banda http://blografando.splinder.com

lunedì 14 gennaio 2008

Speciale Milano moda e modelli. Il kimono? Secondo Romeo Gigli è anche per lui.

Il Kimono anche per lui
(Panorama) Sulle passerelle di Milano Moda Uomo, dove dal 12 al 15 gennaio si consuma il rito delle collezioni per l’autunno-inverno 2008-2009, si parla tanto di un ritorno dell’uomo vero e verace, maschio ma non macho, gentile ma non stupidotto (bandito il bamboccione, anche come termine, ormai supersfruttato). E Romeo Gigli, per mano della stilista Gentucca Bini, motore creativo della griffe, che cosa fa? Lancia l’uomo con il kimono. Non un samurai, ma un “geisho”.

Per tranquillizzare gli animi, lo fa uscire in passerella al fianco di una geisha: l’iconografia classica della tradizionale veste giapponese, un po’ stucchevole e imbalsamata, viene ribaltata da un’immagine scanzonata, divertente, leggera. Ma soprattutto contemporanea. Segno che i tempi cambiano: per amarsi davvero, meglio condividere tutto. Anche il kimono a forma di T: per lui, lungo e avvolgente, in prezioso tessuto doppiato, lana-cotone-seta, dal piacevole effetto tattile; per lei, corto e smilzo, stretto in vita dalla consueta cintura obi per esaltare le forme. Se manca il coraggio per portarlo al posto del cappotto, usarlo nel perimetro domestico come la più sensuale delle vesti da camera: darà i suoi frutti.

Sphere: Related Content

Speciale Milano moda e modelli. Le proposte extralusso di Gucci.


Sphere: Related Content

Il Papa alla Sapienza. Dibattito aperto a tutti gli studenti sulla visita.

(Asca) ''Sono una studentessa de La Sapienza e sinceramente non ho capito bene perche' il Papa venga invitato nel luogo della scienza''. ''E' un buon segno quello che ci da' il papa nel voler essere presente in mezzo a noi studenti''. ''Non vorrei essere pessimista, ma non mi convince questa visita del papa all'Universita'''. Sono alcuni dei commenti lasciati dagli studenti dell'ateneo romano La Sapienza sul forum aperto dalla Cappella universitaria per offrire uno spazio di discussione in vista della visita di giovedi' prossimo di papa Benedetto XVI. Sul sito (ilpapaallasapienza.wordpress.com), lanciato lo scorso 27 novembre, si e' sviluppato un acceso dibattito tra chi si dice favorevole e chi si dice contrario alla visita del pontefice. I toni spesso accesi, botta e risposta telematico a volte tagliente, a volte ampiamente argomentato. L'importante, scrive la moderatrice del sito, una ''dottoranda in filosofia'' che collabora con la Cappella universitaria, e' ''capire dove nasce l'indifferenza e il fastidio della gente, parlarne''. ''Ognuno e' libero di contestare questa visita come vuole, nel modo che ritiene piu' giusto, liberale ed eticamente corretto. Invitiamo a riflettere sul fatto che la liberta' non puo' essere difesa limitando la liberta' di altri (sarebbe un controsenso), nonche' un attacco (questo si') alla democrazia''. 'Jacopo', ad esempio, scrive di non essere d'accordo con la visita del papa perche' ''e' un personaggio discutibile'' e perche' ''sarebbe stato meglio invitare una personalita' apprezzata da un numero piu' grande si studenti''. 'Tomas', invece, sarebbe contento se il papa ''vedesse qual e' lo stato delle cose e ci aiutasse concretamente a migliorare la nostra vita di studenti almeno lanciando un monito alla nazione sulla situazione in cui versa l'Universita' piu' importante d'Italia''. 'Francesca', che spera ''di avere una risposta seria a un dubbio serio'', si dice contraria perche' la dottrina cattolica ha ''troppo spesso negato scoperte scientifiche e continua a farlo (vedi evoluzione)'' e chiede perche' la Chiesa ''non si arrende all'evidenza di fatti che non influiscono assolutamente sulla religione''. L'operato di papa Benedetto XVI e' analizzato in dettaglio, dal suo atteggiamento nei confronti degli omosessuali al ritorno della messa in latino, dal divieto di uso dei condom fino alla sua abitudine di 'vestire Prada'. Su questo acceso scambio di opinioni impartisce la sua benedizione 'p. Franco', apparentemente uno dei sacerdoti in servizio alla Cappella universitaria: ''Ammiro il coraggio delle vostre idee - scrive -, il desiderio di rendere manifesto quante andate comprendendo del mondo che vi circonda, con tutta la sua complessita', e non ultimo di voi stessi. Non mi meraviglierei, se per quegli stessi ideali che difendete con molto vigore foste disposti (se le circostanze ve ne dessero occasione) di dare persino la vita''.

Sphere: Related Content

Puglia. Sondaggi: Vendola perde consensi, bene Emiliano.

Il presidente totalizza meno 7 %rispetto alla rilevazione di un anno fa. Il sindaco guadagna invece il 5,5. Il primo in Puglia è Stefàno.

(La Repubblica, edizione di Bari) Crolla Vendola. Scende Divella. Sale, invece, Emiliano. La triade del centrosinistra che governa rispettivamente Regione, Provincia e Comune, dalla città capoluogo, diversifica il suo destino nei consensi, secondo un sondaggio della Ipr Marketing pubblicato da "Il Sole 24 Ore".Nella "governance poll", così com´è stato ribattezzato il sondaggio, quello del governatore pugliese è il calo più vistoso tra i governatori. Nella classifica, Nichi Vendola precede solo l´abruzzese Ottaviano Del Turco e il ligure Claudio Burlando. Anche Antonio Bassolino sta meglio in classifica. Ma questo si spiega col fatto che il sondaggio è stato effettuato con il sistema delle interviste telefoniche dal primo settembre al 30 novembre. Probabilmente con l´emergenza rifiuti campana, il risultato di Bassolino sarebbe stato peggiore. Così come per Vendola: avrebbe ottenuto solo il sette per cento in meno se gli intervistati avessero saputo con certezza quale sarebbe stata l´entità degli aumenti fiscali che il Consiglio regionale ha definitivamente approvato il 29 dicembre scorso?Un dato è certo: da quando è governatore, è la prima volta che Vendola deve registrare un calo di consensi. Anche rispetto al risultato elettorale con cui ha vinto le elezioni. L´appeal del governatore in questo 2007 s´è attestato al 45,5 per cento, rispetto al 49,8 che è la percentuale della vittoria elettorale, la peggiore tra quelli dei governatori nel 2005. L´anno d´oro, per il governatore "rosso" resta il 2006: il consenso schizza al 52,5 per cento. Insomma, un anno dopo le elezioni regionali, Vendola nella classifica dei governatori è in ottava posizione. In un anno è sceso al sedicesimo. Nonostante la ribalta nazionale dovuta alla consacrazione di futuro leader della "Cosa rossa", i duemila intervistati dalla Ipr Marketing da settembre a novembre, hanno fatto pesare su Vendola il momento della verità coi conti in rosso del servizio sanitario regionale.
C´è chi scende e c´è chi sale. Michele Emiliano, ad esempio. Nel 2006 era sceso sotto la soglia del 50 per cento, perdendo quasi cinque punti. Quest´anno li recupera tutti e ne aggiunge un paio per attestarsi al 55 per cento, più del consenso che lo elesse sindaco nel 2004. Dalla sua, Emiliano ha avuto un vantaggio: il sondaggio della Ipr Marketing è coinciso con la campagna elettorale per le primarie che ha eletto Emiliano segretario regionale del partito democratico pugliese. Una visibilità senza precedenti che non hanno avuto i colleghi sindaci degli altri capoluoghi di provincia. Nella classifica generale nella quale figurano oltre centro sindaci, Emiliano è alla posizione 48. Non è la postazione più alta dei sindaci pugliesi. Questa spetta al sindaco di Taranto: Ippazio Stefano condivide l´ottava posizione insieme ai primi cittadini di Pescara, Olbia e Alessandria. Tutti sono al 65 per cento, ma dei quattro solo Stefano è in calo di consensi.Un dato preoccupante visto che Stefano è un neo eletto. È diventato sindaco, infatti, nella primavera scorsa con una maggioranza bulgara: 76,3 per cento dei voti. Dopo soli sei mesi ha perso più di dieci punti attestandosi al 65 per cento. In calo lieve anche il consenso per un altro neo eletto, Paolo Perrone (centrodestra), a Lecce: ha ottenuto il 56,0% (56,2% il giorno dell´elezione). A Foggia Orazio Ciliberti (centrosinistra), eletto nel 2004, ha ottenuto il 49,5% contro il 55,1% del 2006 e il 59,3% del giorno dell´elezione. A Brindisi Domenico Mennitti (Centrodestra), eletto nel 2004, ha ottenuto il 45,0% contro il 49,6% del 2006 e il 53,2% registrato nel giorno dell´elezione.I dati del sondaggio non esaltanti neanche per i presidenti delle Province. A Bari Vincenzo Divella (centrosinistra), eletto nel 2004, nel 2007 vede scendere il consenso a 48,5% contro i 53,6% del 2006 e il 52,8% del giorno della sua elezione. A Brindisi Michele Errico (centrosinistra) nel 2007 registra il 54,0%, nel 2006 aveva ottenuto il 58,8% e il giorno dell´elezione il 57,2% (anno 2004). A Foggia Carmine Stallone, eletto nel 2003, ha ottenuto il 45,5%, nel 2006 aveva registrato il 48,8% e il giorno dell´elezione il 59,2%. A Lecce Giovanni Pellegrino (centrosinistra), eletto nel 2004, ha ottenuto il 45,5%, contro il 47,6% del 2006 e il 51,8% del giorno dell´elezione. A Taranto Giovanni Florido, eletto nel 2004, registra il 44,0% contro il 51,0% del 2006 e il 50,3% del giorno dell´elezione.

Sphere: Related Content

Bettini, Pd: "Veltroni difenderà la laicità dello stato al cento per cento". Al momento non sembrerebbe...

Veltroni ha alle spalle milioni di voti: tutti ne tengano conto.

(Apcom) - Il Pd sarà un partito laico, ma dialogante: difenderà la laicità dello Stato ma, nello stesso tempo, rappresenterà "un'occasione di ricerca più avanzata del rapporto tra sinistra e mondo cattolico". Nel giorno in cui il Partito Democratico si appresta a votare il suo Manifesto dei valori, dalle pagine de La Stampa il senatore Goffredo Bettini, coordinatore della fase costituente del Pd e braccio destro del leader Walter Veltroni, interviene nel dibattito sui rapporti tra Vaticano e Sant'Anastasia, dicendo "parole chiare" al riguardo: "Il Pd difenderà al cento per cento la laicità dello Stato", i valori della Chiesa sono "una ricchezza della cultura e della storia italiana", ma "quando questi valori entrano nella procedura decisionali delle istituzioni della Repubblica debbono rispettarne l'autonomia".

Tra le questioni che hanno provocato tensioni all'interno del Pd, oltre all''incidente' poi rientrato con il Vaticano ("le parole del Papa sono state ignobilmente strumentalizzate", dice), Bettini non dimentica il nodo aborto: "Mantenere sull'aborto una posizione chiara e ascoltare dubbi e inquietudini di un giornalista acuto e intelligente come Ferrara è la forza di un partito che deve saper fare due cose: ascoltare gli altri e sapere poi decidere". La questione, comunque, è diversa dalle polemiche sul riconoscimento dei diritti dei gay, che sono "diritti di civiltà": l'aborto "è una dolorosa necessità", ed "è possibile migliorare la 194 per quanto riguarda la prevenzione e la responsabilizzazione intorno a questa decisione, ma senza tornare indietro rispetto alla sua sostanza".

Non manca, ovviamente, un riferimento alle correnti che minacciano di farsi strada all'interno del Pd anche con intenti antileaderistici: "Veltroni - avverte Bettini - ha alle spalle milioni di voti e ognuno dovrebbe tenerne conto per il bene del Pd e del centrosinistra". Riproporre "logiche di corrente con capibastone", per il senatore democratico, "ci porterebbe spaventosamente indietro". In quel caso, ribadisce, "riconsegnerei il giocattolo".

Sphere: Related Content

Filmare sesso con compagna si può. Cassazione: "Non è reato se lei non sa".

(TGCom) Registrare i propri rapporti sessuali con la convivente, anche senza informarla, non è reato: lo ha stabilito la Cassazione, secondo cui in questo caso il reato di "interferenze illecite nella vita privata" non sussiste, purché le videocassette non vengano distribuite ad altri. E' stato così assolto un 49enne romano che, alla fine della relazione con la donna, le aveva consegnato i video: lei l'aveva denunciato.

La donna, dunque, lo aveva trascinato in Tribunale lamentando il fatto che, pur sapendo della ripresa delle immagini che erano state proiettate in tempo reale con una apparecchiatura predisposta su una parete, non fosse stata informata della registrazione. L'imputato, condannato a 4 mesi in Corte d'Appello, aveva presentato ricorso in Cassazione affermando che "non possono essere considerate interferenze illecite le attività svolte consensualmente e scientemente da due soggetti, come nel caso di specie, anche se registrate da uno dei due con l'ausilio di una videocamera, perché rimangono comunque nel ristretto ambito degli stessi partecipanti alle attività riprese".

Dello stesso avviso, la quinta sezione penale della Suprema Corte, secondo la quale il ricorso è fondato: "L'art. 615 bis del Codice Penale - si legge nella sentenza - tende a tutelare la riservatezza della vita individuale contro le interferenze illecite nella vita privata di ognuno, ma sempre che tali interferenze provengano da terzi, rimasti estranei alla conversazione oggetto di registrazione".

La norma, secondo i giudici, "pone l'accento sull'impossibilità di rilevare interferenza nella propria vita privata della persona ammessa a farvi parte, sia pur estemporaneamente, in condizione di reciprocità". Inoltre, secondo la Cassazione, "è irrilevante che poi la convivenza tra lui e la persona ripresa sia cessata" e "non si vede come attribuirgli il reato per la ripresa di immagini che concernono anche la sua persona nell'ambiente ad entrambi riservato". Il concetto di "vita privata", spiegano ancora i giudici, "si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato" e dunque è vita privata "il sorseggiare un caffè in compagnia in casa propria, non meno che avervi rapporti sessuali".

Sphere: Related Content

Per un eccitatissimo Cristiano Ronaldo, sesso e champagne durante un "raid" romano.

(Daniele Di Mario - Il Tempo) Funambolico, giocoliere, semplicemente geniale e imprevedibile nel rettangolo verde. Decisamente scavezzacollo e sregolato nella vita privata, tanto da rendersi protagonista, in una folle notte capitolina di un'orgia all'hotel Hilton con due lucciole abbordate al «Diva futura channel club», locale a luci rosse della Capitale. È Cristiano Ronaldo, stella portoghese del calcio mondiale e in forza al Manchester United, che ha scelto Roma per festeggiare insieme a un amico la vittoria ottenuta lo scorso 5 gennaio contro l'Aston Villa.
Roma significa gioie e dolori per l'asso portoghese. Così, se sul campo Ronaldo s'è divertito la scorsa stagione a strapazzare all'Old Trafford i giallorossi di Spalletti, ora la Città Eterna rischia di costargli carissimo. Quell'orgia manderà su tutte le furie sir Alex Ferguson - manager e padre-padrone dello United stufo di vedere il suo giovane pupillo continuamente coinvolto in scandali di sesso - e, soprattutto, la ventenne Carolina Patrocinio, presentatrice tv e fidanzata del calciatore.
A raccontare la folle notte romana del calciatore è il tabloid britannico News of the World. Birre da 25 euro a bicchiere, champagne da 30 euro alla coppa e tantissime donne. Questi i particolari del festino al quale ha preso parte l'uomo d'oro del calcio inglese. Un giovanotto, per intenderci, che compirà 23 anni il 5 febbraio e che guadagna, sponsor esclusi, 150 mila euro a settimana. Dopo qualche bicchiere - racconta il News of the World - Ronaldo e il suo amico hanno pensato di portarsi in albergo due ragazze. L'indecisione è passata praticamente subito. Per la contrattazione, invece, c'è voluta un'ora buona. Alla fine i due hanno scelto una procace moretta e una sua amica. Ragionevole e allettante l'offerta: trecento euro in cambio di una notte di sesso nella stanza dell'Hilton dove l'asso della pedata alloggiava.
«Il primo ad arrivare in hotel è stato Ronaldo, a bordo di un taxi da solo. Più tardi sono arrivati l'amico e le due ragazze - confessa un ospite dell'Hilton - Una di loro era mora, formosa e con i capelli lunghi. Si sono chiusi in stanza per due ore, devono essersi divertiti». Secondo il tabloid, i due amici si sarebbero scambiati le ragazze, così da beneficiare delle virtù d'entrambe. «Ho visto Ronaldo il giorno dopo - conclude il testimone - Aveva un sorriso inequivocabile».
Oltremanica, Ronaldo deve adesso affrontare allenatore e fidanzata. Ma non si starà preoccupando più di tanto: c'è abituato. Quattro mesi fa l'asso portoghese aveva pagato cinque prostitute per organizzare un baccanale insieme al compagno di squadra Nani e al collega brasiliano Anderson. Nel 2005, invece, è stato falsamente accusato di stupro da una squillo che aveva pagato per una notte nella suite del Sanderson Hotel, a Londra. Tutto concesso in fin dei conti a un asso nel mondo del dio pallone. A patto di continuae a folleggiare in campo incantando e deliziando tifosi, dirigenti e generosi sponsor.
---

Una foto curiosa.
La foto sopra mostra un Ronaldo esultante ed... "eretto" evidentemente segnare gol per il nostro giovane e bel calciatore è motivo di "grande" eccitazione... Cliccateci sopra per ingrandirla e vedere meglio.

Sphere: Related Content

Speciale Milano moda e modelli. Le giornaliste eleggono David Gandy il più bello delle sfilate 2008.


Sphere: Related Content

Nanni Moretti mostra il fondoschiena nel film "Caos Calmo".

(Gossipblog) Sicuramente avrete sentito già parlare del film Caos Calmo tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, che uscirà nelle sale l’8 febbraio, anche perchè i nostri amici di Cineblog ci hanno tenuti sempre informati sulle novità di quello che probabilmente sarà un grande successo cinematografico.

La scena che incuriosisce di più (e che sicuramente i lettori del libro stanno aspettando con ansia) è quella più bollente e audace: una torrida scena di sesso con Nanni Moretti e Isabella Ferrari. Del poco che si sa, possiamo dirvi che le 17 pagine del libro, dove si racconta dell’incontro tra la coppia, sono state concentrate in ben 4 minuti, non sfrontati come nel romanzo di Veronesi ma piuttosto espliciti: preliminari, baci e tutto il resto. Addirittura entrerà in campo il fondoschiena di Moretti.

Vi lascio alla vostra immaginazione sul di dietro di Moretti e per chi proprio non riesce a resistere alle tentazioni comprate il numero di Tv, Sorrisi e Canzoni in uscita oggi 14 gennaio: sono pubblicate le foto della scena bollente, sicuramente ci saranno molte sorprese!

Via AGI

Sphere: Related Content

Torna alla ribalta la pornoprof. Madameweb stasera da Costanzo.

Costanzo riparte dalla pornoprof. In onda stasera su Canale5.

(TGCom) Torna da lunedì 14 gennaio, dopo la pausa natalizia, l'appuntamento bisettimanale con il Maurizio Costanzo Show, su Canale 5 alle 23,15 . Lo show di Maurizio Costanzo andrà in onda, dal Teatro Parioli in Roma, ogni lunedì e giovedì. Il tema di questa prima puntata del 2008 sarà Il comune senso del pudore. Tra gli ospiti oltre a Silvana Pampanini, Marisa Merlini, Gabriel Garko anche Anna Ciriani, in arte Madameweb, la pornoprof di Pordenone, sollevata dal suo incarico di insegnante per la sua 'spregiudicatezza' su Internet.
---

La “pornoprof” stasera da Costanzo.
(c.b. - Il Messaggero Veneto) Alle 23.15 su Canale 5. E sul sito di Repubblica c’è il calendario delle pordenonesi Lunedì bollente, stasera, davanti alla tv. Annunciata dal tam-tam sul web, la notizia è divenuta ufficiale ieri: Anna Ciriani, la pornoprof di Pordenone, sarà ospite stasera del “Maurizio Costanzo Show” insieme a Silvana Pampanini, Marisa Merlini e Gabriel Garko: inizio della puntata alle 23.15 su Canale 5. Dalla cattedra al palcoscenico del Parioli, dunque, con un effetto sicuro sul talk-show romano: l’impennata dell’audience, tra studenti, professori, moralisti, libertini e magari ispettori del ministro dell’Istruzione Fioroni.
«Comunicato importante - è stato l'ultimo annuncio del forum dei fan club -. Lunedì sera (oggi, ndr) Madameweb (la professoressa Anna Ciriani) parteciperà al Maurizio Costanzo Show alle 23.15 su Canale 5».
La pornoporf, intanto, non si arrende. E' stata sospesa in via cautelare dalla cattedra di italiano, nel Centro territoriale per adulti di Ligugnana della scuola media di San Vito a novembre, dal ministero della Pubblica Istruzione. Il video della sua passerella nude-look al festival dell'erotismo di Berlino nell'autunno scorso ha sbancato i siti web di mezzo mondo e il ministro Fioroni non ha gradito. L'inchiesta ispettiva ministeriale è in corso e la battaglia legale della docente Anna Ciriani, alias Madameweb, va avanti.
«Presenteremo un secondo ricorso contro la conferma della sospensione dall'insegnamento - ha annunciato il suo legale Sergio Gerin, dopo quello respinto in dicembre dal giudice del lavoro Paola Costa a Pordenone -. Una sentenza della Corte di Cassazione del 2005 dice che non è possibile sospendere un dipendente e avviare un procedimento disciplinare utilizzando dati personali della sfera sessuale. Le scelte extrascolastiche della Ciriani non possono essere ritenute in contrasto con l'azione educativa, sempre corretta e apprezzata a scuola".
Intanto si registra un successo per il calendario “nude look” Le pordenonesi 2008: ieri è approdato alla ribalta nazionale è finito sul sito di Repubblica.

Sphere: Related Content

Famiglie gay d'Italia. Il reportage di Panorama.

Sempre più coppie omosessuali desiderano un figlio, lo fanno e lo crescono. Sempre meno hanno paura di dichiararsi. Eccone alcune, con le loro storie e i loro problemi.

(Valeria Gandus - Panorama) Paola Binetti, senatrice teodem del Partito democratico, nega la fiducia al governo per non votare l’emendamento antiomofobia e Costanza Tantillo, impiegata romana, porta al nido la piccola Alice avuta dalla sua compagna Domitilla grazie all’inseminazione artificiale. Massimo D’Alema, ministro degli Esteri, afferma di non essere favorevole al matrimonio fra omosessuali e Micaela Pini, psicologa milanese, fa il bagnetto a Rebecca e Noa, nate nell’unione con Annie Saltzman, sua moglie per la legge americana.

Intanto, a Roma, mentre fa colazione con il figlio Carlo, 11 anni, Francesca Grossi legge sul giornale che a Palermo una mamma ha potuto finalmente riabbraccciare il figlio che le era stato tolto 2 anni prima dal tribunale in seguito all’accusa, da parte del marito, di essere lesbica e di fumare. A lei, per fortuna, non è successo niente di simile: il suo ex marito Luigi non solo le ha lasciato casa e figlio, ma soprassiede sul vizio del fumo e non ha nulla da obiettare alla sua relazione con Alessandra.
Ancora una volta la società cambia e la politica e la legge non se ne accorgono. Come quarant’anni fa, quando il Parlamento fingeva di non vedere le migliaia di coppie che chiedevano di potersi rifare legalmente una vita, o le migliaia di donne che la vita la rischiavano sotto i ferri delle mammane.
Si può non essere d’accordo sulle scelte personali di uomini e donne che decidono di formare una famiglia con un partner dello stesso sesso. Si può avvertire più di un brivido al pensiero di bimbi, concepiti naturalmente o artificialmente, cresciuti da due mamme o da due papà. Ma quelle persone, quei bambini esistono, e sono sempre di più. Negli Stati Uniti, dove si stima che le madri lesbiche e i padri gay siano tra i 6 e i 10 milioni, con un corollario di circa 14 milioni di bambini e ragazzi, compresi quelli concepiti in precedenti relazioni eterosessuali, il fenomeno ha un nome: «gayby boom».

In Italia i numeri sono di gran lunga inferiori, ma comunque significativi: sono migliaia i bambini e i ragazzi cresciuti da genitori gay, secondo i dati a disposizione dell’Istituto superiore di sanità addirittura circa 100 mila (la metà che in Francia) se si calcolano anche i padri e le madri che hanno riconosciuto la propria omosessualità dopo la nascita del figlio. Da una ricerca dei sociologi Marzio Barbagli e Asher Colombo emerge che il 3,4 per cento dei gay intervistati è padre mentre il 5,4 delle lesbiche è madre. Percentuali che salgono rispettivamente al 10 e al 19 per cento per gli omosessuali di età superiore ai 35 anni.

Ma la maggiore novità è il crescente numero di coppie di omosessuali che vorrebbero avere figli: il 49 per cento, secondo un sondaggio dell’americana Kaiser family foundation. E di quelle che ci riescono.
Sono soprattutto donne, lesbiche che chiedono aiuto ad amici gay o che emigrano all’estero, nelle cliniche dove si pratica l’inseminazione artificiale proibita in Italia dalla legge 40. Le (poche) coppie di omosessuali maschi con un incontenibile desiderio di paternità trasvolano invece l’oceano per affidarsi alle cure di agenzie canadesi e americane che procurano, legalmente, madri surrogate.
Dati ufficiali non ne esistono, ma Giuseppina La Delfa, presidente dell’Associazione famiglie Arcobaleno (nuclei familiari che hanno al proprio interno almeno un genitore o aspirante tale omosessuale), dice che le famiglie associate (oggi oltre 160) sono in continua crescita: «Abbiamo in media una nuova iscrizione a settimana e i bambini con due genitori omosessuali sono una sessantina».
Giuseppina e la sua compagna Raphaelle Hoedts, francesi trasferitesi 17 anni fa in Italia, in un paese della provincia di Avellino, sono fra le pioniere del nuovo corso alla maternità omosessuale. Compagne dai tempi del liceo, unite dal pacs (l’unione civile in vigore in Francia) registrato al consolato di Napoli, entrambe docenti di francese all’Università di Salerno, hanno deciso di mettere su famiglia 7 anni fa, quando avevano entrambe 37 anni. «La mamma biologica avrebbe dovuto essere Raphaelle e infatti, all’ospedale belga cui ci siamo rivolte, hanno scelto un donatore che le assomigliasse». I tentativi di fecondazioni semplici e in vitro sono stati moltissimi: «Tre anni di viaggi a Bruxelles e di aspettative deluse». Un calvario. Finché Giuseppina non ha deciso di cimentarsi al posto di Raphaelle. «E alla prima Fivet sono rimasta incinta».

La bimba, Lisa Marie, oggi ha 4 anni e mezzo e frequenta la scuola materna locale. «È una bambina felice, allegra, di buon carattere» dicono le madri. Merito della serenità familiare. Ma anche dell’accoglienza che ha avuto dalle maestre, dai compagni e dai loro genitori: «A tutti abbiamo detto sempre e soltanto la verità. E la verità paga. I pregiudizi esistono, certo. Ma quando genitori e insegnanti ci conoscono e vedono che quelle omosessuali sono famiglie come le altre, tutto scorre liscio». Anche le bambine di Micaela Pini e Annie Saltzman (Rebecca, 8 anni e Noa, 6) sono perfettamente integrate a scuola: «E pure noi» aggiunge Annie, americana da 28 anni in Italia. «Al punto che i genitori dei loro compagni ci lasciano i figli molto volentieri».
Annie e Micaela (erede quest’ultima della famiglia che a Milano ha dato due grandi ospedali, il Gaetano Pini e il Paolo Pini) per concepire le loro figlie hanno chiesto aiuto al migliore amico di Annie, l’informatico americano Lenny Feldstein, che ha donato il seme e riconosciuto le bambine. «Ho sempre desiderato avere dei figli» spiega Lenny «e quando Annie me l’ha chiesto ho accettato volentieri».
Ma perché non averli in una famiglia tradizionale, con una compagna? «Finora non mi è capitato di incontrare la donna della mia vita, mentre so che Annie e Micaela sono le mamme giuste per le mie figlie».
Il loro è un caso un po’ anomalo anche nel mondo non certo ortodosso della genitorialità omosessuale. In genere le aspiranti mamme lesbiche se non ricorrono a una banca del seme si rivolgono a un amico gay o a una coppia di omosessuali maschi con cui condividono maternità e paternità.
E l’anomalia è ancora più forte se si considera che Annie è americana e che, dall’anno scorso, è legalmente unita in matrimonio con Micaela e ha ottenuto di conseguenza tutti i diritti del caso, anche quelli di genitore: «Ci siamo sposate nel Massachusetts, l’unico stato americano che consente il marimonio e non la semplice unione civile» raccontano. In base alla legislazione dello stato, Annie avrebbe potuto adottare le bambine. «Ma non ho voluto togliere a Lenny il ruolo di padre, che svolge con amore e delicatezza. Mi fido di lui».

Come tutte le altre coppie omosessuali con figli, però, Annie e Micaela si sono tutelate con scritture private dove si afferma che la madre non biologica ha il diritto-dovere di provvedere ai bisogni morali e materiali delle figlie. Anche se, in realtà, questi contratti servono a poco: in caso di dissidio o separazione di una coppia omosessuale, per legge l’unico ad avere diritti e doveri è il genitore biologico.
«Proprio recentemente a Milano è stata respinta dal tribunale dei minorenni la domanda presentata da una madre non biologica di vedersi riconoscere l’affidamento condiviso e il diritto di visita per i figli avuti dall’ex partner e cresciuti con lei» dice Susanna Lollini, avvocato specializzato nelle problematiche delle famiglie omosessuali. «Purtroppo la mancanza di un qualsiasi riconoscimento delle unioni gay si ripercuote sul destino dei figli. Chi sostiene che al posto dei pacs o dei dico basta un normale contratto privato sbaglia di grosso: un accordo del genere può tutelare, eventualmente, soltanto il partner ma non il genitore non biologico, oltre che i figli».
Per tutelarsi, molte coppie omosessuali cercano di ufficializzare almeno un po’ il loro rapporto iscrivendosi nello stesso stato di famiglia (la legge consente di creare una famiglia anagrafica anche tra non consanguinei) o ai registri delle unioni civili disponibili in una trentina di comuni italiani (nella Roma del sindaco Walter Veltroni e del Vaticano è appena fallita la battaglia per istituirne uno). Ma i vantaggi sono simbolici e in compenso ci sono gli oneri. Fiscali: i redditi si sommano e le tasse aumentano.
Essere genitori come gli altri, con gli stessi diritti e gli stessi doveri: questo chiedono le coppie omosessuali. Ma la società italiana è pronta ad accettare questa rivoluzione o è d’accordo con il ministro della Famiglia Rosy Bindi, quando sostiene che «il desiderio di maternità e paternità un omosessuale se lo deve scordare»? Il timore è che i figli delle coppie omosessuali paghino le scelte dei genitori con problemi psicologici e di crescita. Ma è proprio così?
Nel suo saggio, Citizen gay, appena pubblicato dal Saggiatore, lo psichiatra Vittorio Lingiardi, docente all’Università La Sapienza di Roma, cita numerosi studi che lo negano. «La ricerca scientifica disconferma queste preoccupazioni e stabilisce che i figli di genitori omosessuali sono psicologicamente sani e adattati in percentuali sovrapponibili ai figli cresciuti in famiglie eterosessuali». Fra gli studi citati nel saggio, quello del 2005 dell’American academy of pediatrics afferma che «non c’è relazione fra l’orientamento sessuale dei genitori e qualsiasi tipo di misura dell’adattamento emotivo, psicosociale e comportamentale del bambino (...). Un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corrre alcun rischio specifico».

Una tesi confortata dall’esperienza diretta di Laura Pierella, da 25 anni educatrice in una scuola materna del Milanese, che ha avuto in classe tre fratellini figli di una coppia lesbica. «Bambini normalissimi» li definisce. «Sereni come le loro mamme. Non abbiamo avuto nessun tipo di problema né con loro né con i compagni. Non so se accade così anche per le altre famiglie gay, ma questa ha certamente allevato bambini felici e consapevoli di avere l’amore di due mamme».
In realtà, gli stessi genitori gay si pongono problemi sul futuro dei propri bambini per l’impatto che la loro condizione di «figli di omosessuali» potrebbe avere sulla società: «All’inizio non ci dormivo la notte: avrò fatto la cosa giusta? Soffriranno? Verranno feriti dal mondo?» si chiedeva Giuliana Beppato, milanese, 41 anni, psicologa, con Elena Mantovani, vigile urbano, mamma di tre bimbi: Federico, 8 anni, e i gemelli Sara e Joshua, 6, tutti nati con inseminazione artificiale effettuata in una clinica olandese. «Molte cose sono cambiate negli ultini anni, ma temevo che la società non fosse ancora del tutto pronta ad accogliere famiglie così diverse, avevo paura della reazione dei vicini e di quella delle mamme che mi portano i loro figli (sono terapeuta infantile). Ma mi sbagliavo, anch’io avevo dei pregiudizi: le persone spesso sono migliori di quanto crediamo e noi gay possiamo essere i peggiori nemici di noi stessi».
È un discorso che torna anche nelle parole di Delfina Esposito, 30 anni, romana trapiantata a Napoli per amore di Marta, 29, e con lei madre di Alessandro. «Lavoro alla base americana presso l’aeroporto di Capodichino: un ambiente militare, teoricamente conservatore. E invece ho incontrato solo affetto e solidarietà. Prima della nascita del bambino i colleghi mi hanno organizzato una “baby shower”, una festa di benvenuto per il nascituro secondo le loro usanze. Per non parlare dei vicini di casa, in gran parte militari della base: al ritorno dall’ospedale abbiamo trovato pacchi di regali davanti alla porta».
E le famiglie d’origine, come prendono l’arrivo di una cicogna così anomala? «Mia madre ci aveva messo un po’ ad accettare la mia omosessualità, che peraltro ho capito io stessa tardi, a trent’anni» dice Costanza Tantillo, 42 anni, mamma non biologica di Alice, 10 mesi, occhi azzurrissimi e boccoli d’oro. «L’annuncio dell’arrivo della bimba, invece, non l’ha turbata affatto: è affezionatissima a Domitilla, la mia compagna, ed è felice per la nostra felicità. Ogni sabato andiamo a pranzo da lei: ci sentiamo, e siamo, una famiglia normalissima».

Ma se è così, perché Domitilla non vuole dire il suo vero nome e come Marta, la compagna di Delfina, non accetta di farsi fotografare mostrando il volto? «Lavoro in un ufficio pubblico, i colleghi hanno una mentalità molto ristretta» dice Domitilla. «Mi sono laureata da poco in economia e cerco lavoro, non vorrei che questa maternità atipica fosse un handicap» aggiunge Marta.
Chi invece non ha mai nascosto la sua omosessualità scoperta tardi, dopo la separazione dal marito, è Francesca Grossi, informatica e membro della segreteria dell’Arcigay. Il bell’appartamento borghese a Monteverde, dove Francesca vive con il figlio Carlo, oggi undicenne, è nello stesso palazzo dove abitano le zie del bimbo, sorelle dell’ex marito, che non l’hanno abbandonata dopo la separazione ma la sostengono e sono molto presenti con il nipote. Anche l’ex marito ha un legame profondo con lei, tanto che quando viene a Roma (abita al Nord) dorme nella sua stessa casa. E tutti, a cominciare da Carlo, vanno d’accordissimo con Alessandra Filograno, addetta stampa, una lunga militanza nel Partito radicale dove è stata fra i promotori della campagna contro la pena di morte.
Carlo è orgoglioso della sua particolare famiglia: «Agli amici più sinceri ho detto che la mamma è lesbica» racconta con marcato accento romanesco. «A quelli delle elementari non gliene fregava niente». E a quelli delle medie? «Nun ce credono!».

Sphere: Related Content

Golden Globe a Christie e Day-Lewis. Premiato anche l'italiano Marianelli.

(TGCom) Assegnati a Los Angeles i Golden Globe. La cosìddetta anticamera degli Oscar vede tra i vincitori Julie Christie con "Away From Her" e Daniel Day-Lewis (nella foto) con "There Will Be Blood" per la categoria attori principali. Tra i non protagonisti vincono Cate Blanchette e Johnny Depp . Un premio anche all'italiano Dario Marianelli, autore della colonna sonora del film "Espiazione". Julian Schnabel è il miglior regista con "Lo scafandro e la farfalla".

La premiazione svoltasi a Beverly Hills è stata impedita dai picchetti degli sceneggiatori in sciopero e quindi sostituita dalla lettura dell'elenco dei premiati in una conferenza stampa in un albergo di lusso. Questa la lista completa dei premi assegnati nella sessantacinquesima edizione dei Golden Globe, organizzata dalla Hollywood Foreign Press Association, l'associazione della stampa estera di Hollywood:

FILM:
Miglior film drammatico: "Atonement"
Miglior attrice drammatica: Julie Christie, "Away From Her"
Miglior attore drammatico: Daniel Day-Lewis, "There Will Be Blood"
Miglior film musicale o commedia: "Sweeney Todd"
Miglior attrice film musicale o commedia: Marion Cotillard, "La Vie En Rose"
Miglior attore film musicale o commedia: Johnny Depp, "Sweeney Todd"
Miglior attrice non protagonista: Cate Blanchett, "I'm Not There"
Miglior attore non protagonista: Javier Bardem, "No Country for Old Men"
Miglior regista: Julian Schnabel, "The Diving Bell and the Butterfly (lo scafandro e la farfalla"
Sceneggiatura: Ethan e Joel Coen, "No Country for Old Men"
Miglior film in lingua straniera: "The Diving Bell and the Butterfly (Lo scafandro e la farfalla)" Francia e Usa
Film d'animazione: "Ratatouille"
Colonna sonora originale: Dario Marianelli, "Atonement"
Canzone originale: "Guaranteed" da "Into the Wild"

TELEVISIONE:
Serie drammatica: "Mad Men"
Attrice drammatica: Glenn Close, "Damages"
Attore drammatico: Jon Hamm, "Mad Men"
Serie Musical o Commedia: "Extras"
Attrice Musical o Commedia: Tina Fey, "30 Rock"
Attore Musical o Commedia: David Duchovny, "Californication"
Miniserie o film: "Longford"
Attrice Miniserie o film: Queen Latifah, "Life Support"
Attore Miniserie o film: Jim Broadbent, "Longford"
Attrice non protagonista, Serie, Miniserie o Film: Samantha Morton, "Longford"
Attore non protagonista, Serie, Miniserie o film: Jeremy Piven, "Entourage"

L'elenco con tutte le nominations ed i vincitori nelle relativ categorie.

---

Sphere: Related Content

Primarie Usa, la gladiatrice e il seduttore.

Hillary Clinton e Barack Obama
(Marco De Martino - Panorama) Come si conviene a un duello che vede di fronte un uomo nero e una donna bianca, il prossimo scontro si terrà in South Carolina. Qui, dove la metà degli elettori democratici è composta da afroamericani, ma le bandiere confederate dell’esercito sudista sventolano ancora sui tetti di alcune case, i volontari di Barack Obama hanno trasformato migliaia di negozi dei barbieri e parrucchieri in altrettanti centri di voto per il senatore dell’Illinois. E non è di acconciature, ma di chi votare il 26 gennaio che si discute animatamente in saloni di bellezza come Style of distinction beautique, a Columbia: «È dai tempi di Bobby Kennedy che non si vedeva un entusiasmo del genere» dice a Panorama Dick Harpootlian, ex leader del Partito democratico dello stato.

All’appuntamento cruciale col voto nero la campagna di Hillary Clinton arriva seriamente danneggiata. Certo in New Hampshire la senatrice ha evitato l’umiliazione di un’altra sconfitta come quella che aveva subito in Iowa: per un pugno di voti, circa 8 mila, Hillary è riuscita a tenere in vita una candidatura che sembrava ormai moribonda. Ma non ha potuto evitare una sorte se possibile anche peggiore: che milioni di americani smettessero di immaginare un ritorno dei Clinton alla Casa Bianca e cominciassero a sognare invece una first family che pare uscita da uno spot di Gap. O di United colors of Benetton, come preferisce dire Barack Obama, sempre attento a sottolineare la propria multirazzialità.
Ecco allora che Chelsea esce dalla foto ricordo del progressismo Usa. E al suo posto entrano Sasha e Malia, le due bambine di 6 e 9 anni che Barack Obama mette ogni sera a letto raccontando loro una favola in videoconferenza sul Macintosh. Non il vecchio Bill ma la sinuosa Michelle, avvocato col fisico modellato da 200 salti di corda ogni mattina. E, al centro del ritratto di famiglia, il sorriso beffardo di un nuovo seduttore americano capace di ammaliare con la sua retorica da telepredicatore del Midwest persino i sondaggisti che lo danno per vincente anche quando in realtà sta per perdere.
Ironia della sorte, l’ultimo politico americano che aveva generato tanto entusiasmo era stato proprio Bill Clinton nel 1992. Ma il paragone porta alcuni a pensare che alla base del culto di Obama, nuovo fenomeno massmediologico, non ci sia solo una questione di talento politico: «I Clinton arrivarono sulla scena promettendo all’America nuovi valori anche sul piano personale, ma non lo hanno fatto: mentre parlavano di nuova coppia spuntavano da tutte le parti le amanti di lui» spiega Larry Sabato, politologo dell’Università della Virginia. «Gli Obama magari talvolta battibeccano in pubblico, ma sai per certo che si tratta di una famiglia veramente unita. È proprio questa sincerità a rendere Obama una creatura politica nuova: il messaggio politico è la sua storia».
Che anche in Obama, come spesso si dice di Hillary Clinton, ci sia qualcosa di prefabbricato è evidente: non a caso la sua carriera politica è basata su due libri autobiografici che hanno guidato le vendite per oltre due anni. Letterato prestato alla politica (tra gli autori preferiti Jorge Luis Borges), Obama ha raccontato se stesso come nessun leader americano aveva fatto prima. E come sicuramente Hillary ha evitato accuratamente di fare nella sua autobiografia. Tutti ormai sanno della sua vita divisa tra il bianco (la madre del Kansas) e il nero (il padre keniota), dell’infanzia passata tra le Hawaii e l’Indonesia, della scuola di legge ad Harvard abbandonata per lavorare nei ghetti di Chicago. Ma, anziché stufare o risultare stucchevole, la sua storia entusiasma non solo la stampa liberal come Newsweek (che gli ha dedicato due copertine) o quella glamour alla Men’s Vogue (il primo magazine a dargli la copertina, mobilitando la fotografa Annie Leibovitz), ma anche un feroce critico come il giornalista conservatore Richard Lowry: «Se non capisci cosa significherebbe una sua vittoria, non sei americano. Questo è un ragazzo che 50 anni fa non sarebbe potuto entrare nemmeno nei bagni dei bianchi».
Per sintetizzare l’entusiasmo che Obama raccoglie a destra, l’iconoclasta commentatore gay Andrew Sullivan parla di «Obama republicans», conservatori convertiti come i Reagan democrats di un tempo. Mentre Peggy Noonan, che di Reagan scriveva i discorsi, dice che a Obama per battere Hillary bastano la classe e la capacità di unire anziché dividere.
Il vero banco di prova di questo scenario verrà proprio dal voto in South Carolina, a cui i democratici arriveranno dopo una tappa minore in Nevada il 19 gennaio. Per Obama si tratterà di un incontro con il proprio destino: popolare tra i bianchi, finora il senatore è riuscito a non deludere i neri parlando però solo raramente dei loro problemi. Non lo ha fatto neppure dopo la tragedia dell’uragano Katrina, quando ha stupito i leader afroamericani dicendo che l’incompetenza è incapace persino di riconoscere i colori, e che se si era verificata una discriminazione era stata contro i poveri. Solo più di recente Obama ha cominciato a riposizionarsi nei confronti degli afroamericani, con una serata all’Apollo Theater di Harlem e l’incontro con Oprah Winfrey che ha radunato 29 mila persone nello stadio di Columbia in South Carolina.
Per alcuni la sterzata è arrivata troppo tardi, e i leader afroamericani non sono convinti di potersi fidare di quel politico che torna a essere nero solo sul campo di basket, dove strattona gli avversari e si vanta dei suoi tiri come un ragazzino del ghetto. Non credono a Obama i personaggi neri come l’attore Denzel Washington, il regista Spike Lee o la scrittrice Toni Morrison, che nonostante l’esempio di Oprah Winfrey non hanno ancora finanziato il senatore. E metà del Black congressional caucus, che raduna i deputati afroamericani, appoggia Hillary per il lavoro a difesa dei bambini poveri e per l’assistenza legale ai giovani neri.
Divisa è la famiglia di Jesse Jackson, che nell’88 con la sua campagna presidenziale infiammò la comunità nera. Lui appoggia Obama, amico dei suoi figli, mentre sua moglie si è schierata con Hillary. E anche Al Sharpton, l’altro grande leader afroamericano, non ha ancora deciso se appoggiare la moglie di Bill Clinton, che considera il primo presidente nero della storia americana, oppure quello che potrebbe diventare il primo vero nero a occupare la Casa Bianca. Con Barack per ora ha solo pranzato una volta: «Certo la sua elezione sarebbe un evento storico, ma ci sono anche problemi veri che vanno risolti, e per quelli la storia non basta».

Sphere: Related Content

Scontri per il ritorno alla legalità nella Gay Street milanese. Via Sammartini ghettizzazione senza pace.

Definirla Gay Street forse è una forzatura giornalistica se la si paragona a zone come Soho a Londra, ma si sa, a Milano tutte le cose assumono le dimensioni da paese rispetto alle altre città. In ogni caso, quella che i media definiscono Gay Street (Via Sammartini) è al centro di polemiche.

Palazzo Marino, dopo le lamentele degli abitanti della zona, ha deciso di portare avanti una campagna di repulisti. Gli abitanti lamentavano la presenza di risse, spacciatori e casino, e il comune ha deciso di far chiudere i locali gay di Via Sammartini alle 22 di sera anziché alle 2 di notte. Peccato che a detta dei frequentatori, spaccio e risse non coinvolgano i frequentatori gay, bensì gli avventori degli altri locali.

In ogni caso è battaglia, il TAR ha accolto la richiesta di sospensiva sull’ordinanza e domani prenderà la decisione vera e propria, deciderà se ha ragione il comune e i locali in questione dovranno chiudere alle 22, oppure se, come sostiene anche l’Arcigay, i problemi della via in questione siano indipendenti dai locali omo. L’Arcigay anche se con poca convinzione, ricorda polemicamente che questa stessa giunta non ha rinnovato il patrocinio al festival cinematografico gay lesbo, al gay pride e ha censurato la mostra arte e omosessualità. La stessa Arcigay milanese inoltre a sua volta preferisce non ricordare e sottacere che deve proprio al centrodestra l'utilizzo della sua nuova sede concessa a suo tempo da Ombretta Colli.

Via 02blog.
---

MILANO. LOCALI CHIUSI, SCONTRO SULLA GAY STREET
L'accusa del Comune: droga e risse fuori dai locali.
Mancuso, presidente Arcigay: «Spiegazioni dal ministro dell'Interno».
Assemblea di protesta dei residenti nel quartiere.

(Armando Stella - Il Corriere della Sera) Notificata, letta, impugnata, sospesa dal Tar. È durata meno d'una settimana l'ordinanza comunale che stringeva gli orari di due locali storici della comunità omo, Next Groove e After Line, chiusura anticipata dalle 2 alle 22 per evitare risse, spaccio, intemperanze, oscenità e disturbo ai residenti della zona, secondo il report della polizia.

Ma la battaglia di via Sammartini è all'inizio. Domani il Tar discute l'annullamento del provvedimento chiesto dai locali, Palazzo Marino porta le prove dei reati e le petizioni degli abitanti, la Milano omo risponde alle firme con le sue firme e si prepara alla mobilitazione: «La gay street non si tocca».

La bonifica di via Sammartini inizia a fine dicembre. Il commissariato recapita in Comune l'ultimo rapporto sui «luoghi di ritrovo di soggetti dalla chiara tendenza omosessuale», posti «dediti al consumo di stupefacenti ». C'è l'elenco delle operazioni, degli arresti. Sbandati e ubriachi. Coltelli e feriti. Palazzo Marino ordina il repulisti.

Gli abitanti del quartiere non ne possono più, e stavolta vengono ascoltati. Ma il ricorso dei titolari dei bar fa centro, il Tar concede la sospensiva, domani decide sull'ordinanza.

Il titolare dell'After line, Bruno Thomas Tei, l'aveva detto subito: «Non finisce qui». E infatti. S'è mossa l'Arcigay, con il presidente Aurelio Mancuso: «La posizione della questura è politicamente inaccettabile, chiederò al ministro degli Interni come sia possibile accostare l'omosessualità e il consumo di droga». Via email gira una petizione del magazine Clubbing, centro di coordinamento della mobilitazione «contro la chiusura di via Sammartini». Felix Cossolo è il fondatore della gay street milanese, ammette che davanti a qualche bar si raduna «una clientela che nulla ha a che fare con il progetto di riqualificazione » del quartiere e «danneggia l'immagine degli altri locali», punta il dito conto «l'incapacità» e «la mancanza di coordinamento dei gestori». Ma ne ha anche per Letizia Mo-ratti, «indifferente al nostro grido di allarme per il degrado» e sindaco d'una giunta che ha tolto il patrocinio al Gay Pride e al festival del Cinema Gay-lesbico », oltre ad aver censurato la mostra Arte e Omosessualità.

Discriminazione, l'accusa. Respinta al mittente dal vicesindaco Riccardo De Corato: «In via Sammartini c'è un problema di ordine pubblico, fuori e non dentro i locali. Davanti al giudice produrremo i documenti che lo dimostrano». Non per altro, «la linea della giunta è uguale ovunque, qui come in piazza Sempione, in corso Como. Tolleranza zero all'esterno di bar e discoteche». Droga, risse e sosta selvaggia. Non linea dura con la comunità omo, vicesindaco? «No. Avremmo fatto lo stesso con centri per filantropi, veterinari o pensionate. Nessun intento discriminatorio».

La gay street milanese apre nel 1993, targa posta da Franco Grillini e scritte neofasciste sui muri poco più in là. Arrivano negozi, l'Oasi Rosa e l'After Line, si organizzano mostre e feste, passano artisti e filosofi, da Platinette a Gianni Vattimo. Negli ultimi anni, però, via Sammartini è diventata la discarica della Stazione Centrale, dormitorio per i clandestini, ufficio per i pusher, ricovero per trans e prostitute. I residenti saranno in assemblea ancora il 22 gennaio. Sono stufi marci. Anche delle petizioni

Sphere: Related Content

Speciale Milano moda e modelli. Addio gay, la moda scopre il fascino dei nuovi etero.

(Daniela Fedi - Il Giornale) L’identità sessuale passa dall’abito? La cosiddetta gente comune non ha mai avuto dubbi, mentre gli stilisti per inseguire il nuovo sono arrivati a concedersi veri e propri travestimenti. Invece dalle collezioni maschili per l’inverno 2009 in passerella a Milano, sembrano finalmente spariti i modelli da uomo visibilmente «omo». Perfino la cintura-gonnellino proposta da Prada non aveva niente di equivoco essendo ispirata da due capisaldi dell’abbigliamento virile: il kilt dei reggimenti scozzesi e la fascia da smoking. Certo era quanto di più inconsueto si possa immaginare come del resto le camicie allacciate sulla schiena o le cravatte appiattite fino a diventare collarette e, nel caso del farfallino, un effetto ombra sotto al colletto.

«L’eccentricità non è sinonimo di omosessualità - dice la grande signora del made in Italy - e gli uomini moderni sono più liberi di osare anche nel guardaroba. Questa alla base è una collezione molto formale ma tiene conto della rivoluzione in atto». Ecco quindi perché su una passerella invernale non si son visti i cappotti: secondo Lady Prada l’inverno non esiste più, la gente vive al chiuso, nei locali tipo shopping mall invece che nelle piazze. Ma la vera rivoluzione sta nella proposta del classico in salsa nuova, con sorprendenti prove di creatività per esempio nel rivisitare il tipico doppiopetto gessato piazzando le righe in gradazione: più fitte davanti e a scalare sulla schiena. Il risultato è una specie di trompe l’oeil che sottolinea la silhouette. «Nel mondo del lavoro sta arrivando una generazione abituata a scarpe e magliette di tutti i colori, bisogna trovare nuove soluzioni per il completo grigio e per tutto ciò che da sempre veste l’uomo con eleganza» conclude Miuccia.

Non è la sola a pensare che il classico maschile debba guardare al futuro senza pensare al successo dell’eccesso modaiolo. Lars Nilsson, designer svedese chiamato a disegnare le collezioni di Gianfranco Ferrè, ha debuttato con una superba collezione sartoriale presentata in forma statica su un allestimento di Michael Howells. Timidissimo, ma davvero bravo nel rispettare la mistica della griffe, Nilsson si è ispirato allo stile impeccabile dell’abito completo di gilet, raffinato oltre ogni dire. Maschio e deciso, ma non violento, l’uomo proposto dal bravo Massimiliano Giornetti che per Ferragamo ha creato una convincente immagine virile ispirata da quel capolavoro cinematografico che è Le vite degli altri di Florian Enckel Von Donnesmarck. Ai suoi colori scuri tipici della Germania dell’Est illuminati dai bagliori delle acciaierie della Ruhr, fa da superbo contraltare il tributo al cammello di Ermanno Scervino che ha nascosto i suoi inimitabili piumini dentro i classici paltò del lusso vero. Antonio Marras s’ispira invece all’arte di Piero Manzoni - quello famoso per la «Merda d’artista» - per costruire in modo nuovo 45 stupende camicie e ai grandi classici da uomo tipo il trench. Ma a chiudere il cerchio su questo benedetto ritorno a una precisa identità sessuale della moda maschile è senza dubbio Armani che per la sfilata Emporio manda in passerella uomini e donne diversi anche se felicemente complementari. «La coppia vince - dice il maestro - vincono i sentimenti e soprattutto il rispetto di certi valori. Bisogna tornare alla chiarezza, a un lui e ad una lei che stanno bene insieme». Scusate se è poco detto da un uomo che ha sposato il lavoro facendo onore a questo nostro Paese d’indecisi.

Sphere: Related Content

Le fobie più bizzarre si curano sul web.

[i](Credits:[url=http://www.flickr.com/photos/violator3/303425378/]Violator3[/url] by Flickr)[/i]

(Panorama) Va detto subito: dubbi sulla serietà medica del sito ce ne sono quanti ne volete. Ma potete stare certi che se soffrite di qualche particolare fobia, qui la trovate. Il sito è ChangeThatsRightNow.com. E si è preso la briga di catalogare tutte le fobie possibili e immaginabili. Qualche esempio: la pentheraphobia, paura per la suocera, o la francophobia, il terrore dei francesi. Scrupolo scientifico? Non proprio.

Il sito americano promette infatti, per “soli” 1.500 euro, di curare ognuna delle circa 1.500 fobie elencate nel data base.
Una circostanza che ha insospettito quelli del New Scientist, autorevole rivista scientifica del Regno Unito, che proprio su segnalazione di alcuni lettori hanno dato un occhio alla sedicente “clinica delle fobie”. Scoprendo che la cura proposta per la ‘hippopotomonstrosesquipedaliofobia’ - paura per le parole troppo lunghe - è identica a quella per la colrofobia - chi ne è affetto non sopporta la vista dei clown.
Una patologia, a sorpresa, piuttosto comune.
“Non è poi così inusuale avere delle fobie bizzarre”, ha detto al Times Robert Endelmann, psicologo membro della National Phobics Society. Niente a che vedere con l’agorafobia (spazi aperti), claustrofobia (spazi chiusi) o aracnofobia (ragni): troppo istituzionali. I medici, oggigiorno, devono vedersela con “l’octofobia”, ovvero la paura per il numero otto, la “lutrafobia”, terrore per le lontre, o persino la “fobofobia”: il timore per le fobie in generale.
L’origine di tutte queste patologie sembra essere quello di un trauma patito durante l’infanzia o l’adolescenza. Ma anche, come nel caso della paura del buio o degli insetti, un retaggio ancestrale che ci riporta agli albori della specie umana. “Aver paura di queste cose poteva essere utile per i nostri progenitori”, dice il professor Endelmann.
Un meccanismo che potrebbe benissimo tornare utile al nostro tempo. Il New Scientist, infatti, lamenta ironicamente che nella lista stilata da ChangeThatsRightNow.com non figuri la fobia per “siti internet ripetitivi” o quella per “strategie di marketing idiote”. Infine, è toccato proprio al Times constatare come la proliferazione di queste psicopatologie di vita quotidiana stia tracimando in ogni direzione: “Io ho la fobia per i giornalisti del Times”, avrebbe dichiarato Alexander Gardner, l’ennesimo psicologo contattato dal quotidiano britannico, in cerca di commenti.

Sphere: Related Content

Roma. Il Millenium Project: un nuovo centro direzionale tra musica e grattacieli - La città che verrà.

(06 blog) Un grattacielo di 130-150 metri, uffici, abitazioni e quella grande casa della musica chiamata Fonopoli e di cui abbiamo parlato recentemente. Il tutto in una zona dove già sorgono gli uffici dell’Alitalia, un albergo ed altre aziende. Questi gli ingredienti del Millenium Project, ovvero del progetto di riqualificazione della collina della Muratella, tra la magliana ed il Gra, che il comune di Roma metterà a cantiere nei prossimi anni.

Al centro del progetto, contestato dagli ambientalisti romani, c’è sicuramente il grattacielo di Richard Rogers. Forse qualche lettore se lo ricorderà. Ne avevamo infatti già parlato oltre un anno fa in un post sui grattacieli di Roma. La torre, destinata a diventare la seconda più alta di Roma dopo quella di Purini ed insieme alla vicina Green Tower di Schivò, ospiterà uffici e sarà al centro della nuova area a fianco della grande piazza. Tutto intorno molte abitazioni, altri uffici direzionali, aree verdi, la Fonopoli di Zero, vero centro culturale ed attrattivo del Millenium, ed un collegamento stradale con il vicino Gra.

Ad oggi la delibera che prevede il via libera ed il finanziamento dell’intero progetto è in discussione al Consiglio comunale e secondo le previsioni potrebbe essere approvato entro due-tre mesi. Da quel momento partiranno le procedure che porteranno alle gare per gli appalti. Ci vorrà qualche anno quindi per vedere tutto pronto. In attesa di quel momento segue una galleria di immaggini del progetto.

Foto: Skyscrapercity

Fonopoli

Immagini del progetto di riqualificazione e del grattacielo di Rogers

Sphere: Related Content

La bambinificazione genitoriale dei gay.

(Cadavrexquis) Padri e madri italiani cercano di trattenere il più a lungo possibile i figli nel loro ruolo di figli. Superata un'età in cui è indecoroso essere considerati ancora alla stregua di minorenni da essere accuditi, ci sono uomini grandi e grossi che vengono salutati dalla mamma italiana con frasi del tipo "il mio bambino!", accompagnate dall'occhio umido e da ricatti nemmeno troppo sotterranei se il bambino in questione cerca di sottrarsi a questo abbraccio mortale. Tuttavia c'è un momento in cui anche i genitori più ostinati sono costretti a rassegnarsi alla realtà delle cose: i loro figli sono diventati adulti. In genere questo momento coincide con il matrimonio e, in Italia, con l'uscita di casa degli adorati pargoli. Il figlio viene riconosciuto in quanto adulto - anche se di malavoglia - quando crea la sua famiglia. Vittime designate di una perenne bambinizzazione sono invece i gay. Il figlio che non si sposa e non forma una famiglia (in senso tradizionale) - anche perché per legge non gli è consentito farlo - viene, a maggior ragione, fagocitato dalla famiglia d'origine: mamma e papà hanno una scusa in più per vedere in lui il bambino che non è più. (Tra l'altro, un riconoscimento pubblico delle unioni gay - e delle relative famiglie che ne risulterebbero - servirebbe anche, in certa misura, a rendere adulti i gay stessi, innanzitutto ai loro stessi occhi, oltre che a quelli dei genitori). Di riflesso, lo sguardo dei genitori inchioda il figlio a una perenne infanzia, tanto che lui stesso finisce a volte per convincersene e non di rado si comporta di conseguenza. Il figlio omosessuale, anche se è uscito di casa e vive la sua vita indipendente, non è ancora un adulto vero e proprio, ma resta una propaggine, un'estensione dei genitori. La sua autonomia non è presa sul serio: siccome non si è formato a sua volta una famiglia, l'unico ruolo in cui può essere incastrato è quello di figlio. Figlio minorenne, il mio bambino, insomma. Lo avranno notato in prima persona tutti quei gay che, vivendo lontano dalla famiglia d'origine, vi rientrano per le feste comandate e sono circondati da fratelli, cugini o parenti vari accasati e quindi, ipso facto, "adulti", mentre loro no, restano sempre "figli di". E' anche per questo motivo che ai più sensibili - e permalosi - tra di noi sono particolarmente invise le feste comandate: perché accade qualcosa che ci risucchia verso le nostre origini, bambinificandoci, un po' come accade al protagonista di Ferdydurke, il romanzo di Witold Gombrowicz, che una mattina si sveglia ed è di colpo trattato da tutti come se fosse un bambino. Questo è un vulnus di cui fatichiamo a liberarci, perché ci resta attaccato addosso, come un odore fastidioso o come una seconda pelle. E' vero, almeno in parte, che, così come veniamo percepiti, noi ci percepiamo a nostra volta, sicché occorre uno sforzo in più per uscire da questa coazione a ripetere. Soprattutto in un paese familista come il nostro, dove la tendenza delle famiglie a fagocitare gli individui è comunque molto forte. Così, molto spesso, quando faccio qualche nuova conoscenza - e tasto il terreno per capire se questa conoscenza possa svilupparsi in una relazione - mi sorge il dubbio di non avere conosciuto una persona adulta ma il "figlio di sua madre" o di essermi imbattuto in un'offerta del tipo "paghi uno (un uomo) e prendi due (l'uomo e sua madre o suo padre)": insomma, il mio uomo ideale è quello la cui mente non è colonizzata in modo permanente dai genitori e che perciò non sente il bisogno di vedere mammà ogni fine settimana. Quella che in questo paese bisogna ingaggiare è una battaglia culturale. Se è vero che per diventare adulti bisogna, metaforicamente, uccidere il padre e la madre, è altrettanto vero che anche i genitori devono, a loro volta, uccidere i figli per consentire loro di crescere. E se non sanno farlo da soli, bisogna aiutarli in quest'impresa rifiutando, in primo luogo, di farsi trattare da bambini - anche se questo comporta la perdita di alcuni piccoli privilegi e comodità.

Sphere: Related Content

Speciale Milano moda e modelli. Sfilate, domenica il secondo giorno.

ALEXANDER MCQUEEN
Tyler

Shaun

Tyler

Shaun



DENIS SIMACHEV
Artem

Jake

Jake

Artem



ANTONIO MARRAS
Trent

Shaun

Tyler

Shaun

Sphere: Related Content

Colton Ford: ex attore gay, 45 anni, oggi star dance (con video).

Colton Ford(Queerblog) Ci arrivassi come lui a 45 anni ci metterei la firma ora, seduta stante. Anche due firme. Stiamo parlando di Colton Ford, attore pornografico omosessuale che ha fatto una ventina di film hot che hanno fatto girare la testa agli amanti del genere dal 2001 fino ad oggi.

Lasciata la carriera di pornodivo nel 2004, si è dedicato alla musica house/dance, dove ha avuto anche le sue belle soddisfazioni nelle classifiche dedicate Billboard.

Nonostante qualitativamente possa eventualmente lasciar desiderare, in realtà non è molto peggio di certe menate che propongono in tanti club oggi.

Al di là di tutto, il punto è che ha un fisico da urlo e sensualità da vendere e appendere. Opinabile certo, come sempre il de gustibus è d’obbligo. Se non fosse rivestito di una patina di tamarraggine rara, potrebbe anche avere qualche punticino in più.

Non posso che lasciarvi al video del suo nuovo brano “That’s me”, in collaborazione con uno che si chiama persino Cazwell. Vedi il caso.

Ah. Per tre quarti del video è mezzo nudo. Ovvio: perchè il lupo perde il pelo… Alcuni lettori mi hanno chiesto se fosse possibile avere una versione allargata dell’immagine di copertina. Nel caso di Colton oggi, basta cliccarla.

via | Queerty
---

Sphere: Related Content

Musical. "Hair" tutto italiano sotto la direzione di Elisa.

(Tuzone) Per la prima volta in Italia tre grandi teatri si sono uniti per produrre un musical: il Politeama Genovese, il Teatro Colosseo di Torino e il Teatro Smeraldo di Milano hanno puntato su “Hair”, che debutterà il 19 febbraio 2008 dal Teatro Colosseo di Torino.
La regia di questa nuova versione, interamente di produzione italiana, sarà affidata a Giampiero Solari. Le Coreografie saranno di David Persons e la direzione musicale di Elisa. I testi, rigorosamente originali, sono di Gerome Ragni & James Rado, le musiche di Galt Mac Dermot originariamente prodotte a New York da Michael Butler.

La nuova produzione si rifà all’idea dello spettacolo originale che richiede la musica dal vivo. Un rituale, una celebrazione estatica, una protesta, un happening, una commedia, una tragedia, Hair rompe ogni regola teatrale, come i suoi protagonisti, gli hippies, ruppero ogni norma sociale stabilita.
---

Sphere: Related Content

Mr Gay International 2008 a Hollywood. Tra i concorrenti c'è anche un italiano.


























La grande finale per l'"incoronazione" di Mr. Gay international si terrà ad Hollywood presso il Music Box (Henry Fonda Theater) dal 17 al 21 gennaio prossimi mentre il Galà di premiazione si terrà la sera di sabato 20.
Eccovi le schede di tutti i partecipanti. Come vedete c'è anche Mr Gay Italia, la redazione compatta dice che è parecchio "loffio" e senza alcuna speranza di portare a casa neppure una coppetta di gelato. Staremo a vedere. Comunque vorremmo conoscere dagli organizzatori di Mr Gay Italia quali sono le regole e le logiche estetiche che li portano a scegliere i concorrenti... e a quando una finale internazionale in Italia? E soprattutto a che servono queste manifestazioni "machiste" ad ingrassare i portafogli di qualcuno?

Sphere: Related Content