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domenica 14 ottobre 2007

Il Papa a Napoli. La Jervolino: «Il Papa ci darà coraggio, coraggio, coraggio».

Iervolino: non siamo ricchi ma il Pontefice ci trasmetterà fiducia e saprà esaltare le qualità della nostra città.
(Luigi Roano Il Mattino) «Coraggio, coraggio, coraggio. Mi aspetto che il suo arrivo dia coraggio a Napoli, ai napoletani, a tutti noi». Ecco cosa il sindaco Rosa Iervolino si attende dalla visita di papa Benedetto XVI che arriverà tra due domeniche, il 21. Ormai siamo già in piena vigilia e l’attesa per il pontefice è febbrile. Del resto quello sarà il giorno clou del meeting interreligioso promosso dalla Curia napoletana e dalla Comunità di Sant’Egidio che comincerà proprio il 21 e si concluderà il 23. «Posso immaginare - spiega il sindaco - che il Pontefice si ricordi che non siamo una città ricca dal punto di vista economico, ma che lo siamo culturalmente ed umanamente. Quindi è giusto che emerga il buono di Napoli e siano isolate quelle nicchie di violenza». Il primo cittadino sottolinea come la visita di Papa Ratzinger assume un significato di fiducia ed incoraggiamento considerando che avviene all’interno di un più ampio appuntamento di preghiera per la pace. ...--->>

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ULTIM'ORA
Tre milioni di italiani alle urne per scegliere il segretario del futuro Partito Democratico.
Una forma di partecipazione democratica unica nel suo genere in Italia.

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Il Vaticano cerca un santo: Nel fuoco la sagoma di Wojtyla. E molti già gridano al miracolo.

La notizia resa nota dal Vatican News Service e rilanciata anche dal sito Korazym. Nelle foto di un operaio polacco che lo scorso due aprile, anniversario della morte del pontefice, si recò a una cerimonia di preghiera attorno al fuoco a Matyska.

La sagoma di Giovanni Paolo II nel fuoco. Alcune foto scattate in Polonia, nel corso di una cerimonia in ricordo di papa Wojtyla, una preghiera intorno ad un falò, mostrano le fiamme che assumono progressivamente la fisionomia proprio del pontefice polacco e molti già gridano al miracolo. VEGLIA - ANNIVERSARIO - La notizia delle fotografie prodigiose è stata resa nota dal Vatican News Service (Vns), un servizio televisivo cattolico che produce notiziari per molte emittenti locali, e rilanciata anche dal sito internet Korazym. Il fatto è avvenuto lo scorso 2 aprile, secondo anniversario della morte di Giovanni Paolo II, durante una veglia di preghiera organizzata sulla collina Matyska, conosciuta anche come «Golgota del Nostro Signore», un luogo di culto non lontano da Wadowice, il paesino natale di Wojtyla, nel sud della Polonia. Qui, un giovane operaio di nome Gregorz Lukasik si era recato, insieme al fratello e alla sorella, per pregare, ma, sopratutto - a quanto raccontato da lui stesso ai microfoni di Vatican News Service - per provare la sua nuova macchina fotografica. Solo una volta tornato a casa, si è accorto che, nella sequenza delle immagini, il fuoco si trasformava in una figura familiare, quella del papa polacco, con il braccio destro levato, nell'atto di benedire.

«IMMAGINI CHE SOMIGLIANO A WOJTYLA» - Il ragazzo afferma di averne parlato con il parroco del suo villaggio, Beskid Zywiecki; da lì la notizia sarebbe rimbalzata a Cracovia, nella casa dell'arcivescovo Stanislao Dziwisc, già segretario di Giovanni Paolo II, e poi anche a Roma . Venuto a conoscenza della vicenda, Padre Jarek Cielecki, direttore del VNS, si è recato in Polonia per intervistare l'autore delle foto. «Sono immagini - commenta padre Cieleski - che somigliano al servo di Dio Giovanni Paolo II». Il giovane operaio, nell'intervista televisiva, smentisce con decisione che si tratti di una fotografia modificata ed esprime il desiderio di poter presto consegnare personalmente le foto «prodigiose» a papa Ratzinger.

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Gay.it vs Gay.tv: Rissa nel pollaio.

Lettera aperta del nostro direttore alla redazione di Gay.tv: con quale coraggio denigrate oggi sulla vostra homepage, senza possibilità di replica, l'impegno di 30 lgbt nel nuovo Partito Democratico?

Cari amici della redazione di Gay.tv,
sono stato svegliato stamani da due sms: uno di un amico che mi faceva gli auguri per le primarie del Partito Democratico, a cui - pur con mille ma e mille se - ho deciso di candidarmi, ed uno che mi suggeriva di guardare la vostra homepage, cosa che faccio sempre molto volentieri.
Il vostro titolo di apertura di oggi chiede provocatoriamente quale coraggio abbiano i 30 candidati lgbt alle primarie: "I CANDIDATI GAY DEL PD CI CHIEDONO IL VOTO. CON QUALE CORAGGIO?" è il titolo che avete scelto per questa giornata. Senza possibilità alcuna di replica, se non agli iscritti alla community e comunque nei commenti, nel giorno in cui pare almeno due milioni di cittadine e cittadini italiani decide di partecipare alle votazioni per la costruzione del nuovo Partito Democratico, il secondo sito gay italiano in termini di accessi ha deciso di attaccare quei 30 coraggiosi che hanno deciso di tenere alta la bandiera rainbow in queste primarie.
Perchè avete deciso così di denigrare il lavoro, l'impegno e il coraggio di noi 30? Perchè poi così last minute, il giorno del voto? Avrebbe avuto un senso farlo semmai qualche giorno fa, lanciando la provocazione, raccogliendo le opinioni di tutti, anche le nostre: ma oggi non vi pare sia un po' giocare pesantemente allo sfascio? Cui prodest?
Comprendo le posizioni diverse. Comprendo chi mi dice che è deluso da questo governo, anche perchè io per primo lo sono. Comprendo chi sostiene che il rischio di un moderatismo che schiacci innanzitutto le grandi battaglie laiche è dietro l'angolo. La penso diversamente da questi, l'ho detto a più riprese, perchè penso che anche per noi gay questo PD sia una buona occasione, straordinaria. Ma comprendo queste posizioni diverse dalla mia.
Quello che invece mi riesce difficile comprendere è questa piccola carognata della vostra homepage. Questa no, proprio non mi riesce. Ed è l'unica nuvola scura in questa bellissima giornata di sole, un giorno davvero nuovo nella vita politica di questo paese.

Alessio De Giorgi
Direttore di Gay.it

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Ndr. Bhe perlomeno abbiamo scoperto che gli uni leggono gli altri e viceversa...
Un notevole passo avanti.
E De Giorgi sa rispondere alla domanda posta da quelli di Gay.Tv: "Con quale coraggio?"

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La ragione del celibato sacerdotale: un articolo de "Il Timone".

Celibato sacerdotale

(Giacomo Samek Lodovici - Il Timone) Il sacerdote dev’essere come il celibe Cristo, deve amarlo come si ama una sposa, dedicarsi integralmente a Lui e alle anime ed entrare a far parte di una nuova famiglia (la comunità sacerdotale). Anche storicamente è sempre andata così.

La vicenda di Milingo ha rinfocolato le critiche al celibato sacerdotale. E’ opportuno vedere alcuni argomenti che giustificano la scelta celibataria fatta dalla Chiesa.

Le ragioni della disciplina eccesiastica

1) Anzitutto Gesù non si è sposato e sacerdos est alter Christus. Il sacerdote non è un semplice «funzionario», è un alter Christus, perciò il celibato del sacerdote è fondato su quello di Cristo e lo fa a Lui assomigliare in tutto.
Ma Gesù ha fatto una proposta in tal senso ai suoi discepoli? Nei Vangeli non mancano passi che parlano di una rottura con i rapporti familiari e che riguardano la problematica celibataria della sequela di Cristo: «Chi non odia suo padre e sua madre non può essere mio discepolo; chi non odia suo figlio e sua figlia non può essere mio discepolo» (Lc 14,26); «non c’è nessuno che abbia lasciato casa, fratelli, sorelle, madre, padre, figli o campi per il regno di Dio che non riceverà il centuplo quaggiù e la vita eterna» (Lc 18,29 e paralleli); molto importante è poi quanto dice Gesù in Mt 19,12: «vi sono eunuchi che si sono resi tali essi stessi per il regno». Gesù parla di sé e di uomini che, liberamente, hanno scelto il celibato come totale servizio di Dio.
Il Direttorio della Congregazione per il Clero del 1994 spiega: «L’esempio é il Signore stesso il quale, andando contro quella che si può considerare la cultura dominante del suo tempo, ha scelto liberamente di vivere celibe. Alla sua sequela i discepoli hanno lasciato tutto per compiere la missione loro affidata. Per tale motivo la Chiesa, fin dai tempi apostolici, ha voluto conservare il dono della continenza perpetua dei chierici e si è orientata a scegliere i candidati all’Ordine sacro tra i celibi».

2) Il celibato è una scelta d’amore esclusivo per Gesù, da cui promana l’amore per tutti coloro che Egli ama. È una scelta esclusiva come la scelta di un coniuge, a cui si deve dedicare la propria vita, e da cui promana l’amore per le persone amate dal coniuge. Secondo san Paolo «chi non è sposato si preoccupa [...] come possa piacere al Signore» (1 Cor 7,32). «Piacere al Signore» vuol dire amarLo: infatti l’uomo cerca di piacere alla persona amata. Il «piacere a Dio» del sacerdote, così, ha il carattere della relazione interpersonale degli sposi.

3) Dai passi di S. Paolo si comprende anche che, mediante il celibato, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo possono essere più integrali. Mentre chi non è sposato si preoccupa di come piacere a Dio, l’uomo sposato deve preoccuparsi anche di come accontentare la moglie. Paolo osserva che l’uomo legato col vincolo matrimoniale «si trova diviso» (1 Cor 7,34) a causa dei suoi doveri familiari. La persona non sposata può dedicarsi completamente a Dio. Paolo precisa ancora quando parla della situazione della donna sposata e di quella che ha scelto la verginità o non ha più il marito: mentre la donna sposata deve preoccuparsi di «come possa piacere al marito», quella non sposata «si preoccupa delle cose del Signore» (1 Cor 7,34).
Il cardinal Castrillon Hoyos ha sottolineato la connessione tra l’Eucaristia e lo stato del sacerdote, il quale può «trasformare la propria esistenza sacerdotale in un dono radicale per la Chiesa e per l’umanità, vale a dire assumere una “forma eucaristica”. L’Eucaristia, infatti, costituisce il momento culminante nel quale Cristo, nel suo Corpo donato e nel suo Sangue versato per la nostra salvezza, svela il mistero della sua identità ed indica il senso del ministero sacerdotale». Il sacerdote che amministra l’Eucaristia, che è dono perfetto, deve essere egli stesso dono totale. Anche chi si sposa è chiamato a seguire Gesù in modo radicale, mettendolo al centro di tutte le sue attività e del matrimonio. Ma, obiettivamente, la sua disponibilità non sarà dello stesso tipo di quella del sacerdote, che può esercitare la sua piena dedizione (a Dio e a vantaggio di tutte le anime) in maniera concretamente più ampia.

4) Il legame degli apostoli con Gesù era concretamente vissuto nella forma di una piccola comunità fraterna ed amicale unita intorno a Lui. C. Cochini dimostra che i Padri della Chiesa sono unanimi nel dichiarare che coloro tra gli apostoli che potessero essere stati sposati (nel Vangelo si parla della suocera di Pietro) hanno interrotto la vita coniugale e praticato il celibato. Gli apostoli furono invitati a lasciare tutto, per divenire «pescatori di uomini». La rinuncia ai legami familiari porta a convivere e ad intrattenere una rete di relazioni profonde e costanti con altri discepoli di Gesù. Infatti, la proposta di lasciare la relazione coniugale e le relazioni familiari in genere mira esplicitamente ad assumere altre relazioni interpersonali: quella con lo stesso Gesù, quelle coi compagni della comunità sacerdotale e, poi, con gli uomini.
Inoltre, la fraternità sacerdotale è immagine della comunione trinitaria. Come nei primi secoli dell’era cristiana il vedere come si amavano i cristiani (cfr. At 2,47) era già l’attrattiva più efficace per convertire i pagani, così vedere l’amore nella comunione presbiterale esprime la comunione trinitaria ed attira ad entrarvi. Insomma, parlando del celibato sacerdotale bisogna evitare di intenderlo come una rinuncia all’amore: è la scelta di amare Gesù, gli altri sacerdoti e il proprio gregge.

Nessun disprezzo per gli affetti interpersonali

Quanto detto indica che il celibato non è una rinuncia ai legami familiari che equivalga ad un loro disprezzo a favore di una relazione solo con Dio, non è una condanna delle relazioni umane. Anzi, Gesù ha puntato fin dall’inizio alla costituzione di una comunità di discepoli, vincolati intimamente da una relazione interpersonale profonda e specifica, denominandoli Egli stesso in base alla realtà di tale relazione: «non vi ho chiamati servi ma amici» e «non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13-16).
Il testo sul celibato di san Paolo non vuol dire che il celibe non debba vivere nessun’altra relazione profonda oltre a quella con il Signore. Lo stesso Paolo coltiva relazioni personali di forte amicizia con persone concrete e soprattutto con i suoi diretti collaboratori: Timoteo, Tito, Silvano e Luca. Il «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20), non impedisce, anzi promuove in lui i legami di amicizia più profondi.
E gli Atti degli Apostoli ci presentano un modo di vivere ricco di relazioni umane: gli apostoli si muovevano in gruppi o in coppie di discepoli, stabilendo una serie di legami contraddistinti da amicizia e familiarità. Quanto poi a coloro che si sposano, basta ricordare di nuovo S. Paolo: «Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro» (1 Cor 7,7). Quindi, anche coloro che scelgono il matrimonio ricevono da Dio un «dono», il «proprio dono», cioè la grazia propria di tale scelta, di questo modo di vivere, di questo stato.

È sempre stato così, sia in Occidente che in Oriente
Contrariamente a quanto spesso si pensa, la scelta celibataria della Chiesa risale addirittura agli apostoli. A. Stickler ha dimostrato che fin dall’inizio i sacerdoti erano uomini non sposati, oppure uomini sposati che ricevevano l’ordine sacro e che, da quel momento, col consenso della moglie (che doveva essere mantenuta a spese della Chiesa) si impegnavano alla continenza, a non usare del matrimonio. È vero che presso certi riti orientali ci sono sacerdoti sposati; ma ciò non fa crescere le vocazioni. Infatti, sia presso gli anglicani e i protestanti, sia presso gli ortodossi e gli orientali, l’immagine del pastore sposato o del prete sposato, anziché favorire, sembra rallentare le vocazioni ed in certo senso anche la loro attrattiva vocazionale; anche presso gli orientali la immagine del prete celibe è spesso più attraente. Ad ogni modo, in Oriente i vescovi sono tenuti al celibato, il che indica che c’è un legame fra il celibato e lo stato sacerdotale: infatti, quando un sacerdote riceve l’ordinazione partecipa del sacerdozio del vescovo.
Del resto Stickler dissipa un’erronea convinzione ancor più diffusa, spiegando che la norma sul celibato o sulla continenza vigeva fin dai tempi apostolici anche nella Chiesa d’Oriente. Solo nel 691, al Concilio Trullano, ci fu il cedimento della Chiesa d’Oriente, per l’interferenza degli imperatori di Bisanzio, che ingerivano nelle questioni ecclesiastiche.
D’altra parte, non esiste a tutt’oggi un matrimonio dei preti in Oriente. Quando si parla di “preti sposati” non si parla di sacerdoti che si sposano, ma di uomini sposati che sono ordinati preti: in Oriente come in Occidente non è mai permesso a un prete di sposarsi. E anche in Oriente un prete sposato, se diventa vedovo, non può risposarsi.

© Copyright Il timone, 59/2007

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Omicidio di Messina: I familiari della vittima chiedono giustizia.

(Italpress) "Nessun atto di vessazione, ne' tanto meno di presa in giro, e' mai stato posto in essere da Stefano ai danni del suo assassino. E cio' in ragione della nota mitezza caratteriale del caro Stefano". Ad affermarlo in una nota sono i familiari di Stefano Salmeri, 25 anni, il giovane centrocampista ucciso, sabato notte, dopo una lite, in una sala giochi di Falcone, nel messinese.

"In questo momento di dolore inconsolabile e di tristezza senza fine, avvertiamo la necessita' di precisare che le notizie riportate da una parte della stampa, relative al presunto movente del grave fatto di sangue perpetrato ai danni del nostro congiunto sono destituite di ogni fondamento": scrivono nella nota i familiari, che si dicono "pur consapevoli che dette notizie scaturiscono essenzialmente dalle dichiarazioni rese dall'omicida nell'immediatezza dei fatti".

"In ogni caso, fermo restando che nessun motivo puo' nemmeno lontanamente giustificare o mitigare la gravita' del fatto compiuto, attendiamo - concludono i familiari - gli sviluppi dell'inchiesta, nella speranza che la stessa renda giustizia al nostro Stefano nel piu' breve tempo possibile".

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Il PD pensa al futuro: il Grande Centro.


Ad urne ancora aperte (quelle delle primarie), già si delinea il futuro del PD.

Infatti l’UDC cinguetta all’idea di aggregarsi al centro con il PD ed ovviamente fa i primi passi. Inizia chiedendo chiarimenti:

l leader dell’Udc Pierferdinando Casini saluta con favore la partecipazione alle primarie del Partito democratico ma chiede al segretario in pectore Walter Veltroni di chiarire “se sta con la sinistra estrema o con i moderati e con i riformatori”

[…]

Quando le gente vota è sempre un fatto democratico. Ma questo partito dovrà chiarire se sta con la sinistra estrema o se sta con i moderati e i riformatori. Veltroni dovrà dirci se sta con i 300.000 studenti che dicono no agli esami di riparazioni o con il ministro Fioroni che chiede più merito nella scuola; se sta con chi vuole cambiare il protocollo Welfare o con chi ha fatto la legge Biagi. Sono quesiti fondamentali. Senza queste risposte - osserva - ci sono solo buone intenzioni.
Chiarissimo, no? Noi siamo disponibili,ma scrollatevi di dosso ’sta sinistra. Tanto siete già avanti con il lavoro, viste le ultime scelte.

E Cesa indica anche la via d’uscita:

“Si è firmato un protocollo, si sono fatte votare milioni di persone poi si cambia l’accordo. Mi sembra che la sinistra estrema - osserva a margine del terzo congresso regionale dell’Udc lombarda- ancora una volta condizioni questo Governo, i moderati di questa coalizione contano veramente poco”.

Secondo Cesa “il Governo è ogni giorno a rischio: non penso che una coalizione che abbiamo dentro democristiani e no global possa coesistere”.
Bene, il quadro è chiaro. Si fa cadere il Governo da destra incolpando la Sinistra.

Sgobio (Pdci) fa notare:

Questa sera, quando Walter Veltroni sarà eletto con ogni probabilità leader del Pd, nascerà ufficialmente un “nuovo partito moderato” e i Ds “abbandoneranno definitivamente le loro radici”.
Due milioni di compagni, quindi, stanno in queste ore seppellendo ciò che resta del più grande partito della Sinistra italiana. E’ un giorno triste.

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Festa nel lager naziskin a Dachau.

Giovani da Bolzano nei campi di concentramento SS, per gridare ‘Sieg heil’.
O per farsi ritrarre con l’accendino sotto le immagini delle sinagoghe bruciate.
In esclusiva le foto del ‘turismo dell’Olocausto’.


(Paolo Tessadri - L'Espresso) Sono l’avanguardia dell’orrore, quella capace di superare ogni limite. Nazisti pronti all’insulto più estremo, all’oltraggio di qualunque memoria. Eccoli, fare il saluto hitleriano davanti al cippo che ricorda il forno crematorio di Dachau. Mettersi in posa compiaciuti accanto a quella scritta agghiacciante ‘Arbeit macht frei’ sul cancello che migliaia di ebrei hanno varcato una sola volta. Poi mostrare le loro magliette con le machine-pistol usate dai guardiani per abbattere chi non obbediva ciecamente agli ordini. E sfoggiare le t-shirt con la sagoma delle SS davanti al monumento ispirato dall’intreccio dei corpi scheletrici nelle fosse comuni. Istantanee di una gita che incenerisce i confini della decenza, scattate per renderle oggetto di culto tra i camerati, come per dimostrare un primato ideologico: avere inneggiato al führer del Terzo Reich nel luogo dove l’Olocausto venne concepito. Dachau, a pochi chilometri da Monaco di Baviera, è il primo lager, quello in cui furono rinchiusi gli ebrei catturati nella ‘Notte dei cristalli’ e gli oppositori del regime, quello usato per sperimentare il genocidio.

Le foto che ‘L’espresso’ pubblica in esclusiva sono state sequestrate dai carabinieri del Ros di Bolzano durante un’inchiesta sui naziskin altoatesini. Erano conservate da alcune delle persone ritratte, che le esibivano con orgoglio ai loro accoliti. I sette camerati ripresi nelle immagini hanno patteggiato condanne comprese tra 12 e 30 mesi di carcere: l’ultima sentenza risale a poche settimane fa. Ma ai fini della pena questo reportage incredibile non ha avuto effetti: per il codice penale italiano il turismo dello sterminio non ha rilevanza. Nemmeno la legge Mancino, quella creata nel 1991 per porre freno all’ondata montante di razzismo, ha ipotizzato un tale baratro di disprezzo. Il procuratore capo Cuno Tarfusser e il pm Axel Bisignano nel sostenere l’accusa contro la banda di gitanti a Dachau non hanno potuto far pesare quello sfregio alla Memoria. Eppure il fenomeno dei tour nazisti è in crescita costante: dai luoghi hitleriani classici si passa sempre più spesso a incursioni antisemite. Che precipitano dalla goliardia alla vergogna.

Come definire altrimenti la foto, sequestrata dal Ros nella stessa operazione, che ritrae i due naziskin con l’accendino in mano sotto la lapide che ricorda la prima sinagoga incendiata in Germania durante la ‘Notte dei cristalli’? In quella vacanza a Potsdam, in Brandeburgo, nel luogo del primo assalto delle camicie brune, la formazione è la stessa. Sono sette italiani dell’Alto Adige, inquadrati come militari, capeggiati dal ‘comandante’ Armin Sölva e dal suo vice Christoph Andergassen. Hanno dai 18 ai 26 anni e nonostante le sentenze restano a piede libero.

L’organizzazione di Sölva e Andergassen è la Südtiroler Kameradschaftsring per la lotta di liberazione del Sudtirolo, con tanto di statuto messo nero su bianco: tra gli obiettivi, l’istigazione all’odio razziale e la venerazione di Hitler e ai suoi gerarchi. Una fede malvagia celebrata, secondo i risultati delle indagini, con minacce, pestaggi e devastazioni. Che li trasforma nell’avanguardia di una rete nera che attraversa l’Europa e che vede sfilare fianco a fianco camerati di ogni paese, spesso divisi da questioni etniche, come accade tra sudtirolesi e italiani, ma pronti a fare fronte comune con il braccio teso.

Identici gli slogan, testimoniati anche dalle magliette indossate nel lager bavarese. In una foto si vede Armin Sölva inginocchiato, mani giunte in atto di ringraziamento per lo sterminio, nella cappella che ricorda i 3 mila sacerdoti cattolici deportati. In un’altra, due camerati entrano nell’edificio centrale del campo dove è allestita la mostra sul Terzo Reich e in tenuta da skinheads posano sorridenti davanti alla grande scritta SS. Altri due compaiono vicini a una celebre frase della propaganda del Reich: ‘Unsere Letzte Hoffung. Hitler’ (la nostra ultima speranza: Hitler). Indossano t-shirt con l’immagine di un soldato tedesco e di supporter di estrema destra, sempre dentro il campo di Dachau. Poi di spalle, piegati, con l’immagine di un mitragliatore su una t-shirt e sull’altra la scritta ‘Siamo dei criminali convinti’, spingono giù il cippo di marmo eretto dove sorgevano i forni crematori. In un’altra immagine due del gruppo si mettono davanti al muro di cinta, sono ai lati di un cartello che indica la linea oltre la quale le guardie sparavano sui deportati:
si immedesimano negli aguzzini degli ebrei.

Il lager, un monumento che dovrebbe essere tutelato in nome dell’intera umanità, appare incustodito. Nessuno ferma questi giovani altoatesini dal look inconfondibile. Si sono mossi indisturbati per ore, padroni del campo di sterminio dove non è stato nemmeno possibile stabilire un bilancio del massacro: dei 206 mila reclusi registrati, almeno 43 mila persero la vita. Ma si ritiene che molti deportati non venissero segnati nella contabilità del genocidio e che negli ultimi mesi del 1945 malattie e denutrizione fossero più letali delle SS: gli americani scoprirono 39 vagoni ferroviari colmi di cadaveri spettrali. Un inferno, che adesso serve come fondale per le foto-trofeo dei ‘figli del Führer’.

Le trasferte in Germania e in Austria del gruppo altoatesino non servono solo per il turismo dell’orrore: sono fondamentali per consolidare i legami con le altre formazioni di estrema destra. I carabinieri dei Ros hanno infatti scoperto rapporti con almeno tre gruppi tedeschi e due austriaci con sede a Innsbruck, Vienna, Linz, Dresda, Berlino, Monaco e Norimberga. In una foto Sölva e Andergassen sono nella sede della Npd, il partito tedesco di estrema destra, con due rappresentanti del movimento politico berlinese: uno di questi è lo stesso uomo che ha accompagnato Sölva a Potsdam e che forse ha fatto da guida turistica nei lager.

È in questi raduni che si saldano anche i rapporti fra i neonazisti altoatesini di lingua tedesca e quelli italiani. A Passau, nella manifestazione per ricordare Rudolf Hess, l’enigmatico delfino di Hitler diventato uno dei miti nazisti, hanno marciato insieme. In una foto si vede in primo piano il gruppo di altoatesini e dietro sfilano gli aderenti al Fronte Veneto Skinheads, oggi rappresentati da Giordano Caracino, 28 anni. Secondo i rapporti dei carabinieri, nel marzo 2006 a Braunau am Inn, paese natale di Hitler, giovani del Fronte Veneto e naziskin da Roma, Verona, Trieste hanno sfilato e gridato slogan dentro un capannone: “Siamo tutti figli del Führer e discepoli del Duce”. Erano presenti anche gli skinheads dei Braunau Bulldog, che nel 2005 fecero una gita a Mauthausen e dopo se ne andarono in una pizzeria a festeggiare: in Austria lo scandalo diventò un caso politico. Ma il loro gesto è diventato un modello da imitare, anche per i bolzanini. Che nelle istantanee posano davanti al cippo del forno crematorio di Dachau, dove una scritta invita alla riflessione: ‘Pensate a come noi morimmo qui’. E loro invece alzano il braccio e gridano ‘Sieg heil!’.

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Urban Legends.

(Televisionando) Al via lunedì 15 ottobre in seconda serata su Italia 1 Urban Legends, le leggende metropolitane raccontate e ricostruite dall’ ex iena Andrea Pellizzari.

Andrea Pellizzari segue quindi l’esempio di Gip e si avvia alla conduzione di un programma tutto suo dopo aver portato l’eccentrico Mr Brown ne Le Iene per anni si troverà adesso a parlare di leggende metropolitane. Urban Legends si occuperà infatti di raccontare attraverso interviste e ricostruzioni dei fatti le cosidette “leggende metropolitane”, quei fatti che pur sembrando reali sono in realtà frutto della fantasia della gente e del passaparola ma anche quelli che vengono scambiati per semplici leggende metropolitane e invece sono realmente accaduti. In ogni puntata di Urban Legends verranno raccontate sei storie, il telespettatore da casa avrà il compito di indovinare le due storie vere distinguendole dalle semplici leggende. Al fianco Andrea Pellizzari un volto nuovo della televisione, Regina Fioresi, 22enne brasiliana. Appuntamento a partire dal 15 ottobre ogni lunedì in seconda serata su Italia 1.

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Preti gay: Gianni Vattimo "Nella chiesa ci vorrebbe una maggiore tolleranza."

"Ho tanti racconti di giovani ragazzi che si prostituiscono e fanno gli amanti di vescovi".

(Il Corriere della Sera) Gianni Vattimo ha sentito del monsignore sospeso?
«Beh, se ne è andato a parlarne in tv, accidenti...».

Come ha reagito alla notizia uno come lei, che è filosofo, credente e anche omosessuale?
«Vorrei una maggiore tolleranza da parte della Chiesa verso i preti gay».

Ce ne sono molti di preti omosessuali secondo lei?
«Direi».

Direbbe o dice?
«Dico. Perlomeno dalla mia esperienza di confessioni anche epistolari e di racconti.
Come quel monsignore romano che..».

Che?
«Mi ha raccontato che ci sono molti piccoli prelati che si iscrivono all'Arcigay con nomi falsi per potere avere gli sconti nelle saune. E poi...».

Poi?
« Ho tanti racconti di giovani ragazzi che si prostituiscono e fanno gli amanti di vescovi».

A lei è mai capitato di avere a che fare con i preti?
«Mai. Né da grande né da ragazzino. E dire che quando ero ragazzino frequentavo tutte le sagrestie».

Ha mai subito avances o molestie da parte di qualche prete?
«No. Dovevo essere piuttosto bruttino, evidentemente.
Se mi fosse successo non me ne lamenterei, comunque».

Chiede tolleranza verso i preti gay?
«Verso i gay, in generale. Del resto nell'Antico testamento il divieto di giacere con un essere dello stesso sesso è equiparato al divieto di mangiare orbettini».

Orbettini?
«Sì, serpentelli. Ha mai visto la Chiesa schierarsi in una campagna contro i serpentelli?».

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Droga, sesso e ricatti: serial con l’ex Friends.

Stasera debutta su La7 il telefilm che ha fatto discutere gli Usa. Courteney Cox, da ragazza ingenua a cinica giornalista in «Dirt», ritratto spietato del mondo dello spettacolo.

(Chiara Maffioletti - Il Corriere della Sera) A chi era abituato a vederla in Friends, la metamorfosi sembrerà abissale. Perché della Courteney Cox amica della porta accanto, ingenua e sbarazzina come lo è stata per dieci anni nella serie che l’ha fatta conoscere in tutto il mondo, qui non rimane proprio nulla. In Dirt (Sporcizia), la dolce Monica è stata fagocitata dalla spietata Lucy: una cinica giornalista che, superati da poco i quarant’anni, è devota soltanto alla carriera. Affascinante direttrice di due celebri riviste scandalistiche, Dirt e Now, e temutissima da tutte le più grandi star del jet set internazionale, Lucy Spiller trae le sua massima soddisfazione nello scovare scandali da piazzare in prima pagina. E lo fa senza scrupoli né ripensamenti, archiviando gli scatti particolarmente scabrosi solo per poter ricattare le malcapitate quanto potenti vittime del teleobiettivo.

La prima stagione della serie, al via in Italia a partire da questa sera, su La7, alle 23.30, può già vantare un nutrito numero di appassionati in America (è andata in onda sul canale Fx, lo stesso di Nip/Tuck) ma anche nel Regno Unito e in Nuova Zelanda. Le atmosfere glamour e sofisticate ricordano Sex and the City mentre il cinismo giornalistico colorato di rosa pare una sorta di Il Diavolo veste Prada a episodi. Anche se di «rosa» rimane in effetti decisamente poco: nella serie le tinte si fanno sempre più scure, annebbiate da sconvolgenti intrighi e da meschini sotterfugi volti a smascherare, implacabilmente, tutti i vizi del patinato mondo dello spettacolo. Droga, sesso e tradimenti compresi. Come nel primo episodio, dove Lucy incarica un suo fotografo di immortalare un famoso giocatore di basket (pubblicamente devoto padre e marito) mentre fa sesso con una prostituta (ingaggiata dalla stessa giornalista), così da poterlo ricattare in futuro. «Sono convinta che la realtà non sia molto diversa da così» aveva dichiarato l’attrice, che è anche produttrice della serie.

E come darle torto? I torbidi meccanismi che si possono celare dietro uno scoop sono ormai meno oscuri un po’ per tutti dopo lo scandalo Vallettopoli e i rimandi a un simile universo, anche se d’Oltreoceano, sono molti e evidenti. Un universo che si nutre delle debolezze altrui, dei vizi, dei segreti più scabrosi che, una volta arrivati nelle tentacolari mani di Lucy, diventano merce di scambio, per così dire, con cantanti e attorucoli pronti a vendere le più inquietanti verità su amici e colleghi in cambio di un servizio o di una copertina. Ma cosa pensano gli altri ex coinquilini del gruppo di Friends, abituati ad un soffice e spensierato umorismo, di una simile virata da parte della collega? «Loro amano questa serie — ha giurato l’attrice — ne sono subito diventati fan al punto da chiedermi di continuo anticipazioni. Jennifer (Aniston, ndr) in particolare ».

E proprio con la bionda amica, special guest nell’ultima puntata della prima serie, ha dato vita a una scena già diventata cult: un bacio saffico tra le due attrici. Sette secondi che, grazie ad internet, hanno fatto il giro del mondo. Quasi a dare definitivamente l’addio all’immagine fragile e candida che caratterizzava l’attrice. E ad aggiungere un nuovo ingrediente piccante al sesso estremo, al cinismo, ai ricatti, alla droga e alle paparazzate senza scrupoli. Tutte cose che, solo qualche mese fa, il grande pubblico nostrano ha dimostrato di apprezzare oltremodo.

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Teatro/ Roberto Saviano porta sul palco la sua "Gomorra". E ne diventa protagonista.

C’è un gran trambusto sulle tavole sgombre del palcoscenico. Le prove sono in corso, quasi un traguardo dopo mesi di avoro preparatorio. La responsabilità è di quelle che fanno tremare le gambe, un’emozione viscerale, tesa e densa. Portare a teatro “Gomorra”, caso editoriale dello scorso anno sul “sistema camorra” firmato da Roberto Saviano, è un lavoro da togliere il sonno. La sfida l’ha raccolta Mario Gelardi, regista e drammaturgo napoletano 40enne, che il prossimo 29 ottobre debutterà con questo testo al Teatro Mercadante di Napoli, e girerà per l’Italia fino al 3 febbraio.
Siamo partiti alla grande perché il primo giorno è venuto a trovarci Roberto Saviano che con me firma il testo – racconta Gelardi nel suo blog -. Roberto ha parlato con la compagnia più di tre ore, infondendo energia a tutti. Siamo un gruppo numeroso e dalla personalità impegnativa. Il lavoro è appena iniziato”.

Riadattato per la scena a quattro mani proprio da Mario Gelardi e Saviano, amici di sempre, lo spettacolo propone “un gioco di specchi tra quello che è il frutto della fantasia del lettore e la necessità del drammaturgo-regista – recita un comunicato-: la capacità di rielaborare, secondo un tessuto comunicativo che nasce dall’esperienza, quella musica-suono che è il napoletano-lingua, scrittura di una letteratura del quotidiano”.

Ma lo spettacolo avrà anche qualcosa in più: dopo aver scelto cinque personaggi fra i più forti, Gelardi, vedendo trasformarsi man mano la vita di Roberto dopo la pubblicazione del libro (che ha venduto 800 mila copie nel mondo), gli ha proposto di inserire nel testo un sesto personaggio, ovvero lui, proprio Saviano, l’autore. “Vorremo riuscire a raccontare il vero Roberto Saviano al di là degli articoli, al di là delle battaglie. L'uomo".

Le sfide, però, si sono susseguite a catena nella elaborazione del testo. La prima, rivela Gelardi, “è stato andare oltre i confini del testo letterario, per “riuscire a dare ai personaggi una personalità, un'anima, un'emotività che nel testo originale, per ovvi motivi, non c'è”. Seconda sfida, quella di mettere insieme con Roberto, passi diversi rispetto al libro “di andare oltre la parte di reportage e di accentuare quella del romanzo”.

Un lavoro duro, a tratti tormentato, confessa il regista, sia per la condizione di Saviano, eternamente sotto scorta, sia per quel gran senso di disagio che un affresco feroce come “Gomorra” lascia in ogni buon cittadino napoletano. Ma un desiderio campeggia al di sopra di tutto per il regista: che lo spettacolo generi un immaginario di “Gomorra” nel pubblico, legato al teatro, “vorrei che vedesse i personaggi con le facce degli attori che ha visto in scena”.

Paola Simonetti

“Gomorra”
di Mario gelardi e Roberto Saviano
Teatro Mercadante di Napoli
29 ottobre 2007

Le date della tournée:
29 ottobre-18 novembre - Napoli, Teatro Mercadante
23 novembre - Potenza, Teatro Francesco Stabile
24-25 novembre - Bari, Teatro Kismet
27 novembre-8 dicembre - Roma, Teatro Valle
9 dicembre - Spello (Perugia), Teatro Subasio
11 dicembre - Scandiano (Re), Teatro Boiardo
12-16 dicembre - Prato, Teatro Fabbricone
18-19 dicembre - Pordenone, Teatro Comunale - Sala prove
9 gennaio - Como, Teatro Sociale
10 gennaio - Rivoli (To), Teatro Don Bosco
11 gennaio - Moncalieri (To), Teatro Civico “G.Matteotti”
12 gennaio 2008 - Biella, Teatro Sociale “Villani”
15 gennaio - Grottammare (Ap), Teatro delle Energie
17 gennaio - Buti (Pi), Teatro Francesco di Bartolo
18 gennaio - Pescia (Pt), Teatro Pacini
19 gennaio - Parma, Teatro delle Briciole
20 gennaio - Fiorenzuola D’Arda (Pc), Teatro Municipale Giuseppe Verdi
22 gennaio - Marghera (Ve), Teatro Aurora
24 gennaio - Sinalunga (Si), Teatro Comunale “Ciro Pinsuti”
26 gennaio - Senigallia (An), Teatro La Fenice
30 gennaio - Piano di Sorrento (Na), Teatro delle Rose
2-3 febbraio - Salerno, Teatro Diana

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Torna stasera "Parla con me".

(Tvblog) Stasera, 14 ottobre, e per le 25 domeniche a venire, Serena Dandini torna su RaiTre con Parla con me, programma satirico giunto già alla sua quarta edizione. Al suo fianco ancora una volta l’irriverente comico Dario Vergassola, che proporrà delle contro-interviste ai personaggi che interverranno e dei siparietti divertenti col suo tipico stile ricco di doppi sensi.

Faranno parte della squadra anche Andrea Rivera, l’attore e cantante, ex artista di strada, che interverrà “citofonicamente”, la Banda Osiris, particolare band vercellese che proporrà musica live, con grandi classici della musica rivisitati in chiave particolare e Ascanio Celestini con le sue “inchieste da fermo”.
Ospite fisso delle prime 10 puntate di questa quarta edizione sarà Neri Marcorè, che oltre agli ormai noti Ligabue (che ha fatto un certo scalpore) e Fassino, ha già pronti dei nuovissimi personaggi che presenterà in anteprima proprio a Parla con me.

Ospiti della prima puntata saranno Gianrico e Francesco Carofiglio, autori della storia a fumetti “Cacciatori nelle tenebre” e l’attore Valerio Mastandrea.

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L'intervista/ “Stella e Rizzo denunciano la casta? Da che pulpito…”.

(Mauro Scarpellini - Libero.it)“Chi lo dice che la corporazione dei giornalisti ha meno privilegi di quella dei politici?”. Per Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze delle Comunicazioni alla Sapienza di Roma, “I giornali devono smettere di essere collaterali alla politica. Va inaugurato un nuovo modello di indipendenza”. Anche l’Università è correa? “No, siamo più indipendenti di altri, anche se non riusciamo a giustificare il nostro ruolo”.

Morcellini, cosa sta accadendo. L’esplosione della crisi della politica sembra portarsi dietro anche quella dei media. Viene da dire simul stabunt simul cadunt…
"Guardi, la crisi dei media ha responsabilità persino maggiori a quelle della politica, anzi trascina con sé anche la crisi della politica. In Italia negli ultimi decenni lo sviluppo del modello della politica che punta sulla comunicazione si è rilevato una trappola, non ha aumentato la trasparenza, non ha ridotto le distanza tra potere e società. Al contrario ha fatto emergere elementi di arretratezza, quasi caricaturali, del mondo politico. C’è un evidente simmetria tra crisi della politica e crisi della stampa, in Italia si è determinato un campo giornalistico spesso afflitto da collateralismo rispetto alla politica, i giornali non si presentano ai lettori con una rappresentazione indipendente".

Va però detto che proprio da due giornalisti della carta stampata è partito l’attacco alla casta dei politici, mi riferisco a Stella e Rizzo...
"Due giornalisti famosi scrivono un libro sulla politica titolandolo “La Casta”, come se loro sino ad oggi fossero vissuti in un altro mondo. Chi lo dice che la corporazione dei giornalisti ha meno privilegi di quella dei politici? In questi giorni un giornale di Roma ha attaccato un direttore amministrativo sostenendo che non è laureato, dimenticandosi però di aggiungere che il 50% dei giornalisti italiani non ha la laurea. Va aggiungere un’altra cosa…".

Prego…
"In una situazione di incertezza come quella odierna saltano anche i vecchi equilibri di collateralismo, adesso sono i giornali a criticare i politici, gli stessi che sino a sino a ieri erano al seguito".

Lei ha qualche idea per uscire da questo avvitamento?
"Questo nuovo clima può anche segnare una svolta di trasparenza, ma non deve rimanere il frutto di una stagione, bensì diventare un modello di indipendenza. Oggi ci sono solo le premesse. Anche la politica deve rendersi conto che le alleanze sociali su cui ha contato sino ad oggi stanno saltando, solo un radicale rinnovamento può salvarla, ecco perché i nuovi partiti arrivano al momento giusto".

Stampa, tv, politica, tutti in crisi. Alla lista lei aggiungerebbe anche l’Università?
"La stampa ce l’ha spesso con l’Università, ma nei fatti è un luogo più indipendente dalla politica rispetto ad altri settori della società".

Tanti sostengono il contrario…
"E sbagliano, perchè non provano quello che dicono. Quello che è recentemente uscito sui test di Medicina è certamente vero, ma per 15 anni nessuno ha mai scritto nulla su queste cose, segno che tutto sommato esisteva una fisiologia del sistema".

Però non può non ammettere che il vostro ruolo è spuntato…
"Questo è vero, in parte per colpa degli stessi professori e in parte per una cattiva comunicazione".

Detto brutalmente, mi dia una ragione per la quale i contribuenti devono continuare a mantenere voi docenti…
"Perché un servizio come l’Università serve al futuro del paese. Purtroppo non riusciamo a giustificare questo ruolo fino in fondo. Abbiamo una ricchezza che non riusciamo a trasferire alla società".

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Moda e Danza in mostra a Palazzo Strozzi e al Teatro Comunale di Firenze.

(Balletto.net) In occasione di ControModa, l'esposizione allestita a Palazzo Strozzi dal 12 ottobre al 20 gennaio, presso il Foyer del Teatro Comunale di Firenze saranno in mostra i costumi e i bozzetti realizzati per il Maggio Musicale Fiorentino da Jean Paul Gautier, Karl Lagerfeld e Cesare Fabbri.
In particolare saranno visibili i figurini realizzati nel 1998 da Gautier per Pinocchio di Karole Armitage e i costumi del 2005 di Giulietta e Romeo di Giorgio Mancini, entrambi creati per due nuove coreografie della compagnia del MaggioDanza.

Inoltre, presso Palazzo Strozzi, tra i duecento abiti in mostra provenienti dalla collezione permanente del County Museum of Art di Los Angeles (LACMA), sarà possibile per i visitatori indossare gli abiti realizzati da Issey Miyake per il Frankfurt Ballet, provenienti dalla collezione di William Forsythe, in una sorta di laboratorio-installazione che integra i percorsi, nati dalla suddivisione in quattro sezioni (costruzione, forma, materiali, concetto), della mostra dedicata alla memoria dello stilista Gianfranco Ferré.

Infine, la collaborazione fra il Maggio Musicale Fiorentino e Palazzo Strozzi prevede anche agevolazioni: gli spettatori del Teatro potranno visitare la mostra di Palazzo Strozzi pagando un biglietto d'ingresso a prezzo ridotto (8,50 € anziché 10, solo 4 € per i giovani possessori di MaggioCard), mentre chi visita ControModa potrà ottenere il 50% di riduzione sui biglietti per tutti i concerti, e il 15% sull'abbonamento invernale.

(nella foto Pinocchio, coreograie di Karole Armitage, costumi di Jean-Paul Gautier, Compagnia del MaggioDanza)

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Le feste più trasgressive di Halloween 2007 a Milano.

(Pianeta.com) La notte del 31 ottobre 2007 sarà spettacolare a Milano. La città meneghina è già in fermento e i locali di tendenza si stanno addobbando a dovere perchè anche l'Halloween 2007 sia una grande successo.

Da dove iniziare?
Il portale MilanoNotte.it presenta più di 30 locali e discoteche milanesi dove festeggiare con la propria ragazza o con gli amici i party di Halloween. Ce n'è per ogni palato.

Prima di andare a cena
Il pre-party del 31 ottobre a Milano inizia dal Bar Magenta, il noto storico locale che ogni giovedì si anima con le bariste scatenate in piedi sul bancone in stile Coyote Ugly, che per l'occasione proporrà molte sfiziosità a tema. L'impresa sarà trovare posto.

Cena a tema con buona musica
Spostandoci dal Bar Magenta, che è in zona Castello Sforzesco, in macchina in direzione nord a circa 5 Km troviamo il Fermento Art & Pub. Qui la notte delle streghe inizierà con un menu a base di fantasmini di purè, mummie gustose, e un'altra portata di antipasto a sorpresa, bis di risotti alla zucca e al nero di seppia, poi le ali di pollo pipistrello e un altro secondo, roastbeef, naturalmente i contorni, per dolci i biscotti di Halloween, una fetta di sacher torte e bevande. Dopo la cena stregata si inizia con buona musica e si percorre il periodo dagli anni 70, passando per gli 80 e arrivando ai 90. Il dj Hamakira e il percussionista Farci allieteranno questo party di Halloween.
Ingresso e cena 29 Euro.
www.fermentoaep.com

Serata alternativa per il popolo dark
Per il popolo dark, amante del gothic style, l'appuntamento è al Black Hole, discoteca a pochi passi dal centro della capitale del Nord, dove a partire dalle ore 22.00 la Sala Rossa si animerà di strani figuri che daranno il via al party di Halloween trasgressivo della Milano 2007 che andrà avanti fino alle 5 di mattina del giorno successivo. Due le band che saliranno sul palco e a partire dai 12 rintocchi della campana di mezzanotte, 7 dj intratteniranno con sonorità che andranno dal Dark e Gothic fino all'Alternative e New Wave.
Il programma non svela cosa accadrà a mezzanotte, un spaventoso "aspettatevi di tutto" campeggia sui flyers. Immaginiamo che tra streghe, fantasmi, vampiri e denomini, ci sia spazio anche per altri personaggi inquietanti in questa notte delle streghe.
Black Hole Milano su MySpace

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In difesa di Tommaso Stenico.

(Luigi Accattoli) Io difendo tutti e dunque difendo Tommaso Stenico, il capo-ufficio della Congregazione per il clero che un video pirata ha inchiodato come prete-omosessuale-della curia-romana. Primo argomento della mia difesa: chi è senza peccato scagli le pietre. A me questo compito non spetterà mai, so io perchè. Secondo argomento: gli sono amico, ha partecipato a mie tragedie, io ora partecipo alla sua. Un poco alla cieca,certo, ma consapevole di quello che faccio. Sono quasi sicuro che non verrà creduto e verrà radiato. E ancor più questa quasi certezza mi muove a essergli solidale. Egli sostiene d’aver preso quell’appuntamento per indagare su come vengono adescati i preti nella piazza gay. Gli credo perchè se voleva trovarsi un partner che bisogno aveva di specificare che era un prete? Doveva invece dirlo se voleva studiare le mosse di chi - secondo la sua veduta - “punta” i preti. Io non credo che vi sia un complotto contro i preti per danneggiare la Chiesa smascherandoli sul comportamento sessuale. Io credo che sia quasi inevitabile la debolezza del clero - come di ognuno - sul sesso e mi pare che Giovanni Boccaccio basti a documentare che in epoca cristianissima quella debolezza era lampante. La mia gente campagnola delle Marche su una cosa era arcisicura: che il prete insidiava donne e ragazzi. Dunque non credo ai complotti, ma non faccio nessuna difficoltà ad ammettere che vi abbia potuto credere un monsignore della Curia: li frequento da più di trent’anni e so qualcosa di quanto siano creduli e increduli. Dicevo che propendo a pensare che non gli crederanno e lo cacceranno. Diranno a se stessi: se l’ha fatto per libidine va cacciato; se l’ha fatto per studiare ecc. va cacciato lo stesso perchè ha danneggiato la Chiesa. Ma a me sta a cuore l’uomo e la sua sofferenza e dunque difendo l’indifendibile. “Forse era ver ma non però credibile” dice l’Ariosto (I, 56) di Angelica che asseriva d’aver conservato “il fior virginal” pur avendo percorso vasti continenti, dal Catai alla Spagna. Io di Tommaso Stenico dico: quello che afferma non appare credibile, ma forse è vero.
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La risposta di Gianluca Barile, direttore di "Petrus".

Gigi, già che ci sei, allora difendi anche me: sono stato accusato da alcuni “illuminati” di aver dato il nome del Monsignore in pasto alla stampa senza alcun rispetto per la sua persona…ma in fondo credo solo di aver fatto il mio lavoro.

Sai bene che la notizia riguardante Monsignor Stenico circolava da giorni ed io mi sono sempre rifiutato di pubblicarla, benchè mi fosse valsa un’esclusiva.
Quello che penso sulla vicenda l’ho scritto nell’editoriale di Petrus che riporto in coda a questo commento.
Aggiungo solo una cosa: bisogna pregare per Monsignor Stenico, che sia “colpevole” o innocente, necessita delle nostre preghiere. L’ho sentito qualche ora fa al telefono ed era molto provato. Davanti al dolore umano, non mi faccio troppe domande e rammento a me stesso che sono un grandissimo peccatore.

Ecco l’editoriale:

CITTA’ DEL VATICANO - Il Direttore di un quotidiano, sia esso di carta stampata o Internet, ha il dovere di assumersi delle responsabilità. E’ toccato a me, quindi, comunicare già martedì scorso a Monsignor Tommaso Stenico che la sua collaborazione con “Petrus” (che era gratuita e si basava sul fatto che avevamo avuto il suo consenso a pubblicare gli editoriali riportati nel suo blog) era sospesa a causa del suo coinvolgimento nell’inchiesta giornalistica condotta dalla trasmissione “Exit” de “La7”. Un coinvolgimento palese considerato che malgrado il camuffamento del viso e della voce, anche in Vaticano, i suoi stessi superiori, lo hanno riconosciuto e identificato in quel sacerdote che, ripreso da una telecamera nascosta, incurante dei pericoli ed irrispettoso del luogo e dell’abito che indossava, portava nel suo ufficio un giovane conosciuto in una chat room a luci rosse per tentare di consumare un rapporto sadomaso che poi - grazie a Dio - non c’è stato. Monsignor Stenico sostiene che si trattava di un esperimento, che è stata una leggerezza e che il suo era solo il tentativo di scrivere un libro per denunciare l’omosessualità nel clero. Sospendiamo il giudizio: solo lui conosce la realtà dei fatti. Ma ancora oggi, più forti che mai, risuonano nella nostra mente le parole dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger alle meditazioni per la Via Crucis del 2005: “Signore, la tua Chiesa è una barca che affonda…quanta sporcizia nella tua Chiesa!”. Dunque, non è nostra intenzione insediare tribunali mediatici ed emettere sentenze; anche perché ben sappiamo che un giorno saremo giudicati con lo stesso rigore, o la stessa misericordia, con cui abbiamo giudicato in vita. Ma lo stesso Monsignor Stenico converrà con noi sul fatto che - se le cose stanno diversamente da quanto lui sostiene - sia stato oltremodo scandaloso, vergognoso, ignobile, blasfemo, demoniaco che abbia tentato di consumare un rapporto sessuale - lui che ha fatto promessa di castità - non solo tra le pareti che lo hanno chiamato a santificarsi per il bene della Chiesa, ma addirittura nel luogo simbolo della Cristianità, il Vaticano, laddove Pietro è andato incontro al martirio e da dove continua a parlarci ogni giorno per bocca dei suoi Sommi successori. «Mundamini, qui fertis vasa Domini» - Purificatevi, voi che portate i vasi sacri del Signore: queste parole del profeta Isaia (Is. LII, 11) tornano alla mente come un monito e come un richiamo alla santità richiesta a quanti sono insigniti dell’Ordine sacro. Un monito che nell’antico Pontificale veniva rivolto dal Vescovo all’ordinando Diacono, ricordandogli che se sino ad allora non aveva saputo essere «ab omni illecebra carnis alienus», estraneo ad ogni peccato della carne, lo diventasse almeno a partire da quel momento, visto che nel sacro ministero quell’uomo diventa cooperatore della Consacrazione, della quale sarà poi protagonista nel Sacerdozio. Eppure in quelle stesse tremende parole del Pontificale si trova una luce di grande umanità: la consapevolezza che il Sacerdote è pur sempre un uomo, ferito come tutti dal vulnus del peccato originale e come tutti sottoposto alle seduzioni del mondo, della carne e del demonio. La liturgia glielo fa ripetere molte volte: più il suo ministero richiede la potenza divina, più il ministro si confessa «indignus», chiedendo a Dio di sopperire alle miserie della natura umana con la Sua grazia. È quella stessa umanità che sa condurre al confessionale anche i Sacerdoti, i Vescovi, i Principi della Chiesa e lo stesso Romano Pontefice, poiché nessuno è esente da colpa sinché è pellegrino in questa valle di lacrime. Il riconoscersi peccatori non dev’essere inteso tuttavia come una sterile presa d’atto di uno stato di colpa, quasi a voler legittimare le proprie cadute o addirittura ad attribuirne la responsabilità a Colui che pur volendoci santi ci ha lasciato alla mercé delle tentazioni: l’atto umile del «mea culpa» ed il ricorso fiducioso all’aiuto di Dio dev’essere sprone a migliorarsi, a crescere nella santità, ad evitare le occasioni di peccato e ad espiare nella preghiera e nella penitenza le colpe passate. Vivere costantemente al cospetto della Maestà divina e sotto lo sguardo benigno della nostra santissima Madre, «Auxilium Christianorum», è certamente uno dei modi più efficaci per essere veramente «ab omni illecebra carnis alienus». La società profana – che ama gli scandali degli ecclesiastici solo perché tramite questi può screditare la Chiesa a cui essi appartengono – ha uno sguardo orizzontale, privo di pietà ed estremamente disumano: si scoprono le miserie del singolo sperando che colpendo quest’ultimo si possa colpire anche l’istituzione ch’egli rappresenta. Non si vuole aiutare il ministro indegno: al contrario si sfruttano le sue colpe per accusare di indegnità l’intero Ordine sacerdotale. Quando le squallide vicende emerse a seguito del video sui preti omosessuali trasmesso nel corso del programma Exit su La7 lo scorso 1° Ottobre hanno permesso di riconoscere un nostro collaboratore – quasi due settimane orsono – noi non abbiamo gettato in pasto all’opinione pubblica le sue colpe: abbiamo invece interrotto la sua collaborazione, in attesa di un pronunciamento dell’Autorità ecclesiastica, che si è mossa immediatamente e senza aspettare che la notizia trapelasse sui giornali. Crediamo di aver agito secondo coscienza, tutelando il nome di “Petrus” e dando modo al sacerdote chiamato in causa di difendersi nelle sedi opportune. Sarà un regolare processo disciplinare o canonico a fare giustizia, non la piazza. Noi non amiamo gli scandali, e che sia colpevole o no, preghiamo per Monsignor Stenico; perchè se è accusato ingiustamente, è una vittima innocente; e se è caduto in tentazione, resta pur sempre un fratello in Cristo da amare.

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Prelato gay: Commentano in Vaticano: "Se non puoi essere casto, sii cauto".

(Maria Giovanna Maglie - Dagospia) Il nome è trapelato nella giornata di sabato, è monsignor Tommaso Stenico, 60 anni, alto esponente della Congregazione per il Clero, il volto più popolare di Tele Pace, scrittore stimato di problemi religiosi, che è caduto nella grossolana trappola di una trasmissione de La 7 e ha confessato non solo la propria omosessualità, ma anche altri vizietti e perversioni. Ha diffuso il suo nome, a sorpresa, ma mica tanto, con mirata crudeltà, il sito Petrus, vicino e legato all'apostolato di Papa Benedetto XVI, e che ha deciso di sputtanarlo; ma riconoscerlo, raccontano in Vaticano, era facilissimo e l'avevano già fatto tutti, stupefatti dell'ingenuità (?) del prelato, che ora, da sospeso, veleggerà verso Timbuctu. Un minuto dopo la fine del programma i cellulari si erano scatenati.

Al contrario di quanto ha scritto Repubblica, lo sfondo dell' intervista camuffata non era artefatto, non era improvvisato, era proprio l'ufficio di Monsignor Stenico, persino il rumore dell'ascensore era riconoscibilissimo, quell'ufficio è il più vicino all'ascensore. La telecamera era nascosta, come nelle altre interviste realizzate per Exit, (in Vaticano, dove hanno fatto la loro indagine, sostengono che i protagonisti degli altri filmati non erano preti), solo che questa volta i ragazzotti inviati in chat line dalla D'Amico hanno pescato un pesce grosso, forse troppo per non pagarla. Questo si vedrà in seguito.

Nel filmato, il ragazzo, voce artefatta e volto coperto, racconta prima il colloquio via chat avvenuto con Stenico. Poi l'incontro e le avances del prelato: "Quanto sei carina, vieni qua". Il ragazzo, che si firma Shinji, spiega che l'uomo, incontrato su una chat omosex qualche giorno prima, ha le idee chiare. "Vuole obbligarmi a fare cose che a lui piacciono. Vuole essere duro, un padrone e io mi sono proposto come suo schiavo. Lui dice che più provoco, e più lui parte. E io rispondo: 'Bene, a me piace provocare'". Combinano l'incontro. Si vedono in piazzale San Pietro, e vanno nell'ufficio del monsignore, alla Congregazione per il Clero. Tommaso Stenico non ha il minimo sospetto, non ha capito che una telecamera nascosta sta riprendendo l'intera scena con tanto di audio.

Entrano nel famoso ascensore. Il prelato chiede al giovane: 'Ti piaccio?'. Lui sorride e risponde: 'Sì'. I due cominciano a conversare. "Ma lei è veramente un prete?". "Sì", risponde il prelato, "Non ti va?". Quanto tempo è che ti piacciono ste cose?", chiede il ragazzo. "Sette-otto anni", risponde il prelato. "E non lo trovi un po' incongruo?", insiste il giovane. "No, non me lo pongo nemmeno il problema - risponde il monsignore - mi pongo il problema di essere fuori norma, ma non è che mi sconquassa la vita". "Ma tu sei l'unico a fare queste cose?", chiede ancora il ragazzo. "No, macchè, hai visto su internet. Sono un casino, e molti di più - prosegue il religioso - perchè alcuni hanno il nickname aperto, altri no".

Poi iniziano le avances. "Ti va? Ti aspetto, vieni qua. Vieni qua", insiste l'alto prelato. Il ragazzo cerca di inchiodarlo. "Ma è giusto essere gay? La chiesa ci va giù pesantissima, figuriamoci sul sadomaso. "Io non mi faccio mai il problema. Il gay è una persona che ha un suo orientamento - afferma monsignor Stenico -. Io posso averlo eterosessuale, tu puoi averlo omosessuale. Tu gestisci la tua omosessualità, io gestisco la mia. Io rispetto te, tu rispetti me. La Chiesa dice che è sbagliato anche 'scopare' anche tra ragazzo e ragazza fuori dal matrimonio. La Chiesa dice che la sessualità si tira in ballo soltanto dentro il matrimonio. La Chiesa non ce l'ha coi gay. La Chiesa dice che i rapporti si hanno solo all'interno del matrimonio. I gay non si sposano, quindi non devono avere rapporti come non devono avere rapporti due etero fuori dal matrimonio".

E il sadomaso? "E' una scelta dentro il fondo psicologico di una persona - prosegue il monsignore, che continua a fare apprezzamenti sul giovane. "Sei molto carina, tutto carino". "Ma con me stai per commettere un peccato, osserva il ragazzo. "No, io non lo sento un peccato - chiosa il prelato - e qui finisce la nostra storia, perchè sei molto prevenuto. Tu non accetti niente. Non facciamo nulla. Ora ti porto all'ascensore. Se qualcuno ti ferma...vai via senza dire niente a nessuno. Io non ti chiamo, se vuoi mi chiami tu. Quanto sei bono". "E' stato un piacere", si congeda il ragazzo. "Per me no, perchè non ti piaccio", ribatte seccamente il monsignore.

Commentano in Vaticano: Se non puoi essere casto, sii cauto. Possibile che non ci fosse un altro posto per l'intimo colloquio? Monsignor Stenico oggi ha rilasciato un'intervista a Petrus. Premette: " Francamente, da “Petrus” non mi aspettavo questo trattamento, ma cristianamente sopporto, non faro' querele, il tempo e' galantuomo ed io sono cristiano". Poi spiega che la trappola in realtà l'ha fatta scattare lui, che ha finto e recitato perché voleva indagare il mondo degli omosessuali, perché il demonio sta penetrando nella Chiesa. Aggiunge che sta meditando come procedere contro La 7. In Vaticano ribadiscono che naturalmente la bravata de La7 non è apprezzata, ma che a Stenico non solo non crede nessuno, lo considerano un vero idiota.

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Il gaymodel Ben Andrews in copertina su Time Out New York.

Quello ritratto sulla copertina dell'edizione newyorchese di "Time Out" di ottobre è una delle maggiori promesse del cinema pornogay americano. La sua presenza sulla copertina della nota rivista americana ha di fatto sdoganato i modelli del porno gay business americano.
Scovato di Michel Lucas, attore, produttore e regista di pellicole-video gay particolarmente ricercati e con un occhio attentissimo alla moda (citiamo tra gli altri "La dolce vita" I e II e la saga di "Encounters"), Ben Andrews sta diventando uno degli interpreti più conosciuti e preferiti dai consumatori di videogay, una vera e propria "icona gay" benchè abbia al suo attivo pochi lavori.
Michael Lucas (a fianco) è uno straordinario talent-scout ed al suo attivo ha la scoperta di moltissime facce nuove del firmamento gayporno americano e che oggi vanno per la maggiore (citiamo tra gli altri il bellissimo e dotatissimo latino, Wilson Vasquez).
Non si è lasciato sfuggire l'0ccasione offertagli dall'aver trovato Ben Ndrews e, come per molti altri, l'ha ingaggiato in esclusiva.

Tralasciando l'età (poco più che ventenne) e il bel faccino, il nostro Andrews deve la sua notorietà non ad un fisico da urlo ma bensì al suo principale "attrezzo" da lavoro che più che urlare fa ululare per le dimensioni fantastiche.
Ben è gay ma si Time Out è ritratto con un'avvenente ragazza in due versioni una più morigerata, la copertina ed una un pò più "scollacciata" che mette in mostra il suo fisico snello, da adolescente.
La "carica" sessuale di Ben è notevole e se avete qualche euro da spendere vale la pena di comprare un suo video, magari il suo ultimo lavoro, "The intern", sempre prodotto, interpretato e diretto da Michael Lucas.
Vi offriamo il trailer "R-Rated" del film, se volete invece vedere quello "integrale, X-Rated" ed esplicito, cliccate qui e scaricatevelo. Il sito è qui.

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«Ecco la mia verità: non sono gay. Voglio solo studiare gli uomini» ,

(Andrea Tornielli - Il Giornale) Il suo è un volto noto, perché da tempo celebra messa in diretta per una Tv cattolica, ha un suo sito Web dedicato alla pastorale, è autore di numerosi libri. Da meno di una settimana la sua vita è cambiata: monsignor Tommaso Stenico è uno dei prelati che compare con il volto e la voce camuffata nel filmato di La7 dedicato all’omosessualità dei preti. Ora si difende e contrattacca, dando una versione dei fatti completamente diversa rispetto a quella apparsa in video.
Monsignore, innanzitutto è lei il sacerdote del video?
«Sì, sono io. Non ho visto il filmato, ma ricordo perfettamente quell’incontro».
Quello che si vede è il suo ufficio alla Congregazione del clero?
«Sì, è il mio ufficio. In molti mi hanno detto che era riconoscibile».
Posso chiederle perché ha portato quel giovane proprio lì?
«Non sono uno stupido. Pensi che io, a poche centinaia di metri dall’ufficio, ho il mio appartamento, dove vivo da solo. Se si fosse trattato davvero di un incontro a sfondo sessuale sarei andato lì, non crede?».
E che altro era quell’incontro combinato via Internet?
«Chi mi conosce sa che lavoro svolgo da molto tempo. Sono sacerdote da 36 anni, da 25 lavoro nella Curia romana, da oltre 30 sono psicologo e psicoterapeuta iscritto all’Albo degli psicologi del Lazio. Mi sono dedicato specialmente alle problematiche dei sacerdoti: ho seguito tanti preti in difficoltà, con problemi di identità, con drammi di solitudine, con crisi di fede, cercando di aiutarli a ritrovare se stessi. Penso non sfugga a nessuno l’evidente attacco alla Chiesa che sta avvenendo in questo periodo proprio su queste vicende. Ho voluto fare qualcosa, ne ho parlato con il mio padre spirituale. È proprio nell’ambito di questa attività che ho fatto ciò che ho fatto…».
Vuol dire che quell’approccio è avvenuto per motivi di studio?
«Esatto. La verità non è affatto quella che sembra. Ci ho pregato sopra per molto tempo. È nata da qui l’idea di farmi “ladro” tra i “ladri”, ricorrendo al loro linguaggio, per carpire se vi fosse una regia, una strategia. Sono entrato nel doppio ruolo di prete e psicanalista e ho scoperto che è proprio così. C’è davvero un piano diabolico di gruppi satanisti che “puntano” ai preti».

Mi spieghi: stava cercando informazioni sui preti gay?
«No, non informazioni sui preti gay ma sul perché si punta ai preti che hanno questa debolezza. Cosa cercare, cosa volere, dove arrivare? E non ho dato importanza al luogo dove ricevere un possibile informatore contattato nella rete. Mi sono finto come lui, ho appurato le sue presunte esigenze e le ho usate per il mio fine. Per me era solo importante conoscere, non certo praticare. Il mio scopo era solo quello di investigare».
Dal filmato però appare che il ragazzo abbia voglia di parlare, mentre lei sembrava impaziente di passare ai fatti…
«Volevo spingerlo a rivelarsi per quello che era, a dirmi finalmente che cosa cercava in un rapporto di quel tipo da me come prete. Avevo preventivato qualche rischio ma il mio intento era proprio quello di trovare le risposte che cercavo. Non immaginavo certo di diventare io stesso un soggetto “puntato” per essere a mia volta strumentalizzato. Io volevo solo capire non certo praticare».
Che idea si è fatto sull’episodio?
«Non mi stupirei se tutto questo fosse il frutto di una denuncia che ho presentato al Comando dei carabinieri della Stazione di S.Pietro contro un ragazzo – alla luce di quanto accaduto non vorrei mi fosse stato inviato appositamente – il quale voleva ringraziare il mio interessamento per un posto di lavoro con una prestazione sessuale. Dopo aver rifiutato categoricamente, l’ho denunciato. Chi vuole può controllare».
Lei nega dunque di essere omosessuale?
«Rispetto tutte le persone, quali che siano le loro tendenze sessuali. Ma non sono mai stato e non sono gay. Le sofferenze che come prete ho dovuto sopportare sono state di ben altra natura. Sono persona che non ama lo scandalo, non lo crea, semmai lo contiene e lo smorza. Quello che sono e che penso sta scritto nei 42 volumi che ho pubblicato. Non ho mai avuto e non ho nulla da nascondere, o da temere».

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Europa: diminuisce la discriminazione omofoba.

(Libero.it - Giovanni Molaschi) La scorsa settimana, partendo dalle dichiarazioni di Ahmadinejad (secondo il quale non esistono omosessuali in Iran), avevamo provato a capire quanto sia difficile per gay e lesbiche vivere nel Medio Oriente. Fortunatamente tali barbarie non sono accettate dalla stragrande maggioranza dei governi, malgrado l’assenza di leggi che tutelino realmente i diritti di tutti i cittadini.

Prendiamo ad esempio quanto sta accadendo in Italia: nessuno più si scandalizza se un conduttore del telegiornale, maggiormente seguito d’Italia, fa coming out ma una legge che disciplini le unioni di fatto non può essere discussa. Diverso è l’atteggiamento adottato dalle altre amministrazioni europea. Per arrestare quanto prima il clima omofobo che potrebbe crearsi nel Regno Unito, a causa delle recenti polemiche portate avanti da alcuni esponenti religiosi, il Governo ha approvato una legge a causa della quale verrà punito chiunque inciti l’odio contro gay e lesbiche.

In Francia, invece, è stato reso noto per la prima volta il numero esatto di Pacs (Patti Civili di Solidarietà) contratti dalle coppie omosessuali dal 1999, anno in cui furono approvati. Secondo i dati ufficiali, forniti dal Ministero della Giustizia (per maggiori informazioni www.justice.gouv.fr) in meno di dieci anni i Pacs richiesti dalle coppie gay è passato dal 25 al 7%. Non cala solo la richiesta dei cittadini omosessuali; il Ministero, nella nota redatta, spiega ed evidenza una sensibile diminuzione anche dei matrimoni. La richiesta del Pacs aumenta ogni anno del 20% tanto che nel solo 2006 un terzo delle coppie hanno legalizzato la propria unione senza l'istituto del matrimonio. “Il successo dei Pacs – ha notato il quotidiano “Le Monde” è collegato alla sua agilità, alla sua apertura alle coppie omosessuali, ma anche al rafforzamento dei suo vantaggi fiscali”.

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Trasformista/ Il grande Arturo Brachetti in tour per l'Italia. "E poi voglio andare a Broadway grazie a Woody Allen".

(Nicole Cavazzuti - Libero.it) Consacrato dal trionfo del suo ultimo tour, Arturo Brachetti è tornato nei teatri italiani con “L’uomo dai mille volti”, il suo one man show che ha fatto registrare il record assoluto di incassi e presenze della scorsa stagione teatrale.
Torinese classe 1967, Brachetti è il più grande attore-trasformista del mondo: il suo spettacolo ha fatto il giro del mondo vincendo nel 2000 l’ambitissimo premio Moliére (il Tony Award francese).
Perché piace tanto? Per quella magistrale capacità di cambiare abito in un batter d’occhio, trasformandosi in Pinocchio, la Barbie, un’ape, King Kong e Charlie Chaplin e così via per 80 volte in 100 minuti, grazie all’aiuto dei due fidati assistenti “uno per i vestiti, uno per le parrucche. Mi seguono da 15 anni, sono il mio team. Come alla Ferrari c’è chi cambia le ruote in due secondi, io ho loro che mi trasformano in tempi da guiness”, dice l’attore ad Affari.

La ripresa del tour è l'occasione per accontentare le numerose richieste di chi non è ancora riuscito a vedere "L'uomo dai mille volti". “Non è possibile portare in scena lo spettacolo in teatri di piccole dimensioni o con un bacino d’utenza limitato, perchè l’allestimento è davvero costoso”, spiega Brachetti. E non sono parole senza peso: per allestire lo spettacolo occorrono tre tir da 18 metri, un impianto luci da megaevento rock, 180 costumi, 22 persone al seguito.

Due anni fa eri stato in tournèe con altro spettacolo. Quanto c’è di simile in "L’uomo dai 1000 volti"?
“Lo spettacolo è simile a quello che ho presentato al Teatro della Luna un paio di anni fa, l’unica differenza sta nell’inizio. Per il resto è basato sui giochi di ombre cinesi e sulla tecnica di trasformazione. Ma non è quello che si dice una rivista, un one man show semplice. Anzi: si racconta una storia”.

Di cosa parla "L’uomo dai 1000 volti"? Qual è la storia?
“Quella di un uomo che scopre in soffitta un baule. I ricordi provocano lo stesso divertimento ingenuo e surreale di un tempo: il nonno violinista a tre braccia, la giungla di animali fatti con la luce della luna, le marionette che prendono vita, sempre con la presenza divertita della voce della mamma (di Sandra Mondaini) che esce dalla sua borsetta rossa. Alla fine del primo tempo il solaio stesso si ripiega e diventa un'enorme scatola di giochi, che ruota sul palco e di cui io sembro prigioniero. Poi ricordo il cinema di Hollywood, visto di nascosto dalla finestra del solaio nel sottostante cortile parrocchiale. E mi trasformo in una trentina di personaggi evocati dai film, tra cui Gene Kelly, Liza Minnelli, King Kong, Frankenstein, Carmen Miranda, Charlie Chaplin, per finire con Esther Williams che nuota a mezz'aria nella sua piscina”.

Il messaggio dello spettacolo?
“Si può essere giovani di corpo, ma vecchi di spirito, come esattamente il contrario. Per sentirsi giovani bisogna mantenere la curiosità e la voglia di creare tipica dei bambini. E' uno spettacolo divertente, ma soprattutto terapeutico, risveglia il lato fanciullesco del pubblico. Regalo un sogno, una gioia”.

Come ti definiresti?
“L’unico attore al mondo che usa l’arte della trasformazione per raccontare storie e suscitare emozioni”.

Aspirazioni professionali?
“Recitare a Broadway. Un progetto che accarezzo da tempo. E che Woody Allen appoggerebbe personalmente, apportando il suo nome sull’insegna dello spettacolo. Vedremo come andrà a finire...”

L’uomo dai 1000 volti
Con Arturo Brachetti

fino al 14 ottobre - Bologna (Teatro delle Celebrazioni)
dal 17 al 21 ottobre - Trento (Teatro Sociale)
dal 25 ottobre all'11 novembre - Milano (Teatro degli Arcimboldi)
dal 13 al 25 novembre - Torino (Teatro Alfieri)

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L'asse Raisi -Cofferati scuote An

(online@quotidiano.net) L'asse sindaco-An sulla sicurezza ha gia' spaccato la maggioranza di centrosinistra a Palazzo D'Accursio. Ma non e' detto che non possa avere gli stessi effetti anche sullo schieramento opposto. Le premesse sembrano esserci.

Gli attriti nel centrodestra a proposito del patto tra Enzo Raisi e Sergio Cofferati sono stati riconfermati stamattina durante il congresso cittadino di Forza Italia. Apre il fuoco Patrizio Gattuso, consigliere comunale di An, che portando i saluti del suo partito agli alleati, ne approfitta per chiarire: "Il nostro stimolo sulla sicurezza nei confronti di Cofferati, non e' un accordo, e' stato mosso da passione politica. Sapevamo di attirarci gli imbarazzi e le critiche degli alleati, ma, e lo dico con un pizzico di orgoglio, abbiamo fatto saltare il tappo alla sinistra. Il sindaco e' stato costretto a scegliere, tra la necessita' di governare e gli steccati ideologici dell'Altra Sinistra".

Scuote energico la testa Paolo Foschini, forzista e vicepresidente del Consiglio comunale. "Quale deve essere il risultato- si domanda stizzito- il bene della citta' o le polemiche? L'accordo a oggi non ha prodotto niente. Se il sindaco fosse davvero interessato alla sicurezza, avrebbe riconosciuto di aver sbagliato a togliere l'assessorato dedicato e a ridurre il nucleo sicurezza dei vigili urbani. Invece qui si parla solo di spray al peperoncino, provvedimento che in centinaia di citta' di centrosinistra e' gia' stato adottato senza problemi".

Non e' molto piu' tenera Maria Cristina Marri, segretario provinciale dell'Udc e consigliere comunale della Tua Bologna, anche lei al congresso come ospite. "Le contraddizioni si devono fare saltare fuori in Consiglio- attacca- e' sbagliato se facciamo passare il messaggio che Consiglio e commissioni in Comune non servono, ma sono utili solo tavoli e tavolini".

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Pd, la prova delle primarie.

Solo per il 20% l'esponente ds come leader porterà «molti più voti».
Pd, in calo l'effetto-Walter.

Previsto un milione alle urne.
Il favorito è al 70%, la Bindi conquista i consensi extra partiti.
(Renato Mannheimer - Il Corriere della sera) Diversamente da gran parte delle consultazioni elettorali, l'interesse per le prossime primarie del Partito Democratico — e il parametro di misura del loro successo o insuccesso — non sta tanto nell'esito in sé, ormai scontato, quanto nell'ampiezza della partecipazione e del consenso ottenuto dagli «altri» candidati, al di là del vincitore.

In una ricerca di opinione svoltasi pochi giorni fa, ha dichiarato di volersi «sicuramente» recare a votare il 14 ottobre quasi metà dell'elettorato di Democratici di Sinistra e Margherita nel loro insieme. Come spesso accade nei sondaggi, molte — la gran parte — di queste dichiarazioni non si tradurranno poi in comportamenti veri. Ma, al di là della sua effettiva (scarsa) capacità previsiva, il dato resta assai significativo: esso indica l'interesse, che, malgrado tutto, la creazione del nuovo partito suscita nell'elettorato del Partito Democratico. E la presenza di intenzionati a partecipare anche al di fuori degli elettori di Ds e Margherita mostra come l'attenzione nei confronti della prossima consultazione sia assai estesa. Lo prova anche il fatto che, rispetto ad un analogo sondaggio effettuato prima dell'estate, si registra un incremento nelle intenzioni di voto dichiarato. La partecipazione preannunciata è all'incirca simile negli elettorati Margherita e Ds, con una lieve accentuazione in quest'ultimo. Ancora, paiono più propensi a recarsi a votare i meno giovani, forse più legati all'identità tradizionale dei partiti che daranno luogo alla nuova forza politica.

Alle precedenti primarie, quelle che indicarono Prodi quale candidato alle elezioni, parteciparono, si dice (ma nessuna documentazione affidabile è stata mai fornita), circa quattro milioni di persone. In quel caso, tuttavia, si trattava al tempo stesso di un voto «per» Prodi, e, forse ancor più, di un segnale «contro» Berlusconi. Non è questo il caso alle prossime consultazioni del Pd. Per questo, le previsioni sulla partecipazione sono assai più contenute e gran parte degli osservatori ritiene che l'afflusso di un milione di persone potrebbe già essere considerato un successo.

Come si è detto, la vittoria di Veltroni è scontata. Preannuncia il voto favorevole verso il sindaco di Roma addirittura il 70% dell'elettorato potenziale, ancora una volta con una (comprensibile) accentuazione tra i Ds. Tra gli altri candidati appare molto quotata Rosy Bindi, che sembra attirare maggiormente i voti degli elettori meno «organici » a Ds e Margherita e quelli provenienti dagli altri partiti. Enrico Letta si classificherebbe terzo.

Ma quali potrebbero essere le conseguenze delle primarie del Pd sullo scenario politico complessivo? Gran parte degli intervistati, a destra come a sinistra, è scettica e prevede che l'elezione di Veltroni a leader del Pd farebbe affluire al massimo «qualche voto in più» e avrebbe scarsa influenza sulla popolarità del governo.

Quest'ultima affermazione appare fondata. Il governo sta attraversando un periodo tormentatissimo. Lacerato al suo interno da contrasti apparentemente insanabili e minato dall'esterno, non tanto da parte dell'opposizione, quanto dal diffondersi tumultuoso degli atteggiamenti e dei comportamenti legati all'antipolitica. Queste difficoltà si riflettono ovviamente anche sui livelli di consenso — giunti ai minimi storici — e su quelli delle intenzioni di voto espresse nei sondaggi, che vedono il centrodestra in vantaggio di poco meno di dieci punti.
Va detto però che quella attuale è una situazione da sempre caratteristica del periodo precedente al varo della Finanziaria. Tutti gli esecutivi che si sono succeduti nel nostro Paese, di destra o di sinistra, hanno vissuto in modo tormentato, talvolta drammatico, le settimane antecedenti all'approvazione della legge. Per questo, la futura popolarità dell'esecutivo sembra dipendere più dai contenuti della Finanziaria che dalle sorti del Pd.
La cui nascita potrà, come molti osservatori sostengono (lo ha di recente suggerito in modo assai efficace Michele Salvati nel suo ultimo libro) dare un forte impulso al centrosinistra. Ma non aiuterà ad accrescere il consenso per il governo. Anzi, con l'emergere dell'alternativa Veltroni, potrebbe forse produrre l'effetto contrario.

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