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sabato 6 ottobre 2007

Lecce: Il teatro Koreja lungo le "Strade maestre".

(LeccePrima.it) E’ stato presentato questa mattina presso i Cantieri Teatrali Koreja il cartellone della stagione “Strade Maestre 2007-2008”, che partirà ufficialmente venerdì 16 novembre, con la collaborazione di Provincia di Lecce, Regione Puglia e ministero per i Beni e le attività culturali. Si partirà con un’anteprima nazionale che dovrebbe portare a Lecce dalla Serbia un gruppo di giovani attori rom in un adattamento dall’”Opera del mendicante” di John Gay per la regia di Salvatore Tramacere già presentato con grande successo all’ultima edizione del prestigioso festival Bitef di Belgrado. Il condizionale è d’obbligo per l’incertezza dovuta al rilascio dei visti. Saranno in prima nazionale anche lo spettacolo teatrale “Let’s have sex!” del Teatro Nazionale del Montenegro (23 novembre), quello di teatro-danza “Perhaps in a cafè” con la compagnia Ballo di Podgorica (30 novembre e 1 dicembre) e “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare che porta in scena (15 e 16 febbraio) grazie al progetto di cooperazione artistica e culturale Factory un cast di attori italiani e balcanici con la regia di Tonio de Nitto


Ma il cartellone evidenzia soprattutto la vocazione produttiva del teatro stabile del Salento il cui repertorio occupa parte significativa della programmazione con una nuova produzione come “La passione delle troiane” da Euripide per la regia di Salvatore Tramacere che coniuga il testo della tragedia greca con il tema della Passione di Cristo e con la tradizione grika del Salento (25 e 26 gennaio) e con uno spettacolo come “Il calapranzi - A chi toccherà stasera?” di Harold Pinter (dal 13 al 17 dicembre nell’ambito del cartellone “Lecceteatro” e 18-19 dicembre sempre presso i Cantieri Koreja) e che dopo il debutto al festival è atteso da una tournèe nazionale a Firenze, Roma, Buti, San Casciano, Bari. Ma tantissimi sono gli appuntamenti (in allegato a questo articolo l’intero cartellone) per una stagione ricca di emozioni.

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Torna la "Compagnia del rosè" nella politica italiana?

(Anelli di fumo) Alla fine non è "PSI", ma "PS", alla francese, il nome scelto da Boselli del nuovo partito, come aveva annunciato qualche mese fa. E mai la mancanza di una sola lettera ha significato tanto nella politica italiana. Torna la "P" di partito, infatti, un ottimo segnale dopo la stagione in cui sembrava diventata una parolaccia. C'è un esplicito richiamo al PSE alle radici della rosa. Ed è quadrato, il simbolo, con tanto rosso, richiamandosi al simbolo della Spd tedesca, ma anche del PSOE spagnolo. Peccato solo che la Rosa sia rimasta priva del pugno, questo non mi piace.

Ho sempre creduto che i simboli dei partiti abbiano una importanza di tutto rispetto. I colori non sono mai scelti a caso e dicono molto di quel partito, della sua storia, delle sue ambizioni, più di quanto dicano gli uomini, spesso bugiardi e opachi. I colori invece sono sinceri: se credi nel rosso, metti il rosso, se ti pare eccessivo lo annacqui con un po' di giallo, finché non ti diventa arancione. Ma se poi l'arancione ti pare troppo vivo, lo puoi sempre cambiare. Alcuni arrivano al blu e verde, o addirittura all'azzurro, che sembrano colori più rassicuranti, ma alla fine il blu è il colore del RP di Bush, quello che ha messo il veto per estendere l'assicurazione sanitaria ai bambini malati, o di An.

Ma ovviamente gli uomini politici sono ugualmente importanti. Nel nuovo PS ci sono nomi orrendi, come quello di De Michelis o di Del Bue, assieme a nomi splendidi, come quelli di Grillini e Angius. E tuttavia, se mi si chiede "preferisci De Michelis o la Binetti?" io non ho alcun dubbio: preferisco De Michelis. Lo preferisco per la sua ferrea laicità, per le sue competenze di politica estera. Lo stesso, ormai, vale per il nuovo Rutelli. Un tempo, vent'anni fa, era ovviamente il contrario, ma occorre prendere atto dei mille cambiamenti dell'ex sindaco di Roma, che oggi è solo un baciapile che ha fatto male i suoi calcoli. E se vogliamo fare la lotta tra i "migliori", secondo me il migliore del PD è Bersani. Gli preferisco Angius e anche Grillini.

A oggi, non so se alla fine voterò per il PS, con il quale sono in sintonia sui temi della laicità, dei diritti civili, dell'Europa, della Scuola e però sento come troppo moderato sui temi di politica estera, dove gradirei una maggiore distinzione dagli Usa di Bush proprio seguendo ciò che fece Bettino Craxi, e di politica del lavoro, dove vorrei maggiore riformismo in favore dei precari e dei giovani. Ma di certo, da oggi ritorno ad avere un possibile punto di riferimento partitico.

Aspetto di vedere cosa faranno i Radicali Italiani e cosa riuscirà a fare Fabio Mussi con i suoi di Sinistra democratica nel campo dell'Estrema, prima di fare la mia piccola, piccolissima scelta di campo. Ma è chiaro che il richiamo al PSE, il richiamo a Zapatero fa sentire tutti i laici di Sinistra a casa. E temo che la Sinistra di Mussi, Diliberto e Bertinotti mirerà a difendere i diritti dei lavoratori anziani e dei pensionati, più che quelli di chi ha meno di 45 anni.






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La morte del principe Harry di Daniel Edwards.

(Il Messaggero) “Iraq War Memorial: Death of Prince Harry” è l’opera ultima di Daniel Edwards, che già ci aveva abituato con numerosi precedenti (sì anche l’onnipresente Paris Hilton).

Probabilmente in questa occasione ci saranno più sdegno e più polemiche vista la figura autorevole colpita. Un Harry mutilato è ritratto disteso, vestito da soldato, una bandiera del Galles insanguinata, con la testa su una bibbia, degli spiccioli sugli occhi, un ciondolo di sua madre Diana sul petto, un avvoltoio ai suoi piedi e un mazzo di fiori rossi.
L’opera, secondo quanto dice lo stesso artista, è un omaggio a tutti quei coraggiosi eroi pronti a sacrificarsi per la patria. Harry rappresenta il simbolo di queste figure eroiche e di tutti quelli che avrebbero voluto ma non hanno potuto. Secondo Edwards, il principino si deve essere sentito morire quando gli è stato rifiutato il consenso per andare a combattere in Iraq. A me il principe delle birre (così definito da suo fratello) sembra più vivo e vivace che mai, nonostante la delusione.
Facile pubblicità o meno per tutti, quello che per me rappresenta la novità è il sito organizzato dalla galleria CKFA, per raccogliere le opinioni e i pareri degli spettatori a proposito del monumento commemorativo. Partecipazione diretta insomma su “Prince Harry Memorial” per un evento che parla ancora una volta più di effetto che di arte. E noi in un certo senso contribuiamo…

Iraq War Memorial: Death of Prince Harry, Trafalgar Hotel, stanza 118, Bridge Art Fair, Londra, dall’11 al 14 ottobre.






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Primarie: le domande della comunità GLBT, la mediocrità dei candidati.

Il parere di Elfo Bruno

Alla fine la montagna ha partorito. Se si tratta di un topolino o di un gigante di pietra ce lo può dire solo il tempo. Va da sé che considero insufficienti, seppur legittime, le domande che Gay Today ha sintetizzato per i candidati alle primarie.

Per chi non lo sapesse, l'aggregatore ha laciato la campagna "Chiedamoglielo" e i vari iscritti hanno posto i loro quesiti. Anch'io, che all'inizio consideravo la cosa largamente inutile e funzionale a dare credibilità al progetto del pd - progetto che chi ben mi conosce sa che considero di nefandezza uguale al fascismo e al berlusconismo - anch'io, dicevo, ho poi partecipato all'iniziativa ponendo i miei quesiti che si basavano, essenzialmente, sulla credibilità dei candidati sulla questione GLBT in Italia.

Sono arrivate centinaia di domande, e tutte coprivano uno spettro di argomenti che andava dal matrimonio gay - anche se io preferirei parlare di equiparazione tra coppie - all'omogenitorialità, dalla legge anti-omofobia ai diritti della componente transessuale.

La redazione ha perciò operato una sintesi dei temi più importanti e ha spedito ai candidati il nostro pacchetto di domande. Come dicevo, domande che rientrano appieno nel dibattito sui diritti di cittadinanza delle persone GLBT ma che partono dall'errore strategico di considerare Veltroni e complici degli interlocutori, piuttosto che dei nemici naturali.

Questa mia posizione può apparire grave, ma si basa in realtà sulle risposte a domande analoghe pubblicate in questi giorni e che tutti potete leggere su Repubblica on line. Lascerò perdere le valutazioni sulle risposte di Gawronsky e di Adinolfi, che si commentano da sole e che non considero degne di nota sia per la loro inconsistenza sia perché non reputo di nessun valore le loro candidature funzionali, a mio giudizio, a dare una parvenza di competizione a un gioco in cui il vincitore è già stato designato da tempo.

La vera partita, infatti, si gioca non tanto tra Veltroni e la Bindi o Letta, quanto tra il successo delle primarie - si sa che non potranno arrivare ai quattro milioni del 2005, per cui la soglia minima è stata ridotta del 75% - e l'affermazione di una delle correnti centriste che daranno il là all'intero partito democratico e che sono rappresentate rispettivamente dagli altri due candidati della Margherita.

Ma se vogliamo ritornare alle domande da fare ai signorotti del partito democratico, ci renderemo conto che le risposte sono già pronte e sembrano una sorta di passe-partout: rispondono a tutto ma non entrano nel merito di niente. Se guardiamo al sito di Repubblica, sono state posti gli stessi interrogativi di Gay Today e, se vogliamo sintetizzare anche le argomentazioni di lor signori, possiamo leggere che:

per la
Bindi oltre ai DiCo non si può (e si deve) andare, sottointeso il fatto che i gay devono scordarsi la genitorialità, ché un bambino meglio che mette un piede su una mina anti-uomo in Africa piuttosto che un luogo dove può esserci rispetto e amore;

per
Veltroni va garantiti i diritti delle persone che vivono all'interno delle coppie di fatto, cosa che nella logica di ogni essere umano dotato di media intelligenza non vuol dire una beneamata minchia, visto che in quanto single è la Costituzione che ci riconosce dei diritti fondamentali e che semmai bisogna intervenire sui diritti inerenti all'essere coppia;

per
Letta i froci esistono, ma prima bisogna pensare alle famiglie. Possibilmente cattoliche e con figli, che guai a pensare che la donna sia altra cosa rispetto a una vagina da ingravidare.

Credo che queste risposte siano largamente mediocri, ma d'altronde basta guardare da chi sono state proferite per capire che non si può chiedere a un carciofo di essere una rosa (e men che mai a una margherita).

Qui non si tratta di capire se Veltroni & Co. siano o meno d'accordo sul decreto Bindi-Pollastrini (quest'ultima intesa sempre come dattilografa della prima all'atto di stesura della legge), bensì occorrerebbe capire due aspetti fondamentali.

La prima cosa da chiedere è se per questi candidati un cittadino, a prescidenre dalla propria omosessualità, possa e debba avere un sistema di diritti civili che includa tutta una serie di prerogative che non ammettono distinguo.

Matrimonio, adozioni, reversibilità delle pensioni e quant'altro devono essere garantiti a tutte le persone che vivono in questo paese, senza andare ad indagare cosa fanno queste tra le lenzuola. Ogni scelta che va in direzione contraria a questo assunto è, per logica conseguenza, una scelta discriminatoria.

In secondo luogo, visto che di fatto il piddì già governa e non ha ottenuto nulla su questo frangente, come esso pretende di apparire credibile agli occhi della comunità GLBT.

Queste a mio giudizio dovevano essere le uniche domande degne di esser fatte, perché cosa (non) farà il partito degli ex comunisti e degli ex democristiani sui diritti civili è noto da febbraio di quest'anno. E sinceramente, sentirsi dire da Veltroni che anche noi siamo cittadini e dalla Bindi che oltre alla sua leggina vergogna non si può andare, sono risposte che non vogliamo più sentire.
Ne va del nostro onore, e della nostra dignità di persone.






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Ashton Kutcher Nudo? E perchè no?

Riscatto per il telefonino di Demi Moore.
Il compagno dell'attrice ha perso il cellulare con foto «hot». Chiesto un milione di dollari per la restituzione.

LOS ANGELES - I vip dovrebbero ormai aver capito che scattarsi foto o girare video piccantI non é una buona idea, visto che se quelle immagini finiscono nelle mani sbagliate possono creare molti problemi.
L'ultima vittima è Demi Moore, che ha permesso al suo giovane fidanzato Ashton Kutcher di scattarle 35 fotografie col telefono cellulare, in pose «vietate ai minori».
Kutcher ha perso il telefonino lo scorso aprile durante una vacanza a Valencia, e ora un uomo che dice di averlo ritrovato ha chiesto alla coppia un milione di dollari per restituirglielo e non divulgare le immagini incriminate.
«In alcuni degli scatti - rivela una fonte anonima al National Enquirer - Demi è nuda sul letto, mentre in altre Ashton si è fotografato da solo mentre indossa solamente un paio di occhiali da sole». «
Alla fine - continua la fonte - Kutcher si è deciso a chiamare il proprio telefono, e il tizio che gli ha risposto, alla richiesta di restituzione del cellulare, ha riattaccato.
Poi ha fatto sapere di volere un milione di dollari, e ha provato anche a vendere le immagini a numerose agenzie fotografiche».

Ndr: Se ci fossero in circolazione le foto di lui,noi saremmo interessati a pubblicarle.
Passa parola...






























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Alla conquista del "mercato russo".

La nuova via dell'Est
Un missionario italiano a Novosibirsk cresciuto nel carisma di Cl nominato arcivescovo di Mosca.
Don Pezzi e la sfida dell'ecumenismo.


Chi guiderà la Chiesa cattolica russa Dell'asta Adriano**

(Tempi ) «Si può dire che la memoria dell'amore di Cristo è il contenuto che mobilita la vita. Questo struggimento è ciò che mobilita ogni attività; perciò ogni riflessione, anche teologica, ci fa partecipare allo scopo per cui Cristo è venuto: che tutti non vivano più per se stessi, che è poi l'ecumenismo nel senso stretto della parola. Questo struggimento è anche ciò che dà valore alla coscienza con cui si guarda il destino di un uomo, la sua vita. Proprio per questo mi pare che la stessa passione, lo stesso struggimento si possano rinvenire alle radici dell'incontro tra occidente cristiano e ortodossia russa». Così don Paolo Pezzi introduceva nel 2004 l'annuale convegno della fondazione Russia Cristiana, allora organizzato in collaborazione con la Commissione teologica sinodale del Patriarcato di Mosca. Oggi quel don Paolo è arcivescovo metropolita di Mosca: una nomina per certi versi sorprendente, un italiano vescovo della Chiesa cattolica in Russia, un semplice sacerdote quarantasettenne (sia pur con incarichi importanti come quello di rettore del seminario di San Pietroburgo) che diventa di colpo metropolita, un missionario (monsignor Pezzi è membro della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo) che viene elevato a questa dignità in un contesto in cui a volte i cattolici sono stati accusati di "fare proselitismo". In realtà, tutti i motivi di sorpresa acquisiscono una portata ben diversa se si pesano quelle parole pronunciate tre anni fa.
Si tratta di un uomo che non solo conosce perfettamente la storia e le tradizioni della Chiesa ortodossa russa e della sua cultura, ma le stima e le ama, al punto di considerare l'incontro tra le due tradizioni come «la possibilità di vivere nel presente l'unica tradizione, di offrire all'uomo del XX secolo la stessa verità del cristianesimo immutabile nei secoli: Cristo salvezza dell'uomo». In questo convincimento, radicato in una profonda e raffinata ricostruzione della storia e del pensiero russo, c'è evidentemente qualcosa di più di un puro discorso teorico e anche di una ormai ricca esperienza pastorale (il primo incarico russo di monsignor Pezzi fu in Siberia e risale al '93): c'è una pratica di vita che nasce dalla formazione del giovane Pezzi nell'ambito di Comunione e liberazione.
Non va dimenticato infatti che don Luigi Giussani ha sempre sottolineato come al cuore del movimento da lui fondato ci fossero tra le altre cose due idee che lui aveva attinto dalla tradizione russa: l'idea di trasfigurazione e quella della sobornost' o comunionalità, cioè l'idea di un cristianesimo capace di illuminare e trasformare ogni aspetto della vita dell'uomo e del mondo, e poi la coscienza della dimensione fondamentalmente comunitaria della vita personale stessa, così che nessuno «vive più per se stesso». Lo stesso Giussani era così innamorato di questa tradizione che in un'intervista del 1992, subito dopo la fine del sistema sovietico, per spiegare il senso della presenza allora iniziale di Cl in Russia e nei paesi dell'Europa orientale disse: «La presenza di Cl nei popoli dell'Est realizza il diritto umano di confidare loro quello che ha salvato noi. Non sostituendoci a loro. Ma umilmente sostenendoli attraverso l'esempio presente di come la Chiesa può essere vissuta. Non vogliamo sopraffare, ma essere compagni, immedesimandoci il più possibile con la loro storia e con i loro bisogni. In fondo è tentare di ricompensare i nostri fratelli dell'Est di quello che la loro esperienza ha dato a noi, culturalmente e come esempio di vita: la testimonianza cioè di una tenace fedeltà alla tradizione e di un'ammirevole capacità di resistere per tanti anni all'attacco sistematico dell'ateismo». In questo «struggimento» per un'unità che dà senso alla vita, in questa testimonianza resa innanzitutto all'essenza della propria fede, in questo approfondimento personale di cosa significhi, innanzitutto per ciascun uomo, essere discepolo di Cristo sta tutto il senso, il contenuto e la possibilità del lavoro ecumenico che, prima di ogni altra cosa, è un lavoro di approfondimento dell'esperienza cristiana di ciascuna Chiesa e di ciascuno dei suoi membri.

La fede come offerta

Intesi in questo modo, la testimonianza cristiana e il lavoro ecumenico si ampliano ben al di là dei confini di una singola Chiesa o di una singola nazione e diventano un'offerta per tutto il mondo, perché riscopra una ragione che non si oppone alla fede, ma trova in essa le possibilità del suo esercizio più pieno, perché la modernità secolarizzata non si opponga più alla tradizione ecclesiale, ma vi ritrovi le radici della propria libertà. La Chiesa si presenta così come il luogo in cui è possibile per l'uomo compiere realmente e concretamente l'esperienza dell'incontro con quel Cristo che è la verità dell'uomo stesso e la vittoria sulla sua solitudine e su tutte le divisioni.
Nell'alveo di questa esperienza di fede si situa, ad esempio, un'altra delle iniziative che in questi anni ha visto la fattiva partecipazione di don Pezzi: la Biblioteca dello Spirito. Creata a Mosca in collaborazione tra Russia Cristiana, Caritas diocesana e Facoltà teologica ortodossa di Minsk, essa è proprio un luogo di incontro tra cattolici e ortodossi per testimoniare questa luce offerta per tutto il mondo. Non a caso sempre nel convegno di tre anni fa, ad un certo punto don Pezzi citò, con un senso di profonda condivisione, un giovane sacerdote ortodosso che aveva detto: «La cosa principale è che in chiesa si radunano persone che non si limitano semplicemente a credere in un Dio che vive chissà dove, ma che credono che la Chiesa è stata fondata da Dio. Non è stato l'uomo a inventarsela perché ne aveva bisogno, ma è stato Dio a crearla per l'uomo». Commentando queste affermazioni, il nuovo vescovo di Mosca concludeva: «Ciò di cui c'è più bisogno non è tanto riproporre analiticamente le questioni, quanto mostrare dentro il contesto odierno come Cristo è presente e risponde all'uomo di oggi, e far sì che quest'ultimo verifichi la validità della risposta».

**docente di Lingua e letteratura russa all'Università Cattolica di Brescia.






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Mucca Assassina, la pagella di Dr.Apo.

Questa volta tocca al MITO Mucca Assassina, riaperto ieri sera.

Partirei subito dalle cose che NON VANNO: è incredibile la disorganizzazione all'ingresso!
Ce stanno file per tessere, per liste, per vippetti, per lo staff, per gli etero, tutto in uno spazio MINUSCOLO, con i soliti paraculi che scavalcano transenne, pali e catenelle per passare avanti, quelli che spingono da dietro, quelli che non capiscono qual è la fila loro e fanno casino, quelli che devono aspettà gli amici e si BLOCCANO in mezzo, con il risultato che 30minuti per entrare (avendo la tessera!) sono il MINIMO che ti può capitare... considerando poi che era OVVIO il PIENONE ieri sera, potevano decisamente organizzare meglio il tutto. Altra nota stonata i prezzi RIALZATI!
Dopo il pane, il latte, il grano, la pasta, il caffè, co quest'inverno arriva pure l'aumento de Mucca!
Per i tesserati l'ingresso fino allo scorso anno era di 10euro, ora diventati 12, mentre per i non tesserati è rimasto fermo a 15, ovviamente con consumazione. Pure le consumazioni, visto che a Roma ormai è VIETATO vendere alcolici nei locali dopo le 2 (anche se io ho visto tranquillamente fare Negroni e Angeli Azzurri anche alle 3...) sono salite a 10euro l'una, per un totale che a fine serata comincia ad essere "considerevole".
Dalle note negative passiamo ora a quelle positive.
Prima di tutto il LOCALE.
Il Qube, che ospita la serata di Mucca oramai da anni, si è NUOVAMENTE rifatto il trucco, migliorando notevolmente, diventando, a mio avviso, forse il miglior locale della capitale, nella disposizione, nell'architettura, nelle luci e nell'impianto audio (che è OTTIMO!)
Splendido il TERZO PIANO, quello dell'house, con un nuovo angolo bar, un nuovo schermo gigante, nuovi effetti di luce, nuova TENDA sul palco che fa decisamente scena, rifatto anche il piano terra, con parete glitterate e luccicanti (anche se non mi piace la CHIUSURA che hanno messo all'ingresso, quel muro me mette n'ansia!) mentre il piano di mezzo è rimasto pressochè uguale, con tanto di confermatissima Dark Room Labirinto, posto dove andare a cercare gli amici SCOMPARSI, perchè STATENE CERTI, li STANNO!
Ottima la musica del terzo piano, sicuramente migliore rispetto a quella degli ultimi anni, ben mixata e ponderata anche quella del piano terra (mi hanno messo anche Bear Force One SCOPERTA qui mesi fa... so soddisfazioni!) dove ogni pezzo è accompagnato dal relativo video originale, mentre sulla musica del piano di mezzo non mi pronuncio visto che ci son solo sempre passato di passaggio.
Sarà che abbiam bevuto come spugne, sarà che era l'inaugurazione, sarà che avevo una voglia PAZZA di ballare e far casino, sarà quel che sarà ma io mi son divertito da matti!
Finalmente Mucca si RIPRENDE lo SCETTRO che gli spetta, quello di REGINA delle serate gaye della capitale.
Due anni fa toccò il FONDO, con una stagione PESSIMA, risse tutti i venerdi, camionate di eterosessuali coatti impasticcati pronti a far a botte per la minima occhiata, fino allo scorso anno, quando è INIZIATA la risalita, che, quest'anno, SEMBREREBBE oramai imboccata ufficialmente.
Anche se c'è da dire che Sicuramente i COATTONI etero sono ancora TROPPI!
Passi per le AMICHE dei gay (le classiche frociarole che AMANO venì a ballà con noi perchè si divertono come MAI capita con i loro bavosi amici "normali") passi per gli AMICI dei gay (curiosi dentro!) ma far entrare GRUPPI di coattelli palesemente eterosessuali che al primo gay che gli si avvicina per provarci gli vomitano addosso di tutto NO, a questo non ci sto.
Porca zozza venite a fare i FICHI in un locale gay perchè è TRANDY e nel momento in cui uno ce viene a provà con te te incazzi pure? Fatti una risata, FAGLI un sorriso, spiegagli la situazione e tanti saluti! Ma è così complicato? Sentite proprio tutto sto bisogno di difendere l'orgoglio ferito davanti agli amici?
Quando Mucca tornerà ad essere quello di 5, 6 anni fa, con il 90% di omosessuali (ora staremo ad un 65%/35%) avrà concluso il CICLO di rinascita, iniziato lo scorso anno.
Resta comunque la miglior serata gaya della capitale, inutile girarci intorno!

Voto prima serata: 7,5





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La nuova "casa" di Grillini.

Dopo quindici anni si ricompone la "diaspora" dell'ex Psi. Alla costituente i vecchi del partito craxiano, ex diessini ed ex Margherita.
Laici e riformisti, torna il partito socialista. E la sinistra italiana si divide in tre.
Boselli presenta il Pantheon: Loris Fortuna, Giuseppe Di Vittorio e Marco Biagi. Angius a Prodi: "Una svolta e un nuovo governo. Così il centrosinistra perde l'Italia.

(Claudia Fusani - La Repubblica) Il rosso è sempre quello, vivo, acceso, ed è dappertutto sullo sfondo e sotto il palco, una struttura semplice, tecno-elegante, tubi Innocenti e plexiglass. Al posto del garofano adesso c'è la rosa e sotto, a caratteri minuscoli, la scritta "partito socialista". Anche la musica è cambiata: l'Internazionale sarebbe per inguaribili nostalgici. Molto meglio far entrare il segretario Enrico Boselli sulle note di Imagine, di "Should I stay or should I go" dei Clash o dei Pink Floyd.
"Compagni, compagne, amici e amiche...", A Roma, dalle parti dell'Eur, oggi nasce, o meglio rinasce il partito socialista. Auditorium della Tecnica zeppo, facce note che vengono dal libro della storia di quel partito - Gianni De Michelis, Rino Formica, Mauro Del Bue, Ugo Intini e "Bobo" Vittorio Craxi - molte inedite, dai senatori ex diessini Gavino Angius a Roberto Barbieri a Valdo Spini, dal presidente onorario dell'Arci gay Franco Grillini al deputato, ex Margherita, Cinzia Dato. Quindici anni dopo essere stato cancellato da Tangentopoli, oggi rinasce il partito socialista.

"Oddio...", si dirà snocciolando una serie infinita di luoghi comuni, pregiudizi e timori. Boselli va oltre: "Siamo riuniti per gettare le basi ideali e programmatiche del nostro nuovo partito, il partito socialista. La nostra bussola sarà quella del partito socialista europeo". E subito dopo: "Oggi poniamo fine, finalmente, alla diaspora socialista e si rimettano insieme elettori, militanti e dirigenti del Psi e del Psdi". Applausi, qualche lacrima, un filo di commozione.
Ora, al di là delle parole, del politichese e dei punti di vista, oggi succede un fatto preciso: il centrosinistra italiano si fa in tre. Tutta colpa dello tsunami scatenato a sinistra dalla nascita del Pd. Il fatto è che "il partito socialista" nasce prima degli altri - prima del Pd anche se solo di una settimana - e prima della Cosa rossa, che si chiamerà "La sinistra", ma non è ancora chiaro se Sd di Mussi, Rifondazione, Comunisti e Verdi avranno la forza di confederarsi.
Il merito di Boselli, sintetizzando il percorso di questi mesi, è stato quello di aver individuato e delimitato uno spazio lasciato libero da Pd e Cosa Rossa. Lo spazio, dice aprendo i lavori della Costituente, "di una sinistra laica, di governo e riformista". Troppo a sinistra la Cosa Rossa.

Troppo spostato al centro il Pd. Per questo sono arrivati da questa parte del fiume nomi come i senatori, ex diessini, Gavino Angius, Roberto Barbieri e Accursio Montalbano. All'ultimo congresso Ds, quello dello scioglimento a Firenze, Angius portò la terza mozione. Poi è stato incerto se passare con Mussi, ma da quella parte c'è troppo massimalismo. Alla fine è arrivato qua, col suo 10 per cento, perché "il Partito Democratico ha tendenze neocentriste, tanto che non fa parte del Pse, la forza più grande della sinistra europea". E perché, aggiunge, "adesso si può dire che aveva ragione il Psi e torto il Pci visto che si è sciolto". In nome del laicismo sono approdati qua parlamentari come Franco Grillini e Cinzia Dato, diessino il primo, della Margherita la seconda, entrambi nella passata legislatura sono stati in prima fila per i diritti civili e la ricerca scientifica. "

Questo partito - dice Grillini - lo vedo come una prateria che fa riferimento alla grande casa europea e che si fa carico di grandi temi come la ricerca scientifica e i diritti civili e fa riferimento a principi di civiltà come la meritocrazia". Certo, resta il "vecchio" del partito. "Se andiamo a fare l'analisi del sangue a tutti, nessuno è puro" ridacchia Grillini, "il caso Unipol ha tolto ogni primazia sulla questione morale".
Valdo Spini invita la platea a lasciar perdere "i percorsi passati di ognuno di noi, ne riparleremo davanti al caminetto tra qualche anno. Quello che ora stiamo facendo è la costruzione di una forza socialista, laica, riformista come quella del socialismo europeo". Tra progetti europei, questioni che pesano come la ricerca scientifica o più semplicemente gli asili nei posti di lavoro, e propositi di ampio respiro (Rino Formica: "Il socialismo deve rimuovere le cause di disuguaglianza"), i socialisti attaccano ad alzo zero la Finanziaria, l'Unione e il pd. I socialisti nascono e attaccano il governo. Sullo schermo passa un filmato che racconta il Pantheon del nuovo partito: Loris Fortuna perchè "rammenta le grandi battaglie per l'introduzione del divorzio"; Giuseppe Di Vittorio, che fa riflettere sul "valore di un riformismo autentico"; e Marco Biagi "simbolo di un'opera per il riequilibrio delle risorse tra generazioni e per una flessibilità accompagnata da un sistema di sicurezza sociale".

Il giuslavorista ucciso dalle Br nel 2002 riceve gli applausi più commossi. Barbieri attacca la Finanziaria: "E' una manovra spot, senza una visione, piena di sostegni temporanei in cui le proposte hanno tutte una scadenza". Parlano De Michelis ("il decalogo di Veltroni sul fisco è una lista di pii desideri"), Bobo Craxi, cravatta rossa color garofano ("La nostra lealtà al governo non è infinita" e la socialdemocrazia "non è un cane morto"), Ugo Intini. L'applauso più lungo, con quello dedicato a Boselli, lo prende Angius, è lui che ha fatto il percorso più duro e difficile per arrivare fin qua. "Benvenuto nella tua casa" lo saluta Boselli. Angius spiega perchè è arrivato fin qua: "Perchè qui oggi ci sono primarie delle idee e non delle persone; perchè il divario tra noi e il Pd è incolmabile; perchè ci sentiamo parte del Pse europeo; perchè il Pd ha una deriva troppo centrista e la Cosa Rossa troppo massimalista; perchè vogliamo un capitalismo maturo e socialmente responsabile e perchè in questo paese è in discussione il principio della laicità". Per tutto questo "nasce il partito socialista".

E per tutto questo "a Prodi chiediamo una svolta e un nuovo esecutivo": "Non si può andare avanti con un governo in perenne fibrillazione, dove una forza di governo organizza la marcia del 20 ottobre contro il governo, Rutelli parla di alleanze di nuovo conio, Di Pietro presenta leggi con Fini, e ci sono due premier in servizio, uno che tira la carretta e l'altro che disegna il futuro del paese". Il partito socialista punta, "realisticamente", a una quota di voti "tra il 2 e il 6 per cento". La prossima settimana comincia il tesseramento, "dal basso, via internet (www.costituentesocialista.it) o con conto corrente postale, non una somma di correnti". Chiuderà il 31 dicembre. A febbraio il congresso.






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Continua "Eccellenti letture": Nicoletta Romanoff e Giorgio Pasotti con Gianrico Carofiglio.


(Milano 2.0) Un procuratore antimafia che scrive legal thriller sembra uno scherzo, invece in Italia ne abbiamo uno di tutto rispetto Gianrico Carofiglio.
Da poco uscito in libreria con una grafic novel, Cacciatori nelle tenebre, che porta la firma grafica del fratello Francesco, si è presentato nel corso di Eccellenti letture accompagnato Nicoletta Romanoff e Giorgio Pasotti, portando sul palco del Teatro Ied brani tratti dai suoi romanzi da Testimone Inconsapevole a Ragionevoli dubbi.
Peccato i due attori non abbiano dato il meglio di loro stessi e la lettura è risltata un bel piatta. Preparatevi al quarto appuntamento della rassegna il 10 ottobre, nel suggestivo scenario della Chiesa Rossa, adiacente al Naviglio Pavese, dove Margerita Buy e Sergio Rubini leggeranno alcuni brani tratti dalle opere di Andrea Vitali.






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"Expo, dieci miliardi e 29 milioni di visitatori".

(Marta Bravi - Il Giornale) Con la prossima settimana prende il via la campagna di comunicazione rivolta alla città «perché ogni cittadino senta Expo non come un evento mondiale, ma come la chiave di volta per il rilancio di Milano». Queste le parole del sindaco Moratti che ieri ha illustrato il dossier Expo al consiglio comunale, l’assemblea che più rappresenta la città, mentre il presidente della Provincia Filippo Penati faceva la stessa cosa a Palazzo Isimbardi.

Tutti uniti per l’Expo questo il messaggio che emerge dalle parole del sindaco, che ha sottolineato come la candidatura di Milano sia sostenuta da tutte le istituzioni, dal Presidente della Repubblica agli Enti locali, cioè da una forza politica trasversale.
«Adesso tocca ai cittadini: bandire ogni scetticismo e credere con fiducia nella più grande opportunità dal Dopoguerra» ha sottolineato Giulio Gallera, capogruppo di Forza Italia in consiglio. Sì perché «il 90% di quello che verrà costruito per Expo, per cui ci attendiamo 29 milioni di visitatori - ha spiegato la Moratti -verrà lasciato alla città».

Che, in concreto, significa: il villaggio Expo, una superficie di un milione e 100mila metri quadri di superficie, di cui gran parte a verde, con i padiglioni di vari paesi, quelli regionali, quello italiano, tutti progettati dai migliori studi del mondo, accanto una sorta di cittadella olimpica, dove saranno ospitate le maestranza impegnate nella realizzazione del sito, vale a dire 70mila persone.
A Rho-Pero si arriverà direttamente da Malpensa in treno, dalla darsena lungo la via d’Acqua o la via di Terra. Previste entro il 2015 al costruzione delle linee 4-5-6 della metropolitana, la Brebemi, la Pedemontana, la Tem.

«Il budget che abbiamo a disposizione - ha detto il sindaco - ammonta a 4,1 miliardi di euro, di cui 3,2 saranno investiti nelle infrastrutture necessarie. Complessivamente le opere che saranno realizzate avranno un valore di 10 miliardi di euro». «Siamo in vantaggio rispetto a Smirne - ha sottolineato Filippo Penati, che ieri parlava in consiglio provinciale -. Secondo lo studio dell’Ocse la scelta di Milano come sede dell’Expo darebbe un grande impulso alla sua riqualificazione, soprattutto in termini di qualità della vita, aumento del tasso di occupazione, miglioramento della rete dei trasporti.

Oggi siamo pronti ad accettare la sfida perché questa manifestazione diventi una bandiera per il futuro».
Un discorso, però, che non convince la sua maggioranza, che, al contrario, solleva mille perplessità sul voto di sostegno. Perplessità e scetticismo tali da scatenare il malumore del presidente, che abbandonato dai suoi, riesce a far passare l’ordine del giorno sull’Expo grazie ai voti di An, Udc e Forza Italia. «Gli investimenti di Smirne sono inferiori ai nostri» ribadisce la Moratti, che non ci sta da incassare le accuse di «corruzione» che arrivano dai banchi dell’opposizione, dopo mesi di lavoro e impegno in prima fila per vincere la sfida contro la rivale Smirne.

«Ci saranno settecento inviti in più alla Prima della Scala per tutti i delegati Bie (il Bureau International des Expositions, il comitato che a marzo si pronuncerà sull’assegnazione dell’Expo 2015) - accusa Basilio Rizzo, consigliere della Lista Fo - per tutti i delegati della Bie. «Come può pensare che ci sia corruzione tra le istituzioni sull’Expo?», ha detto il sindaco, indignato e deluso, uscendo dall’aula. Alla Prima, infatti, come consuetudine sono stati invitati solo alcuni alti rappresentanti di Paesi e governi stranieri.






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Il Papa in posa.

(Il Messaggero) «Ci siamo detti - dice don Giuseppe Colombara, direttore del Servizio Fotografico dell'Osservatore Romano - che come fotografi "esclusivi" del Papa non potevamo mancare di realizzare un calendario di sue immagini. Abbiamo voluto però distinguerci scegliendo un taglio un po' alternativo rispetto a quello in cui si è abituati a vedere ritratto il Papa, per esempio durante i grandi eventi, e presentando invece l'aspetto umano di Benedetto XVI». Così da oggi anche l'Osservatore Romano ha il suo calendario e come testimonial per il 2008 non poteva che essere eletto Benedetto XVI, ritratto durante il soggiorno estivo a Lorenzago di Cadore (Belluno), nello scorso luglio.

Ecco dunque il Papa passeggiare e meditare tra gli alberi e le cime delle Alpi venete, ma anche abbandonarsi a gesti come accarezzare la testa di un bambino o il cane di un poliziotto. Sono in tutto 13 immagini inedite, una per mese più quella della copertina del calendario 2008, in vendita a 5 euro nelle edicole e nelle librerie nei pressi della Città del Vaticano. Non è la prima volta di Ratzinger su un calendario. L'anno scorso aveva posato per Famiglia Cristiana nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, testimonial di un'iniziativa benefica a favore dei bambini del Rwanda.

«Visto il forte interesse che sta riscuotendo l'iniziativa - ha aggiunto don Colombara - pensiamo già a nuovi calendari per gli anni a venire. Certo, rinnoveremo di volta in volta la scelta del tema della raccolta fotografica, ma probabilmente non il formato. Questo formato 42 per 30, con fogli di alto spessore e bianchi sul retro, consente a chi lo desidera di conservare le foto facendone dei quadretti da incorniciare».






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Un bacio lesbo per promuovere la Svezia all'estero.

(Queerway) I paesi scandinavi sono da sempre visti come pionieri di diritti civili ed emancipazione sociale e ci sarà pure un perchè.

Le motivazioni vanno certo oltre le bellezze bionde con gli occhi azzurri, la natura selvaggia a perdita d'occhio e il design. E anche l'ambasciata virtuale di Svezia su Second Life decide di andare oltre le immagini generiche e un po' scontate per puntare proprio sull'apertura della nazione verso tutti.

L'ambasciata presso Second Life ha quindi deciso di vendere il regno con un film pubblicitario di oltre 4 minuti intitolato Open skies, open minds e realizzato da Claes Britton e Peter Farago.

Ovviamente non macano certo gli scenari idilliaci svedesi ma a far parlare del clip è una scena di meno di un secondo: due giovani donne si baciano fugacemente sulle labbra.
Il dibattito su Internet si è scatenato e gli svedesi tengono a far sapere che da loro non è certo raro vedere due ragazze baciarsi per le strade di Stoccolma anche se eterosessuali.

Doppio ritorno quindi nelle intenzioni svedesi, richiamare tanto gli omosessuali attratti dall'apertura alle diversità dei cittadini tanto gli uomini eterosessuali attratti da scenette da soft porno che difficilmente possono sperare di godersi per le strade di altri paesi.

Dal canto loro gli autori del video si dicono perniente sorpresi e spiegano che la Svezia è un paese "aperto, trasparente e tollerante".






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Prodi e la Jolie secondo Vaime.

(Enrico Vaime - Virgilio.it) In questa fiera di pubbliche relazioni, in questa mostra di disponibilità mondane che è la vita pubblica e, soprattutto in questi giorni, politica, poche righe in cronaca ci hanno fatto pensare che ci sono personaggi ruspanti refrattari alla comunicazione, alle pi-erre, all’esibizione interessata.

Diceva il giornale con secchezza cronachistica che il presidente del consiglio Prodi in Usa, non ha ricevuto Angelina Jolie che chiedeva di parlargli.
Quale altro personaggio nostrano avrebbe mancato un incontro inutile sì, ma promozionale come quello con la temperamentosa ed affascinante diva hollywoodiana? L’ex presidente, in una analoga situazione avrebbe convocato stampa e TV, avrebbe sfoderato le sue protesi più convincenti, avrebbe omaggiato la diva con qualche simbolico regalo, avrebbe detto (lo fa, lo fa): “Ah, se non fossi sposato!” invitando la Jolie ad una visita ai cactus della villa sarda.

Un altro leader in campagna promozionale non si sarebbe trattenuto dal chiedere di inglobarla nella sua schiera di supporters benpensanti e benportanti. Prodi no. Ha detto alla Jolie postulante che aveva da fare. Non ha reagito al nome così popolare e all’aspetto che forse non ha avuto modo di valutare, chi sa. Io sono sicuro che il nome di Angelina Jolie non gli ha detto niente. Avrà forse chiesto (non mi dispiace pensarlo) burbero e indaffarato: “Giòli: un cognome che non mi è nuovo. E’ di Modena?”.





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Svezia, più vicino il matrimonio gay.

(Queer blog) Nonostante in questo momento la Svezia abbia un governo conservatore (un’eccezione per il paese) la strada per la celebrazione del primo matrimonio fra persone dello stesso sesso sembra in discesa.

Venerdì infatti i tre partiti di opposizione hanno presentato un disegno di legge che introduce appunto il matrimonio fra persone dello stesso sesso, come già succede in Olanda, Spagna e Belgio.

I socialdemocratici, i verdi e la sinistra hanno elaborato un progetto comune, che ha ricevuto il sostegno anche di due dei partiti al governo, il centro e il liberali. Unici a opporsi - manco a dirlo - i cristiano democratici che pur avendo un ridotto peso elettorale finora sono riusciti a bloccare il passaggio al matrimonio gay. La Svezia infatti sin dal 1995 riconosce a gay e lesbiche molti dei diritti e doveri del matrimonio attraverso una legge sul Partenariato registrato, una civil partnership. Adesso, però, è il momento di fare un passo in più secondo la maggioranza del Parlamento e anche secondo molti svedesi.

Vedremo se basterà il sostegno di cinque grandi partiti per vedere la nuova legge, in base alla quale la Chiesa luterana di Svezia ha annunciato che celebrerà matrimoni dello stesso sesso.






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L'opera di Verdi "Simon Boccanegra" live in 50 cinema.

(online@quotidiano.net) È Marco Tutino, soprintendente e direttore artistico del Teatro Comunale di Bologna, a farsi promotore dell'iniziativa che permetterà di moltiplicare il pubblico dell'opera lirica. Grazie a Rai Trade, in collaborazione con Rai Cinema e Microcinema, il prossimo 18 novembre verrà trasmessa live in ben 50 sale cinematografiche italiane l'opera di Verdi "Simon Boccanegra".

Il teatro Comunale di Bologna sarà, dunque, la prima Fondazione lirica a partecipare ad un'iniziativa caratterizzata da proiezioni ad alta definizione ed inserite in un circuito di trasmissione satellitare. "Trovo che sia una grande operazione perchè riesce a veicolare l'opera, un prodotto cosiddetto 'colto', oggi ancora ristretto ad un pubblico elitario sia in termini di età che di fascia sociale, ad una platea invece vasta ed eterogenea", ha dichiarato Marco Tutino, soprintendente e direttore artistico del teatro Comunale di Bologna.

A dirigere l'opera che aprirà la stagione del Comunale di Bologna il 13 novembre sarà il giovane maestro Michele Mariotti. L'iniziativa interesserà cinquanta sale "suddivise in due circuiti così da toccare sia i cinema principali sia quelli minori. Si tratta di una nuova proposta, "di un esperimento sociologico che - ha aggiunto il soprintendente Tutino - credo riscuoterà anche in Italia il successo che già ha riscosso in Paesi come gli Stati Uniti. Credo che la possibilità di trasmettere l'opera nelle sale cinematografiche, grazie alle potenzialità offerte dalla tecnologia satellitare, ma anche quella di scaricarla da Internet rivoluzionerà il mondo".

Sono attualmente 20 le citta italiane che aderiranno all'iniziativa, tra le quali Torino, Cesena, Verona, Bari, Bologna, Vicenza e Genova. In programma la diretta, in data ancora da definire, anche della "Norma" che debutterà al teatro bolognese il 29 aprile. Trentacinque saranno invece gli appuntamenti della stagione dello stabile di Bologna "L'Altro Comunale", offrendo al grande pubblico un cartellone parallelo a quello che racchiude opera e concerti. Tra le novità anche la scelta di affidare i ruoli solistici, in tre repliche di opere della stagione lirica, ai giovani allievi della Scuola dell'Opera italiana nell'intenzione di valorizzare i talenti della lirica e trasmettere i più alti valori della tradizione operistica italiana. Dal madrigale al musical, dal jazz alla danza alla musica da camera contemporanea ma anche teatro musicale, melodramma e opera contemporanea per un cartellone ricco e variegato.

Dopo l'apertura affidata a "Simon Boccanegra" di Verdi con la direzione di Michele Mariotti, la stagione dell'opera al Comunale di Bologna proseguirà con il ritorno in Italia di Roberto Alagna nell'Orphee et Eurydice di Gluck l'8 gennaio; mentre per la prima volta a Bologna George Pretre dirigerà, il 16 e 18 marzo, la "Messa in Requiem" di Verdi. Sarà invece Lucio Dalla alla regia di "The beggar's opera", in programma il 29 marzo, che vedrà nel cast Angela Baraldi e Peppe Servillo; mentre una nuova "Norma" diretta da Pidò con la regia di Tiezzi sarà in scena in 29 aprile. Il cartellone proseguirà con "Samson et Dalila" di Saint-Saens il 31 maggio; "Lucia di Lammermoor" di Donizzetti, il 23 febbraio, per la regia di Graham Vick; il balletto "Lo schiaccianoci" di Ciajkovskij, il 29 novembre, con la compagnia che fa capo a Yuri Grigorivich, uno degli maggiori artisti russi.

Tredici invece saranno i concerti, in programma dal 19 ottobre al 29 giugno, per la stagione sinfonica spaziando dalla musica dell'Ottocento a quella del Novecento con focus su compositori russi come Sostakovick. Lo stabile bolognese vedrà salire sul podio,tra gli altri, direttori internazionale come Claus Peter Flor, Alexander Vedernikov, Charles Dutoit, Stefan Anton Reck, Juraj Valcuha, Roberto Abbado, Nicola Luisotti. Sarà inoltre Yuja Wang a dirigere l'impegnativo «Concerto n.1 per pianoforte e orchestra» di Ciajkovskij. «La messa in Gloria» di Puccini sarà registrata per la realizzazione di un cd della Deutsche Grammophone. Una stagione, quella del Comunale di Bologna, che ribadisce la volontà di un'apertura ai più dispararti generi di musica così da raggiungere un pubblico sempre più vastp ed eterogeneo. Una conferma, inoltre, del titolo di «Città Creativa della Musica» che l'Unesco ha conferito a Bologna, unica in Italia e seconda in Europa insieme a Siviglia.






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Veltroni:dimezziamo i Ministri.

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Un Papa neorinascimentale...

Camauro, latino, ellenismo, finezza teologica, realismo politico (e ora la campagna culturale?)

(Alessandro Giuli - Il Foglio) l recupero del camauro, del saturno a tese larghe, la mozzetta orlata di ermellino, la gestualità ieratica e gutturale, un poco distante, solo apparentemente timida.
Questo è il corredo esornativo, ed è già carico di valore simbolico. Al centro grava il contenuto, un eccesso di senso semplificabile attraverso due elementi essenziali: il discorso di Ratisbonamotu proprio che ripristina la messa in lingua latina secondo il rito di san Pio V.
Visto che non può essere soltanto una tattica bisogna parlare di vocazione. Quella di Benedetto XVI si potrebbe definire neorinascimentale, nel senso che coniuga il ritorno a una certa classicità con la proiezione cadenzata nell’orizzonte mondano.
Il teologo Joseph Ratzinger sembra camminare in parallelo con la speculazione teutonica secondo la quale – come insegnava Martin Heidegger – il Logos un rapporto sensuale e di massa ad alta intensità emotiva e, per quanto possibile nella società piramidale ecclesiastica, a bassa capacità ordinatrice.
Esempio palpabile: la scommessa africana, il tentativo di contrapporre la rinnovata evangelizzazione del continente nero alla crisi delle vocazioni occidentali.
Con un successo mutilato e visibile nelle oscillazioni animistiche dei vari Milingo prodotti. Un parziale insuccesso ha scandito anche la velleità di permeare la corazza degli ortodossi nei Balcani, nella Turchia e nella Russia, o la volontà d’inserirsi nelle pieghe religiose di un sud-est asiatico troppo rassegnato alla propria impersonalità secolare. Semplificando ancora, quello di Wojtyla era un pontificato “lunare”, femminile come la fortuna nella sua passività (che è tremenda forza d’inerzia, nell’accezione di Machiavelli), come l’anima della massa e come il cerchio magico delle suore polacche del quale il Papa si circondava. Un pontificato cristiano legato sottilmente alle origini, di contaminazione veterotestamentaria, ipnotico come un salmo o un Notturno di Chopin.
E’ vero però che l’ultimo tratto del regno di Giovanni Paolo adombrava già uno slittamento dell’asse pontificio, un movimento à rebours che era anche una cristallizzazione, ma più che altro un vaticinio del vento in arrivo. Il vento soffiava dalla Baviera e ha trovato le finestre del colle Vaticano spalancate dai vescovi di Camillo Ruini.
Prima di diventare Benedetto XVI, Ratzinger si era fatto annunciare dalla propria narrazione intellettuale quattrocentesca, erudita e calma, ma dotata di una risolutezza molto congeniale ai tempi e ai temi di questi anni. Venuto meno il fascino corporale di Wojtyla, è sopraggiunto il più rarefatto pathos della distanza germanico.
Un misto di teologia conventuale e consapevolezza nordica temperata dall’aria del Mediterraneo (di qui la sua sensibilità per la custodia dell’ambiente naturale).
Ratzinger si offre così ai fedeli e agli antagonisti: come un colto facitore di cose sacre e politiche. Il suo intervento all’Università di Ratisbona (settembre 2006) è stato un capolavoro di realismo politico e raffinatezza teologica. La citazione dal noto discorso del Paleologo su Maometto ha arrestato per lungo tempo le ambizioni europee della Turchia, il paese che ha reagito nel modo più disordinato all’attacco ratzingeriano contro l’irrazionalismo islamico.
Senza contare che gli ortodossi bizantini hanno contraccambiato con uno spettacolare riavvicinamento al Vaticano: durante la successiva visita del Papa alla cattedrale di santa Sofia (chiesa e moschea in passato), il fermo-immagine del momento restituiva un Benedetto XVI certo di sé e immobile sopra un drappo vaticano largo
almeno il doppio di quello aperto dal subalterno metropolita locale. Può sembrare una banalità ma i centimetri contano anche agli occhi dell’assoluto.
L’operazione è paragonabile alla lontana con le glorie terrene di Giulio II (XVXVI secolo), il Papa che vinse militarmente la Repubblica veneziana e posò il primo blocco di marmo per la basilica di San Pietro.

Sempre in quel discorso di Ratisbona, poi, Ratzinger ha esposto il cuore del proprio magistero: l’alleanza solidale tra il Logos ellenico – quello degli “idolatri”, come li chiama lui – e la fede galilea. E’ una formidabile combinazione che sottrae il dogma religioso alla privatezza individuale e lo pianta nel discorso pubblico della ragione.

In questo illuminismo metafisico coabitano il rigore del neoplatonismo cristianizzato e la decisione di giocare senza più veli: la riserva aurea della chiesa neorinascimentale che si propone sulla piazza dei laici trova il proprio deposito nella potenza solare del Logos tratto dalla speculazione della tarda antichità (per lo meno).
Fu questa l’arma principale con la quale Costantino (IV secolo), assimilando la figura del Cristo a quella di Helios, rese credibile la propria corte imperiale agli occhi di un paganesimo popolare che altrimenti non lo avrebbe capito né accolto.
Ed è questa la novità di Benedetto XVI, principe di un pontificato dalle pretese solari, idealmente contemporaneo a quei papi che nel tardorinascimento disseppellirono gli obelischi egizi che avevano fatto da contrafforte alla Roma politeista, per ricollocarli (esorcizzati e sormontati dalla croce) al centro dei propri fasti toponomastici.
Un esempio fra tanti, il così detto obelisco vaticano di piazza San Pietro: per gli egizi che l’avevano fabbricato a Heliopoli era un raggio di sole pietrificato; per il conquistatore Augusto era la prova d’un destino imperiale; per Sisto V, che “havendo rimosso questo obelisco dal suo primo luogo e tolto, con immensa fatica, ad
Augusto e Tiberio Cesari, lo consacrò alla santissima croce l’anno 1586” (così negli “Avvisi di Roma” del giorno dopo), fu lo sfoggio trionfale d’un desiderio di rottura rispetto alla “idolatria” e di apparente continuità con la narrazione solare.

La mondanità della scelta di Ravasi

Con tutta la cautela del mondo, l’azzardo è possibile. L’ellenizzante Benedetto XVI che segna il ritorno in Europa della religione cattolica come figura della battaglia ideale e politica (c’entra molto l’aggressività islamica). Il teologo Ratzinger dai princìpi non negoziabili che si sente pronto a delimitare nuovi confini ecclesiali (da quanto tempo non si parlava più di scomunica?). Il Papa che sembra uscito da una tela di scuola settecentesca quando lascia che il proprio gatto gli passeggi sul pianoforte. Lo stratega della presenza pubblica che affida al mondano monsignor Gianfranco Ravasi il compito di amministrare la cultura e l’archeologia vaticane (come dire il fusto e le radici).
L’uomo che accarezza la fede come il vestibolo d’un esame affidato alla potenza dell’intelletto. Sono le numerose sfumature di un essere unico che cerca di opporsi al secolarismo e al sole divorante (ma consanguineo) del deserto musulmano e lo fa, per vocazione e per necessità, aggrappato al senso di una verticalità antichissima e abbagliante.
Per certi versi il neorinascimentale Ratzinger è anche il segnacolo di una debolezza messa a nudo – il cristianesimo in armi non basta a se stesso – ma non per questo meno squillante e temibile.
e il






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