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venerdì 13 giugno 2008

Ungheria. E' stato autorizzato il Gaypride a Budapest. Ci sarà anche il sindaco.

(Peace reporter) La polizia ungherese ha cambaito idea a proposito del Gay Pride e ha deciso di autorizzare l'evento. La sfilata, inizialmente censurata dal governo, è prevista per il prossimo 5 luglio a Budapest. "Abbiamo concordato con gli organizzatori i modi di causare meno intralci possibili al traffico" ha comunicato un portavoce della polizia ungherese. Inizialmente il Gay Pride era stato vietato perché si temevano disagi alla circolazione, ma le proteste di associazioni come Amnesty International e del Comitato Helsinki hanno portato a un cambiamento. Il sindaco di Budapest Gabor Demszky parteciperà alla manifestazione come sostegno alle istanze gay. "Ora la polizia ha il diritto di difendere anche i partecipanti della parata, gay e lesbiche, contro l'aggressione di estremisti omofobi" ha riportato oggi il giornale Nepszabadsag.

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Norvegia, fiori d’arancio per le coppie gay. Anche in chiesa.

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(Emanuele Rossi - Panorama) La navata centrale gremita di gente. Il sacerdote all’altare. Lo sposo che aspetta, vestito di tutto punto nell’abito nuziale. Ed ecco che dal portale fa il suo ingresso… l’altro sposo. Un matrimonio omosessuale. In chiesa. Surrealismo? Fantasie da gay pride di San Francisco? No, la scena in questione sarà presto realtà, almeno nell’austera Norvegia.

Il Paese scandinavo ha approvato ieri (84 voti a favore, 41 contrari) la legge che equipara giuridicamente i matrimoni tra omosessuali a quelli eterosessuali. La Norvegia si unisce così a Spagna, Olanda, Belgio, Canada, Sudafrica e California e Massachussets negli Usa. Il ristretto gruppo di Stati che permettono il matrimonio (non una semplice unione civile, un “Pacs” come in Francia) tra persone dello stesso sesso, con tutti i diritti e i doveri delle coppie etero. Inclusa la possibilità di adottare (non in tutti i casi, però). La Norvegia nel campo è stato uno dei primi Paesi a creare, già nel 1993, un registro delle unioni civili che includeva le coppie lesbiche o gay. Ma la legge di ieri marca un’ importante differenza: nel Paese dei fiordi la religione di Stato, la Chiesa Nazionale di Norvegia, è un ramo del protestantesimo luterano, la sua massima autorità è il re (come in Inghilterra) e obbedisce alle leggi emanate dal parlamento. Ecco perché i pastori delle comunità norvegesi potrebbero essere obbligati, primi al mondo, a celebrare il rito matrimoniale per unire un lui a un altro lui. O una lei a un’altra lei. Questo sempre che non venga approvata una specie di “obiezione di coscienza” per i pastori, come nel caso della Chiesa evangelica canadese nel 2005. Ma la Chiesa nazionale norvegese non dovrebbe opporsi, visto che il 16 novembre 2007 ha deciso a maggioranza di autorizzare l’ordinazione di omosessuali anche ‘attivi’, a membri del suo clero. Con 50 voti a favore su 84, infatti, il Sinodo generale, la sua più alta istanza, ha approvato una risoluzione che annulla l’attuale divieto a ordinare omosessuali attivi nel clero.

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Spagna: allo studio congedo parentale anche per coppie omosessuali.

(Ansa) In Spagna potrebbe esserci un congedo lavorativo di maternità e paternità anche per i genitori omosessuali. A proporlo è la nuova proposta del ministro dell'Uguaglianza del governo Zapatero, Bibiana Aido. Secondo quanto riferiscono i quotidiani El Mundo, Abc e la Razon, nei prossimi giorni dalla stessa Aido assieme al titolare del Lavoro, Jesu's Caldera, metterano a punto il provvedimento che dovrebbe interessare tutte le coppie omosessuali, che potranno chiedere di assentarsi dal lavoro in caso di malattia del proprio figlio.

Il ministro socialista, 31 anni - scrivono i giornali - ritiene che questo progetto faccia parte di un disegno piuù ampio, quello della ''trasversalita'''. ''Voglio essere un ministro trasversale e non settoriale - afferma Bibiana Aido, stando ai quotidiani - e interverrò su tutto cioò che ha a che fare con le politiche di uguaglianza''.

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Torino, la sauna-bordello. Il titolare:"Sono stanco, fatemi vedere l'Antares".

Appello dal titolare della sauna gay, sotto sequestro dal giorno del blitz. Qui nessun dipendente ha offerto prestazioni sessuali: dopo l´ultimo no siamo decisi a andare in Cassazione . Il primo giudice del Riesame mi ha dato ragione, poi è stata ipotizzata la reiterazione del reato. È caduto il reato di sfruttamento e resta solo quello di tolleranza alla prostituzione.

(Nicola Zancan - La Repubblica, edizione di Torino) «Ho 70 anni, sono stanco e molto amareggiato per quello che è successo». L´Antares è in vendita. Il proprietario, Mario Lomarco, (nella foto) ha già firmato un mandato in esclusiva per tre mesi con un´agenzia immobiliare. Ma i locali della sauna gay di via Pigafetta sono ancora sotto sequestro, dopo il blitz della polizia del 17 aprile scorso. E sul provvedimento di chiusura si è scatenata una battaglia legale a colpi di ricorsi e sentenze contrapposte.

Gli agenti erano intervenuti per verificare la segnalazione di un cliente: «I ragazzi magrebini ti saltano addosso. Sono violenti. Pretendono di essere pagati anche se non vuoi stare con loro». Le indagini, coordinate dal pm Monica Abbatecola, sono state delegate alla squadra mobile. Gli investigatori hanno accertato che dentro l´Antares non girava droga, non c´erano minorenni e nessuno sfruttava la prostituzione. Eppure la sauna resta sotto sequestro. Indisponibile per il suo proprietario.

L´avvocato Raffaella Variglia è furibonda: «A questo punto sono sempre più convinta che si stia combattendo una crociata contro gli omosessuali. Il sequestro dei locali non ha altre spiegazioni. Il signor Lomarco è una persona perbene. Tutti i clienti hanno confermato di non aver non mai pagato soldi a lui, ad eccezione del biglietto d´ingresso. È caduto il reato di sfruttamento, resta solo quello di tolleranza della prostituzione. Un´anacronistica interpretazione della legge Merlin...». Lomarco resta indagato perché non poteva non sapere quello che succedeva nelle sua sauna. Ma sul sequestro dei locali, i giudici si sono divisi.

Il primo era stato un sequestro probatorio, disposto dalla polizia il giorno stesso dell´irruzione. Contro quella chiusura l´avvocato Variglia ha interpellato il Tribunale del Riesame. E il giudice Elga Bulgarelli, aveva osservato: «Il titolare sapeva che il suo locale era frequentato da omosessuali che avevano rapporti, ma non ha mai approfittato di tale situazione. Si discute del fatto se Lomarco sapesse o meno che si consumavano prestazioni sessuali a pagamento, fatto soggettivo che nulla ha a che fare con il sequestro operato, peraltro mai convalidato dal gip. Non si trattava di un club privé, ma tutti potevano liberamente entrare. Nessuno dei dipendenti ha mai offerto prestazioni sessuali. Inoltre, il decreto probatorio che convalida il sequestro è privo di elementi concreti e presenta un errore macroscopico, cioè indica una data errata... «. Sequestro bocciato su tutta la linea. Come da ordinanza del Riesame: «Annulla il decreto penale di convalida e dispone la restituzione del bene».

Era il 6 maggio. Manco il tempo di gioire, per il signor Lomarco, che il gip ha disposto un nuovo sequestro dei locali. Questa volta, sequestro preventivo. Per impedire cioè che all´Antares si possa consumare ancora il reato contestato: tolleranza della prostituzione. Nuovo ricorso dell´avvocato Variglia. Ancora al Tribuale del Riesame. Ma questa volta, il giudice Luca Ferrero ha dato ragione al gip. Confermato il sequestro: «Perché altrimenti potrebbe essere reiterata l´attività illecita». Chiuso. Sigillato. Anche se già in vendita, ma di fatto invendibile. Almeno per il momento: «Non ci arrendiamo - annuncia l´avvocato Variglia - faremo ricorso per Cassazione». Per inciso: nei locali sotto sequestro, nei giorni scorsi, sono entrati i ladri. Hanno svuotato il frigo e arraffato quel poco che c´era.

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Se il gaypride si fa in famiglia.

Sono i figli a rivelare la propria omosessualità. E per i genitori prima scatta la sorpresa e poi la voglia di normalità. In una ricerca le reazioni dei congiunti.
(Giuseppe Nicotri - L'Espresso) Ho letto di nascosto il suo diario, perché aveva quasi 20 anni e si apriva poco, era chiusa, a volte strana. Vi ho trovato una lettera d'amore, bellissima. Anche commovente. Ma la firma in fondo non era di un ragazzo, era un nome di donna, senza possibilità di equivoco. Sono quasi svenuta... "Io invece credo di essere svenuto davvero. M'è crollato il mondo addosso. Il mio unico figlio era gay! Non sarei mai diventato nonno... E cosa avrei detto agli amici, ai colleghi, ai parenti, al parroco? L'ho saputo da mia moglie, che poi mi ha aiutato a superare la china". Non tutti i genitori hanno reazioni così forti, come la signora Marisa Mandelli di Milano, nel primo caso e Antonio Evaristo di Catania, nel secondo, ma venire a sapere di avere un figlio omosessuale non è mai una cosa semplice, priva di traumi prima e poi anche di faticosa ricerca di nuovi equilibri familiari. A volte si rischia la tragedia, come nel caso di Paolo Brunetto, diciottenne di Palermo. "Ai miei l'ho detto io, due mesi e mezzo fa, dopo cena", racconta Paolo, "mio padre l'ha presa malissimo. Mi voleva ammazzare! Due mesi di guerra continua. Finché mi ha anche preso a coltellate, per fortuna non in modo grave, mi ha colpito solo al braccio. Una settimana fa me ne sono andato di casa e i miei non si sono più fatti sentire".

Per capire come e con quali reazioni in Italia si viene a sapere di avere un figlio gay o una figlia lesbica, il 20 e il 21 giugno a Firenze verrà presentata la ricerca realizzata dalle studiose Chiara Bertone e Marina Franchi dell'Università del Piemonte Orientale. Due giornate per la prima Conferenza europea Family Matters - Sostenere le famiglie per prevenire la violenza contro giovani gay e lesbiche.

A scendere in campo per discutere una realtà sempre meno disposta a far finta di non esistere sono l'Associazione genitori di omosessuali (Agedo) e le omologhe inglese e spagnola. "Abbiamo intervistato in profondità oltre 200 familiari di omosessuali tra i 14 e i 22 anni, o comunque dichiaratisi tali in quelle fascia di età, e la nostra ricerca è la più grande mai effettuata in Europa", chiariscono Bertone e Franchi. In totale, hanno risposto 119 madri (83 con un figlio gay e 36 con una figlia lesbica), 53 padri (42 con figlio e 11 con figlia omosessuali) e 50 tra fratelli e sorelle.

Cosa ne è emerso di significativo? Di omosessuali si parla molto e si tratta l'argomento in più modi, dai film ai gossip sui personaggi famosi, papi compresi, dai Gay Pride ai matrimoni, come quello recentissimo tra l'icona lesbo della tv americana, Ellen De Generes, e la sua bella e vistosa compagna, l'attrice Portia De Rossi. Ma dei loro genitori, dei loro problemi di accettazione e ridefinizione dei ruoli, invece non parla nessuno, è come se non esistessero. E dire che anche i genitori hanno il problema del proprio 'coming out', al quale sono totalmente impreparati, rispetto al parentado, gli amici, i colleghi di lavoro e, per i credenti, rispetto al loro ambito religioso, che rende più forte il problema del 'cosa dirà la gente' e la delusione per la sordità del clero. "La Chiesa predica amore, di fatto però nei confronti degli omosessuali lo esclude, li considera peccatori, malati da curare e 'contro natura', ai quali negare tutti i diritti civili di coppia", chiosano le due ricercatrici. Ma la convinzione che i propri figli dovranno fare i conti con una società ostile è di tutti i genitori, tanto che il 38 per cento ritiene probabile che i figli vadano a vivere all'estero e molti di più lo auspicano. "L'integrazione in famiglia della 'diversità' omosessuale in Italia è particolarmente difficile. Perché? Perché a differenza di altri Paesi europei sono poco accettate le esperienze e i modelli familiari 'altri' che potrebbero aprire spazi per le famiglie omosessuali", spiega Agostino Fragai, assessore della Regione Toscana alle Riforme istituzionali, tutore dei diritti e dell'identità di lesbiche, gay, bisex e transgender.

La scoperta di avere un figlio gay o una figlia lesbica avviene per circa la metà dei genitori in modo inaspettato, ma più per i padri (53 per cento) che per le madri (44). Ed è più inaspettato rispetto ai figli maschi che alle figlie. Nel 64 per cento dei casi è il figlio a 'dichiararsi' e per il 52 è la madre che lo viene a sapere o lo intuisce per prima e media la notizia con il padre. "Mia figlia mi ha detto: 'Mamma, aiutami a dirlo a papà'", ricorda la signora Mandelli. Il restante 48 per cento di genitori lo viene a sapere assieme al consorte. "A noi lo ha rivelato nostro figlio otto anni fa, una sera dopo cena", spiega con la moglie il milanese Felice Magni: "Aveva 26 anni, ci ha raggiunto in cucina: 'Vi devo dire una cosa, sono gay'. Dopo la paura, siamo diventati i suoi confidenti, parlavamo spesso con lui fino alle 2-3 di notte, per capire e aiutarlo. Abbiamo voluto accompagnarlo e stare con lui al Gay Pride di Como, guardandoci attorno".

Per chi ne ha, quasi sempre il coming out inizia con un fratello o una sorella, come primo passo per riuscire poi a dirlo ai genitori. "Di mio fratello non voglio neppure parlare", dice Paolo Brunetto, "ma le mie due sorelle, specie la piccola di 13 anni, l'hanno presa bene, come una cosa quasi normale". La ricerca mette a nudo una verità ben precisa, dalle dure conseguenze: le famiglie in Italia non hanno né regole né ruoli né un linguaggio costruttivo per affrontare la scoperta dell'omosessualità di un proprio membro. "Gay e lesbiche sono stati socialmente costruiti come estranei alla famiglia, perciò non esiste un ruolo familiare al quale si possa fare riferimento", denuncia Mila Banchi, presidente dell'Agedo toscana e madre di un figlio "che a 12-13 anni aveva uno sguardo da innamorato vero per un ragazzino che frequentava casa nostra".

Una volta scoperto di avere un figlio o una figlia omosessuale i genitori vanno in cerca di aiuto. Digiuni di tutto, annaspano rivolgendosi a più fonti contemporaneamente: il 39 per cento alla televisione, il 31 a Internet, il 79 ai libri, il 46 al sostegno professionale privato contro appena il 5 che si rivolge ai servizi sociali e sanitari pubblici. Un altro 5 per cento si rivolge alla scuola frequentata dal figlio/a e il 21 al sostegno spirituale, deludente e conflittuale nella gran parte dei casi. Il 61 per cento trova un'ancora di salvezza nelle associazioni come Arcigay, Arcilesbica e Agedo.

La rabbia, la delusione e il dolore, che si esprimono con reazioni del tipo 'Non sarò mai nonno/a!', 'Perché mi dai questo dolore?' o 'Chi ti ha traviato?', cedono comunque ben presto il passo all'amore: ben l'88 per cento dei genitori vuole per le coppie omosessuali il riconoscimento degli stessi diritti di quelle eterosessuali, matrimonio compreso, e l'85 è del parere che due genitori dello stesso sesso possano dare a un bimbo amore e una buona educazione. Ecco perché il 72 per cento dei genitori vorrebbe che le lesbiche potessero adottare e il 64 che potessero ricorrere all'inseminazione artificiale. In Italia. Come se fossimo in Europa.

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