondo, la carne e il diavolo'' (1985) e' ambientato nel Medioevo tra la Scozia, la Francia e Roma; ''Fatal Majesty'' (1998) e' dedicato alla regina Maria di Scozia.
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La stessa notizia venne diffusa dalla medesima agenzia di stampa il 1 dicembre scorso e da noi ripresa. Insomma quante volte è morta la signora Tannahill? Sono i brindisi in redazione per festeggiare il nuovo anno che fa combinare questi pasticci alla Adnkronos?

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Capodanno gay al sud.

(Napoligaypress) Numerosi sono gli appuntamenti per chi volesse allontanarsi di qualche chilometro per festeggiare l’inizio del nuovo anno. La Puglia in particolare è il luogo ideale per salutare l’anno vecchio, infatti è la location di una delle feste più interessanti.

In provincia di Bari, al Nautilus di Giovinazzo si festeggia con La Wanda Gastrica e Sophie Cointreau al “Red Party” organizzato da Novantagradi: dress code obbligatorio e risata assicurata!

A Roma invece ci sarà “Euphoria” il party di fine anno di autofinanziamento del Circolo Mario Mieli in collaborazione con Gaydar alla discoteca Qube: tre piani, 10 ore di musica, 13 dj, 5 live show (con imperdibili drag e peep show), 18 dancer e gogo e mega dark room.

Per chi si vuole allontanare un po’ di più, a Catania troverà “l’unico grande veglione di San Silvestro” al Pegaso Circus organizzato dal Gruppo Pegaso

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Spagna, due milioni al Family Day. Per il cardinale Rouco Varela il matrimonio omosessuale è una marcia indietro per i diritti umani.

(Wikinews) Sono oltre due milioni i partecipanti alla Manifestazione per la famiglia che si è tenuta oggi a Madrid, la capitale della Spagna, in plaza de Colón. La versione iberica del "family day", dedicata alla "Famiglia Cristiana", ha visto una partecipazione di massa dei cattolici del paese, con moltissime critiche alla politica del governo, guidato da José Luis Rodríguez Zapatero; l'arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio María Rouco Varela, intervenendo alla manifestazione, ha detto che il matrimonio tra persone dello stesso sesso e il divorzio veloce (in discussione anche in Italia) rappresentano una marcia indietro per i diritti umani.

Anche il cardinale di Valencia, Agustín García-Gasco Vicente (creato cardinale nel concistoro del 24 novembre scorso), ha attaccato alcune consuetudini sociali, come la cultura del laicismo, una frode che conduce ad atti come l'aborto, mentre il porporato di Toledo, Antonio Cañizares, ha parlato di gravi attacchi per il futuro della società.

Nel corso della manifestazione sono stati trasmessi alcuni video di Giovanni Paolo II, per poi seguire in diretta l'Angelus di papa Benedetto XVI da Piazza San Pietro, alle ore 12:00; nel corso della preghiera, Ratzinger, mentre si rivolgeva nelle varie espressioni linguistiche, ha salutato tutti i partecipanti all' acto por la Familia Cristiana.

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"Carla Bruni è la mia musa. Ho battuto Sarkozy sul tempo".

(Luca Telese - Il Giornale) In fondo è molto semplice: il francese innamorato dell’Italia ha scritturato l’italiana che si è innamorata del Francese. Ma lui, Olivier François, l’amministratore della Lancia ha davvero trovato sotto l’albero un regalo di Natale insperato. In tempi non sospetti, per pubblicizzare la sua Musa, ha avuto l’idea di arruolare Carla Bruni. E oggi lei è diventata la diva del momento, la cantante più glamour, la nuova first lady dell’Eliseo, ovvero l’oggetto del desiderio dei rotocalchi di mezza Europa. Così François, con ironico puntiglio precisa: «A voler essere esatti sono un francese a Torino, che ha perso la testa per una torinese a Parigi».

Sta di fatto che a gennaio del 2008 la Musa, la «City Limousine» del più prestigioso marchio Fiat sarà sostenuta da una campagna pubblicitaria che ha per protagonista proprio la Bruni. E dopo poco arriverà una seconda serie: stessa protagonista, ma nuovo soggetto (con Carla che alla «vecchia» Limousine fa il funerale!). «Non sono spot - precisa François - ma micro film: piccoli capolavori girati da un giovane talento, Ago Panini. Quando uscirà il suo primo lungometraggio, Aspettando il sole, ne risentirete parlare. Raul Bova e altri attori italiani hanno recitato gratis per lui». Per ora parlano i corti della Musa: tutti girati nel clima polare di Budapest, in soli quattro giorni, per una brillante intuizione del primo «straniero» della nuova Fiat, che racconta queste storie incrociate con il sorriso sulle labbra.

François è un vero personaggio: da giovane voleva fare la rockstar, poi è diventato produttore, poi si è reinventato venditore, quindi ha lavorato da creativo, infine manager. Quando era numero uno della Citroën-italia ha persino pubblicato un libro di poesie. La leggenda vuole che un giorno Marchionne lo incontri e gli dica: Credo più in un manager che scrive poesie che in uno che non le legge. Vuol venire alla Fiat?

Sarkozy ha passato un weekend con la Bruni in Egitto, lei a Budapest... Siete molto invidiati, lo sa?
(Ride) «Se dovessi inseguirla su questo terreno dovrei dire: ci siamo stati tre notti... ».
Quando ha scelto la Bruni poteva lontanamente immaginare che sarebbe passata da diva a first lady prima della campagna?
«Assolutamenteno! L’idea ci è venuta nel marzo scorso... Credo che allora né Carla né Sarkozy sapessero cosa sarebbe accaduto... ».
Lei è un suo antico sogno...
«Sì. Il mio amore per Carla nasce in un’altra vita, all’inizio degli anni novanta, quando facevo il discografico».
E lei era «solo» top model...
«Ma da noi già celebre. La sentivo, con quel suo tono inconfondibile, e dicevo: questa onna è fantastica, deve cantare canzoni, incidere un disco!».
Carla a quel tempo non ci pensava proprio...
«Anzi, diceva: "La musica non fa perme,sono stonata". Capisce? Visto quel che è successo poi, è pazzesco».
È approdata alla musica molti anni dopo.
«Ma io non avevo più la casa discografica, ahimè».
Però la sua passione è cresciuta...
«La sua scelta è stata coraggiosa. Era al top nel suo campo, e si è rimessa in gioco in un altro. Tornando al top. È raro ».
Cosa piace della Bruni ai francesi?
«Tutto».
E agli italiani?
(Ride) «Lo stesso, direi».
Cosa consiglia a chi la vuol conoscere meglio?
«Senta il suo disco, Quelqu ’un m’a dit. Sublime».
Come spiega che un’italiana abbia più successo in Francia che da noi? «Ma da noi Carlabrunì è considerata di fatto francese!».
Davvero?
«È una donna colta, una che cita un libro in ogni frase, che parla il francese meglio dell’italiano... che scrive testi per altri cantanti di successo come Julien Clerc...».
Noi la conosciamo meno.
«È un’intellettuale à la page. Incarna al meglio l’italianità, l’eleganza, il temperamento: tre doti che sognavo di vedere incarnate per raccontare la Musa».
Ha dovuto corteggiarla molto perché accettasse?
«A esser sincero non speravo di riuscire a convincerla. Alla Lancia siamo letteralmente sommersi di agenti che ci propongono possibili testimonial mentre lei... ».

Non è un tipo facile?
«Non aveva la minima intenzione di fare pubblicità, ed è - ovviamente - l’ultima persona che ha bisogno di denaro».
Chi era la riserva?
«Non c’era! Mi proponevano tutte le stelle di Hollywood, ma il cortometraggio era nato per lei. Senza lei avremmo cambiato soggetto».
La diva che arriva di notte, scalza, vestita di lamè, sembra che sia su una limousine e che invece a sorpresa...
«...è nascosta dietro il macchinone. Nella sua Musa, ovviamente. Quando mi venne l’idea dello spot, avevo in testa una canzone, Bang bang, e sognavo che la cantasse lei».
Dopo di che doveva «solo» convincerla.
«Mi ha dato appuntamento a Parigi, nella sua bella casa nel XVI arrondissement, che è anche il mio quartiere».
E poi?
«Mi sentivo come... Cenerentola a Corte. Le ho raccontato il soggetto, le ho detto che non volevamo una réclame, ma una piccola opera d’arte... ».
E cos’è successo?
«È rimasta silenziosa. Poi è salita in camera, ha preso la chitarra, è tornata giù e si è messa a suonare gli accordi di Bang bang. Capisci?».
Ha accettato.
«Sì, ma con una condizione che si può concedere solo alle dive». Ovvero?
«Se il cortometraggio non le fosse piaciuto si buttava nel cestino e non si faceva nulla».
Pazzesco...
«No, giusto. Quando le abbiamo mandato il prototipo, però, non stavo nella pelle».
E lei che ha detto?
«Mi ha chiamato e mi ha detto scherzando: "Oliver, è venuto così bene che quasi ti perdono tutto il freddo che ho preso a Budapest!"».
Molto Diva...
«No, molto molto professionale. C’erano 4 gradi! Ero convinto che avremmo dovuto rinviare. Invece lei, senza controfigura, ha girato tutto scalza e seminuda».
Che tipo è vista «da vicino»?
«Una che dopo tre ore di set si infila un maglione e si mette a raccontare barzellette sofisticate alla troupe».
E per il lancio della nuova Delta chi prende come testimonial, Sarkozy?
(Ride di gusto) «Ah be’,provare non costa nulla... ».
A lui cosa farebbe cantare?
«Guardi, mi considererei fortunato se Carla dicesse sì a una terza serie. Ma dovrebbe proprio farci un regalo».
Gabbana l’ha convinto al tris...
«Lui ormai è un amico».
Quanto vale Carla Brunì?
«È difficile quantificare: abbiamo trasmesso solo quattro giorni di anteprima dello spot all’uscita della Musa».
Risultato?
«Ottimo: più 10%!».
E perché il resto della campagna va in onda a gennaio?
«In primo luogo Perché Carla non rappresenta solo la Musa, ma lo spirito che vogliamo dare a tutta la Lancia: moderna, sofisticata, intrigante... ».
E poi?
«Ci siamo tenuti il meglio per dopo le feste. Cioè ora».
Se il dato resta quello?
«Vado a piedi in Francia»
A Lourdes?
«No, a casa di Carla».

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Sui divorziati, gli omosessuali e le donne i cattolici canadesi puntano il dito contro Roma.

(Gionata.org via Adista) "Assistiamo, attualmente, ad uno dei più grandi suicidi istituzionali della storia: quello della Chiesa cattolica in terra di libertà!". È l’amaro commento di Jean-Paul Lefebvre cofondatore di Culture et Foi, rete laica di riflessione sulla Chiesa postconciliare – all’acceso dibattito innescato in Québec dalla Lettera aperta del card. Ouellet del 22 novembre scorso (v. Adista n. 85/07). Tra disapprovazione e sostegno, le parole del cardinale canadese sono state comunque l’occasione per una sofferta riflessione all’interno della gerarchia del Paese sulle responsabilità della Chiesa. E soprattutto su quelle vaticane. Per il missionario canadese Claude Lacaille, Ouellet, sulle orme di Giovanni Paolo II, non ha fatto altro che confessare "i peccati della Chiesa nel passato". Ma, a giudizio di Lacaille, il cardinale ha avuto poco coraggio nel leggere la realtà attuale: cosa dire, infatti, "dei peccati attuali nella Chiesa del pensiero unico, autoritaria e imposta da Roma? Lo chiedo all’arcivescovo del Québec: Chiesa, cosa ne hai fatto del Concilio? Perchè il silenzio di piombo, la mancanza di opinione pubblica, la scomparsa della collegialità episcopale, la messa all’indice di moltissimi teologi, la condanna reiterata alla Teologia della liberazione, l’esclusione dei divorziati e degli omosessuali, senza dimenticare il rifiuto totale dell’uguaglianza tra uomini e donne?". Oltre a costituire una critica sterile perchè rivolta solo al passato, secondo Raymond Légaré – filosofo e portavoce della rete Culture et Foi – i mea culpa di Ouellet sono una "causa persa in partenza", perchè il cardinale è "isolato", poiché "manca di sostegno" all’interno della Conferenza episcopale canadese e soprattutto tra i cattolici del Paese. Il "vuoto spirituale" in cui sarebbe caduto il Québec e di cui parla Ouellet nella sua lettera aperta si limita così a "gettare discredito sulle generazioni precedenti". "Fisso sul pentimento", ha spiegato ancora Légaré, il cardinale "ha taciuto i principali motivi di vanto della Chiesa del Québec". In sintonia con queste recriminazioni è anche il messaggio di Gérard Laverdure, già direttore dell’Acat-Canada (Action des Chrétiens pour l'Abolition de la Torture) e operatore pastorale nella diocesi di Montreal. "Abusi di potere, mancanza di rispetto delle coscienze, discriminazione verso le donne, gli omosessuali, i poveri. Ciò che bilancia questo passato è il grande coinvolgimento dei religiosi e delle religiose, dei parroci e di una folla di laici accanto ai poveri e gli esclusi". In Québec "c’è grande sete spirituale e un’intensa ricerca, non solo materialismo. È ampio il coinvolgimento profetico nel servizio per la giustizia, la condivisione, la pace, la libertà e la dignità umana, il rispetto della vita e dell’ambiente, proprio qui, di fronte al capitalismo selvaggio, inumano e ateo che domina il mondo". È ancora una volta su questo aspetto che Laverdure critica Ouellet: perché le responsabilità dello scenario fatto dal cardinale non sono da attribuire al popolo del Québec, ma gravano sulle spalle della Chiesa di Roma, la quale è chiusa ad ogni tentativo di riforma su questioni spinose come, ad esempio, "l’affidamento di ruoli alle donne nella Chiesa", oppure "l’accoglienza delle coppie separate-divorziate e degli omosessuali". "Se tutto si decide a Roma come ai tempi dell’Impero Romano – ha concluso – tutto si ferma e non c’è speranza di cambiamento". Che la Chiesa di Roma sia conservatrice ed assimilabile ad un "museo che conserva i tesori del passato" è anche l’opinione di Lacaille: "Mi si stringe il cuore quando vedo alla televisione queste cerimonie medioevali che si perpetuano in Vaticano; tutto questo non ha niente a che vedere con quell’Ebreo emarginato che era Gesù né con il suo vangelo per i poveri". La gerarchia della Chiesa cattolica, ha affermato Jean-Paul Levebvre, "ha perso contatto con quello che chiamiamo Popolo di Dio. Il Vaticano controlla tutto, decide tutto. I vescovi non possono più dire quello che pensano". E i fedeli si allontanano a causa della "discriminazione verso le donne" e del "rifiuto d’adattarsi al codice morale storicamente imposto dalla Chiesa in materia di sessualità". Le responsabilità storiche, ha concluso, "non sono dei milioni di credenti che avranno abbandonato la Chiesa, ma di chi li farà fuggire dalle chiese, incapaci di comprendere che la pastorale e la cultura religiosa devono evolvere in simbiosi con l’evoluzione dell’umanità". E pensare che, nel 1966, l’allora professor Ratzinger aveva affermato: "La coscienza è il tribunale supremo ed ultimo della persona umana, anche al di sopra della Chiesa ufficiale; ed è a lei che dobbiamo obbedire".

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I calciatori più belli e le riviste gay.

(Calcioblog) Ricardo Kakà amatissimo dalle donne? Indubbiamente sì ma anche dai gay brasiliani che hanno eletto il campione del Milan il calciatore più bello del mondo in una classifica che vedeva al secondo posto David Beckham seguito da Francesco Totti. Insomma, è il caso di dire Tutti Pazzi per Kakà.

La classifica è confermata dal quotidiano O Globo, dal sito Globoesporte e dalla rivista omosessuale GMagazine. Quest’ultima pare sia sommersa di migliaia di lettere che vorrebbe veder ritratto il centrocampista brasiliano Pallone d’Oro senza veli.

Logicamente, anche per motivi religiosi, anche di fronte a cifre astronomiche (di cui intendiamoci non credo abbia bisogno) Ricardo Kakà non accetterà mai e allora la rivista avrebbe addocchiato un sosia che nel numero di febbraio apparirà come mamma l’ha fatto sulle pagine di GMagazine. Tra l’altro, il periodico in passato ha pubblico fotografie osè di calciatori brasiliani: tra questi il portiere Roger, il centrocampista ex interista Vampeta, l’attaccante Dinei, i portieri Fabiano Borges e Rafael Cordova e Tulio, giocatore del Vila Nova.

Dopo l’ammirazione di tutti i tifosi del bel calcio per Kakà arriva anche questo insolito riconoscimento: essere diventato un’icona gay sorpassando il vincitore di sempre Beckham. Il fantastico 2007 si conclude con questa chicca divertente ma pur sempre segno di una stima che va oltre il gioco del calcio.

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Elezioni Usa: Casa Bianca a sorpresa.

(Marco De Martino - Panorama) Tutte le strade portano alla Casa Bianca, anche quelle che passano per la Cina, dove ha appena fatto tappa Michael Bloomberg. Mentre Rudolph Giuliani in New Hampshire lanciava il suo ultimo spot contro l’immigrazione clandestina, il sindaco di New York era a Shanghai a elogiare il contributo dei lavoratori cinesi all’economia globale. E nelle stesse ore in cui, pochi giorni dopo, Hillary Clinton era impegnata nell’ennesima cena di sostegno alla campagna in California, Bloomberg era a Bali a discutere di cambiamenti del clima.

Prima ancora, il sindaco di New York era andato in Messico, Gran Bretagna, Francia. Sempre accanto a lui Kevin Sheekey, il suo consigliere politico, del cui gruppo fanno parte specialisti pronti a inserire il nome del sindaco sulle schede elettorali di 50 stati americani.
I suoi confidenti dicono che, vedendo candidati rissosi e senza grandi qualità, Bloomberg si senta sempre di più l’uomo del destino. Moderato, centrista e pragmatico, lo scorso giugno ha lasciato il Partito repubblicano, nelle cui file era stato eletto sindaco dopo una vita passata a votare democratico. “Bloomberg è convinto che l’America abbia bisogno di uno come lui e le sfide lo affascinano: sarebbe un grande presidente” dice a Panorama Mitchell Moss, docente della New York University, che è stato un consigliere del sindaco.
Bloomberg prenderà una decisione subito dopo il 4 marzo, data del voto nelle primarie del Texas, quando secondo molti si sapranno i nomi dei candidati in corsa. E la discesa in campo dell’imprenditore che per diventare sindaco spese 161 milioni di dollari, e che per la presidenza ha pronto un budget da 1 miliardo, potrebbe essere la maggiore sorpresa in preparazione della più aperta campagna presidenziale americana a memoria d’uomo.
“È come se fossimo in un’atmosfera prerivoluzionaria: chiunque è in vantaggio rischia di essere travolto da elettori arrabbiati, non solo con il presidente ma anche con il Congresso e i propri partiti” spiega a Panorama il politologo James Zogby, la cui agenzia di sondaggi misura il polso all’opinione pubblica americana. “E la lunghezza delle campagne dà tempo alla gente di stufarsi dei candidati”.
Le sorprese fanno parte della politica americana da sempre. Nel 2004, a questo punto delle primarie democratiche, tutti davano per vincitore Howard Dean. E quando vinse John Kerry venne coniato lo slogan: “Fidanzato con Dean, sposato con Kerry”. Ma quest’anno le fidanzate che gli americani sembrano volere mollare sono molte di più.
A rischio è Hillary Clinton, che pure riteneva la sua candidatura inevitabile e che potrebbe perdere tutti e quattro i primi appuntamenti elettorali: in Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina. Lo stesso rischia Giuliani, che teme di non vincere nulla sino all’appuntamento in Florida del 29 gennaio.
Pure i candidati che ora sembrano in ascesa potrebbero rivelarsi l’infatuazione di una stagione. Mike Huckabee, l’ex pastore battista che al ritmo della sua chitarra rock fa campagna tra i repubblicani nel religiosissimo Iowa, sta rivelando i suoi limiti soprattutto in politica estera. Lo stesso si può dire di Mitt Romney, che guida il partito dell’elefante in New Hampshire: oltre alla fede mormona deve scontare i suoi cambiamenti di rotta sull’aborto. O del democratico Barack Obama, che da sempre è gravato dalla sua inesperienza, ed è emerso nei sondaggi solo dopo che Hillary Clinton ha cominciato ad attaccarlo ingiustamente.
“I candidati la cui personalità piace agli elettori hanno seri problemi di inesperienza, quelli che appaiono competenti soffrono di problemi di antipatia” riassume Larry Sabato, professore all’Università della Virginia. Altri parlano apertamente di fattore Sob, che sta per ’son of a bitch’, ovvero figlio di… È una sindrome di cui soffrono in particolare Hillary, che nei sondaggi emerge regolarmente come il candidato più detestato (pensa male di lei il 49 per cento degli americani), e Giuliani, che detiene questo record fra i repubblicani (38 per cento la sua percentuale di negatività).

A Hillary gli elettori imputano freddezza e arroganza: “È ovvio che vincerò” ha detto quando le hanno chiesto se avrebbe sofferto in caso di sconfitta. Giuliani ha problemi anche più grossi: due figli che non gli parlano più, tre matrimoni, una personalità napoleonica e una serie di scandali che non finisce mai. “Ineleggibile” lo ha giudicato Charlie Cook, che compila per il National Journal l’autorevole Cook report.
Ovviamente non è vero: gli americani hanno portato alla Casa Bianca personalità anche più problematiche, per esempio Richard Nixon. Ma piano piano stanno cominciando a cadere le ragioni legate alla sicurezza nazionale che rendono più sopportabili gli antipatici. “Più la guerra in Iraq va meglio, meno si sente la necessità di avere alla Casa Bianca un duro” spiega Sabato.
In effetti tra giugno e novembre la percentuale di americani che citano l’Iraq tra le loro preoccupazioni è scesa secondo un sondaggio del Wall Street Journal di 8 punti percentuali. E tra le principali vittime del successo della strategia di George Bush e David Petraeus a Baghdad ci sono proprio i politici la cui nomination appariva scontata. Giuliani, il quale aveva scommesso che la sua fama di sindaco dell’11 settembre avrebbe fatto dimenticare agli elettori repubblicani le sue posizioni sull’aborto e sui diritti dei gay. E Hillary, che negli anni da senatore aveva metodicamente coltivato l’immagine di falco in politica estera.


A rendere il pronostico elettorale ancora più difficile sono i cambiamenti di opinione di un elettorato sempre meno fedele. Prime a tradire Hillary sono state le donne, che alla sua immagine quasi thatcheriana sembrano ora preferire l’approccio autobiografico di Obama, che non si stanca di ripetere: “So cosa significa essere cresciuto da una donna costretta a tirare da sola la carretta, senza alcun aiuto dal marito”.
Anche gli afroamericani, che pure considerano Bill Clinton il primo presidente “nero” della storia, si stanno riallineando dietro Obama. A convincerli è la sua ascesa in Iowa e New Hampshire tra i bianchi: proprio loro sono i primi a temere che gli Stati Uniti non siano pronti a un presidente nero.
È possibile che Hillary e Giuliani ce la facciano comunque: dopotutto nei sondaggi nazionali (che secondo gli esperti contano poco) i due sono ancora in vantaggio. Ma anche se ciò accadesse, i problemi non sarebbero certo finiti. Soprattutto per Giuliani, il candidato più distante dagli elettori evangelici che hanno minacciato, in caso di una sua nomination, di presentarsi con un terzo partito.
“Non credo che arriveranno a una misura tanto drastica, ma certamente molti non andranno a votare, come hanno già fatto in passato” è la previsione di Michael Lindsay, sociologo della Rice University e autore del saggio sulla crescita degli evangelici La fede nelle stanze del potere.
Secondo Lindsay, anche Romney avrebbe lo stesso problema. “Per loro l’unica sarebbe scegliere al più presto un vicepresidente evangelico come Huckabee. Anche in questo caso però è molto probabile che ci sia una emorragia di voti, anche verso i democratici”.
La nomination di personalità polarizzanti come Hillary e Giuliani renderà più probabile la candidatura di un indipendente. Ci pensa Ralph Nader, che già rovinò la festa di Al Gore nel 2000. E potrebbe essere tentato Lou Dobbs, l’anchorman della Cnn che ha fatto della guerra contro l’immigrazione clandestina la sua bandiera.
Ma soprattutto la nomination di Hillary e Rudy porterebbe Bloomberg a scendere in campo, mentre una sua candidatura sarebbe meno probabile se prevalessero candidati più propensi alla riconciliazione nazionale come Romney e Obama.
Nel 1992 il miliardario Perot prese quasi il 19 per cento dei voti, Michael Bloomberg potrebbe andare ben oltre. «Più l’economia diventa il tema dominante della campagna, più la corsa si apre» spiega il suo amico Mitchell Moss. “Però se il sindaco scenderà in campo sarà solo perché è sicuro di vincere”.

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Roma. Al Teatro Eliseo una "Vedova scaltra" con un calice di vino bianco per il pubblico.

(Adnkronos) - Un buon assaggio di vino prima dell'inizio dello spettacolo. In occasione del la Prima della'' Vedova Scaltra'' l'8 Gennaio e della Prima dell'Otello'' il 12 Febbraio al Teatro Eliseo si potra' gustare un buon bicchiere e poi sedersi in poltrona per assistere allo spettacolo. In seguito a un accordo con Vincenzo Monaci, Presidente dell'Eliseo e appassionato di vini che produce lui stesso con un buon successo, il Consorzio DocFriuli Grave ha ottenuto di poter presentare alcune delle etichette del territorio nel corso di due ''prime'' di grande rilievo.

La sera dell'8 gennaio, infatti, i vini delle Grave ''bagneranno'' l'esordio de ''La vedova Scaltra'', celebre commedia del grande Carlo Goldoni, rivisitata da Lina Wertmuller, regista di alcuni dei piu' bei film degli ultimi decenni . Una commedia fresca e ricca di quella briosa sensualita' che rappresenta la cifra stilistica di Goldoni e che ben si addice al talento della Wertmuller, regista molto amata anche oltreoceano grazie al successo di alcune pellicole ''cult'' come ''Pasqualino Settebellezze'' e ''Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto'' .

Con le scene e i costumi di Enrico Job e l'interpretazione di Raffaella Azim, ''La Vedova Scaltra'' e' uno degli eventi teatrali piu' attesi della prossima stagione. Per l'occasione per il Consorzio presentera' una parata di alcune delle sue etichette piu' rappresentative e dei suoi vini piu' importanti: Pinot bianco, Refosco dal peduncolo rosso, Sauvignon, Traminer aromatico, Tocai friulano e Cabernet Sauvignon, arricchiranno con i loro profumi e colori il foyer dell'Eliseo.

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Angius: Nel Pd stallo su temi decisivi. Da Binetti pulsioni clerico fasciste.

(Apcom) - Nel Pd "constato lo stallo su temi decisivi come i diritti civili, la bioetica, i diritti degli omosessuali. La senatrice Binetti esprime pulsioni clerico-fasciste, un inaccettabile fanatismo che mi fa rabbrividire". Lo afferma Gavino Angius, dei socialisti, all'Unità. Angius si dice favorevole ad un confronto su questi temi: "Certo che auspico questo dialogo, anche perché conosco il grado di sofferenza di molti cattolici laici del Pd, militanti, dirigenti, elettori. E tuttavia su questi temi noi non demordiamo".

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L'"audience" di Papa Ratzinger perde i pezzi.

Sono oltre due milioni e ottocentomila i fedeli ed i pellegrini che hanno partecipato ad incontri pubblici con Benedetto XVI in Vaticano o nella residenza di Castel Gandolfo nel corso del 2007. Lo rende noto la Prefettura della Casa Pontificia. In particolare, alle 44 udienze generali del mercoledì hanno partecipato 729.100 pellegrini, alle udienze speciali 209.000 persone, alle celebrazioni liturgiche 442.000 fedeli, agli Angelus 1.450.000 fedeli, per un totale complessivo di 2.830.100 persone.

Fonte: Radio vaticana

Mezzo milione di visite in meno a Papa Ratzinger nel 2007 rispetto al 2006. E’ quanto emerge dai dati forniti dalla Prefettura della stessa Casa Pontificia. Sono stati infatti oltre due milioni e ottocentomila i fedeli ed i pellegrini che hanno partecipato ad incontri pubblici con Papa Benedetto XVI in Vaticano o nella residenza di Castel Gandolfo negli ultimi dodici mesi, a fronte dei tre milioni e 222 mila pellegrini dell’anno 2006.

Fonte: tendenze online / Apcom

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Buon cinema a tutti. Ecco i film che vedremo nel 2008.

[i](Foto: www.sweeneytoddmovie.com)[/i]

(Panorama) I festival più importanti del 2007 hanno sollevato una grande attesa per diversi film di qualità che arriveranno nelle sale nel 2008. E che si andranno ad aggiungere ad altri titoli che stuzzicano i cinefili e non solo. Con il ritorno di personaggi che hanno fatto la storia del cinema, trasposizioni di libri bestseller, film d’animazione e, soprattutto, un nuovo episodio della saga del maghetto Harry Potter.

Il nuovo anno si apre con il vincitore dell’ultima Mostra del cinema di Venezia, Lussuria del solito Ang Lee - già Leone d’Oro con I segreti di Brokeback Mountain - dal 4 gennaio nelle sale. E giunge dal Lido anche il nuovo lavoro di quel geniaccio di Tim Burton, di cui in Laguna si era visto solo un antipasto di otto minuti: Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street (Sweeney Todd: The Demon barber of Fleet Street). Con cerone e occhiaie marcate, Johnny Depp, l’attore più amato dal maestro, e Bonham Carter, dal 22 febbraio portano sullo schermo il musical pluripremiato di Broadway.
Stesso giorno scelto per lanciare anche Persepolis, premio della giuria a Cannes, il film d’animazione di Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi tratto dalle note “vignette velate” della fumettista iraniana. L’autrice racconta la sua vita, dall’infanzia trascorsa in Iran sino all’età adulta, ma soprattutto descrive, con ironia e talento, l’Iran e l’Europa, visti da un’adolescente costretta ad allontanarsi dal proprio paese e da una dittatura opprimente. Ecco il trailer da Youtube (in francese, sottotitoli inglesi):
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Dalla Festa del cinema di Roma arriva al cinema il 25 gennaio quello che per molti è stato il capolavoro dell’edizione, Into the Wild di Sean Penn. Tratto dal libro di Jon Krakauer Nelle terre Estreme e interpretato da un bravissimo Emile Hirsch, è il viaggio verso l’ignoto e la natura più selvaggia di un ventiduenne fresco di laurea che decide di mollare tutto quello che ha. Qui il trailer da Youtube (in inglese):
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Nascono da bestseller, uno internazionale e uno italiano, anche altri due film attesi per febbraio: Il Cacciatore di aquiloni di Marc Forster e Caos Calmo di Antonello Grimaldi, che vede il ritorno di Nanni Moretti nel ruolo di solo attore e non regista. Sarà lui Pietro Paladini, il protagonista del romanzo scritto da Sandro Veronesi, con accanto Valeria Golino nei panni della cognata Marta.

Nel 2008 si rivedono nelle sale anche personaggi che hanno fatto epoca, da Rambo (John Rambo, il 25 gennaio) a James Bond e Indiana Jones. L’episodio numero 22 delle avventure di 007, scritto da Paul Haggis e diretto da Forster, è ancora da girare, e si prevede pronto per inizio novembre, mentre il grande ritorno dell’archeologo di Steven Spielberg è atteso per maggio con Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, con l’eterno Harrison Ford e la nuova generazione Jones, l’astro emergente Shia LaBeouf.

[i](© 2008 DreamWorks Animation L.L.C. All Rights Reserved)[/i]

Harry Potter e il principe mezzosangue, il sesto episodio sulle vicende del mago e film destinato a sicuro successo, è previsto per l’autunno. Data da annotare: 21 novembre. E, nelle settimane a seguire, spazio anche a un sequel della DreamWorks, la casa produttrice di Shrek: ritorna (19 dicembre) il folle zoo di Magadascar, parte seconda: Via dall’Isola.
Qui un assaggio delle prossime avventure di Harry Potter da Youtube:
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Dal nostro inviato a Londra: Rent VS Rent.

(Musicalgab) Da un grande fan di Rent, una recensione sull'ultima versione revival di Londra del musical di Jonathan Larson.
Il nostro amico Enrico Zuddas scrive la sua su questa versione "remixed" tanto "contestata" dai fan storici del musical da una parte e amata dai neofiti del genere dall'altra...
Pare però che Rent remixato o meno ancora una volta non abbia conquistato il cuore del pubblico del west end: il revival infatti chiuderà i battenti prima del previsto portandosi a casa critiche non molto lusinghiere...

Noi intanto andiamo a leggerci i pareri del nostro inviato da Londra...

Conosco bene RENT. Ho visto tutti i cast italiani che si sono avvicendati negli anni, ho amato il film, la scorsa estate ho anche organizzato una Masterclass con Francesca Taverni sul tema. Ma allo stesso tempo aver visto questo spettacolo a New York al Nederlander Theatre è stato come scoprirlo per la prima volta. È come pranzare a casa dopo aver mangiato in ristorante: alcuni piatti scontati assumono un sapore diverso, tutto è familiare e vero. Oltretutto, la performance del 4 novembre scorso cadeva in un momento particolarmente sentito dell’anno, ovvero durante la settimana che l’organizzazione Braodway Cares dedica alla lotta contro l’Aids.
Non credo che ci siano commenti che non siano già stati scritti o letti. Posso dire che la coppia Declan Bennett-Harley Jay (Roger e Mark) risulta molto equilibrata; la biondissima Nicolette Hart è una tenace Maureen; nella parte di Mimi, Tamyra Gray, una reduce della prima edizione di American Idol.
Per cui è strano il confronto diretto con la versione “remix”, cui ho assistito il 7 dicembre a Londra e in questi giorni ancora per poco in scena (la chiusura è stata anticipata visto lo scarso successo). Carla, la mia compagna di avventure teatrali, neofita di Rent, è uscita emozionatissima. Pare che questo accada a tutti coloro che non conoscono la versione originale. Con qualche sforzo anch’io sono riuscito a sentire le giuste vibrazioni, soprattutto nel secondo atto (ma chi potrebbe restare indifferente di fronte a I’ll cover you reprise?). Però molte sono le domande che restano senza risposta.
Questo nuovo Rent è inteso per avvicinare un pubblico nuovo e giovane allo spettacolo; dietro il progetto si cela il creative team che segue Kylie Minogue, capitanato dal regista William Baker. Per questo pubblico giovane è stato prevista una nuova strategia nella vendita dei biglietti, con posti non assegnati (con il risultato però che le prime file sono spesso vuote, perché alla fine tutti questi giovani adoranti non ci sono). Per i giovani è stato pensato anche un approccio un po’ più concertistico e pop, con la presentazione in un prologo-medley di tutti i pezzi all’inizio (in genere, se escludiamo le overtures, noi il megamix lo ascoltiamo più volentieri alla fine!).
E allora partiamo dalla musica: alcuni arrangiamenti sono interessanti, particolari, funzionanti. Per esempio Out tonight che diventa una sorta di sensualissima Fever, oppure What you own che diventa una ballad acustica per il solo Mark. Seasons of love è inserito in modo abbastanza riuscito con brevi frammenti nel plot. Altri pezzi perdono invece tutta la loro forza: primo fra tutti Take me or leave me, che riarrangiato in forma dance proprio non funziona. La superstar Denise Van Outen fa di Mauren una superstar strafiga, al punto che è stata paragonata da molti a Madonna. La sua performance di Over the moon, cui nulla resta del tocco underground dell’originale, è comunque un’efficace apertura del secondo atto; il pubblico continua a muggire e lei oltretutto flirta con una ragazza della prima fila. L’unico difetto è che la Van Outen risulta un po’ troppo vecchia e un po’ troppo diva rispetto al resto del cast, facendo poco gruppo con gli altri.
L’ambientazione è stata privata di gran parte della cultura e dell’atmosfera newyorkese; gli attori anzi recitano con uno spiccato accento inglese. La personalità di Mark ben si adatta al British way of life, i suoi modi sono convincenti, forse grazie anche all’eccellente interpretazione di Oliver Thornton. Certo molto più difficile risulta ricodificare Angel, che richiama un modello gay londinese, molto pieno di stile e di fashion, lontano dalla spontaneità dell’Angel che tutti conosciamo; mi chiedo fino a che punto lo spirito ne sia stato tradito. La mescolanza di caratteri americani e anglosassoni non è ben riuscita, o per lo meno non è condotta fino in fondo e con coerenza. Certamente i puristi non riusciranno ad accettare la nuova ambientazione in un loft tutto bianco, con un raffinato divano e una stilizzata porta con luce al neon. Molto efficace invece una scritta luminosa che, in una sorta di conto alla rovescia, sottolinea il passare del tempo, con i famosi “five hundred twenty five thousand six hundred minutes”, e che durante il Life Support ricorda i nomi di tanti artisti morti di Aids, da Rock Hudson a Freddy Mercury. Ma alcuni accorgimenti lasciano molto perplessi, per esempio l’uscita di Angel da una scala in cielo “à la” Grizabella, o anche l’anticipazione della canzone di Collins rispetto agli altri monologhi del funerale (con conseguente perdita dell’effetto climax). Resta comunque valida e interessante l’idea di fare uscire Rent dalla sua connotazione geografica e cronologica, per mostrarne l’universalità del messaggio; con i grandi capolavori del resto il cinema e il teatro lo fanno sempre; ci si può chiedere forse se il momento non sia prematuro, con l’originale ancora in scena, e se l’operazione non sia stata condizionata da qualche interesse commerciale di troppo. A pensarci bene, a volte è un peccato che un musical suoni sempre uguale, in modo “globalizzato”, in qualunque parte del mondo tu sia (tranne che in Italia, dove in genere suona male o non suona!); ben venga dunque l’innovazione, per non impigrire le nostre orecchie e le nostre teste, purché non sia gratuita e fine a se stessa.

Enrico Zuddas

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Cremonese. A poche ore dall’apertura del parcheggio dell’amore le preoccupazioni del titolare, l’imbarazzo del comune e le preghiere dei parrocchiani.

(Cremona online) Bagnolo Cremasco - Sapeva che avrebbe avuto delle difficoltà, ma in questo momento la sua maggiore preoccupazione è il tempo: con questa nebbia, chi vedrà il cartellone del Luna Parking dalla Paullese (nella foto)?
Marco Donarini, l’imprenditore che inaugurerà la sera di Capodanno il primo parcheggio dell’amore in Italia, pensato per chi vuole tutto il fascino della camporella ma in totale sicurezza e privacy, sta supervisionando i lavori. Poche ore al taglio del nastro. «Il ghiaccio ha fatto qualche danno» dice guardando in terra il cemento del parcheggio tutto bucherellato, «ma apriremo comunque».
Con in mano la licenza del Comune – previa autorizzazione della prefettura – si potrebbe sentire tranquillo, ma negli ultimi giorni c’è stata la gara allo scaricabarile: «Persino in comune, di fronte alle proteste di alcuni cittadini vicini alla parrocchia, hanno detto di non sapere che si trattava di un parcheggio di questo tipo. Che coraggio: lo sapevano dal novembre 2006».
Già, i parrocchiani.
I credenti cattolici del paese si sono scandalizzati alla notizia che il loro paese era assurto alle cronache nazionali per una iniziativa considerata appartenente al mercato del sesso. Ma il sesso a pagamento – tra l’altro tra coppiette che pagano per la riservatezza, non con prostitute – non c’entra con il mercato del sesso legato a sfruttamento o pornografia. Per questo Donarini si è strenuamente difeso.
«Sono stato forse un po’ duro nei confronti del parroco» aggiunge Donarini, «perché alle sue critiche ho risposto che mi auguravo che le preghiere fossero dirette anche alle vittime della pedofilia dei preti».
Insomma, il clima non è dei migliori in questo momento a Bagnolo Cremasco.
L’idea dei parrocchiani, dato che in effetti non si può impedire l’apertura del Luna Parking, va comunque segnalata: una veglia di riparazione. I parrocchiani di Bagnolo, infatti, si raduneranno il 31 dicembre alle 23.30 alla chiesetta del crocifisso (che tutti conoscono come il chiesuolo) per una veglia di preghiera. Appuntamento che si rinnova ogni anno, ma che quest’anno si caratterizza per il desiderio di «riparazione ai danni connessi al mercato del sesso» come è stato scritto nell’ultimo bollettino parrocchiale.
Ma nessuno si aspetti accuse alla Savonarola nell’omelia domenicale: la parola d’ordine del parroco don Ennio Raimondi è silenzio.
Per non fare pubblicità.

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Spagna. Family day, centinaia di migliaia a Madrid ascoltano il Papa.

La manifestazione moltitudinaria "per la famiglia cristiana".

(Apcom) - Centinaia di migliaia di persone (secondo gli organizzatori un milione e mezzo) si sono riunite stamattina nella grande Plaza Colòn di Madrid sotto un'enorme bandiera spagnola e la statua di Cristoforo Colombo, per manifestare a favore della "famiglia cristiana". Migliaia di famiglie madrilene e da tutta la Spagna hanno ascoltato le parole dei cardinali spagnoli e del Papa Benedetto XVI che al termine dell'Angelus da Roma ha salutato la folla ribadendo l'indissolubile unione uomo-donna.

L'atto, organizzato dall'arcidiocesi di Madrid, si svolge a soli due mesi dalle elezioni spagnole per il rinnovo del Parlamento e del Governo. Diverse le allusioni alla legislazione sulle unioni omosessuali e sul divorzio approvate dall'attuale governo socialista di Josè Luis Zapatero. Secondo Antonio Canizares, cardinale di Toledo e uno dei più conservatori del Paese, quella di oggi è una manifestazione "in difesa della famiglia, minacciata e scossa da leggi ingiuste". Oltre agli alti prelati delle diocesi di Spagna, hanno parlato anche alcuni cittadini comuni, insistendo sull'indissolubilità del matrimonio e invitando i presenti a "non lasciare la responsabilità dell'educazione dei figli a nessun altro, men che mai allo Stato".

Dopo l'Angelus hanno parlato i leader di alcuni movimenti ecclesiali. Per la comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi ha ricordato "i bambini africani che vivono per strada senza padre né madre".

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Kaka Il mondo gay lo vuole per posare nudo.

(Eurosport) Grande vincitore di premi internazionali e trofei, ecco un altro primato, più bizzarro, per Kaka. Il giocatore del Milan e della nazionale brasiliana, infatti, è stato scelto dai lettori del magazine 'GMagazine' per posare nudo all'interno della stessa rivista, riservata a un pubblico gay. Dal momento che la sua religione non glielo permette (Kaka è un fervido evangelico), la rivista sarà costretta a contattare un sosia del pallone d'oro di quest'anno per andare in contro alle richieste dei suoi lettori.

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L'assessore Sgarbi ha presentato il calendario di esposizioni fotografiche del 2008, fra trasgressione ed erotismo decadente.

«Ci siamo attenuti allo slogan "scherza con i fanti e lascia stare i santi"».
La provocazione dell'obbiettivo. Per un anno.


(Il Corriere della Sera) La bocciatura della mostra «Vade Retro» dedicata all'arte gay, Vittorio Sgarbi torna alla carica dichiarando il 2008 «anno della fotografia» e proponendo un calendario di retrospettive fotografiche ad alto contenuto erotico. L'ideale ouverture sarà la mostra del barone Von Gloeden, le cui opere avrebbero dovuto essere esposte nella mostra «Arte e omosessualità», e che simbolicamente torneranno, dal 23 gennaio al 24 marzo, in quello stesso Palazzo della Ragione, le cui sale non aprirono mai i battenti per la tanto chiacchierata esposizione. Gli efebi nudi e dal sapore classico, immortalati dal nobile tedesco che alla fine dell'Ottocento si trasferì a Taormina alla ricerca di una Magna Grecia perduta, rappresenteranno la casta inaugurazione di un calendario che promette momenti molto più piccanti. «Se la Moratti ha approvato la pericolosa mostra di LaChapelle passando in rassegna ciascuna delle 500 opere - ha detto l'assessore alla Cultura - non avrà problemi ad approvare queste altre mostre. Ci siamo attenuti rigidamente allo slogan "scherza con i fanti e lascia stare i santi"».

SADOMASO - Nessuna immagine creerà conturbanti associazioni tra sfera sessuale e sentimento religioso, ma non passerà inosservata la monografia di Joel Peter Witkin (nella foto una sua opera), «un sadomasochista di rara cattiveria». Parola di Sgarbi. Il fotografo newyorkese che esibisce nudità integrali di uomini, donne, ermafroditi e transgender, aprirà a gennaio la serie di mostre a Palazzo Reale, che ospiterà anche gli scatti dal gusto erotico decadente del ceco Jan Saudek e le istantanee dalle tinte fetish di Micha Klein (già inserite nel catalogo di «Vade Retro»). Ma il 2008 milanese della fotografia non avrà solo l'ambizione di solleticare la pruderie del pubblico adulto. Come ha ammesso lo stesso Sgarbi sarà un anno di preparazione perché Milano possa ospitare a partire dal 2011 un centro di archiviazione e documentazione fotografica raccogliendo i fondi ministeriali per il centocinquantenario dell'Unità d'Italia. Sarà anche l'occasione per consacrare Palazzo della Ragione a luogo privilegiato per le esposizioni fotografiche.

L'AMERICA - E non finisce qui. In primavera, dopo essere stata al Vittoriano di Roma, arriverà nel centralissimo palazzo a due passi dal Duomo la mostra curata da Marcello Sorgi e dedicata a Gianni Agnelli e al suo secolo. E a seguire Palazzo della Ragione ospiterà una retrospettiva del reporter newyorkese di cronaca nera Weegee e una mostra sull'America profonda immortalata dallo svizzero Robert Frank. Il calendario del 2008 sarà poi arricchito da una panoramica di ritratti di Gisele Freund, ospitati dal 13 gennaio alla Galleria Franca Sozzani e nei primi mesi dell'anno successivo potrebbero arrivare a Milano gli scatti della chiacchieratissima Annie Lebovitz, protagonista di un recente diverbio con la regina d'Inghilterra per un primo piano non propriamente «regale».

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Preti pedofili. Il Ministro spagnolo Fernández Bermejo critica le parole del Vescovo di Tenerife.

Il prelato aveva detto: "Ci sono minori che provocano".

(Apcom) Dopo il 'Difensore dei minori' e diverse associazioni omosessuali, oggi anche il ministro della Giustizia spagnolo ha criticato le dichiarazioni del vescovo di Tenerife Bernardo Alvarez, che in un'intervista rilasciata due giorni fa aveva detto che ci sono giovani di 13 anni che provocano atti di pedofilia, equiparando poi gli abusi sui minori all'omosessualità.

Secondo il ministro, Mariano Fernández Bermejo, quelle di Alvarez sono parole "difficili da digerire", e più gravi per quello che presuppongono che per quello che dicono in sé". Bermejo ha anche invitato i vescovi spagnoli a riflettere sulle dichiarazioni del loro correligionario. Finora la Conferenza episcopale spagnola (Cee) si è rifiutata di commentare l'intervista di Alvarez. Interpellato sull'argomento, ieri il leader dell'opposizione conservatrice del Partido Popolar (Pp), Mariano Rajoy, ha detto di non aver capito il senso delle dichiarazioni del vescovo, mentre il premier José Luis Zapatero si è limitato a una smorfia.

La polemica è scoppiata alla vigilia della grande manifestazione "Per la famiglia cristiana", promossa dall'arcidiocesi di Madrid nella capitale spagnola, a cui sono attese decine di migliaia di persone, i principali cardinali di Spagna e i rappresentanti delle associazioni cattoliche, soprattutto quelle più conservatrici.

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Il ministro Melandri e le news che sono verosimili-false-vere. Insomma, ha ballato o no nella reggia di Briatore?

Il problema della acurattezza delle informazioni e l'utilizzo di tutte le fonti.

(Mimmo Càndito - La Stampa) Sempre sulla innacuratezza del giornalismo, mi è stato segnalato sul Corsera di ieri (non trovo altre testate qui Miami, e sul video leggo ciò che posso; traduzione: le "inaccuratezze" le segnalo dal Corsera, ma non vuol dire che non ce ne siano sugli altri media), nelle ben due pagine dedicate all'uccisione dell'animatore italiano in Kenya un articolo sui vip che hanno ville da quelle parti e dove tra l'altro si diceva che "qualcuno credette di aver visto il ministro Melandri danzare di biancovestita nella reggia di Briatore". Questa frase, non solo prende le distanze dalla notizia comunicata, ma le attribuisce con ciò stesso una palese inattendibilità ("qualcuno" e "credette" avviano processi di decodifica unidirezionali, nel senso che sto indicando). Bene, Dagospia e poi un settimanale pubblicarono la foto di quella visita della ministro da Briatore; e nessuno disse che si trattava di un fotomontaggio. Ma, ancor più grave, il minsitro Melandri smentì di essere stata in quella villa a ballare. Ora: o era un fotomontaggio, o la ministro mentiva. E in paesi dove il senso forte della propria responsaibilità pubblica è palese e diffuso, molti ministri si sono dimessi per molto meno che una stupida menzogna. Ma, per quanto qui ci ringuarda, la nostra attenzione va portata sulla "inaccuratezza". Bloomberg - che oggi è sindaco di New York ma prima di entrare in politica era un padrone di televisione (e in America il padrone di una televisione che voglia far politica mette da parta la sua televisione...) e dunque di notizie e informazioni una qualche infarinatura dovrebbe averla - dsse un giorno: "Ma che c'entra Internet con il giornalismo? Internet è solo uno straordinario archivio". Aveva perfettamente ragione. Solo che, poi, il giornalismo che si dice attento ai processi della modernizzazione, e magari lamenta la deriva verso un'egemonia di Internet , non riesce nemmeno a usare questro "archivio" a sua disposizione. E nella inaccuratezza perde credibilità.

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Film porno alla fermata del tram in Bulgaria, servono a ingannare le attese.

(TGCom) In Bulgaria le persone che usano l'autobus anche di notte hanno un nuovo modo per ingannare le attese, che a volte possono durare anche diversi minuti. Guardare un film porno mentre sostano sotto la pensilina della fermata. L'idea, che deve essere sembrata eccezionale alla compagnia dei trasporti, in realtà non ha avuto lo stesso successo tra i passeggeri, che si sono lamentati.
La notizia, che ha subito fatto il giro del mondo, è stata riportata per prima dall'edizione britannica del quotidiano Metro. In pratica, secondo quanto viene riferito dal giornale sembra che i monitor che vengono normalmente utilizzati per proiettare gli orari dei mezzi vengano usati, nelle ore notturne, per trasmettere film soft-porno. Coloro che hanno apprezzato l'iniziativa sostengono che grazie a questa idea chi è costretto ad attendere un autobus elle ore notturne sente ora meno freddo. Chi invece ha subito bocciato l'iniziativa, oltre ad avanzare motivazioni di ordine "morale" sostiene che i lavoratori notturni come poliziotti, vigilantes e netturbini, invece di fare il proprio lavoro perdone tempo a testa all'insù sotto le pensiline dei tram.

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Si amputa pene e lo butta nel water. Spagna, 30enne colto da raptus mistico.

Voleva smettere di peccare, e così si è tagliato il pene e l'ha gettato nel water. E' successo a Salamanca, in Spagna, a un 30enne in preda a una singolare crisi mistica. "Non volevo più peccare", ha spiegato ai medici che l'hanno soccorso e poi ricoverato per una vasta emoraggia nella zona genitale. Al momento non è chiaro se l'uomo soffrisse di qualche tipo di malattia mentale.

Il fardello dei "peccati" forse era diventato insostenibile per il 30enne. E così, a mali estremi, estremi rimedi. Armato di un oggetto tagliente, il giovane è andato in bagno, si è tagliato il membro e l'ha gettato nel water. Cosa sia successo dopo, al momento, non è chiaro. L'unica cosa certa è che l'intervento dei soccorsi è stato provvidenziale per salvargli la vita.

L'uomo è stato ricoverato nell'Ospedale Clinico Universitario della città spagnola. Le sue condizioni ora sono stazionarie e sta recuperando lentamente. Secondo i medici, il 30enne potrebbe essere stato colto da un'infermità temporanea che l'ha spinto al folle gesto, oppure da tempo soffriva di qualche disturbo mentale. Il paziente ora è sotto controllo, ma d'ora in poi gli sarà difficile "peccare" di nuovo.

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Il sogno del Chavez di Salerno "Le mie ceneri al centro della città".

(Antonello Caporale - La Repubblica) Niente più sepolture di massa. Da quando Silvio Berlusconi, politico ricco e di destra, ha scelto la sua dimora eterna nel vasto e lussureggiante parco di Arcore, la valutazione dei luoghi dove segnare la morte, a imperitura testimonianza di sé, è pregna di ricerche anche da parte di politici più poveri in canna e per giunta di sinistra.

Il modello ha fatto scuola, e dunque... E dunque il sindaco di Salerno e deputato diessino Vincenzo De Luca ha stabilito, in una commossa anticipazione alla città, che vorrebbe localizzare le sue ceneri al centro della principale piazza della città, in corso di edificazione. Piazza della Libertà, elle maiuscola.

Salerno è un caso interessante, un caso di scuola. Lì l'antipolitica è già al potere. E' detenuta da un ex comunista che negli anni ha mutato linguaggio e passioni. Funzionario del Pci, segretario di Federazione, poi sindaco e deputato, poltrone che oggi assomma naturalmente. Amava le bandiere rosse, e adesso di rosso, ai comizi in cui chiama a raccolta il popolo, ci sono solo i vessilli della città. Ha mutato linguaggio, virando nell'ultimo decennio verso toni più grevi e diretti. Gli oppositori sono configurati come "iettatori"; i napoletani, concittadini dell'odiato nemico Bassolino, governatore della Campania, sono spesso "cafoni" e gli immigrati senza permesso di soggiorno "sfaccendati" da restituire con un calcio alla patria di provenienza.

Salerno è l'esempio più luminoso di come l'esercizio di una politica "anti": efficiente, pratica, ruvida ma concreta abbia necessità di fare un modico uso dei riti della democrazia. "Io sono Salerno", dice il novello Chavez della Campania. Autore della politica del "fare" nemico delle "chiacchiere", odia l'inutile tempo speso in Parlamento ("chiacchierificio") e ogni usanza delle moderne democrazie. C'è da costituire l'Ufficio comunale per le relazioni col pubblico e lui dice: "Un barocchismo burocratico inutile e costoso. E' sufficiente che io giri per i quartieri, ascolti i problemi della gente per dar loro risposte. Si fa prima, si fa meglio e si risparmia".

De Luca ha studiato filosofia, conosce Marx, ha pianto per Togliatti e venerato Berlinguer. Eppure ha capito che la politica è un'altra. Fare e non discutere. Decidere e mai riflettere. Governa con mano ferma e potere assoluto. Non ha opposizione e un po' la cosa lo intristisce: "Dobbiamo imparare ad essere opposizione a noi stessi".

Sogna la grandeur: "Noi non abbiamo il Colosseo. E allora dobbiamo pensare a realizzare qualcosa che sia il nostro Colosseo".

Ecco Piazza della Libertà: grande, con un colonnato maestoso, imponente, insuperabile. E al centro della piazza le ceneri dell'uomo: "Mi piace immaginare l'urna con le mie ceneri posta al centro di questa piazza sul mare".

Al centro del centro della storia.

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