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lunedì 26 novembre 2007

Cittadella: Un'idea antirazzista: lo sciopero della spesa .

(Lorenzo Zamponi CartaQui EstNord) Quaranta sindaci leghisti, appoggiati dagli alleati di An e Udc, oltre ai grossi calibri del partito come Calderoli e Borghezio, hanno manifestato a Cittadella, in provincia di Padova, per sostenere il sindaco Massimo Bitonci (nella foto), l’autore dell’ordinanza «antisbandati» che proibisce la residenza nel territorio comunale a chi, straniero, non può dimostrare un reddito annuo di almeno 5 mila euro. I toni apertamente razzisti della manifestazione leghista non hanno scoraggiato il ministero dell’interno: in una nota, Giuliano Amato ha scritto che «il problema esiste e la capacità di assorbimento di alcune realtà è oggettivamente limitata». L’ordinanza Bitonci, però, viola i trattati europei sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, ma Amato non si perde d’animo e scrive che «la soluzione del problema non può che passare attraverso l’adeguamento delle norme europee». Sabato 24 a Cittadella c’è stato un altro corteo, di segno ben diverso. Ecco com’è andata.
«Torneremo». Con questo slogan i circa 300 manifestanti riuniti sabato a Cittadella, in provincia di Padova, hanno salutato il municipio della città murata. Chiarisce il senso dello slogan l’assessore alla casa del comune di Padova Daniela Ruffini [Prc]: «Ogni volta che ci sarà una provocazione noi saremo in piazza, ogni volta che tenteranno di scatenare una guerra tra lavoratori italiani e migranti, usando i poveri come strumento di lotta politica, torneremo.» La composizione del corteo organizzato dal Cantiere della sinistra di Padova contro l’ordinanza di Bitonci, è la negazione più radicale del razzismo: una manifestazione fatta per metà di lavoratori migranti dell’Alta padovana, riuniti nella Rete del lavoro migrante ma anche attivi nei sindacati e nei partiti, e per l’altra metà di militanti di sinistra [Prc, Pdci, Sd], sindacalisti [il segretario della Fiom padovana Antonio Silvestri, il portavoce di Lavoro e società Salvatore Livorno], associazioni come Assopace e Opera Nomadi. La manifestazione di Cittadella ha mostrato soprattutto questi volti: migranti con le bandiere dei partiti, donne col velo che spiegano le proprie ragioni ai cittadellesi, sindacalisti con la pelle scura che guidano il corteo con il megafono. «Si sono appropriati della manifestazione per difendersi dalle continue aggressioni sul piano dei diritti e della cittadinanza. – evidenzia Paolo Benvegnù, di Rifondazione – È vero che questa è una zona leghista, ma ormai qui c’è anche una storia di organizzazione dei migranti.» Nuovi leader operai crescono, come Roland Minka, ghanese, segretario provinciale della Filtea-Cgil [tessili], o Boubacar Niang, della Fillea [edili]. Proprio dai loro interventi di fronte al municipio è venuta l’idea più originale e dirompente della giornata: lo sciopero della spesa. «Se non ci volete, andremo a fare la spesa in un’altra città, una città che non ci nega la residenza» hanno strillato, rivolti, più che verso Bitonci, verso la sua base elettorale.
Un’idea rilanciata da Silvano Cogo [Cgil]: «Il messaggio è che ormai sono una massa critica anche dal punto di vista economico – spiega – Perciò potrebbero benissimo decidere di servirsi solo da negozi che espongono l’adesivo ‘no al razzismo’. Tra consumatori di idee democratiche e immigrati, siamo tanti. Penso inoltre che i tempi siamo maturi per uno sciopero generale contro il razzismo.»
C’è una consapevolezza crescente delle proprie forze all’interno delle comunità migranti: «Sono marocchino, ma cittadino del mondo. – dichiara senza esitazione Aziz Ganich, operaio – Nella mia fabbrica più del 70 per cento dei lavoratori sono stranieri. Quando alla tv dicono che il Pil è cresciuto dell’1,6 per cento, è anche un po’ merito nostro». Denuncia le conseguenze perverse dell’ordinanza, Uche Nwokeji, metalmeccanico nigeriano, in Italia da 12 anni: «Per avere un lavoro serve l’idoneità all’alloggio, se non danno la residenza niente idoneità, niente lavoro e quindi niente permesso di soggiorno – spiega – Voi italiani dovete dire ai leghisti che sono razzisti. Lavoriamo per vivere, paghiamo le tasse, qual è il problema?»
Non possono passare inosservati gli sguardi sconcertati rivolti ai manifestanti da chi attraversa la piazza durante lo shopping del sabato pomeriggio. Stupore per la presenza attiva dei migranti, certo, ma anche segno di una distanza al limite dell’incomunicabilità con la sinistra che manifesta con loro. Sembra sempre più difficile fermare la reazione a catena: di fatto, una volta creato il precedente di un sindaco che chiude le frontiere, ogni amministratore che si rifiuti di farlo rischia di passare per un difensore debole dei propri cittadini.
«Questo clima pericoloso deriva dall’imbarbarimento subito dalla politica, col trionfo del populismo e dell’accanimento nei confronti delle persone meno tutelate. – commenta Alessandro Squizzato, coordinatore regionale della Federazione giovanile dei comunisti italiani – Un clima figlio della campagna d’odio contro i rumeni con cui si è presentato il Pd».

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Conferenza stampa di Francesco Piomboni, Matteo Pegoraro e avv. Paola Pasquinuzzi di presentazione del ricorso in Corte d'Appello per matrimonio Gay.

Presentazione del ricorso in Corte d'Appello dopo il decreto del giudice Papait del tribunale fiorentino, secondo cui la magistratura non può consentire il matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Intervengono Francesco Piomboni (presidente di Arcigay Firenze), Matteo Pegoraro (Gruppo EveryOne) e l'avvocato Paola Pasquinuzzi del foro di Firenze.

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Eva e Victoria, shopping erotico. Longoria e Beckham per sexy shop.

(TGCom) Due amiche a spasso per Los Angeles a caccia di giochini erotici: Victoria Beckham ed Eva Longoria si sono regalate un giorno di shopping a luci rosse pensando ai loro famosi mariti sportivi, David Beckham e Tony Parker. A fare da guida alla cantante inglese, come rivela un'amica di Eva, è stata l'interprete di Desperate Housewives, che l'ha portata nei più famosi negozi vietati ai minori. Per la gioia di David.

"Eva ha messo Victoria sulla giusta strada a Hollywood - ha commentato l'amica dell'attrice -: i migliori centri estetici, i migliori posti dove fare la depilazione, dove acquistare lingerie sexy e comprare giochi erotici. Penso che David sarà piacevolmente sorpreso!".

Che la Beckham abbia un debole per i sexy shop è risaputo, ma che gli incontri con le amiche prevedano tappe forzate a caccia di giochini piccanti è una novità. Così come lo è l'amicizia con la Longoria, che pare a ver sostutuito la più "casta" Katie Holmes nel capriccioso cuore della Spice.

Tra la Beckham e la moglie di Cruise ormai non sembra più esserci alcun rapporto e se Victoria ha curato il look di Katie, consigliandola su come essere più sexy risulta però difficile immaginare le due a ridacchiare in un negozio di materiale erotico. Tom Cruise non approverebbe. E Victoria ha trovato la soluzione: cambiare amica e puntare su Eva, decisamente più disinibita.

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Gotland: l’arcipelago amato da Bergman con i misteri dell’isola di Pasqua.

[i](Credits: [url=http://www.flickr.com/photos/jcorrius/216076560/]jcorrius[/url] by Flickr)[/i]
(Panorama) Non bisogna andare nel Pacifico per avvicinarsi ai segreti dell’Isola di Pasqua. Nel Mar Baltico, infatti, una piccola isola chiamata Gotland presenta incredibili similitudini con l’isola dei Moai, le gigantesche statue la cui origine resta ancora un mistero per gli studiosi. E infatti proprio qui, a tre ore di ferry dalle coste svedesi, non a caso si sono dati appuntamento ad agosto esperti di tutto il mondo che per tre giorni hanno discusso dell’’Isola di Pasqua e delle sue questioni aperte di tipo archeologico. Non ultimo, anche del fatto che proprio a Gotland sono state trovate statue gigantesche simili ai mai risalenti all’età del bronzo. Dell’VIII e IX secolo d.C invece sono i siti vichinghi che abbondano in tutta l’isola.
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Da non perdere la capitale Visby, e non solo perché il ferry sbarca proprio qui ma perché le sue mura e la sua fisionomia medievale a ragione sono state incluse nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
Da Visby si può scegliere la macchina o addirittura la bici per visitare il resto dell’isola. Le distanze sono brevi e il paesaggio spettacolare dal punto di vista naturalistico. In particolare Sudret, nella parte meridionale. Coste rocciose e un paesaggio brullo sono intervallate da mulini a vento e antichi muretti. A Gotland si viene per respirare un’aria d’altri tempi, immergersi nella natura e fare anche Birdwatching.

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Tanto più che anche l’isola vicina, Öland, a sud, è meta di ornitologi provenienti da tutto il mondo che vengono a visitare la stazione di Ottenby, un punto di incontro di studiosi e appassionati considerati tra i più importanti. Anche Öland merita, dunque, una visita soprattutto nella sua porzione meridionale. Alvaret è un altopiano in pietra calcare unico nel suo genere, anch’esso iscritto nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Non c’è da stupirsi se si incontreranno specie rare di orchidee. Proprio questa, infatti, è la sua particolarità.

[i](Credits: [url=http://www.flickr.com/photos/claesk/1203174910/]ckrantz[/url] by Flickr)[/i]

E il giro in questa porzione di mondo che sembra fuori dal tempo non può non concludersi ancora più a nord, nell’Isola di Faro, scelta dal regista Ingmar Bergman come sua ultima dimora. Solitaria e tormentata dalle tempeste, Faro è come entrare dentro un suo film.

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Per GQ i bravi ragazzi di oggi vestono Armani.

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(Menchic) È la rivista più gettonata quando si parla di stile e di uomini, propone e ripropone ogni anno anticipazioni e must, tendenze, colori, accostamenti, fantasie e linee: stiamo parlando di GQ che, anche quest’anno, ha parlato. È uno dei primi periodici ad aver ammesso errori eclatanti, commessi negli ultimi anni, in fatto di moda maschile, ma nonostante questo, GQ continua a svolgere il suo lavoro con la stessa passione che aveva nei lontani Anni Sessanta, quando la sua avventura era appena cominciata. Ed è arrivata fino ai giorni nostri, dichiarando esplicitamente che quest’anno i ragazzi, ”quei bravi ragazzi” - richiamando il titolo del noto film di Scorsese che è entrato nel Guinness dei Primati per il maggior numero di turpiloqui – vestono Armani.

Largo spazio, quindi, ai giubbotti di pelle impunturata, ai cappotti di lana, ai girocolli e alle maglie di cashmere – con collo a scialle rigato o meno -, alle immancabili camicie di cotone, a cravatte di seta, cinture di pelle, guanti e scarpe, e ovviamente ai denim provenienti da Armani Jeans. E qualcuno urla finalmente allo sbloccamento di Giorgio Armani che è andato a vincere su un campo e su un target – quello giovanile – dove gli è sempre stato difficile imporsi, sconfiggendo i pregiudizi dei critici che lo vedevano esclusivamente come uno stilista gli under e over 30. Ma attenzione, la competizione contro i marchi più trendy nel mondo dei ragazzi – D&G su tutti – non è ancora vinta, anche se il rilancio è davvero notevole. Un successo meritato e importante per la griffe che si prepara – nonostante la Pasqua sia lontanissima – a una nuova resurrezione.

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Ecco chi è Ezio Mauro il diretto di repubblica che fa il moralista.

(Giancarlo Perna - Il Giornale) Col piglio del moralista vecchio-Piemonte, Ezio Mauro ha denunciato su Repubblica, il quotidiano da lui egregiamente diretto, il presunto inciucio tra Rai e Mediaset. Basandosi sulle solite intercettazioni, ha fatto sapere che dirigenti e giornalisti delle due aziende si consultavano prima di mandare in onda fatti di rilievo, dai funerali di Papa Wojtyla ai sondaggi elettorali. Il tutto a scapito della sana concorrenza e allo scopo meschino di favorire il Cavaliere, all'epoca (2004-2005) presidente del Consiglio.
Il direttore ha poi commentato la vicenda il 22 novembre con un editoriale apocalittico. Ha evocato, nell'ordine, la fine del giornalismo indipendente, il dominio di un «Grande Fratello» dell'informazione, di una «rete segreta» pro Berlusconi, di un «meccanismo totale perverso» e infine di una «struttura delta» che, per la verità, solo Mauro sa cosa sia. La fulgida intemerata termina avvertendo che tanto orrore è frutto della «stessa mano che domani proporrà le larghe intese». Ossia, che dietro al putridume c'è l'artiglio del Cavaliere.
La chiusa è illuminante. Ci dà la chiave per capire cosa ha spinto Mauro a montare la panna. Il padrone di Repubblica, l'ingegner Carlo De Benedetti, è seccato per gli accordi che si profilano tra il capo del Pd, Walter Veltroni, e il leader del Partito della Libertà, Berlusconi. De Benedetti - grande sponsor di Walter e tessera numero uno del Pd - vede come fumo negli occhi intese col suo acerrimo nemico che lo ha recentemente battuto sul caso Sme. Perciò ha ordinato a Ezio di gonfiare il caso Rai-Mediaset. Ha pensato così di prendere due piccioni con una fava: svergognare il Berlusca dandogli del golpista e ammonire Veltroni dall'accordarsi con un ceffo di tal fatta. Il senso dello scoop è tutto qui.
È stato già osservato che intrecci come quelli tra Rai e Mediaset sono all'ordine del giorno nel mondo dell'informazione. Non bello, ma si fa. Il più noto di questi inciuci fu organizzato proprio da Mauro, l'odierno bacchettone. Era il 1992, ed Ezio sulla poltrona più alta della Stampa. Fu lui, pare, a proporre ai suoi parigrado del Corsera, Paolo Mieli, e della Repubblica, Eugenio Scalfari un patto di consultazione permanente. Sul far della sera, la Trimurti si adunava in conciliaboli telefonici per accordarsi sui titoli di apertura dei rispettivi giornali e sulle notizie scomode da imboscare a pagina trentatré. Così si sfornavano per il cappuccino dell'indomani, tre quotidiani uguali come maritozzi. Il fine era dare una mano ai governi Amato e Ciampi o, nel caso improbabile di qualche rasoiata, coprirsi a vicenda. A volte, era della partita anche la pidiessina Unità, diretta da Walter Veltroni. La faccenda - eguale se non peggiore a quella Rai-Mediaset - andò avanti per un bel po'. Alla faccia della concorrenza virtuosamente evocata da Ezio nel j'accuse del 22 novembre.

Mauro è un abilissimo giornalista di 59 anni. Prima di dirigere Repubblica è stato vice di Mieli alla Stampa e poi suo successore per quattro anni. Ezio è innamorato del potere, ma anche della sua professione. Era ancora alla Stampa, quando in piena notte la prima pagina dovette essere sbaraccata per far posto a una notiziona appena giunta. Mauro e la redazione si gettarono freneticamente nel lavoro. Compiuta l'impresa, Ezio esclamò esaltato: «Ragazzi, ma non è meglio questo di una scop...ta?». «Parla per te», fu la laconica risposta di un redattore.
Ezio è un piemontese di Dronero che presto si trapiantò a Torino. Incline alla sinistra per natura, frequentò però la scuola dai salesiani. L'impasto ne ha fatto un cattocomunista dalla testa ai piedi. Debuttò come giornalista alla Gazzetta del Popolo. Il quotidiano - ormai estinto da un quarto di secolo - era allora nelle mani di Carlo Donat Cattin, politico e sindacalista della sinistra dc. Nella direzione c'era il figlio, Claudio, cui Ezio si attaccò facendogli da factotum. Nello scrivere, il ragazzetto dimostrò subito due caratteristiche: zelo e puntigliosità. Preciso, informato, senza voli. Ma la sua virtù principale era la capacità di adattamento all'interlocutore. Se intervistava l'allora sindaco comunista di Torino, Diego Novelli, gli dava l'impressione di essere un compagno. Se parlava con Guido Bodrato, allora potente dc piemontese, quello avrebbe giurato di trovarsi di fronte a un chierichetto. Queste virtù camaleontiche furono poi il viatico della sua bella carriera.
Dalla Gazzetta, Ezio passò dieci anni dopo, nel 1981, alla Stampa. A inserirlo nell'universo Agnelli, fu Marco Benedetto, l'amministratore del giornale. D'ora in avanti, Mauro ne sarà il delfino. Fu Benedetto infatti - divenuto consigliere delegato di Repubblica - a introdurlo anche nel quotidiano di Scalfari alla fine degli anni '80.
Della Stampa, Ezio divenne in breve una star. Si trasferì a Roma e cominciò a frequentare Montecitorio come cronista parlamentare. Sono gli anni dell'antagonismo tra il dc Ciriaco De Mita e il psi Bettino Craxi. Se un giornalista aveva rapporti cordiali con l'uno, con l'altro aveva chiuso. Ezio invece era in buona con entrambi. A Ciriaco faceva credere di pendere dalle sue labbra, a Bettino di essere la luce dei suoi occhi. Ma era solo innamorato di sé e badava unicamente alla carriera. Fece un eccellente lavoro e divenne capo della redazione romana.

Ogni tanto entrava in redazione col viso sgualcito. I colleghi lo attribuivano a tenzoni amorose. Storie in genere complicate e celebrali. Oggi, è separato dalla prima moglie e ha un bimbo da una nuova compagna. Nonostante la vita ardita, Mauro è un tipo di rigorose apparenze. Si ispira ai principi dell'azionismo torinese, un tempo incarnato da Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone, entrambi vezzeggiati collaboratori della Stampa. In soldoni: rigida austerità, ossequio al Pci e al sindacato, rifiuto per la destra, disprezzo per Craxi, disgusto per Berlusconi. Il tutto in stile piemontese falso e cortese. Tra questi punti fermi, il sobrio vestire mutuato dalla galleria dei mitici direttori del XX secolo, gli Albertini, i Frassati, i Missiroli. Il marchio di Ezio è la camicia bianca, abbacinante e con bagliori, cui attribuisce un significato etico di autorevolezza ed equilibrio.
Nell'88, presentato dal già citato Benedetto a Scalfari, Ezio entrò a Repubblica con l'aureola di direttore in pectore. In vista del salto, fu subito messo a fare grandi cose. Andò come corrispondente a Mosca per seguire l'affossamento dell'Urss intrapreso da Gorbaciov. Lievitò ogni giorno di più, sommergendoci di sue interpretazioni sulla perestrojka. Una volta che un suo articolo moscovita apparve su un mensile che ospitava anche un ritratto irriverente di Scalfari, si indignò col direttore, Giordano Bruno Guerri, più o meno con queste parole: «Come hai osato affiancare la mia firma a quella porcheria, sapendo che un giorno succederò io a Scalfari? Con te ho chiuso».
Dopo la Russia passò negli Usa, dove fu cooptato nell'aurea cerchia del giornalismo italo-newyorkese dei Furio Colombo, Gianni Riotta, Lucia Annunziata. Quando si sentì pronto per la direzione, cominciò a sperimentarla con un improvviso rientro alla Stampa come vice di Mieli nel '90 e poi alla direzione. Finché nel '96 si insediò finalmente alla testa di Repubblica scalzando, con stupor del mondo, il settantaduenne Eugenio ancora pieno di linfa e di vigore.

Ormai definitivamente romanizzato, il nostro simpatico droneriano vive oggi in un attico dei Monti Parioli. Gli avvincenti particolari dell'acquisto di questa magione sono stati raccontati dal quotidiano Il Tempo, all'epoca in cui era diretto dall'eccezionale Franco Bechis. La casa apparteneva ad Alberto Grotti, ex vice presidente dell'Eni, fedelissimo del dc Arnaldo Forlani. Con Tangentopoli, Grotti passò i guai suoi, fu incarcerato e ridotto sul lastrico. Un giorno, Repubblica uscì col titolo: «Scoperto alle Bahamas il tesoretto di Grotti». Grotti si ritenne calunniato e volle querelare. Ma, non avendo più soldi per le spese legali, decise di procurarseli vendendo la casa dei Monti Parioli. Incaricò della faccenda il suo commercialista fissando il prezzo in 2,1 miliardi di vecchie lire. Il primo a presentarsi come compratore fu Ezio. Così, per uno straordinario caso della vita, Grotti ebbe dal direttore di Repubblica i soldi per fare causa alla medesima. Non tutto però filò liscio. Pagato il grosso al momento dell'atto, Ezio pretese, per averne vantaggi fiscali, di pagare un residuo di 850 milioni in nero che consegnò a parte al commercialista. Ma, pare che Grotti non li abbia mai visti. Così, chiamò in giudizio il professionista e la presunta evasione di Mauro si è risaputa.
Con buona pace del moralismo azionista del petulante direttore.

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Svolta hard per Penelope: "Diventerò una pornostar".


Il progetto è ambizioso e molto allettante non solo per i produttori di Hollywood, ma anche per molti fan. Penelope Cruz ha annunciato che presto interpreterà una pornostar in un film che la vedrà protagonista con la sorella Monica Cruz, famosa in Italia per il telefilm "Paso Adelante".

(TGCom) Colpo di scena per i fan di Penelope. L'attrice ha annunciato che presto interpreterà una pornostar in un film che la vedrà protagonista con la sorella Monica Cruz, che il pubblico televisivo conosce per il telefilm "Paso Adelante". Non si conoscono ulteriori dettagli sul progetto cinematografico di Penelope ma la notizia ha fatto tremare Hollywood.

L'annuncio è stato dato dall'attrice di "Volver" durante la presentazione del nuovo album del fratello Eduardo "Cosas Que Contar" e i giornalisti sono rimasti sbigottiti, ma l'intenzione delle sorelle Cruz di partecipare a questo nuovo film sembra reale. Ad oggi non ci sono state smentite. Penelope e Monica sono impegnatissime anche sul fronte della moda visto che hanno creato 25 capi per la collezione del marchio spagnolo a grande distribuzione Mango. Inoltre Penelope ha deciso di passare alla regia. "Voglio prendermi una bella pausa dal cinema - aveva detto non molto tempo fa -. Ho comprato i diritti di un libro e voglio dedicare il tempo per sviluppare una bella sceneggiatura". Ancora top secret il titolo del libro da cui sarà tratto il film.

Di certo sono due le pellicole in cui la Cruz è impegnata attualmente: "Vicky Cristina Barcelona" di Woody Allen con Scarlett Johansson e Javier Bardem e soprattuto "Nine" di Rob Marshall. Quest'ultimo progetto è molto ambizioso, la sceneggiatura è stata elaborata da alcuni scritti di personalità del calibro di Federico Fellini, Ennio Flaiano e Tullio Pinelli. Nel cast ci sono Sophia Loren, Javier Bardem e Catherine Zeta-Jones. Protagonista è il regista Guido Contini (Bardem) che cerca di trovare un equilibrio nella sua vita istaurando relazioni drammatiche con sua moglie, l'amante, padrona di casa, la musa, l'agente e sua madre. Penelope avrà il ruolo dell'amante. Nel frattempo tutti rimangono in attesa di vederla supersexy nel ruolo della pornostar assieme alla sorella Monica. Ci saranno anche scene di nudo integrale? Le scommesse sono aperte...

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Emma ti amo: chi c’è dietro al messaggio che tappezza Parigi?


(Panorama) “Emma je t’aime. Reviens!” Paul. Il bel viso incorniciato dai capelli neri accanto al cuore su cui è impresso questo accorato appello appartiene ad Emma, la ragazza che il povero Paul ha perduto e che cerca disperatamente di riavere indietro attraverso una campagna mediatica senza precedenti. O meglio, con moltissimi precedenti nel mondo della pubblicità, ma nessun eguale tra i messaggi d’amore di un uomo qualunque.

Così mentre Parigi si copre di manifesti, e il messaggio rimbalza sotto forma di paginate di pubblicità su moltissimi giornali e di spot alla tv alla radio, sono rimasti in pochi a credere che si tratti davvero soltanto di un amante respinto che rivuole indietro la sua bella. La dimostrazione più lampante della presunta montatura starebbe nel fatto che dal blog emmajetaime il mesto Paul non risponda mai ai messaggi di solidarietà o alle domande dei visitatori. Ma perché investire una smodata quantità di soldi per ritrovare Emma se poi non si ha nemmeno voglia di parlare di lei su un blog aperto appositamente per celebrare il proprio amore?
Nella capitale francese il volto di Emma è diventato popolare quanto quello di Sarkozy e la riconquista di Emma è cominciata appena il 13 novembre. I giornali hanno cominciato a chiedersi chi fosse la misteriosa ragazza per riavere la quale un uomo era disposto a rovinarsi a furia di pubblicità. Ma anche a rischiare il collo per creare opere d’arte postmoderne la cui realizzazione è stata filmata e messa online da Paul nel suo blog. Eccolo che si arrampica sui tetti di Parigi per dipingere l’effige di Emma in dimensioni maxi. Peccato che il suo volto resti nell’ombra, nascosto dalla semioscurità e da una bombetta.

Sui blog impazzano le ipotesti. E qualcuno ha riconosciuto nel personaggio e in tutta la realizzazione della campagna una firma della haute couture che starebbe preparando il lancio di un nuovo prodotto. I segni della premeditazione ci sarebbero tutti, a partire dal fatto che il dominio del sito emmajetaime sarebbe stato registrato in agosto. Il nome che si fa è quello di Jean Paul Gaultier, “incriminato” in un video che lo mostra alla fine di una sfilata abbigliato esattamente come il misterioso Paul.

In un altro blog si ipotizza che dietro l’operazione ci sia l’agenzia La chose, non nuova a campagne basate sul mistero, ma maldestra nel modo di affrontare ciò che riguarda la parte internet: anche in questo caso il blog in cui non si interagisce con il pubblico è considerata una gaffe notevole.
Quello che pare chiaro è che la campagna è destinata ad avere una fine. Il calendario che compare in testa al blog parla chiaro: l’ultima data segnata è il 29 novembre. Dunque, perché il mistero sia svelato, basta aspettare.

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Grecia. Pedofilia, nuovo disegno di legge prevede pene più dure.

(Peace Reporter) La Grecia si allinea agli altri Paesi europei in materia di pedofilia. Chi si renderà responsabile di abusi sessuali nei confronti di minori o di reati di pedo-pornografia rischierà una condanna fino a 10 anni di carcere, e una multa fino a 500mila euro. Il disegno di legge del Parlamento ellenico giunge a due anni esatti dall'impegno preso dal premier, Costas Karamanlis, di adottare pene più severe contro i pedofili.

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Debutta a Roma "Cuore di cane" di Bulgakov.

Cuore di Cane
di Michail Bulgakov
al Teatro Tor Bella Monaca dal 27 al 29 Novembre 2007.

Storia di un mutante che, un tempo cane, rivendica ora i propri diritti di nuovo uomo; tutto cambia però quando a questi diritti ufficiali, la sua anima genuina, istintiva, non corrisponde i giusti doveri di esistenza nel mondo civile.

Tratto dal romanzo di Michail Bulgakov, scritto negli anni venti ma edito solo circa trent'anni dopo per problemi di censura, Cuore di cane racconta di Pallino, cane trasformato in un uomo tramite una operazione chirurgica da inquietanti fabbricanti di mostri. Assurdamente strappato al proprio mondo, questo nuovo essere è costretto ad adattarsi a nuove, distorte e difficili condizioni di vita: quelle della società degli uomini, dove l'uomo è più bestia dell'animale. Pallino è una vittima sradicata dalla storia, è l'emblema di un essere che non è più soggetto della propria esistenza.

Note di regia
Il motivo che mi ha spinto a mettere in scena Cuore di cane è l’immortalità dell’opera di Michail Bulgakov, un romanzo che supera il suo tempo, dote che appartiene soltanto alle grandi opere della letteratura mondiale. Bulgakov scrisse Cuore di cane nel 1925 affrontando temi quali voglia di ringiovanimento, manipolazioni genetiche, paura dell’invasione del diverso, timore ormai intessuto all’assurdo che domina la società degli uomini.

La tematica del mostro e del disagio di vivere seguendo le folli regole della società è un argomento che ho già avuto modo di affrontare ne Il Profumo di P. Suskind, tuttavia c’è una differenza piuttosto netta poiché Jean Baptiste Grenouille, protagonista del romanzo di Suskind, nasce mostro fuori e, per mancanza di amore, allarga la sua mostruosità alla sfera intima. Pallinov Poligraf Poligrafovic è invece un mostro creato dalla stessa arroganza degli uomini ed è costretto a rivendicare la sua esistenza per adeguarsi al vivere civile: un cane trasformato in un uomo, un uomo che non ha possibilità di scelta, un uomo che dovrà scontrarsi da subito con il lato oscuro dell’animo umano.

Il diritto alla vita e all’essere considerato uomo, diviene ora il diritto alla sopraffazione, il diritto all’egoismo ed alla realizzazione esclusiva delle proprie esigenze, calpestando ogni cosa: forse è questo il grande male della società contemporanea.

Visivamente ho voluto rendere questa società come un circo inquietante, in cui paradossali uomini-clown e ambigui politici si muovono come marionette, guidate da poteri oscuri in cui lo sciocco baraccone umano calpesta dignità e sentimenti per ottenere nulla più del proprio profitto.

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In scena a Roma
L’Associazione Culturale Effegidi presenta
Cuore di Cane di Michail Bulgakov
Regia Francesco Giuffrè

Con Bruno Alessandro, Marta Nuti, Patrizia Romeo, Gabriele Sabatini, Riccardo Scarafoni.

dal 27 al 29 Novembre 2007, Ore 21 - Teatro Tor Bella Monaca
via Bruno Cirino, angolo di viale Duilio Cambellotti con via di Tor Bella Monaca.

dal 4 al 23 Dicembre 2007, Ore 21 - Teatro Argot Studio
via Natale del Grande, 27
Info e prenotazioni 339 8886571
www.cuoredicaneteatro.splinder.com

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Padova: Presentazione del rapporto sulla Università italiana.

(Prima) L’Università Italiana viene criticata per la bassa competitività con gli altri atenei europei, la scarsa accuratezza nella didattica e la sua massificazione che ha “ridotto” il valore delle lauree nel mondo del lavoro. Ma è davvero così? Da alcuni anni la ricerca si è mossa per studiare in maniera oggettiva la situazione delle nostre università, che in meno di dieci anni hanno subìto grandi trasformazioni: dall’autonomia alle modifiche strutturali dei corsi di laurea, dal numero di iscritti in continua crescita alle nuove e diverse dinamiche della docenza. Giovedì 29 novembre, alle ore 16.30, in Aula Magna del Dipartimento di Sociologia, via Cesarotti 12, si terrà un incontro, organizzato dal Dipartimento di Sociologia dell’Università di Padova e dall’Associazione “Sociologia Trento 1962”, in cui verrà presentato il volume “Rapporto sull’Università Italiana”. Autori del documento e relatori del convegno saranno Salvatore CASILLO, Sabato ALIBERTI, Università di Salerno, e Vincenzo MORETTI, Fondazione Di Vittorio, Firenze. (PRIMA)

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Gay: Giudice di Firenze dice no a matrimonio "Ma sarebbe concepibile".

(Asca) l giudice del Tribunale di Firenze ha respinto il ricorso della coppia di gay fiorentini che avevano chiesto di potersi sposare, ma sottolinea che ''nella societa' attuale cio' sarebbe concepibile''. Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro, nel marzo scorso, avevano presentato al Comune di Firenze la richiesta per le pubblicazioni di matrimonio. Richiesta che era stata respinta e proprio contro la decisione del Comune i due, il 12 giugno, avevano presentato ricorso al Tribunale ordinario di Firenze. Lo scorso 22 ottobre il giudice Maria Lorena Papait ha ''ritenuto di condividere le ragioni addotte dall'Ufficiale di stato civile del Comune'' perche' ''dall'ordinamento si desume chiaramente e inequivocabilmente una nozione di matrimonio implicante la diversita' di sesso dei nubendi'', in base agli articoli 107,108, 143, 143 bis, 156 bis del codice civile. Il giudice pero' rileva che tali norme risalgono ''a un'epoca in cui non era immaginabile dal punto di vista giuridico un matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre nella societa' attuale sarebbe concepibile''. Il giudice precisa pero' che si tratta di ''una valutazione rimessa al legislatore'' e che ''non spetta certo all'autorita' giudiziaria, che non ha il potere di istituzionalizzare e dare rilevanza giuridica ai mutamenti del costume e della realta' sociale''. ''La decisione del tribunale non e' condivisibile - replicano Piomboni e Pegoraro, assistiti dall'avvocato Paola Pasquinuzzi - perche' ogni giudice deve assicurare ai cittadini di godere dei propri diritti, sanciti dalla Costituzione, soprattutto quando gli stessi vengono riconosciuti come diritti fondamentali a livello internazionale, come il diritto di sposarsi''. I legali della coppia hanno presentato quindi un altro ricorso, lo scorso 14 novembre, alla Corte d'Appello di Firenze e sono pronti, eventualmente, ad andareanche in Cassazione. ''La giurisprudenza - sottolinea l'avvocato Pasquinuzzi - puo' intervenire per riconoscere un principio essenziale, semplicemente interpretando le norme, dato che nel nostro ordinamento non c'e' una definizione di matrimonio. Il giudice poi deve tener conto oltre che della Costituzione, che non parla di matrimonio tra uomo e donne ma semplicemente di famiglia, anche dei principi comunitari''.

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Stati Uniti, come funziona la macchina del fango.

Barack Obama e Hillary Clinton
(Marco De Martino - Panorama) Hillary Clinton lo chiama con un soprannome affettuoso, «Wooffie», e lo prende in giro per la sua paura di volare. Ma Howard Wolfson, direttore della comunicazione della campagna elettorale di Hillary, è noto anche per la sua durezza. Chi ha lavorato con lui racconta di averlo sentito più volte ripetere una battuta del film Gli intoccabili: «Se gli altri usano un pugno, noi rispondiamo con una mazza. E se loro rispondono con un coltello, noi passiamo alla pistola».

La frase potrebbe essere lo slogan ufficiale della «war room», la stanza strategica da dove vengono elaborati gli attacchi e le difese della campagna di Hillary Clinton, la più aggressiva di tutte nell’usare la comunicazione nella corsa alla Casa Bianca. Nessun altro candidato ha un esercito più esperto nella «opposition research», anche detta «oppo», ovvero la ricerca il cui scopo è trovare i punti deboli degli avversari per poi screditarli. Per ora i detective di Hillary si stanno concentrando sul diretto concorrente, Barack Obama. Dopo avere indagato senza successo sulla sua educazione islamica, hanno appena fatto sapere di avere altro materiale esplosivo sul suo passato, che non divulgano «per senso di responsabilità». Che sia vero o no, conta poco: l’importante è insinuare il dubbio.
A poche settimane dal voto in Iowa, prima tappa delle primarie, una valanga di fango sta per abbattersi sulle presidenziali. La fabbrica del trash è articolata in siti web come Againsthillary.com, che si occupa solo di notizie negative sulla candidata in testa ai sondaggi, e in colpi bassi come quello appena messo a segno in Iowa e New Hampshire, dove gli elettori hanno ricevuto telefonate di finti sondaggisti il cui vero scopo era parlare male di Mitt Romney.
A muoversi dietro le quinte sono gli stessi personaggi oscuri che hanno lavorato durante le presidenziali nel 2004. Quelli ancora sconosciuti che hanno preparato i documenti falsi su cui è inciampato Dan Rather, anchorman della Cbs, mentre cercava di provare che George W. Bush aveva disertato la Guardia nazionale in Texas. E quelli che hanno organizzato la campagna per screditare l’impegno di John Kerry in Vietnam.
«Nessuno mi farà fare la sua fine» dice ora Obama, sottoposto agli attacchi di Hillary. Ma la verità è che a vincere sarà probabilmente la campagna che ha messo insieme il miglior gruppo di opposition research. «L’obiettivo non è tanto trovare notizie clamorose, ma costruire una storia negativa che resti appiccicata all’avversario» puntualizza Christopher Lehane, veterano che ha condotto indagini per Al Gore, John Kerry e Wesley Clark.
Secondo gli esperti, in ogni campagna si spende circa il 5 per cento del budget per ricerche sugli avversari, una percentuale equivalente a quella investita nei sondaggi. I soldati semplici dei team di investigatori sono giovanissimi che si occupano di «votes and quotes», che analizzano cioè le dichiarazioni e i voti degli avversari alla ricerca di incongruenze. Durante i dibattiti televisivi, l’esame viene svolto in tempo reale e le incongruenze vengono segnalate ai giornalisti che seguono le campagne con sms che arrivano sui loro cellulari ancora prima della fine della serata.
A dirigere gli stagisti ci sono avvocati come Barbara Comstock, che si è fatta le ossa nelle guerre repubblicane contro Bill Clinton e ora lavora per Mitt Romney: «Una campagna è come un processo» dice. «Ciò che conta è la preparazione dei documenti di base».
Ecco perché di norma il primo compito dei detective è investigare sul proprio candidato. Lo sa bene Rudolph Giuliani, che nel 2003 fece preparare un rapporto di 450 pagine sui propri problemi intitolato «Studio di vulnerabilità». Nelle intenzioni segreto, il volume è finito in mano ai giornalisti e agli operatori di altre campagne che studiano gli scheletri nell’armadio dell’ex sindaco.
In particolare quelli elencati nel capitolo intitolato «Il fattore stranezza»: dal matrimonio di Giuliani con una cugina di secondo grado al periodo trascorso in galera dal padre Harold, che riscuoteva crediti con la mazza da baseball.
I democratici indagano anche su una presunta amante che il sindaco avrebbe avuto mentre era sposato con la sua seconda moglie. E poi bisogna vedere che materiale ha in serbo Judith Regan. Questa ex dirigente di casa editrice, licenziata da Rupert Murdoch, dice di avere registrato telefonate in cui le si chiedeva di non divulgare quello che lei aveva saputo su Giuliani dal suo ex amante Bernard Kerik, il socio del sindaco di New York che sta per essere condannato per evasione fiscale.
I democratici indagano anche su un incidente d’auto in Francia in cui morì un passeggero mentre il candidato repubblicano Mitt Romney era alla guida.
Operatori vicini al Partito repubblicano intanto hanno già fatto sapere ai giornalisti che seguono la campagna di avere materiale esplosivo sulle amanti di Bill Clinton dopo la sua uscita dalla Casa Bianca, e sulla relazione tra l’ex first lady e una sua assistente.
Considerata finora un’arte riservata solo a iniziati, anche l’indagine sugli avversari subisce l’influenza di internet. Su siti come Romneyfacts.com il Partito democratico ha messo a disposizione di chiunque voglia tramutarsi in detective documenti sulla situazione finanziaria dell’ex governatore del Massachusetts, sulle donazioni alla sua campagna, sui suoi problemi con la legge.
Intanto un altro sito, Hillaryis44.com, chiede segnalazioni anche anonime sugli altri candidati. Per non parlare delle decine di filmati che appaiono su Youtube o dei siti di origine misteriosa che appaiono e scompaiono al solo scopo di diffondere disinformazione sui candidati.
«Mai nella storia così tanto materiale compromettente era stato messo a disposizione di così tante persone» riassume a Panorama James Pinkerton, che dirigeva le operazioni di opposition research per George Bush padre. «In una situazione come questa, alla fine conterà la capacità dei dirigenti delle campagne di screditare gli avversari prima che lo facciano loro».

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Bari, città omofoba. Silenzi colpevoli delle istituzioni.

Un intervento dell'Arci Gay sul presunto pestaggio dell'altra sera.

(Claudio Ciampi - Bari live) Il Comitato Provinciale Arcigay Bari Liberi di Essere apprende con dolore la notizia dell'ennesimo pestaggio avvenuto per le vie di Bari ai danni di una persona omosessuale.
Questa ulteriore violenza è il frutto dei colpevoli silenzi delle istituzioni e della politica. I diritti civili non sono una priorità, secondo i soloni della politica ed il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Riteniamo inaudito e intollerabile che un cittadino, uomo o donna che sia, debba sentirsi minacciato e in pericolo per le strade delle nostre città, abbandonato in un clima di insulti e violenza che, purtroppo inutilmente, denunciamo da tempo.

Non è più il momento delle disquisizioni, delle tristi analisi giornalistiche del giorno dopo: siamo stufi di dover sentire discutere di omosessualità e diritti (mancati) quando si verificano episodi come questo, stufi delle prese di distanza, dei giri di parole, delle mediazioni politiche.

"Chiediamo un intervento forte ed immediato delle istituzioni a tutti i livelli, secondo le rispettive competenze", afferma Enrico Fusco, presidente barese di Arcigay: il governo nazionale emetta immediatamente un decreto legge che estenda l'applicazione della Legge Mancino agli atti di omofobia, senza aspettare i tempi biblici delle aule parlamentari; le autorità locali attivino le proprie risorse educando la cittadinanza al rispetto".

"Vengano introdotti nelle scuole ed in tutti gli uffici pubblici, inclusi quelli delle forze dell'ordine, corsi di formazione al rispetto delle diversità e contro l'omofobia".

Naturalmente esprimiamo la nostra solidarietà al ragazzo vittima di una tale vile aggressione, offrendogli l'assistenza legale e psicologica necessarie.
*Ufficio Stampa Arcigay Bari "Liberi di Essere"

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Bellezze: Roberto França.

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Ecco come sarà Android, l’anima del GPhone.

http://www.flickr.com/photos/dannysullivan/1876552468/
(Panorama) Il GPhone, il telefonino secondo Google, muove i suoi primi passi. Dopo aver svelato i suoi piani, la casa di Mountain View ha infatti rilasciato il primo kit di sviluppo di Android, la piattaforma basata su Linux sulla quale gireranno tutti i cellulari abilitati ai servizi della grande G. A dare linfa vitale al progetto ci saranno ben 10 milioni di dollari che usciranno dalle casse della stessa Google per finanziare le applicazioni che vestiranno la piattaforma.

Ma come sarà in concreto il sistema operativo che Google farà debuttare dopo la metà del prossimo anno? Andy Rubin, direttore dell’area piattaforme mobili di Google ha rivelato in un’intervista a News.com che rispetto a tutti i sistemi operativi attualmente in commercio, da Symbian a Windows Mobile a Palm, Android sarà in primo luogo più aperto; potrà funzionare su tutti i dispositivi che lo monteranno a prescindere dalle differenze dello schermo, della tastiera e del pad di navigazione. L’Open Handset Alliance - la mega alleanza che coopererà al progetto di sviluppo di Android - dovrà per questo motivo accertarsi che non ci siano inefficienze alla base del progetto. “Sarà una piattaforma molto flessibile”, ha puntualizzato Rubin, “che si baserà sui cosiddetti mashup (i servizi web nati dalla fusione di più applicazioni), permettendo così agli sviluppatori di incrociare e mischiare le proprie esperienze”.
Sul modello di business che permetterà a Google di ottenere il ritorno di un investimento di questa portata, non ci sono dubbi: “L’obiettivo è far sì che l’utilizzatore di ogni telefono cellulare abbia ovunque la possibilità di avere accesso ai servizi di Google”, chiarisce Rubin, specificando che “la piattaforma non integrerà una componente specifica per il direct-advertising ma che permetterà in sostanza agli utenti di avere accesso alla pubblicità allo stesso modo di come attualmente fanno da pc”.

Insomma Google sembrerebbe aver studiato ogni mossa alla perfezione per dare del filo da torcere ai mostri sacri del software telefonico. Che però, almeno per il momento, non sembrano mostrare alcun cenno di preoccupazione, anzi. Symbian liquida il GPhone come l’ennesimo esperimento basato su Linux: “È come un raffreddore, ogni tanto gira, ma poi si ritorna al lavoro”, ha dichiarato John Forsyth, uno dei più autorevoli strateghi della società, sottolineando la scarsa esperienza di Google in ambito mobile.
Ancor più irriverente il commento di Microsoft, per voce del suo Ceo Steve Ballmer: “Il GPhone? Per il momento è solo un comunicato stampa, al contrario di Windows Mobile che è invece un grande software, con milioni di clienti e molti dispositivi a disposizione”. Il discorso però cambia quando si parla di servizi di ricerca e pubblicità. “In queste aree”, ammette il numero 2 di Microsoft, “il leader è Google e noi siamo gli sfidanti”. Non è un caso che la società di Redmond abbia acquisito a carissimo prezzo Aquantive, uno dei più noti provider americani per la pubblicità digitale, in quella che qualcuno ribattezzò a suo tempo la mossa della disperazione di Microsoft.

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Più Libri Più Liberi, a Dicembre fiera dell'editoria a Roma.

(06 blog) Torna a Roma dal 6 al 9 dicembre, al Palazzo dei Congressi dell’Eur (piazzale Kennedy 1), “Più libri più liberi”, l’annuale fiera della piccola e media editoria.

Un evento che ha raccolto sempre più consensi negli anni e che ormai è diventato una manifestazione consolidata nell’ambito dell’editoria, oltre che essere un importante evento promozionale per i piccoli e medi imprenditori del settore.

Quest’anno saranno presenti circa 400 espositori, che come in ogni edizione avranno come contorno una serie di incontri, conferenze, anteprime, sezioni speciali. La fiera è realizzata come sempre dall’Associazione Italiana Editori con gli assessorati alla cultura di Comune, Provincia e Regione; e con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, cui si aggiunge quest’anno la Camera di Commercio di Roma. Altri partner: Ministero della Pubblica Istruzione, Istituzione Biblioteche di Roma, Radio Tre.

Molto atteso il calendario degli incontri con autori, critici e personalità legate all’editoria e alla cultura: oltre 200 tra dibattiti e presentazioni, con la partecipazione di nomi come – per citarne solo alcuni – Andrea Camilleri, Margherita Hack, Marco Lodoli, Massimo Carlotto, Jaume Cabré, Renato Nicolini, Maria Luisa Spaziani, Goffredo Fofi, Nanni Balestrini, Niccolò Ammaniti. E ancora: Giorgio Albertazzi, Stefano Marroni, Piero Angela, Alberto Bevilacqua, Giovanni Floris, Livia Turco, Piero Grasso, Luigi Lo Cascio, Vladimir Luxuria, Luce Martinetti.

Un programma completo che affronterà tutti i generi come il giallo e noir, poesia, narrativa, racconto breve, teatro, ed inoltre riferimenti alla città di Roma come soggetto letterario. Ma anche spazio alle novità editoriali, comprese quelle che vengono dalla rete con lo spazio ragazzi, quello dedicato ai blog, gli incontri fra operatori di settore sull’evoluzione dell’editoria nell’era digitale. E per la prima volta ci saranno le etichette musicali indipendenti, all’interno della “biblio-libreria”.

In realtà la manifestazione è già in parte cominciata nel mese di novembre con www.piulibripiuliberi.it

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Ricerca. Indagine sulla televisione. Tutti la guardano, pochi si fidano.

Il piccolo schermo è la principale fonte di informazione ma nella classifica di credibilità è surclassato da radio, Internet e giornali.

(Luigi Ceccarini e Fabio Bordignon - La Repubblica) La televisione: in cima alla classifica del "pubblico"; in coda a quella della credibilità. E' il principale strumento di informazione per i cittadini: la vedono tutti, tutti i giorni. Ma, in quanto ad attendibilità, è superata da vecchie e nuove fonti: da Internet, ma anche dai giornali e, soprattutto, dalla radio. Vuoi per le polemiche (politiche) che in modo ricorrente la investono. Vuoi per la politica, che arriva a colorare programmi di approfondimento e conduttori. Vuoi per il conflitto di interessi, questione ancora scottante, agli occhi del cittadino-spettatore. Lo confermano i dati del 16° Osservatorio Demos-Coop sul Capitale sociale, che in questa edizione si concentra sul rapporto tra informazione e società.

La televisione (94%), i quotidiani (63%) e la radio (61%) rappresentano mezzi "tradizionali" e, ancora oggi, ampiamente utilizzati per informarsi. In particolare, quasi la totalità della popolazione apprende le notizie dallo schermo televisivo. Ma anche i nuovi media, come la tv digitale (29%) o Internet (39%) sono un'esperienza quotidiana per una parte considerevole di cittadini. Del resto, l'istantaneità dell'informazione è oramai un tratto che segna il modo di comunicare. In questo scenario, sembra resistere il quotidiano: sei persone su dieci affermano di consultarlo almeno qualche volta alla settimana.

L'indagine Demos-Coop fa osservare, inoltre, come la radio (60%), cui va il primato della credibilità, ma anche Internet (36%) e i quotidiani (38%) siano ritenuti più affidabili della televisione (30%). Il classico "l'ha detto la Tv" sembra assumere un diverso significato. Tanto più per i giovani, fra i quali la fiducia verso la radio, Internet e i quotidiani è più elevata rispetto a quanto si osserva fra adulti e anziani.

Ma il Tele-giornale resta, ad oggi, la principale sorgente informativa, e alle testate maggiori va comunque un gradimento piuttosto esteso. A suscitare la fiducia dei telespettatori è innanzitutto il Tg3 regionale, che con il 72% dei consensi conferma l'attenzione per l'informazione locale. Seguono, nell'ordine, Tg1 (69%), Tg3 nazionale (63%), Tg2 (63%) e Tg5 (59%). Il grado di fiducia varia, sensibilmente, in relazione all'orientamento politico. Il Tg3 viene apprezzato soprattutto dagli spettatori di sinistra. Mentre i tutti i notiziari di Mediaset (Tg5, Tg4, Studio aperto) si caratterizzano per un profilo di (centro) destra. Tg1 e Tg2, infine, si collocano più vicini al "centro": leggermente spostato a sinistra, il Tg di Riotta, un po' più verso centro-destra, quello di Mazza. Equidistante dalle due aree ideologiche appare, invece, il profilo dei Tg regionali.

Non sono però solo i Tg a connotarsi politicamente, ma anche i principali programmi di approfondimento (e i rispettivi conduttori): Annozero e Ballarò risultano i più apprezzati dall'elettorato di centro-sinistra, mentre Matrix e Porta a Porta hanno maggiore seguito a centro-destra. Nel complesso, i punteggi più elevati vanno alle trasmissioni di Floris (57%) e Mentana (52%). Anche se molti di questi programmi di approfondimento sono superati dalla satira giornalistica: le Iene (50%) e, in particolare, Striscia la notizia, cui va in assoluto l'apprezzamento più convinto (64%). Greggio e Iacchetti, le veline e il Gabibbo, ma anche Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu e Ilary Blasi, protagonisti dell'"informazione alternativa", sembrano fare concorrenza ai grandi nomi del giornalismo.

Questa la fotografia dell'informazione televisiva, scattata dal sondaggio alla vigilia dell'ennesimo terremoto sulla Tv scatenato dal caso Rai-Mediaset. Una vicenda che riporta l'attenzione su un tema particolarmente sentito dall'opinione pubblica: il conflitto d'interessi, ritenuto problema grave e "urgente" dal 66% dei cittadini. La proprietà del polo televisivo privato da parte del leader dell'opposizione, Silvio Berlusconi, secondo la metà degli intervistati danneggia la libertà di informazione (52%) e condiziona la politica (55%). Un dato che cresce sensibilmente tra gli elettori del centrosinistra, dove è quasi l'80% a condividere questa opinione.

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"The International": Il set cinematogratico di Milano in Corso Italia.

the_international_scena(02 blog) In questi giorni, c’è un po’ di Hollywood in centro a Milano: fino a mercoledì sono infatti nel vivo le riprese di “The International”, film con Naomi Watts e Clive Owen presentato mercoledì scorso al Pirellone.

Il film dovrebbe vedere come set mercoledì prossimo la Stazione Centrale e il Grattacielo Pirelli, mentre nel weekend abbiamo intercettato un certo “movimento”, in particolare domenica in Corso Italia, che era chiuso al traffico con linee di tram deviate (il 15 diventato un autobus), per le riprese di un inseguimento in macchina con sparatoria all’altezza del portone della foto che vedete in alto.

the_international_impianto
Una scena da ricordare è stata proprio quella del traffico finto, con una quarantina di macchine che andavano tutte contemporaneamente avanti, e poi in retromarcia per ripartire e ripetere, in Corso Italia, per un’ora circa, per girare una scena che sullo schermo, non dubitiamo, sarà di pochi secondi.

Quasi nessuna possibilità di finire casualmente all’interno della scena: decine di addetti fermavano gentilmente, ma con fermezza, qualsiasi tentativo di avvicinamento. E in ogni caso, nelle vicinanze erano esposti cartelli come quello che potete vedere qui sopra.

the_international_privacyNessun avvistamento di star di Hollywood, quanto invece quelle 200 o 300 persone, comparse, attrezzisti addetti alla sicurezza e al catering, che fanno quel lavoro che non merita neanche una citazione. Sono davvero tante le persone che lavorano in una scena di pochi istanti e, chi si è fermato come noi a vedere come vengono effettuate le riprese, avrà sicuramente voglia di vedere come sarà realizzata questa scena. Speriamo solo che Milano sia venuta bene…


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Alfonso Signorini: Il mio coming out al pranzo della domenica.

Il direttore di Chi, Alfonso Signorini
di Alfonso Signorini

Sarebbe stato un pranzo domenicale coi fiocchi: sorella, mamma, papà e pure la zia Ester, 80 anni, zitella nonché dama di San Vincenzo, riuniti davanti al piatto di portata con una bella gallina fumante. La notte prima non ho dormito. Temevo che l’anziana dama di San Vincenzo non avrebbe retto all’annuncio. E poi papà, che già soffriva di cuore… Ma quella che più mi spaventava era la reazione della mamma. Per anni l’avevo illusa, illudendo me stesso. Ero arrivato a un passo dalle nozze: a 27 anni stavo per sposare la zia di un mio allievo. Allora insegnavo dai gesuiti, e già quello mi era sembrato un bello scandalo: mandare tutto all’aria con le pubblicazioni fatte, i regali arrivati, la cerimonia a Sant’Ambrogio e il pranzo già prenotati. Due giorni prima che tutto accadesse mi ero presentato dai miei e avevo detto: «Non mi sposo più». Ancora adesso mi chiedo come non siano caduti per terra, svenuti. Per far passare la tempesta me ne ero fuggito in vacanza a Ceylon, un posto sufficientemente lontano, in compagnia del mio amico Aristide e dei suoi genitori.
Avevo riprovato: io e la mamma ci avevamo creduto di nuovo. Questa volta era una romana, conosciuta sulle piste di sci: 7 anni di convivenza. Poi siamo tornati dalle vacanze estive in un villaggio turistico in Turchia: io avevo letto un sacco di libri, lei aveva diviso il suo tempo tra l’ombrellone e il campo di tennis. Soltanto dopo scoprii che se l’intendeva con il maestro. E mi ritrovai single: la mamma era sicura che non sarei sopravvissuto senza un aiuto. E per tenere in ordine l’appartamento mi mandò Pina, fedele e fidata collaboratrice domestica, «che come stira lei le camicie non c’è nessuna». E così fu Pina la prima persona di casa a cui lo dissi: quando cominciai a frequentare quello che ancora oggi è il mio compagno, quando poi andammo a vivere insieme, dovetti istruirla per bene: «Non una parola a mia madre: se ti cerca, non farti trovare». E la costrinsi a una latitanza che nemmeno i terroristi.
Racconto tutto questo perché fu Pina la causa scatenante del mio outing familiare. Non riuscendo più a parlare con la tata, la mamma era in preda a un’ansia assoluta. E, visto che anch’io ero molto vago (a quel punto ero già giornalista a Chi, e mi inventavo servizi e trasferte per non parlarle), tutti gli sfoghi finivano su mia sorella. Che, non sapendo più come arginare le smanie della mamma, mi mise alle strette: «Non ne posso più: o parli tu o lo faccio io».
Ed eccoci dunque al famoso pranzo domenicale. Mi ero vestito con la camicia bianca, la cravatta e la giacca, che non mi tolsi mai anche se, nonostante fossimo in pieno inverno, sudavo come d’estate in Amazzonia. Non presi la macchina: ero così nervoso che avrei fatto un incidente. Andai dai miei in taxi. Eravamo d’accordo che mia sorella avrebbe dato il la, poi sarei andato avanti io, senza più rete. E fu così che il discorso andò sulla Pina: «Devi smetterla di chiedermi di lei» attaccò mia sorella. Fu come aprire una diga: «Che cosa è successo con Pina, me lo devi dire, non l’avrai mica licenziata?»: un fiume in piena.
A quel punto toccava a me: « Mamma, non abito più lì. Convivo con una persona. È un uomo. Sì, sono gay. È una persona straordinaria. Lo amo e lui mi ama…». Parlai tutto d’un fiato e mi fermai solo quando finì la saliva. Ricordo ancora il silenzio che seguì, e le persone intorno immobili davanti alla gallina fumante come nel fermo immagine di un film. Silenzio, silenzio. Poi mio padre se ne uscì, in dialetto: «Mi, l’avevi semper dì (Io l’avevo sempre detto)». E attaccò con gallina e mostarda.
Inutile dire che da allora la mia vita è migliorata immensamente. Papà, quel mitico papà dalla battuta fulminante, non c’è più. Nei confronti di mamma e zia mi sembra di essere più onesto. E il mio compagno è stato adottato. La sera la mamma mi fa sempre la stessa domanda: «Che gli hai preparato da mangiare?». Nel suo immaginario, probabilmente, sono una casalinga disperata.

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Anticipazioni. Ozpetek e la tragedia della passione. "Che emozione, questa storia così dura...".

Il regista parla di "Un giorno perfetto", tratto dal romanzo della Mazzucco attualmente in lavorazione a Roma. Protagonisti Mastandrea, Ferrari, Sandrelli e Guerritore.
"Stanotte ho girato una sequenza drammatica con Isabella e Monica, e ne sono ancora turbato".
Ma sulla eventuale partecipazione ai festival glissa: "Parlarne prima porta male".

(Claudia Morgoglione - La Repubblica) "Il mio nuovo film, una storia d'amore che diventa una trappola, mi sta prendendo davvero tanto. Sono reduce da una scena girata questa notte, in via Giulia, con Isabella Ferrari e Monica Guerritore: una sequenza forte, di grande passione, all'interno di un dramma familiare. Sono ancora sotto l'effetto di quelle emozioni". Parole pronunciate da Ferzan Ozpetek mentre sorseggia spumante in uno splendido salone del Quirinale, al termine della cerimonia di consegna dei premi De Sica. E tra i vincitori c'è proprio lui, il regista italo-turco, che per venire qui al Colle ha lasciato il set della sua ultima fatica, Un giorno perfetto.

Un'occasione per parlare con un autore molto amato del nostro cinema - disponibile ed estroverso come sempre - della sua pellicola ora in lavorazione, e che vedremo nelle sale nel corso del 2008.

Allora, Ferzan, che tipo di film ci farà vedere, il prossimo anno?
"E' una storia dura e passionale tratta da Un giorno perfetto, il romanzo di Malania Mazzucco. E' prodotta da Fandango in collaborazione con Rai Cinema, ed è interpretata da Isabella Ferrari, Valerio Mastandrea, Stefania Sandrelli, Monica Guerritore, Nicole Grimaudo, Valerio Binasco".

Sta girando qui a Roma?
"Alla fine di Saturno contro, avevo dichiarato pubblicamente che non avrei mai più girato a Roma. E invece poi mi hanno offerto questo progetto, e ho finito per accettare... sono proprio un uomo senza personalità! Ma giuro che dopo questo film, davvero, non lo farò mai più".


Perché è così difficile lavorare nella città in cui lei vive, e che ama tanto?
"Perché c'è grande intolleranza, tra la gente. Che quando vede una strada bloccata da un set, si arrabbia e urla cosa del tipo 'ma andate a lavorare!'. Cosa che, detta a uno che quando gira lavora 15 ore al giorno, fa un po' sorridere".

Lo dice con rabbia o con rassegnazione?
"Senza alcun livore, anzi con un po' di divertimento. Del resto anche mio padre, quando ho cominciato a fare cinema, mi vedeva come un vero e proprio nullafacente".

Al di là della location, cos'è che rende la storia di Un giorno perfetto speciale?
"La sfida era trarre un film da un romanzo complesso, e anche difficile da trasporre sullo schermo. E' la prima volta che affronto una storia non mia, ma che mi ha davvero molto preso. Credo che il fatto che non sia stata scritta da me mi renda paradossalmente più libero, nell'affrontarla".

E il tema?
"Una storia passionale e familiare dura, ma in cui c'è anche grande tenerezza. Si svolge in 24 ore, e ha tantissimi personaggi. Ho accettato di farne un film perché mi interessava raccontare una storia d'amore che diventa una trappola, per chi la vive. E che finisce in tragedia. Un po' sul modello 'né con te, né senza di te'".

A che punto sono le riprese?
"Siamo alla quinta settimana di lavorazione, ci fermiamo il 21 dicembre e riprendiamo il 7 gennaio, per terminare tutto a metà mese. Sono soddisfattissimo degli attori, davvero straordinari. A cominciare da Mastandrea e la Ferrari".

Sta già pensando se presentarlo a un festival, e a quale?
"Non si pensa ai festival mentre si gira: porta male..."

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Sarkozy contro i pirati del web.

(Sfera Pubblica) «La protection du droit d’auteur et la préservation de la création, […] c’était un engagement important de ma campagne présidentielle». Così, Nicolas Sarkozy, annuncia la “svolta” francese contro la pirateria in internet.


Intimidazione, sospensione. I provider manderanno messaggi di allerta agli utenti che scaricano file illegalmente. Se gli utenti li ignoreranno, i loro account di accesso potrebbero essere chiusi o sospesi. Questa la soluzione adottata nel provvedimento elaborato da una commissione diretta dal direttore generale di Fnac, uno dei più grandi rivenditori francesi di musica e film, Denis Olivennes.
La responsabilità delle violazioni verrà attribuita al detentore della connessione sulla quale questi abusi saranno compiuti e il tutto sarà gestito da una Authority specializzata. In caso di violazioni del diritto d’autore si procederà in due fasi. La prima vede il detentore del diritto d'autore trasmettere all'Autorità la segnalazione di una violazione di cui è venuto a conoscenza. A quel punto l'Authority invierà all'utente, che è legato ad un indirizzo IP, un messaggio di avvertimento grazie alla collaborazione dei provider.
La seconda fase, invece, si attiva nel caso di recidiva. Cioè, nel caso in cui l’utente già segnalato venisse nuovamente “beccato”, fino alla terza volta. A questo punto scattano le sanzioni, che vanno dalla sospensione alla chiusura dell’abbonamento di accesso.

Proposte. Il provvedimeno non si limiterà ad usare il pugno di ferro con gli utenti della rete. Infatti è previsto che l’Autorità si impegni a sollecitare l’Unione Europea ad estendere la riduzione dell’Iva su tutti i prodotti culturali, oltre che cercare di favorire l’accesso e la distribuzioni delle opere in maniera “legale”. Ciò dovrà legarsi ad una migliore qualità offerta dai produttori, anche in termini di tempestività di fornitura e facilità di fruizione.

Scontro. Il metodo Sarkozy adattato al web, sembra non aver incontrato, come era prevedibile, il favore dei consumatori. Alcune associazioni, come l’UFC, bollano il dispositivo come anti-economico, eccessivamente repressivo e diretto a compromettere l’evoluzione del web. Di fatto, la soluzione redatta dal team di Olivennes chiarisce un metodo d’azione duro verso i “naviganti” e estremamente favorevole alle multinazionali, che dalla pirateria informatica sono le più colpite. Una tale presa di posizione e una “invasione” nella privacy così esasperata sembra aver già generato parecchi malumori, sebbene si tratti di uno dei primi, seri provvedimenti di questo tenore in materia.

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Un dossier piccante. Prostitute, identikit dei clienti .

Giovani, quasi sempre single, a volte laureati, «Meglio le ragazze dell'Est, danno più affetto».

(Luigi Corvi - Il Corriere della Sera) Hanno un'età compresa tra 35 e 40 anni, lavorano, sono single e con un livello di istruzione medio-alto. Preferiscono le ragazze dell'Est che incontrano in hotel, saune o appartamenti, con una frequenza media di una volta ogni due mesi. Ma, soprattutto, scelgono le donne dell'Europa orientale o le cinesi, non solo perché costano meno delle italiane, ma perché con loro soddisfano il «bisogno di affetto e di comprensione».

Eccolo per la prima volta il profilo del cliente delle prostitute straniere «trafficate » (cioè vittime della tratta), così come emerge dallo studio How much? condotto per la Commissione europea dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) con i ricercatori di Transcrime (Università di Trento e Cattolica di Milano) che verrà presentato giovedì a Milano.

I dati sono stati elaborati con lunghe analisi dei forum Internet e da un questionario pubblicato online. Ma un'altra parte della ricerca si è mossa direttamente sul campo e se il profilo del cliente risultato qui è diverso (età tra 23 e 50 anni, sposato, con un partner regolare e uno o più figli, livello di istruzione basso o molto basso, incontri ogni 15 giorni) le motivazioni sono le stesse e il fattore «bisogno di affetto/comprensione» resta ai primi posti. Dice un cliente: «Le ragazze dell'Est sono tutte bellissime, la maggior parte bionde, alte, fatte bene, disponibili. Non fanno le cose come una catena di montaggio un colpo e via, anzi ti portano a casa loro, ti fanno rilassare, ti danno un po' di accoglienza. Mentre le prostitute italiane tendono solo a fare i soldi e concludere alla svelta». Un'altra voce, su Internet: «Gli italiani vogliono sesso, il buon, caro, sano, vecchio sesso. E magari anche un briciolo di affetto, vero o immaginario, che non guasta mai». Stesso concetto ribadito da un intervistato: «Con il sesso molti cercano anche affetto e un rapporto con la donna in generale, spesso l'atto vero e proprio passa in secondo piano».


Numeri e affari
Secondo il Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio, in Italia sono 9 milioni i clienti delle prostitute (che sono stimate in 70 mila, di cui più della metà straniere) con un giro d'affari di 90 milioni di euro al mese.

Lo studio di Transcrime, il primo del genere in Italia, ha cercato di dare un volto al cliente delle prostitute «trafficate» (la maggior parte delle straniere) per capire cosa spinge gli uomini a cercare questo mercato del sesso che si è diffuso nell'Unione Europea a partire dalla caduta del muro di Berlino e ha ormai raggiunto dimensioni preoccupanti.

A questi clienti — così emerge dalla ricerca — non interessa la storia che è alle spalle della prostituta (per loro infatti «la tratta non esiste» o al massimo coinvolge poche persone e le «vittime» della prostituzione sono proprio i clienti «sfruttati a causa del naturale bisogno di sesso tipico del maschio»). Anzi, dicono di preferire le donne dell'Europa orientale o le cinesi proprio perché provengono da Paesi in cui vi è il «dovuto rispetto» per il maschio e quindi manifestano remissività anche nei confronti dei clienti italiani.
Dietro questa motivazione, poi, ce ne sono altre due: il bisogno di dominio e il rifiuto dell'emancipazione femminile. E se le prostitute italiane sono sbrigative e pensano solo ai soldi, le mogli/compagne sono viste così: «Ti costringono ad andare in cerca di sesso a pagamento perché quando ti sposano ti promettono che farai sesso tutte le volte che ne avrai voglia (e sennò chi si sposerebbe?), poi usano il sesso come una risorsa, un'arma, uno strumento per ottenere quello che vogliono».

Case chiuse
Tutti gli uomini contattati si sono infine dichiarati, all'unanimità, per la riapertura delle case chiuse. La regolarizzazione, secondo gli intervistati, costituisce un vantaggio per tutti: per i clienti (garanzia di privacy, igiene e controllo medico), per lo Stato (che può tassare i guadagni) e per le prostitute perché si ridurrebbe lo sfruttamento da parte dei protettori.

L'ultima parte della ricerca riguarda la comparazione dei dati italiani con quelli di tre Paesi europei — Olanda, Svezia e Romania — che hanno una legislazione diversa dalla nostra. Questo aspetto, insieme agli altri, verrà illustrato nel seminario di giovedì a Milano (sala Vismara, via Copernico 1) dagli autori dello studio: per l'Ismu, Marco Lombardi, docente della Cattolica, e Paolo Ruspini; per Transcrime (il maggior centro universitario italiano sullo studio della criminalità transnazionale) Andrea Di Nicola e Andrea Cauduro. Le conclusioni di How much?, secondo Lombardi, «serviranno ora a sviluppare politiche innovative per combattere il traffico di esseri umani anche in un quadro normativo diverso da quello attuale». Perché, dice a questo proposito Di Nicola, «una cosa abbiamo capito: la politica dello struzzo in Italia non paga. Meglio intervenire piuttosto che non fare niente».

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Celebra un matrimonio omosessuale il sindaco all'avanguardia di Philadelphia.

(Queerway) Il sindaco di Philadephia John Street ha officiato la cerimonia di matrimonio per una coppia dello stesso sesso, la prima di Street e del municipio cittadino.
Ryan Bunch e Michah Mahjoubian si sono sposati ieri alla presenza di circa 150 persone, tra amici e parenti. Davanti al palazzo del municipio, tuttavia, diverse dozzine di persone hanno manifestato contro l'unione. Mahjoubian è un collaboratore di vecchia data del sindaco.

La settimana scorsa, quando ha annunciato che avrebbe officiato la cerimonia, Street ha anche affermato: "Michah è un mio amico. E' nel mio staff e nella mia amministrazione da ormai otto anni. Ho imparato a rispettarlo come persona e, se si tratta di fare qualcosa per fargli piacere, allora officerò la cerimonia per lui".
In qualità di presidente del Consiglio Comunale per la maggior parte degli anni 90, Street ha fortemente contrastato la legislazione che dava benefici ai partner omosessuali dei cittadini. Ma forse le cose sono cambiate.

Molti attivisti infatti sostengono che una volta che Street è diventato sindaco, si è avvicinato alla comunità gay. Ha creato una commissione sulle minoranze sessuali, portato a termine un progetto di raccolta di fondi per un centro dedicato a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali ed è intervenuto ad una cerimonia per il riconoscimento del ruolo storico svolto dagli attivisti gay e lesbo. La cerimonia che Street ha presieduto non è riconosciuta dalla legge della Pensilvania. La legge statale, infatti, limita il matrimonio alle coppie eterosessuali e non c'è alcuna forma di unione civile. Tuttavia, Mahjoubian ritiene che Street, presiedendo la cerimonia, lancerà un messaggio estremamente importante.

"Come leader della città di Philadelphia, ha dato legittimità a quello che noi facciamo e quello che è importante per noi è impegnarci davanti ai nostri amici e alle nostre famiglie" ha commentato il collaboratore del sindaco.
Non appena la coppia ha lasciato la sede del municipio si è imbattuta in piccoli gruppi di conservatori che si oppongono al matrimonio omosessuale.
Ryan Bunch e Michah Mahjoubian, comunque, se ne sono andati via in una macchina su cui era attaccata la scritta "Just Married".
Secondo voi, qualche sindaco italiano avrà mai il coraggio, o meglio le proverbiali palle, per imitare Street?

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Il giovane chierichetto di Este nelle mani dei colonnelli gay. Rigetto.

(Vecchi froci) E’ cominciata la fase di rigetto: “è un politicante”, “lo fa per soldi”, “vuole fare il modello”.
Forse il piccolo Ruggin non ha ben valutato i mostri che ha svegliato. Qui.

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Nazionale inglese, sbornia di sesso «Siete campioni solo a luci rosse».

(Lorenzo Amuso - Il Giornale) Secondo Fabio Capello, candidato favorito per la panchina dell'Inghilterra, il problema dei giocatori inglesi è «più psicologico che tecnico». Solo così si spiega come mai la nazionale dei Tre Leoni abbia vinto ben poco in campo internazionale. Un'analisi che il tecnico di Pieris dovrà probabilmente riconsiderare alla luce dell'ultima performance extracalcistica di alcuni campioni della Premier League. L'ennesima di una lunga serie, tutte caratterizzate da alcol, sesso, violenza. Giocatori che si ubriacano fino allo stordimento, urinano e vomitano dove capita, finiscono per litigare o esibirsi in prestazioni erotiche pubbliche. Sotto gli occhi esterrefatti di testimoni che alla prima occasione - vedi l'eliminazione da Euro 2008 - si «vendicano» riferendo alla stampa il nuovo party selvaggio dei nazionali di Sua Maestà. L'occasione, questa volta, è stato il 26º compleanno di Shaun Wright-Phillips, giocatore del Chelsea. Ospiti dell'esclusivo The Wardour club lo scorso 27 ottobre erano alcuni suoi compagni di squadra, tra i quali Didier Drogba, Frank Lampard e il capitano della nazionale John Terry. E proprio il difensore inglese è stato tra i protagonisti più rozzi della serata. Prima scatenandosi in danze sguaiate con due spogliarelliste sotto gli occhi della moglie Toni, quindi - sbronzo da non stare in piedi - ha urinato in mezzo alla pista da ballo. Non proprio il comportamento che ci si aspetta dal capitano della nazionale, commenta indignato il New of the World.

Secondo uno degli invitati un’altra stella inglese, di cui non si conosce l'identità, non ha avuto scrupoli né pudori nell'avere un rapporto sessuale con una procace ragazza su una poltrona del club. Solo l'intervento del manager del locale, sbigottito, ha interrotto i due per il disappunto della giovane che ha rivendicato la sua travolgente passione. Ancor meno fortunato un altro Blues, anch'egli un nazionale senza nome, che ha supplicato invano due lapdancer di finire la serata tutti e tre assieme.

«Siamo stati eliminati dalla Croazia ma pare proprio che ad alcuni giocatori non possa interessare di meno - le parole di un testimone -. Quello che conta nelle loro vite è ubriacarsi, guidare macchine veloci e rimorchiare ragazze facili. Se solo si impegnassero altrettanto in campo, saremmo i campioni del mondo».
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John Terry, il capitano della nazionale inglese.

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Australia, sconfitto il premier nemico dei gay.

(Queerblog) Bye bye, mister Howard. Dopo 11 anni, e diverse tornate elettorali, gli australiani hanno finalmente mandato a casa il primo ministro conservatore John Howard, a capo del governo con una coalizione di liberali (destra) e nazionalisti. È stato un trionfo per i laburisti di Kevin Rudd, che hanno conquistato oltre metà dei seggi alla Camera, e una debacle clamorosa per Howard, che ha perso anche il proprio seggio in Parlamento. Era dagli anni Venti del Novecento che un premier in carica non veniva estromesso in modo così brutale.

Finisce così l’era dell’Australia alleata di Bush, del governo australiano che manda truppe in Iraq al fianco di quelle americane e del no al Protocollo di Kyoto. L’Australia era l’unico dei grandi paesi industralizzati a seguire Bush nelle sue campagne internazionali: ora la musica cambierà, visto che la maggioranza del paese è contraria alla guerra e vuole un maggior impegno sul fronte ecologista. Lo dimostra anche la buona affermazione dei verdi.

Ma finisce, soprattutto, l’era della netta discriminazione dei gay e delle lesbiche, anche se è difficile aspettarsi cambiamenti rivoluzionari. Sotto il governo Howard, comunque, l’Australia ha introdotto - unico paese occidentale - un divieto esplicito di matrimonio tra persone dello stesso sesso, attraverso una legge federale. Il problema è che la votarono anche i laburisti.

Howard però fece di peggio. Bloccò, da Canberra, anche le leggi dei singoli stati che volevano introdurre forme di registrazione o di unioni civili per le coppie gay. Nel programma dei laburisti - guidati da un cristiano praticante, Rudd - c’è invece l’introduzione di una partnership registrata per le coppie dello stesso sesso, qualcosa del genere unioni civili.

Una soluzione che non piace alle associazioni lgbt, che viola l’uguaglianza fra i cittadini; ma comunque un passo in avanti dopo 11 anni di oscurantismo. Ciao ciao John, buona pensione.

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Tornano le femministe. Migliaia di donne antiviolenza Via i maschi, politiche fischiate.

In corteo A Roma nonne e nipoti, arabe e rom. Solidarietà e momenti di tensione.

Contestato il pacchetto sicurezza. Manifestazione tutta «rosa» 12 anni dopo l'ultima discesa in piazza. «No alle strumentalizzazioni»

(Alessandra Arachi - Corriere della Sera) La questura di Roma, da un po', ha smesso di dare i numeri della manifestazioni. Ma se ieri le organizzatrici del corteo hanno gridato: «Siamo più di 100 mila», questa volta non si può certo dire che l'abbiano sparata grossa.
Era da dodici anni che a Roma non sfilava un corteo di sole donne. «Dal 3 giugno 1995», ricorda Maria del Paese delle Donne. E getta un occhio a questo serpentone colorato: quando la testa è arrivata ai Fori Imperiali la coda deve ancora muoversi da piazza Esedra, dalla partenza. Forse i ricordi di Maria possono spostarsi addirittura ai fasti del femminismo, gloriosi anni Settanta.
Del resto anche lo striscione di apertura del corteo è senza tempo: «La violenza degli uomini contro le donne comincia in famiglia e non ha confini». Lo stringono tra le mani ragazze piuttosto giovani: qualcuna all'ultimo corteo non poteva esserci, se non accompagnata dalla mamma. Gridano: «Non vogliamo la famiglia perché è simbolo della violenza. Vogliamo parapiglia». E sembra un grido premonitore di quello che succederà.
Di lì a poco: spintoni contro fotografi e cronisti, rei soltanto di essere di sesso maschile. Ma sono poche le «separatiste » violente. Basta risalire il corteo di qualche gruppetto per trovare ragazzi a braccetto con compagne di scuola. Giovanni Rossi, 16 anni, non soltanto è venuto dall'Axa, insieme con i suoi amici Marco D'ambrosio, 17 anni, e Gianmarco Pezzoli, 16 anni. «Ho anche convinto mia madre a venire », dice. E spiega: «E' importante che ci siamo anche noi maschi per solidarietà, no? Ancora vogliamo separare i generi? ».
C'è chi vuole separare le parti politiche. E quando nel corteo fanno la loro comparsa le tre deputate azzurre Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna e Gloria Porcella, le «separatiste » senza indulgenza del corteo non esitano: «Andatevene via fasciste». Poco distante un gruppetto di bambine Roma di via Cesare Lombroso sta sfilando dietro uno striscione preparato dall'Arci: «Siamo con Emilia, la donna che ha denunciato l'assassino di Giovanna». Loro, minuscole, gridano con le braccia alzate: «Viva le donne ».
Era dodici anni che a Roma non sfilava un corteo di tutte femmine. E oggi c'è soltanto l'imbarazzo per raccontare i colori e i sapori di questo corteo contro la violenza sulle donne che ha riunito nelle stesse file nonne e nipoti, donne straniere, islamiche, oltre le le piccole Rom.
Ci sono tantissime giovani. Ventenni, trentenni: stanno scoprendo il femminismo. Hanno un entusiasmo che le stesse «mamme» e «nonne» si stupiscono di veder rifiorire. «Sono fantastiche», gioisce Edda Billi, storica della casa delle donne: ha 73 anni, non perderà un colpo durante le due ore di corteo.
Bisognerà aspettare la parapiglia di piazza Navona per perdere un bel po' di entusiasmo. Una contestazione che prenderà spunto dalle parole d'ordine del corteo: la contestazione al pacchetto sicurezza approvato dal Governo. Sono scritte sugli striscioni: «Se la violenza è in casa, ma che ci faccio con più polizia?». Oppure: «Non ci serve il pacchetto, ma la cultura del rispetto». E ancora: «Se la violenza è sotto al tetto che ci faccio con il pacchetto?» E' prendendo a pretesto questi slogan che a piazza Navona una cinquantina di ragazze faranno fuggire i ministri Livia Turco e Giovanna Melandri dal palchetto della diretta de «La 7», mentre un altro gruppetto contesterà a viso aperto il ministro Barbara Pollastrini. Ma la stragrande maggioranza del corteo non aderirà a questa protesta. In tante torneranno a casa contenta di aver riabbracciato amiche lontane. oppure scoperto le strade di Roma.
Gli stessi simboli disegnati sul viso, gli stessi gesti. C'è un filo rosso che lega i cortei delle femministe anni 70 con quello che si è visto ieri a Roma. Molte donne, probabilmente, erano le stesse, ma con 30 anni in più

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