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sabato 8 dicembre 2007

Luttazzi e la vendetta delle "caste". «Sospeso via sms, sono sbalordito»

(Il Messaggero) Daniele Luttazzi commenta all'Ansa la sospensione di Decameron: «Sono sbalordito perché Antonio Campo Dall'Orto ha sospeso il programma senza una spiegazione valida. Mi ha detto che è rimasto colpito da un monologo satirico grottesco che lui ritiene un insulto ma che oggettivamente non lo è, per cui mi aspetto una scusa migliore. In Italia non è possibile fare satira libera».

Nonostante la sospensione, Luttazzi è ancora al lavoro in studio per la puntata di stasera, che non andrà in onda, dedicata all'enciclica del Papa. «Dall'Orto ha deciso e mi ha dato la notizia mandandomi un sms: non mi sembra molto corretto. Ma se viene mal consigliato deve essere aiutato a decidere meglio perchè la sua impressione non è corretta. Inoltre non si sa perchè avrebbe deciso per la sospensione perchè Campo Dall'Orto dice di non aver sentito Giuliano Ferrara. Quindi non si è nemmeno offeso il diretto interessato».

Con questo gesto per Luttazzi l'amministratore delegato di Telecom Italia Media «rischia di mandare in fumo il suo lavoro di tre anni, anni in cui aveva creato un emittente che dava l'immagine di una rete libera. Mentre ora chiude un programma per una battuta con cinque puntate già registrate nel cassetto?».

La motivazione «è che si tratta di un insulto ma non lo è. Si trattava di un'immagine in una articolata pagina di satira che si lega alla tradizione di Ruzzante e che era collegata ad Abu Ghraib. Un monologo a cui ho lavorato un anno e mezzo. Tutto questo è una cosa umiliante e finchè non ho la comunicazione ufficiale dagli avvocati io resto qui al lavoro. Anche se so che non andrà in onda sto lavorando alla prossima puntata». Che si augura? «Mi augura di ritrovarmi in un paese dove è possibile esprimere le opinioni liberamente. Adesso io non posso fare nulla, posso solo aspettare ma mi auguro che ci ripensino».

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Assemblea nazionale An, Odg per la famiglia. Contrastare forme giuridiche, quali i pacs-dico-cus.

"Sostenere in ogni sede iniziative in favore della famiglia".
(Red) "Mobilitare i rappresentanti di An nelle Regioni e negli enti territoriali perché sia assicurata la presa in carico del paziente affetto da patologie gravi e l'affiancamento della sua famiglia; sostenere in ogni sede iniziative in favore della famiglia, e a contrastare forme giuridiche, quali i pacs-dico-cus, che puntano non già al riconoscimento dei diritti individuali dei componenti delle coppie di fatto, ma a istituire modelli alternativi di matrimonio; contrastare nel Parlamento e fra la gente le norme c.d. anti-omofobia, in realtà gravemente lesive della libertà di espressione del pensiero".Questo il contenuto di un Ordine del giorno che sarà presentato domani all'Assemblea nazionale di Alleanza nazionale e su cui i firmatari, Gianni Alemanno, Mario Landolfi e Alfredo Mantovano. chiedono l'impegno del partito, dopo che nell'anno e mezzo di governo Prodi si sono intensificate, su impulso delle forze piú a sinistra dell'Unione, iniziative ostili all'integrità della persona.

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L'Udeur di Mastella cerca una scappatoia per non rimetterci la faccia.

SICUREZZA: UDEUR, SI' RISPETTO OMOSESSUALI, NO FORZATURE AMBIGUE.
Non abbiamo volontà omofobica, ma non hanno diritti speciali.


(Apcom) "Nessuna volontà omofobica. Nessuna mancanza di rispetto verso gli omosessuali, ma nessuna disponibilità a raffigurare la categoria degli omosessuali, in quanto tali, soggetti di speciali diritti". Con queste parole la segreteria dei Popolari Udeur precisa la posizione del partito rispetto a quanto accaduto in Senato sul voto al dl sicurezza.
"L'orientamento sessuale riguarda propriamente una sfera intima e privata su cui non c'è dato formulare giudizi e che nulla ha a che vedere con quella pubblica e giuridica, sulla quale abbiamo invece il dovere di legiferare secondo coscienza. Dobbiamo evitare - conclude la nota - di rappresentare gli omosessuali come categoria e non considerarli singoli soggetti".

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Omofobia, l'emendamento discriminato. Vediamolo nei dettagli.

(Klochov) Proviamo a capire qualcosa dell'emendamento sulle discriminazioni che si cerca di inserire nel "pacchetto sicurezza".

L'emendamento, che fa tanto discutere e agitare la senatrice Binetti, il Ministro Mastella e altre componenti del cosiddetto centrosinistra, intende modificare l'art.3 della Legge 654 del 1975.

Questa legge, oltre ad accogliere nel nostro ordinamento la Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, prevede:

  • La reclusione fino ad un anno e sei mesi o una multa per chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
  • La reclusione da sei mesi a quattro anni per chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per gli stessi motivi.
(Da notare che la versione originaria del 1975 non prevedeva tra le tipologie di discriminazione quella fondata su motivi di religione, che fu opportunamente introdotta nel 1993.)

Con la modifica in discussione oggi, questa legge verrebbe ulteriormente integrata con un riferimento all'art.13 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, come modificato nel 1997.

Infatti, con il Trattato di Amsterdam, l'Europa evolve il concetto di discriminazione, portandolo a comprendere le differenze di: sesso, razza, origine etnica, religione, convinzioni personali, handicap, età e tendenze sessuali.

La nuova formulazione della legge italiana del 1975, quindi, prevederebbe:
  • Fino a 3 anni di carcere per chi incita a commettere o commette atti di discriminazione secondo la definizione del Trattato di Amsterdam;
  • La reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi incita a commettere o commette atti di violenza per motivi discriminatori.
E' di questo che stiamo parlando, quindi: adeguare o meno la legislazione nazionale al concetto di discriminazione che l'Italia ha già dichiarato di condividere con l'adesione al Trattato di Amsterdam.

Questo non significa che possa diventare reato l'opinione di chi si dichiara contrario all'adozione da parte di coppie gay nell'ambito di una discussione seria sui criteri di valutazione dei requisiti per l'ammissione all'istituto dell'adozione. Punire la discriminazione non significa punire il dibatitto sulle differenze.

Significa ammettere un concetto di discriminazione più ampio e condiviso a livello europeo. Significa iniziare ad affermare che è necessario riconoscere ad ogni individuo il diritto di scegliere il proprio orientamento sessuale, al pari della propria religione o opinione politica.

Spesso si dimentica che insieme agli ebrei (discriminazione sulla base della religione e della razza), ai comunisti e dissidenti (opinioni), ai rom (nazionalità) e agli handicappati, le leggi razziali colpivano anche gli omosessuali (tendenze sessuali).

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A spasso nel distretto 798 a Pechino: la culla dell’arte contemporanea cinese.

Il distretto 798 (noto anche come Dashanzi Art District), è l'equivalente orientale di Soho a Londra o del Greenwich Village di New York. Di fatto, è la versione moderna di un vecchio complesso industriale sorto a fine anni '50, emblema della neo-cooperazione industriale e militare tra la Germania dell'Est e la Repubblica Popolare Cinese.Oggi è diventato il il cuore dell'arte contemporanea cinese: negozi, gallerie e studi già  attivi sono circa 300, ma ogni giorno continuano ad aprirsi nuove gallerie, ristoranti e showroom. Credit: Marco Cerbo
(Panorama) Se si trascorrono un paio di giorni nella capitale del Regno di Mezzo, le mete turistiche da visitare sono talmente tante che spesso viene meno la possibilità di spostarsi in zone un po’ più periferiche, sconosciute ai più, ma non per questo meno interessanti della Città Proibita o della Grande Muraglia. Una di queste è il distretto 798 (noto anche come Dashanzi Art District), l’equivalente orientale di Soho o del Greenwich Village di New York. Di fatto, il distretto 798 altro non è altro che la versione moderna di un vecchio complesso industriale sorto a fine anni ‘50, emblema della neo-cooperazione industriale e militare tra la Germania dell’Est e la Repubblica Popolare Cinese, entrambe sotto il cappello dell’ex-Unione Sovietica. Ancora attivi negli anni della Rivoluzione Culturale, tutti i padiglioni della fabbrica vennero tappezzati da slogan maoisti dipinti in un rosso brillante, molti visibili ancora oggi. Solo negli anni ‘80, per ordine dell’allora leader Deng Xiaoping, la produzione industriale venne interrotta.Il caso (o la fortuna) vollero che il distretto fosse abbandonato nel momento in cui la comunità di artisti contemporanei di Pechino, emarginata dal governo centrale, fu costretta a cercarsi un rifugio in angoli ancora più remoti della capitale. E fu così che, a suon di passa parola, nei primi anni del nuovo millennio le dismesse cattedrali industriali in stile Bauhaus vennero ripopolate, in un contesto che molti definiscono un “post-industriale chic”, sempre più affollate dai famosi “BoBo” (”borghesi-bohemiens”).Da allora, il distretto 798 rappresenta il cuore dell’arte contemporanea cinese: negozi, gallerie e studi già attivi sono circa trecento, tra cui anche l’italiano Marella, ma ogni giorno continuano ad aprirsi nuove gallerie, ristoranti e showroom, e anche i marchi occidentali più in voga, tra gli altri, Omega e Christian Dior, spesso scelgono il “798″ per realizzare sfilate e servizi fotografici. Studenti e collezionisti, sia cinesi che stranieri, ne fanno oggi una tappa obbligatoria durante ogni loro trasferta a Pechino, sia per ammirare le reinterpretazioni della propaganda cinese che per respirare l’atmosfera tutta particolare di questo ex complesso industriale.
Il distretto 798 (noto anche come Dashanzi Art District), è l’equivalente orientale di Soho a Londra o del Greenwich Village di New York. Di fatto, è la versione moderna di un vecchio complesso industriale sorto a fine anni ’50, emblema della neo-cooperazione industriale e militare tra la Germania dell’Est e la Repubblica Popolare Cinese.Oggi è diventato il il cuore dell’arte contemporanea cinese: negozi, gallerie e studi già attivi sono circa 300, ma ogni giorno continuano ad aprirsi nuove gallerie, ristoranti e showroom. Credit: Marco Cerbo

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Omofobie nostrane: denunciamo i politici italiani alle istituzioni internazionali.

(Elfobruno) "Non se ne farà niente", detto a Tarcisio Bertone dal neo-segretario del partito democratico Walter Veltroni, in merito al voto del consiglio comunale romano sul registro delle unioni civili. Facciamo notare che Veltroni, che aspira a governare l'Italia, si lascia condizionare da un segretario di stato di un altro paese nelle decisioni politiche del suo partito e del comune che egli stesso amministra.

"Non sono favorevole al matrimonio tra omosessuali perché il matrimonio tra un uomo e una donna è il fondamento della famiglia, per la Costituzione. E, per la maggioranza degli italiani, è pure un sacramento. Il matrimonio tra omosessuali, perciò, offenderebbe il sentimento religioso di tanta gente. Due persone dello stesso sesso possono vivere uniti senza bisogno di simulare un matrimonio", dichiarato da Massimo D'Alema, ex DS adesso partito democratico, durante una visita ad una scuola pubblica, dimostrando di non conoscere la Costituzione della Repubblica e di non saper distinguere tra ordinamento giuridico e sacramenti. Quest'uomo, si badi, ci rappresenta all'estero.

"L'omosessualità è una devianza" proferito da Paola Binetti, senatrice della Repubblica nei ranghi del partito democratico e pagata con i contribuenti di tutti i cittadini italiani, omosessuali e non. Si fa notare in questa sede che dichiarazioni tali, in paesi sicuramente più civili del nostro, sarebbero stigmatizzate socialmente e verrebbero punite con provvedimenti di natura penale.

"L'Italia non è pronta per il "matrimonio gay" e spingere in quella direzione, anche dall'interno del Partito Democratico, allontana solamente le soluzioni più ragionevoli dei DICO o dei CUS, perché radicalizza le posizioni. Di tutto abbiamo bisogno, fuorchè che trionfi il massimalismo nel movimento gay e lesbico",

le parole di Alessio De Giorgi, omosessuale e proprietario di Gay.it, nonché esponente dell'assemblea nazionale del partito democratico. Faccio presente che Andrea Maccarrone ha lanciato una campagna di boicottaggio contro il sito di De Giorgi, campagna a cui aderisco.

"Se non viene ritirato l'emendamento sull'omofobia sarà crisi di governo" minaccia infine Clemente Mastella, facente parte dell'attuale maggioranza politica che aveva promesso il riconoscimento dei diritti civili. Per Mastella evidentemente deve essere consentito a chiunque di insultare le persone per il loro orientamento sessuale. In barba alle regole più basilari di civiltà e di senso civico e contravvenendo a quanto già predisposto dall'Unione Europea in materia. Il partito democratico tace.

Questa è la situazione politica italiana: il partito di maggioranza fittizia - nato cioè dalla fusione di due partiti, uno ex comunista e uno post-democristiano - nega i più elementari diritti alle persone GLBT. Non solo non riconosce i diritti delle coppie conviventi, come avviene ormai in tutto il mondo occidentale e civile, ma non si spende attivamente per garantire la sicurezza e la dignità dei cittadini omosessuali, bisessuali e transessuali.

Inoltre, esponenti di spicco di questo partito e del governo attualmente in carica si permettono di offendere la comunità GLBT italiana in una situazione di sostanziale impunità e di indifferenza collettiva.

In virtù di tutto questo, lancio un'iniziativa per scrivere direttamente al Parlamento Europeo, al Partito Socialista Europeo e all'Internazionale Socialista per chiedere l'espulsione dal gruppo europarlamentare del PSE e dall'Internazionale stessa di tutti quei militanti ex-diessini e aderenti al neonato partito democratico che avallano e/o ammettono dichiarazioni e atteggiamenti omofobici e transfobici.

Lancio questa proposta a tutto il movimento GLBT e a tutte quelle persone che si riconoscono in questa battaglia di civiltà e di educazione civica e sociale nei confronti di certi politici che si distinguono per pochezza culturale, per disumanità, per mancanza di rispetto sociale e di coraggio politico e per profonda disonestà etica nei confronti degli impegni intrapresi coi propri elettori.

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Un'iniziativa lodevole ma probabilmente inutile. Omofobia, facciamoci sentire.

Gli amici dell'Arcigay di Mantova hanno pensato bene di promuovere un'iniziativa che forse non produrrà nessuna azione concreta ma perlomeno intaserà le caselle postali di alcuni "maggiorenti" della nostra "casta" politica e forse farà lavorare di più qualche tecnico e qualche segretaria. Però non si può mai sapere... che ne dite?
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Il Senato ha appena approvato la norma anti-omofobia contenuta nel decreto sicurezza.
Per avere il voto di fiducia dei Teodem e di Mastella, il Governo ha dovuto promettere che alla CAMERA fara' togliere tale norma (in discussione gia' nei prossimi giorni)

Ecco gli indirizzi a cui farci sentire:

binetti_p@posta.senato.it ("vergine" Teodem PD)
franceschini_d@camera.it
(capogruppo PD alla Camera)
bertinotti_f@camera.it
(Presidente Camera)
chiti_v@camera.it
(Ministro Rapporti Parlamento - PD)
fassino_p@camera.it
(ex segretario DS)
contatti@pdlombardia.it
(PD Lombardia)

http://www.arcigaymantova.it/principale.htm

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Da che pulpito, Grazia mia!

La Di Michele quest'anno è la prof cattiva. Esattamente come per la Celentano qualche mese fa, i lettori ci fanno notare che qualche "scheletro nell'armadio" ce l'ha anche lei.

(Libero news) Alla fine, almeno per ora, la cattivona si è dovuta arrendere a furor di popolo. Anche perché il resto della commissione l'ha messa in minoranza. Marco Carta si è rinfilato la felpetta della scuola di Amici e, tronfio tronfio, ha ripreso posto nel suo banchetto in fondo alla classe. Detto questo, arriviamo al punto.

Un po' come la Celentano lo scorso anno, stavolta copione vuole che la parte della strega delle favole tocchi a Grazia Di Michele. Non c'entrano i piedi a papera e le ginocchia poco ossute. Cambia poco però. I fischi di questa edizione sono tutti per lei. Il bersaglio è appunto Marco Carta (cantante in effetti poco difendibile) ma anche quel certo andazzo che ha portato alcuni professori (la Celentano in testa, ovviamente) a mettere in discussione il criterio con cui vengono scelti i ragazzi.

Tra i ballerini, a detta loro, non ce n'è uno su cui valga la pena scommettere un solo centesimo. Uno ce ne sarebbe (Francesco) ma è fermo per infortunio da settimane. Riguardo ai cantanti, dato per buono che non c'è nessuna Karima e manco un Federico, ci sono tre o quattro bravini e poi Marco Carta. Al solo nome la Di Michele si trasforma.

Da maestra dalla penna rossa a orco cattivo. Così, come successe per la maestra di danza classica qualche mese fa, alcuni lettori ci hanno segnalato un paio di performance della severissima Grazia. Come a dire: qualche scheletro nell'armadio ce l'abbiamo più o meno tutti.
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Ancora sul pregiudizio anti-omosessuale nel centrodestra.

(Carmelo Palma - L'Opinione) E’ molto complicato fare i conti con la frana del pregiudizio anti-omosessuale che sta travolgendo il centro-destra italiano. Complicato per due evidentissime ragioni: la prima è che il pregiudizio anti-omosessuale è una massa indistinta e pesantissima di tradizioni, paure e culture e non un gomitolo di ragioni difficili da sbrogliare, ma pur sempre comprese razionalmente tra un capo e una coda; la seconda è che, quando parte la frana, non c’è quasi più nulla da fare: anche se la frana è "solo" ideologica. I conti si fanno dopo, quando, in mezzo alle macerie, si contano le vittime e si pensa a come e cosa ricostruire.

Le frane cambiano spesso irrimediabilmente il paesaggio. E questa frana sta cambiando il centro-destra in un modo profondo. Molti forse festeggeranno la rivincita storica di un pregiudizio giusto e razionale, finalmente liberato dalle catene del "politicamente corretto" e capace di dispiegare nella cultura e nella società il suo potenziale educativo e formativo. Io penso, al contrario, che non c’è proprio nulla da festeggiare, se il centro-destra italiano (e, soprattutto, il nuovo partito berlusconiano) vorrà somigliare al partito repubblicano di Rudolph Giuliani più che al partito "Diritto e Giustizia" dei gemelli Kaczynski.
L’altra sera al Senato c’erano molte e buone ragioni per opporsi all’introduzione surrettizia di una norma anti-discriminatoria inapplicabile, fumosamente formulata, estranea all’oggetto del cosiddetto Decreto-sicurezza e utile, forse, a risarcire simbolicamente Rifondazione Comunista e la sinistra massimalista per gli scorni subiti. Vi erano anche ragioni per paventare che i reati di opinione tornassero a farsi largo nel nostro ordinamento, non entrando dalla porta di fattispecie chiaramente tipizzate, ma passando dalla finestra di una norma anti-discriminatoria inconsistente e affidata alle cure di una magistratura militante e disponibile. Eppure, il centro-destra non si è limitato ad usare queste molte e buone ragioni che aveva a disposizione, con la dovuta durezza e con una comprensibile coerenza. Anzi, non le ha neppure usate. Le ha direttamente "abusate", in modo ideologicamente mortificante, dopo averle affogate, fino a renderle inservibili, nella palude di un ragionamento che aveva un unico argomento, un unico bersaglio, un unico nemico: il cedimento alla "cultura omosessuale". Alla fine, questo tipo di opposizione ha obiettivamente autorizzato chiunque a ritenere che, tra i partiti del centro-destra italiano, si conviene pressoché unanimemente che la discriminazione anti-omosessuale abbia una dignità e un rango (culturale e morale) più alto della discriminazione razziale o di genere.
Che insomma, per dirla in soldoni, le famiglie non avrebbero alcun diritto a esigere dal preside di una scuola insegnanti maschi, bianchi e cristiani, ma avrebbero alcuni sacrosanti diritti per esigere un insegnante eterosessuale.

Cosa legittima queste richieste, sul piano civile, politico, giuridico? Cosa ne giustifica l’urgente e simbolica attualità? Cosa ha fatto scendere in campo le truppe dell’ex Cdl? Il fatto che queste "legittime" discriminazioni corrispondano, almeno in parte, al pensiero espresso da Papa Ratzinger, in un paio di documenti redatti come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. In questo disastroso cortocircuito logico fondato sull’ipse dixit, si ripresenta peraltro un modello che ha consentito, a sinistra, di ricostruire la presentabilità civile di un altra impresentabile "cultura del pregiudizio": quella anti-ebraica. Come è noto, da decenni la sinistra anti-imperialista si è abituata a nascondere sotto il tappeto dell’antisionismo politico la "polvere" del vecchio antisemitismo razziale. Allo stesso modo, a destra si sta imparando a nascondere sotto il tappeto dell’"opposizione alla cultura gay" la polvere della vecchia discriminazione anti-omosessuale. In entrambi i casi la trama del "tappeto" è intessuta con sapienza, con abili e ricercati preziosismi: ma sotto il tappeto, la polvere rimane polvere. Per non dire di peggio.
Con il che, certo, non si può dire che il tappeto non sia migliore della polvere che nasconde: bruciare una bandiera israeliana (e difendere il relativo "diritto di opinione"), non è come bruciare gli ebrei. "Lapidare" simbolicamente i rappresentanti dell’ "anomalia omosessuale", chiedendone l’allontanamento dalle scuole, dai luoghi di educazione, dai centri di aggregazione e di divertimento dei giovani e delle famiglie perbene, in modo da arginarne il contagio sul piano
della cultura, del costume… questo colto e argomentato "lapidare" - dicevamo - non è neppure lontanamente paragonabile alla lapidazione fisica degli omosessuali, a cui ancora si dedicano con una certa costanza alcuni regimi islamici. Non sarà chi molto apprezza i frutti del relativismo, come il sottoscritto, a non cogliere tutto il peso di queste differenze "relative".

Il problema è che però in nessun paese dell’Occidente avanzato la "pacifica" militanza antisionista o anti-omosessuale (espressione di un intangibile diritto di opinione) è in grado di costituire, in quota parte, la piattaforma politica di un grande partito di governo. Qui sta il nodo politico che nel centro-destra italiano qualcuno si dovrebbe sbrigare a sciogliere, prima di finirne
definitivamente strangolato. Né Cameron, né Sarkozy, né la Merkel, né Giuliani civettano amabilmente con i combattenti delle "lobby anti-gay", fino a riservare loro una pressoché
esclusiva rappresentanza politica. Non sarebbe un grande risultato se in Italia, dopo avere avuto un governo con la kefiah, con ministri e segretari di partito che marciavano insieme a chi urlava "Dieci, cento, mille Nassiriya", si facesse spazio ad un governo di inquisitori morali, sempre pronti ad urlare "Anatema", e a rendere la vita civile degli omosessuali un anticipo di quel terribile inferno che li aspetterebbe, a quanto pare, nell’al di là.

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Arcigay minaccia di vendicarsi con una contabilità personalizzata di voti a Prodi

GOVERNO/ ARCIGAY: 24MILA GAY CONTRO CHI AFFOSSA NORMA ANTIOMOFOBIA.
Lanciamo proposta per aprire nuova stagione politica e sociale.


(Apcom) - Ventiquattromila gay non voteranno più per chi affosserà in Parlamento la norma anti-omofobia. Lo annuncia in una nota il presidente dell'Arcigay, Aurelio Mancuso. "Vivere in questo Paese - sottolinea - è diventato per noi oggettivamente difficile".
"Sia chiaro fin d'ora - afferma l'Arcigay - che non dimenticheremo, in occasione delle prossime elezioni politiche, chi tra qualche giorno intenderà cancellare le norme antidiscriminatorie contenute nel decreto sicurezza. Nessuno sconto sarà possibile, nessuna formula bizantina sarà sufficiente: se il risultato prodotto in modo diretto o surrettizio della pressione politica di alcuni partiti sarà la cancellazione dell'emendamento di estensione della legge Reale-Mancino, per quanto ci riguarda - precisa ancora Mancuso - con queste formazioni sarà definitiva rottura. Se, come ha detto Benigni, questa maggioranza ha vinto grazie al voto di 24 mila coglioni gay assicuriamo da oggi che molti e molti di più di costoro non si faranno più gabbare".

"Nei prossimi giorni - conclude Mancuso - l'Arcigay lancerà una proposta al movimento lgbt italiano, e a tutti i movimenti di liberazione e di difesa della laicità, per aprire una nuova stagione politica e sociale".
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Ndr. Ma chi scrive i testi a Mancuso? Chi sono i suoi autori? Quelli de "La sai l'ultima?".
Magari fossero stati solo 24mila i voti dei gay dati a Prodi!
Probabilmente Mancuso non ha capito che Berlusconi ha perso grazie alle circoscrizioni degli italiani all'estero e non per il voto espresso in Italia, ecco perchè ha sempre dato dell'abusivo a Prodi. Lo spiegate a Mancuso?
Non si rende conto il Mancuso che i tempi sono cambiati in modo repentino da un giorno all'altro e l'Arcigay non sta al passo coi tempi? La mobilitazione della piazze non funziona più, vanno cercate altre strade. senza millantare "(...) una proposta al movimento lgbt italiano, e a tutti i movimenti di liberazione e di difesa della laicità, per aprire una nuova stagione politica e sociale"(...) già vecchia nella sua formulazione.
Spetta loro trovarle, sono pagati per questo con le nostre tessere (si, io sono un tesserato Arcigay).
Se non sanno cosa fare si dimettano e si cerchino nuovi dirigenti più capaci e non facciano più perdere tempo. Probabilmente per Arcigay questa è la peggior dirigenza dalla sua fondazione.
Ormai l'attuale Arcigay ed i molti "colonnelli" del movimento che gli girano attorno fanno parte di una generazione di sconfitti. (Aspis)

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Non chiudete "Decameron".

(Il democrito) La redazione di La7 ha deciso di sospendere lo show di Luttazzi, "DECAMERON", per alcune frasi offensive nei confronti di Giuliano Ferrara.
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Sarebbe un ulteriore caso di censura nei confronti della Satira in Italia. Le giustificazioni poste dall'emittente non sono, a mio parere affatto valide.
Nella nota
si comunica che "le espressioni utilizzate da Luttazzi sono in contrasto con la Satira". Ma questo non è vero: espressioni volgari erano utilizzate anche da Aristofane, Orazio, Petronio. Secondo una delle ricostruzioni del termine "satira", questa in origine indicava una sorta di polpettone che conteneva all'interno una mescolanza di pietanze variegate. Come dire che nella satira ci sta bene tutto.

Nemmeno è comprensibile la giustificazione per cui, essendo il bersaglio della battuta un collaboratore dell'emittente, sarebbe stato valicato il limite della responsabilità. Ma spessissimo la satira si rivolge verso i propri "capi, padroni, editori, emittenti". Basti pensare ai "Simpson" oppure al primo spot con cui Crozza pubblicizzava il suo show "Crozza Italia" sempre su La7 (emittente di cui si "faceva beffe nello spot stesso").
Ho pertanto scritto alla redazione di La7 una e-mail con contenuti simili a questo post. Invito ognuno di voi a farlo a sua volta per riportare La7 sui suoi passi. Se la situazione non dovesse mutare, saremmo di fronte ad un ennesimo oltraggio allo spirito critico.

Clicca qui per scrivere a La7

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Usa - Babbo Natale dice troppe parolacce: «licenziato».

Microsoft cancella un servizio che consentiva ai propri abbonati di contattare via chat il panciuto e barbuto dispensatore di strenne natalizie. L’accusa nei confronti di Babbo Natale è piccante: tendenze omosessuali e sospetti di pedofilia.

(La Gazzetta del Mezzogiorno) La Microsoft ha «licenziato» un Babbo Natale virtuale che diceva troppe parolacce.
Il Babbo Natale era stato programmato per rispondere su Internet alle domande degli interlocutori ma il programma di intelligenza artificiale presentava evidenti lacune notate quando il personaggio virtuale ha cominciato a parlare di sesso orale.
Due ragazzine che stavano parlando via computer col Babbo Natale della Microsoft sono rimaste senza fiato quando, dopo avere esortato scherzosamente l’interlocutore a ordinare una pizza online, si sono sentire rispondere con una inaspettata allusione al sesso orale (giocata sui vari significati in inglese del verbo 'eat', mangiare).
Quando si è diffusa tra il 'popolo di Internet' la notizia che il Babbo Natale virtuale della Microsoft usava le parolacce si è scatenata la gara a provocare il povero Santa Claus a dare risposte piccanti.
Appena la Microsoft si è accorta di quanto stava accadendo ha cercato di riprogrammare il suo Babbo Natale per indurlo ad usare un linguaggio più consono al clima natalizio ma senza troppo successo.
«Non siamo rimasti soddisfatti dei risultati dell’intervento ed abbiamo quindi deciso di rinunciare al Santa Claus automatico», ha spiegato un portavoce della Microsoft.

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La7 e il Luttazzi sospeso: Le ipocrite e risibili motivazioni dell'emittente. In realtà ascolti bassi. Attendiamo la reazione di Crozza... se ci sarà.

(Vivicentro) Decameron, il programma di Daniele Luttazzi in onda il sabato su La7, è stato sospeso. La decisione è stata presa dalla stessa emittente ed è stata motivata con le offese e le volgarità rivolte a Giuliano Ferrara nella puntata di sabato scorso, andata in onda in replica anche giovedi' sera. La nuova puntata del Decameron di Luttazzi sarebbe dovuta andare in onda stasera in seconda serata.

''La direzione de La 7 - si legge in una nota dell'emittente - ha deciso di sospendere la messa in onda dello spettacolo di satira Decameron di cui e' protagonista Daniele Luttazzi . Con Daniele Luttazzi - spiega la nota - e' stato stipulato un contratto che garantiva la sua piu' totale liberta' creativa, come dimostrato dalle puntate fin qui andate in onda. Di questa liberta' - rileva la nota - era necessario fare un uso responsabile, cosa che non e' avvenuta. Infatti nella puntata di sabato scorso, replicata giovedi', Daniele Luttazzi ha gravemente insultato e offeso Giuliano Ferrara, che con la stessa La 7 collabora da anni come co-conduttore di Otto e mezzo''.

''Le espressioni usate - sottolinea ancora la nota dell'emittente - sono palesemente in contrasto con la satira e si configurano come una provocazione alla dignita' e all'onore personale di un nostro collaboratore. La 7 - conclude la nota - si riserva anche di considerare la questione sotto il profilo legale per i possibili danni di immagine, trattandosi di una emittente fondata sul binomio inscindibile di liberta' e responsabilita' verso le persone cosi' come verso il pubblico''. Luttazzi era tornato da tre settimane in tv dopo il cosiddetto 'editto bulgaro' di Silvio Berlusconi nel 2002 che aveva provocato il suo allontanamento dalla Rai dove aveva condotto il programma Satyricon. In una puntata di Anno Zero Michele Santoro ne aveva chiesto il ritorno e Luttazzi aveva scherzato su questa richiesta proprio nello spot che annunciava il suo ritorno su La 7.

Nella trasmissione Decameron, andata in onda sabato 1 dicembre e replicata giovedi' 6, Luttazzi aveva detto che l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ''ha avuto il coraggio di dire che lui, in fondo, era contrario alla guerra in Iraq'', dopo quattro anni di conflitto, migliaia di vittime tra i soldati americani e decine di migliaia tra i civili iracheni. ''Come si fa a sopportare una cosa del genere?'', si era chiesto Luttazzi , spiegando di avere ''un proprio sistema'': pensare ''a Giuliano Ferrara dentro la vasca da bagno'', con Berlusconi, Dell'Utri, Previti e la Santanche' che compiono su di lui atti volgari. Il tutto espresso in termini altrettanto volgari.
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Amici di Maria: L'anti-Mariottini.

(River-blog) Questa settima edizione di Amici è partita nel segno della disparità e dello “sbilanciamento”, per quanto riguarda la categoria dei ballerini. Francesco Mariottini, faccia da bravo ragazzo un po’ paraculo, con un curriculum degno di un professionista, era quello cui nessuno riusciva a tenere testa. Adesso, però, c’è un nuovo entrato, il palermitano Antonino Lombardo, classe 1984 e 5 tatuaggi, che promette di dargli battaglia. Bravissimo nell’hip hop, ricorda l’arroganza di personaggi come Klaidi. Però, se posso essere sincero, preferisco le persone schiette e dirette come lui, piuttosto che un Mariottini-sornione, che cova i sentimenti in silenzio e non sempre è onesto con alcune persone della scuola (mi riferisco a Cassandra). Antonino ha un discreto curriculum: ha fatto parte del corpo di ballo dei piccoli danzatori del teatro Massimo di Palermo; fa parte della compagnia “Astra Roma Ballet”, oltre ad aver frequentato assiduamento l’Aterballetto di Reggio Emilia. Peccato non sia ben visto da Steve La Chance.

Buongiorno blog.

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Nasce una lobby delle sceicche, pensando molto all'Expo.

La diplomazia del parterre.
(Elisabetta Soglio - Corriere della Sera) È il mondo che si ferma alla Scala. Dove la musica di Wagner fa da sottofondo a un sofisticato intreccio di reti diplomatiche, attivate per aiutare Milano in vista dell'Expo del 2015. Per questo, nel Palco reale sono ospitati cinque capi di Stato, a cominciare dal presidente Giorgio Napolitano, il primo a presentarsi a teatro insieme alla moglie Clio, e nei palchi laterali siedono ministri e consoli, sindaci europei ed extraeuropei, sceicchi e ambasciatori. La serata in cui, contrariamente al solito, non sono protagonisti abiti e gioielli delle signore della Milano bene.
Il sindaco Letizia Moratti e il sovrintendente Stéphane Lissner sono i padroni di casa in questo evento internazionale. Ricevono Napolitano, poi sfilano avanti e indietro sul tappeto rosso. Arriva il presidente greco Karolos Papoulias; poi quello austriaco Heinz Fischer, accompagnato dalla moglie vestita di rosso. Entra con la consorte, tenendola per mano, anche il presidente tedesco Horst Kohler. Ma il momento magico è l'ingresso degli sceicchi del Qatar: gli occhi si fermano sulla sceicca Mozah, considerata una delle donne più belle del medioriente, che svetta con un turbante bianco a illuminarle il viso, tunica bianca coperta da un abito in pizzo nero. Con lei marito e figlia, altra bellezza che colpisce, in total black.
Il sindaco Moratti è riuscita a conquistarsi lo strategico consenso di una sorta di lobby di donne del mondo arabo: oltre alla sceicca Mozah, infatti, c'è la delegazione degli Emirati guidata dalla sceicca Lubna Al Qassimi, ministro dell'Economia e amica personale del nostro ministro, Emma Bonino. Ospite alla Scala anche la sceicca del Kuwait, Hussah Al Sabah, che in questi giorni ha incontrato la Moratti insieme al console generale del Kuwait a Milano. Altra donna su cui il sindaco sa di poter contare è la Regina Rania di Giordania, che ha mandato a rappresentarla alla Prima il sindaco di Amman. Nel primo intervallo, la Moratti si allontana dal Palco e, nello studio del maestro Barenboim, incontra il presidente tedesco: «Sono molto soddisfatta di questa "prima", della musica di Wagner e anche di questo vertice diplomatico », commenta il sindaco. Nel secondo intervallo tutti i presidenti si riuniscono nello studio di Barenboim per complimentarsi con il maestro. I giochi diplomatici proseguono anche durante la cena di Gala servita all'interno di Palazzo Marino. Perché, come spiega il Governatore lombardo, Roberto Formigoni, «una sera come questa aiuta Milano e aiuta l'Italia. La Scala è il sogno di molte personalità politiche europee ed extraeuropee e noi dobbiamo puntare molto su queste eccellenze per dimostrare che saremmo in grado di proporre un Expo ricco, fantasioso, di altissimo livello». Ottimista anche il presidente Giorgio Napolitano che, al termine della sua visita nel capoluogo lombardo, commenta: «È un momento politico difficile. Ma questa tre giorni milanese è stata molto gratificante. Se si dovesse chiudere sulla base di stasera, Milano sicuramente avrebbe l'Expo». Replica a distanza la Moratti: «Ma il cammino è ancora lungo: dobbiamo lavorare perché ci sono 140 Paesi da convincere».
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I gay e la causa gay.

(Progetto gay) Ho seguito con estremo interesse le discussioni degli ultimi giorni ed è arrivato il momento di dire la mia. Io sono un gay, questo è vero, ma sono anche un anziano e ne ho viste veramente di tutti i colori. Se una cosa ho imparato (e forse ancora nemmeno tanto bene) è a distinguere la teoria dalla pratica, a privilegiare (forse sbagliando) l’ottica del singolo rispetto a quella generale e a conservare in ogni presa di posizione almeno un 20% di perplessità. Provo a spiegarmi con un esempio. Molti anni fa le associazioni gay, alle quali si deve peraltro una spinta forte verso l’interazione dei gay, tendevano a proporre ai ragazzi il coming out pubblico come una meta irrinunciabile, senza la quale non si è veri gay e, in pratica, non si è che uomini senza dignità. Tutto questo deriva dal fatto che le associazioni privilegiavano allora l’ottica della “causa gay”, cosa che poteva avere motivazioni anche serissime, ma a discapito dei singoli che venivano invitati ad immolarsi in nome della “santa causa”.

Ora io non nego che la “causa gay” cioè l’utilità generale dei gay sia importante ma, da quello che ho visto, molti ragazzi, che hanno fatto il coming out in situazioni ambientali avverse, hanno pagato il loro gesto con forme pesantissime di discriminazione anche e soprattutto in ambito familiare, per ridurre le quali nessuna associazione aveva possibilità di intervenire. Lo ripeto, l’ottica del singolo non è l’ottica “dei gay come categoria”, ammesso e non concesso che poi abbia senso pensare ai gay come categoria. Pur rispettando le ragioni degli altri, il mio orientamento è stato sempre rivolto salvaguardare comunque il singolo. Questo comporta un certo scetticismo di fondo verso tutti gli atteggiamenti marcatamente rivendicativi che contrappongono un “noi gay” a tutti gli altri. Mi piace l’idea della giornata mondiale contro l’omofobia ma non credo che cose del genere possano avere un peso reale nell’integrazione dei gay, o meglio, non inviterei a cuor leggero un gay non dichiarato a farsi coinvolgere in queste iniziative se la cosa per lui comportasse margini di rischio consistenti. Comprendo che le mie scelte possono parere discutibili, e lo sono, comunque non si può andare per categorie ma bisogna valutare le situazioni caso per caso.

Un problema analogo si presenta per i pacs o per altre forme di unioni civili gay, si tratta di questioni che possono avere risvolti importanti in termini legali (successione, subentro nei contratti, ecc.) ma, sulla base di quello che vedo, qui, in Italia, nel 2007, i pacs o le unioni civili interesserebbero di fatto pochissime persone perché gli altri, che la legge lo consenta o meno, non sono nelle condizioni sociali e ambientali necessarie per “formalizzare” una convivenza civile gay. Una cosa è la valutazione legale, che ha certo una sua importanza, e una cosa molto diversa è la praticabilità reale di quello che la legge consente. Compiuta la maggiore età, in teoria, un ragazzo di 18 anni potrebbe acquistare una nave da crociera, la legge glielo consente, eppure non succede mai. Vorrei dire che tra il paese legale e quello reale la differenza è enorme. Un discorso analogo vale a maggior ragione per le adozioni da parte di coppie gay. Qui, in Italia, nel 2007, il problema è eminentemente teorico e di rivendicazione di principio.

Date le condizioni ambientali, che poi sono quelle sostanziali, già pensare che una coppia gay possa avere una vita normale è difficile ma pensare che possa “nella realtà” adottare un bambino è una pura ipotesi di scuola, e in ogni caso non è la qualificazione gay o etero della coppia che può essere determinante ma solo la qualità delle persone. Adesso mi permetto di fare un discorso specifico rivolto ai ragazzi che leggono e commentano questo blog. Quando si parla dei gay bisogna essere realisti e salvare l’oggettività dei fatti. I ragazzi che commentano questo blog non sono un campione statisticamente significativo del mondo gay, né per età, né per impostazione mentale. Se tra voi ci fosse una coppia stabile, io, personalmente, non avrei grossi problemi ad affidarvi un bambino o una bambina perché so chi siete e perché penso che dietro la vostra richiesta ci possa essere una volontà “seria” di essere genitori, ma non affiderei un bambino o una bambina ad una coppia gay che intendesse con l’adozione “dimostrare” che i gay possono essere ottimi genitori, perché l’adozione non sarebbe finalizzata a creare un rapporto affettivo ma “anche”, se non soprattutto, a dimostrare qualcosa tramite l’adozione stessa, che quindi sarebbe strumentale ad un discorso ideologico e rivendicativo, cosa che non mi sembra moralmente corretta.

In ogni caso non mi sognerei mai di affidare minori a gay del tipo di quelli che incontro talvolta nelle chat, che non sono capaci di controllarsi nemmeno a 40 anni e sono alla perpetua ricerca non di amore ma di sesso facile prima che per loro la stagione si chiuda definitivamente. La questione è sempre legata alle persone singole, basti dire che un ragazzo gay sogna di vivere una storia d’amore con un altro ragazzo gay, ma quando poi incontra veramente un altro ragazzo gay si rende conto che l’altro, gay o non gay, è comunque un altro e non un clone di sé, e che per due ragazzi gay, magari anche coetanei, la parola gay può avere i significati più opposti e inconciliabili.

Ecco, ho provato a dire la mia, ma di quello che ho detto non sono convinto al 100%. C’è ancora un 20% di perplessità. Ieri sera parlavo in chat con V87, si discuteva del “sogno gay” ... due ragazzi bellissimi che si incontrano e si innamorano e vivono una vita intera di felicità insieme. Io cercavo di insistere sulla improbabilità della cosa. Dopo che ho sentito l’entusiasmo di V87 sono uscito dalla discussione molto meno sicuro delle mie idee, onestamente un po’ mi ha messo in crisi e mi sono detto... e se avesse ragione lui? Perché in effetti anche a me piacerebbe, o meglio sarebbe piaciuto, vivere quel meraviglioso sogno gay e quell’idea non mi si è mai cancellata dall’anima al 100%. Adesso ho detto proprio tutto... o quasi... ma è ora di inserire il post... il resto verrà appena possibile.

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Non solo Iran.

Omosessuale impiccato.

(Deliri onirici) Mentre si allenta la tensione sul nucleare, nella Repubblica islamica i falchi cantano vittoria e a farne le spese è un omosessuale di vent’anni, accusato di avere stuprato tre ragazzi quando di anni ne aveva solo tredici. Le presunte vittime hanno ritirato le accuse ma Makwan Moloudzade è stato giustiziato nella prigione di Kermanshah anche se la Convenzione per i diritti del fanciullo, ratificata dall’Iran, vieta l’esecuzione di coloro che commettono reati da minorenni. Il 7 giugno scorso il giudice della prima camera del tribunale penale di Kermanshah aveva definito la sua colpa “una violazione dei precetti islamici e delle leggi morali terrene” e lo aveva condannato a morte. La sentenza era stata confermata il 1° agosto e poi sospesa il 15 novembre dal capo della magistratura Shahrudi dopo la campagna “Fiori per la vita in Iran” organizzata dal Gruppo EveryOne, lo stesso che ha salvato la lesbica Pegah dalla deportazione dal Regno Unito, dove aveva chiesto asilo, a Teheran. Le centinaia di rose bianche e rosse inviate al presidente Ahmadinejad e la mobilitazione del mondo islamico liberale e progressista non hanno avuto successo e sembrano avere addirittura sortito l’effetto opposto: di fronte alla minaccia di ulteriori pressioni– questa volta non per un programma nucleare militare inesistente ma per violazioni dei diritti umani ben documentate – i falchi hanno giustiziato subito il condannato. “Le organizzazioni internazionali per i diritti umani avevano diminuito la pressione sull’Iran dopo le dichiarazioni del capo della magistratura”, osserva l’esule iraniano Ahmad Rafat, vice direttore di Adn Kronos International. “L’ayatollah Shahrudi aveva promesso di rivedere il processo e persino di emendare alcune norme del codice penale. Attenuata la pressione internazionale, i falchi hanno invece messo a morte il giovane omosessuale e la stessa sorte potrebbe toccare ai due giornalisti curdi in cella da mesi”. Sostenuti dai pasdaran e finanziati dal petrolio alle stelle, i falchi preferiscono la tensione al dialogo. È infatti la tensione a permettere di punire i dissidenti col pretesto che minacciano la sicurezza nazionale. Scampato il pericolo del bombardamento e sfumato il timore di ulteriori sanzioni economiche da parte del Consiglio di Sicurezza (che incontrerebbero l’opposizione della Cina e della Russia) torna il momento di firmare contratti con Teheran. Ma non bisognerebbe dimenticare il rispetto dei diritti umani. In Iran ma anche in Arabia Saudita, l’altro Paese islamico dove gli omosessuali finiscono sul patibolo ma si fa finta di non sapere a causa dei tanti interessi in gioco.

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Carità di patria ossia per non far cadere il governo,

(Riccardo Barenghi - La Stampa) Il decreto è passato, Prodi ha avuto la fiducia, Veltroni ha vinto la prima battaglia da premier ombra. E da oggi possiamo vivere tutti più sicuri perché gli immigrati comunitari sospettati di essere poco di buono potranno essere cacciati senza tanti complimenti. Ce la possiamo anche raccontare così, ma non è andata così. Ieri al Senato è successo che un provvedimento di legge, varato dal governo sull’onda emotiva di un orrendo omicidio avvenuto a Roma, sia passato per un pelo (Cossiga).

E solo perché il governo è stato costretto prima a mettere la fiducia e poi a promettere che una norma inserita nel decreto - peraltro contenuta nel disegno di legge di un suo ministro, Barbara Pollastrini -, che punisce le discriminazioni contro gli omosessuali, sarà abrogata alla Camera. Per carità di patria, ossia per non far cadere il governo, Rifondazione e il resto della sinistra radicale hanno fatto finta di niente e hanno dato il loro assenso. Nel frattempo, si erano fatte sentire pesanti pressioni vaticane, qualcuno diceva addirittura che avesse telefonato il Papa in persona (ma questo è molto improbabile) per convincere i senatori iper-cattolici a votare no. E infatti Giulio Andreotti e Paola Binetti hanno detto no anche alla fiducia: le rassicurazioni del ministro Chiti non li hanno rassicurati abbastanza. Questo è successo ieri in Senato, a chiusura dell’ennesima settimana di passione per Prodi e il suo governo, bombardato da tutte le parti, e in particolare dalla parte che lo dovrebbe sostenere. Con un Bertinotti che lo paragona a un «poeta morente», con un Veltroni che lo difende in pubblico ma che in realtà è già d’accordo col Presidente della Camera – e anche con parecchi dirigenti del suo Partito democratico, oltre che con parte dell’opposizione – per andare avanti con le riforme in ogni caso, Prodi o non Prodi. Con un centrodestra che chiede la sua testa un’ora sì e l’altra pure. E con una fibrillazione generale che non consente di governare sul serio, al massimo di navigare a vista se non addirittura di galleggiare alla deriva.

L’altra settimana era il welfare, quella prima la Finanziaria, ieri la sicurezza, domani sarà di nuovo il welfare, poi ancora la Finanziaria e chissà cos’altro. Soprattutto è evidente da tempo, e da ieri lo è ancora di più, che questa maggioranza non sta insieme e non sta nemmeno in piedi. Qualunque sia l’argomento in discussione c’è qualcuno che si dissocia, che minaccia di votare no o addirittura che dichiara fallita la missione del centrosinistra (da Dini a Bertinotti). Non è una questione di numeri, ma politica. Ed è allora con la politica che bisogna affrontare il problema. Ed è allora che il presidente del Consiglio potrebbe – anzi dovrebbe – prendere l’iniziativa: magari smettendo di far finta che tutto vada bene e che il tempo gli darà ragione. Perché il tempo ormai sta scadendo, o forse è già scaduto

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Il pregiudizio anti-omosessuale nel centrodestra italiano.

Sarebbe cosa sbagliata e assai poco liberale contrapporre ad un’ipotetica "lobby gay", una anti-storica "lobby anti-gay".

Dichiarazione di Benedetto Della Vedova, Presidente dei Riformatori Liberali e deputato di Forza Italia.

Ieri al Senato il centrodestra ha avuto mille buone ragioni nel bocciare una norma anti-discriminatoria pasticciata e ideologica, che prelude all’introduzione di nuovi reati di opinione e rende omaggio alla più stucchevole "correttezza politica", per compiacere la sinistra massimalista e comunista.
Il centro-destra italiano e il nuovo soggetto politico berlusconiano però, proprio perchè si richiamano ai valori del centro-destra europeo, devono prestare molta attenzione per impedire che l’opposizione a quella norma e alla propaganda anti-discriminatoria scivoli verso atteggiamenti corrivi e condiscendenti nei confronti della discriminazione anti-omosessuale.
Da un punto di vista liberale occorre quindi dire "No" ai reati di opinione, ma anche ribadire il "No" a qualunque forma di discriminazione civile, sociale, politica ed economica fondata sull’orientamento sessuale. Sarebbe cosa sbagliata e assai poco liberale contrapporre ad un’ ipotetica "lobby gay", una anti-storica "lobby anti-gay".

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Tv: La7 sospende Luttazzi. Ha offeso Ferrara.

(Avvenire) Decameron, il programma di Daniele Luttazzi in onda il sabato su La7, è stato sospeso. La decisione è stata presa dalla stessa emittente ed è stata motivata con le offese e le volgarità rivolte a Giuliano Ferrara nella puntata di sabato scorso, andata in onda in replica anche ieri sera. La nuova puntata del Decameron di Luttazzi sarebbe dovuta andare in onda domani in seconda serata.
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Ndr. E se ne sono accorti nella replica di ieri della "lesa maestà" per annunciarlo oggi. E poi, suvvia, viene spontaneo offendere e rivolgere volgarità a Ferrara. E' talmente ridicola questa scusa che offende oltre che Ferrara anche il pubblico. Bene, anche La7 si è allineata a Rai e Mediaset. Viva la libertà.

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Per un'offesa ai gay si rischiano tre anni. Omofobia Polledri: «Una cosa vergognosa». I cattolici fanno le barricate.

(Libertà online) Si chiama omofobia l'ultimo motivo di lite all'interno della maggioranza. Il decreto sicurezza approvato giovedì sera dal Senato prevede infatti la sanzione per chi mette in atto discriminazioni fondate, tra l'altro, anche sulle tendenze sessuali, norma che inserisce come fattispecie di reato l'omofobia e che fa letteralmente saltare i nervi non solo all'opposizione, ma anche ai cattolici del centrosinistra.

Non si tratta, va detto subito, di una novità. I provvedimenti contro le discriminazioni sono previsti dall'articolo 13 del Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 dagli allora 15 stati membri dell'Unione europea, entrato in vigore il 1 maggio del 1999 e in seguito ratificato dall'Italia. L'articolo in questione, citato nel decreto, è il 13 ed è un'integrazione del precedente contro le discriminazioni fondate sulla nazionalità, aggiungendo quelle basate sul sesso, la razza, l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. Un riferimento estremamente generico, dietro il quale c'è la volontà di reinserire le norme antirazziali già previste dalla legge Mancino del 1975 e che prevedono tre anni di carcere per chi incita all'odio razziale, ma anche per chi «incita a commettere o commette atti di discriminazione» fondati su religione e tendenze sessuali.
Una norma che non piace ai cattolici, sia perché rappresenta un riconoscimento dell'omosessualità, sia perché, in via del tutto teorica, anche la Chiesa, con le sue posizioni contro gli omosessuali, rischierebbe di essere perseguita.
Dall'altra parte della barricata, c'è invece il sostegno dato ieri al decreto da tre europarlamentari italiani che ricordano come il testo non faccia altro che applicata la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, di cui anche l'Italia deve tener conto.
«Quello approvato ieri dalla maggioranza sui reati di omofobia rischia di diventare peggio dei tribunali speciali di Mussolini». Lo dichiara il senatore della Lega Massimo Polledri, commentando la parte del decreto sulla sicurezza relativa alla pena di tre anni per insulti omofobici.
«Almeno Mussolini - rileva Polledri - inviava la gente al confino; questi signori qui sbattono in galera una persona solo perché è contro certe pratiche sessuali. Se così fosse allora l'attacco è indirizzato anche all'attuale Papa che, come prefetto della Chiesa, già nel 1992 si espresse su queste tematiche. Tre anni di galera sono una cosa vergognosa».

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Governo Prodi e omofobia: Cento pareri tutti discordanti.

SICUREZZA/ FERRERO: SE SALTA NORMA SU GAY UNIONE NON HA SENSO.
Ministro Solidarietà a il Giornale: discutere su Base Vicenza.


(Apcom) - "Sarebbe un bel problema e profondamente sbagliato. Non capirei perché toglierla, in nome di cosa?" E' quanto afferma il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero (nella foto) in merito a una domanda de il Giornale sull'ipotesi che la norma contro l'omofobia nel maxiemendamento sul decreto sicurezza venga abrogata alla Camera.

"C'é nella norma qualcosa che contrasti il programma di coalizione? Insomma, o l'Unione riesce almeno a essere d'accordo su una norma contro le discriminazioni sessuali, o non si capisce che cosa sia" spiega Ferrero, spiegando che la verifica di governo di gennaio va "fatta molto seriamente".

In merito alla possibilità di elezioni nel caso di caduta del governo, Ferrero dichiara che "il rischio c'é" e sottolinea che questo governo è stato "insufficiente sulle questioni sociali e del lavoro" e "occorre un salto di qualità molto forte".

Infine una battuta sulla base di Vicenza. "Pensiamo che si possa discutere una questione sulla quale non è stata neppure interpellata la gente" afferma il ministro, evidenziando che "non è una questione di politica estera: riguarda la città e la gente che ci vive".

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Io, tassista da 4.600 euro al mese. Netti.

La protesta dei taxi a Roma | Ansa
(Carmelo Abbate - Panorama) Ho fatto il tassista per un giorno. Lunedì 3 dicembre mi sono seduto sul sedile davanti, lato passeggero, di un taxi di Milano alle 4 del pomeriggio e mi sono rialzato alle 2 di notte. Dieci ore da tirocinante accanto all’esperto Marco (nome di fantasia) seduto al volante. Dieci ore durante le quali ho fatto 18 corse e guadagnato da un minimo di 5 a un massimo di 50 per un totale di 343 euro (mance incluse). Cifra che, dice Marco, è un ottimo bilancio di giornata. Ma si può fare meglio. E peggio. Marco lavora con il taxi mediamente 25 giorni al mese. A questi ritmi porterebbe a casa 8 mila 575 euro lordi. Che al netto di spese per contributi pensioni e infortuni, gasolio, ammortamento e assicurazione fanno sicuramente non meno di 4.600 euro al mese. Marco, come molti altri colleghi, non usa il servizio radiotaxi, che ha un’incidenza di 300 euro al mese. Secondo gli ultimi dati diffusi a novembre dall’Agenzia delle entrate, i tassisti italiani dichiarano al fisco 1.100 euro al mese, senza tredicesima, guadagni inferiori a quelli di un metalmeccanico. A Roma la media dichiarata è di 1.150, a Milano di 1.200 euro.

Marco è uno che guadagna bene anche perché si dà da fare. Sono da poco passate le 16 quando prendiamo un cliente alla stazione Garibaldi. “Via San Paolo, grazie”. Marco: “Il mio amico è uno che sta imparando il mestiere. E se lei ci darà una lauta mancia avrà subito delle belle sensazioni”.
Silenzio. Concordano il percorso, mentre il cliente parla al telefono Marco mi spiega che con le nere che fanno le prostitute è meglio farsi dare prima i soldi. Non per essere razzisti, ma perché gli è successo troppe volte che poi non pagano. Siamo arrivati. Il tassametro segna 8,40. “Vuole una ricevuta?”. “Sì, grazie. Purtroppo ho un 50″. Marco: “Ah! Tutta mancia”. Ride, ma dura poco. “Questo era un barbone. Ha voluto tutto il resto. Diceva ho fretta, non ho fretta. Guarda, è una statistica. Quando ti dicono che hanno fretta non ti danno mai la mancia”.
Si va in piazza della Scala: parcheggio vuoto. Sale subito una ragazza. “Corso Garibaldi”. È greca. Marco: “Quando torni in Grecia, poi dimmelo che ti vengo a prendere io alla Malpensa”. Marco indica due ausiliari del traffico: “Questi sono cattivi uomini, brutti. Una volta mi hanno dato una multa di 35 euro per la macchina in doppia fila. Mi scappava. Pensa quanto mi è costata una pipì”. Arriviamo in corso Garibaldi: 7 euro più 1 di mancia. Ci fermiamo in largo Treves. Neanche il tempo di spegnere la macchina. Cliente: “Via Nesi”. Marco: “E io che vedendola con questa bella valigia avevo sperato in un bell’aeroporto”. Poi mi spiega che è un lavoro che va a fortuna: o peschi il jolly o nulla. Arriviamo: 7 euro.

Proviamo il parcheggio di Cordusio. È pieno di auto ferme, tiriamo dritto fino in Duomo. Prendiamo tre inglesi al primo colpo. “Stazione centrale, dalla parte del deposito bagagli”. Marco intuisce e chiede dove devono andare dopo. “Linate”. Li aspettiamo. Chiedono di fermarsi in un supermercato di strada verso l’aeroporto. Marco consiglia il più grande, quello di Rubattino, tutt’altro che di strada. Mi strizza l’occhio: “Almeno recuperiamo qualcosa”. Il loro aereo parte alle 19. Alle 17.45 siamo ancora a metà strada verso il supermercato. Dietro chiedono i tempi, si spazientiscono. Marco li tranquillizza. Mi strizza l’occhio: “Chissenefrega, in questo lavoro non devi farti i problemi degli altri”. Ma i clienti adesso hanno paura di perdere l’aereo, chiedono di andare direttamente all’aeroporto. Arriviamo alle 18.05: 45 euro, inclusi 5 di mancia. Il parcheggio di Linate è stracolmo di macchine bianche. Ce ne saranno almeno 200. Alle 18.45 abbiamo già una cliente in macchina. “Buccinasco“, periferia di Milano. Marco propone di fare la tangenziale: “Costa di più, ma se paga l’azienda è meglio perché facciamo prima”. La donna: “Pago io. Faccia la città”.

Un taxi a Roma

Marco spiega che i migliori clienti ormai sono quelli russi: “Hanno il centone facile. E nove su 10 ti danno una buona mancia”. Invece lo fanno arrabbiare quelli che nei grandi alberghi “prima di salire in macchina danno 5 euro di mancia al ragazzo che gli apre la portiera e poi a me chiedono i 20 centesimi di resto”. Alle 19.25 siamo a Buccinasco: 33 euro. Una bella corsa, ma ci ha buttato fuori città.
Marco dice che i viados sono ottimi clienti. Pagano bene, anche se ogni tanto si offrono di pagare in altro modo. Piazza Napoli, “zona di gente con i soldi”. Suona la colonnina del parcheggio. Marco fa partire il tassametro, poi scende a rispondere. Andiamo a prendere una signora a casa. Marco scende, le apre la portiera. Si va in via Ippolito Nievo. Indica lei la strada. Arriviamo dopo 10 minuti: 9 euro 10 centesimi. Senza mancia. La portiera non gliela apre nessuno. Bilancio: 4 ore di lavoro, 100 euro e “nessuna bella donna”.

Alle 20.05 siamo in via Londonio, altra zona di “gente con i soldi”. Due minuti dopo sale un ragazzo. Durante il tragitto Marco mi racconta della prima corsa della sua vita e del cliente che non dimenticherà mai. “Gli dissi che era il primo. Alla fine veniva 9 mila lire ma lui me ne ha date 100 mila. Io ho pensato subito: mi ha fregato, sono false. Invece erano buone. La seconda corsa era una signora e allora le ho detto la stessa cosa: niente”. Il ragazzo dietro dice che ha un ristorante. Marco: “Allora mi devi dare una lauta mancia, sennò penso che sei un cameriere”. La corsa dura 10 minuti: 9 euro e 20 centesimi. Marco: “Faceva tutto il brillante con il ristorante…”.
In via Farini c’è una macchina in attesa. Tiriamo dritti verso la Stazione centrale. Marco, riflessioni della sera: “Ogni giorno è diverso. Ci può essere la persona simpatica, meno simpatica. Ma una cosa è sicura: nell’arco di 24 ore lo str… ti capita sempre”. Non l’avesse mai detto. Alle 20.45 sale un cliente. “Via Keplero”. Marco sbianca. Corsa di 4,60. E il cliente non dice neanche tenga il resto.

Siamo di nuovo in stazione. Sono le 20.56. Marco temporeggia. Anche gli altri tassisti girano attorno alla rotonda. Alle 21 scatta la tariffa notturna. Il tassametro si accenderà su 6,10 invece di 3 euro. Il cliente sale in macchina alle 20.58. Si va in un paese in Brianza. Si chiacchiera. Il cliente racconta che a Monza ha un amico tassista che non verrebbe mai a Milano. Ha clienti fissi, biglietto da visita, si fa il suo bel pranzetto, la pennichella, e ha una Mercedes 300. Arriviamo alle 21.25: la corsa è 28,20. Marco chiede quanto deve scrivere sulla ricevuta. “50 euro”. Ammutolisce. Poi dice: “Grazie, non le do un bacio solo perché è un uomo”.
Di nuovo a Linate. Alle 22.20 prendiamo una coppia per corso Venezia: 17,10 euro. Una delusione. E ancora Linate, dove ci sono aerei in arrivo. E uno che nessuno carica. La scusa è quella della carta di credito, ma tutti prima gli chiedono dove va: la risposta è una corsa troppo breve. Tocca a noi. È uno che vuole andare vicinissimo. Marco dice che comunque la tariffa minima è 12 euro. Il cliente parla di 5 euro. L’atmosfera si scalda. Nessuno lo prende. Vola qualche “deficiente” qua e là. Alla fine monta da noi con fare spavaldo: “Adesso ti do 20 euro e vediamo se mi porti”. Marco lo porta. E si prende pure i 20 euro. “Questa è una giungla”.
Alle 23.20 ripartiamo con una ragazza per via Teodosio, zona vicina all’aeroporto. Marco chiede se preferisce fare un pezzo di tangenziale. La risposta è no. Come la mancia. Paga 15,60 euro e scende. Marco: “In genere aspetto che entrino nel portone di casa. Ma se non danno una mancia non aspetto, se non meritano non meritano”. Sono le 23.35 quando sale un cliente in arrivo da Londra e diretto a Sesto San Giovanni, dove arriviamo a mezzanotte e dieci: 32 euro. Senza mancia, “ma ho allungato un po’, gli avremo preso 5-6 euro”.

Taxi fermi nella capitale per protesta contro le licenze

Sempre a Linate, alle 0.45 ecco un cliente che vuole andare in centro per prendere qualcosa da bere. Dentro è tutto chiuso e lui è lì con la moglie in attesa di un volo intercontinentale del mattino presto. Andata e ritorno: altri 25 euro “compreso il caffè per me e il mio amico”.
L’ultima corsa da Linate la prendiamo poco dopo l’una. Il cliente arriva da Catania. E sono 18 euro. Ci fermiamo in centro, dove prendiamo un cliente per strada: 13 euro, caffè incluso. Un quarto alle 2. Tre tifosi del Celtic si buttano quasi sotto per fermarci. Sono ubriachi. Marco gli fa lasciare la bottiglia di birra fuori, ordina di pulirsi la bocca, fa la faccia da duro. E li portiamo all’albergo: 14 euro. Sono quasi le 2. Gli ultimi 12 euro sono quelli che paga il cronista per

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L’ira dei vescovi per la norma pro omosessuali.

C’erano sei cardinali sei a brindare il 5 dicembre scorso con Prodi e ministri al seguito, compresi il segretario di Stato Bertone e il presidente della Cei Bagnasco, tra sorrisi, auguri e promesse di obbedienza sui temi sgraditi in Vaticano.

(Il Giornale) Tempo tre giorni, e il vino è andato di traverso ai porporati. Quando infatti ai piani alti della Cei si sono accorti di cosa era successo al Senato, le linee tra i palazzi vescovili e Palazzo Chigi sono diventate incandescenti. Già, perché anche nel testo del maxiemendamento sulla sicurezza, su cui ieri il governo ha posto la fiducia, il diavolo si nasconde nei dettagli. E quel richiamo al trattato di Amsterdam contro le discriminazioni di carattere razziale (e passi), religioso (e passi), di handicap e età (e passi) ma addirittura di «orientamento sessuale», ha fatto saltare sulla sedia i rappresentanti della Chiesa cattolica. Che dietro quella formuletta vedono spalancarsi il baratro di «impropri riconoscimenti di diritti» agli omosessuali, come spiegano i mastelliani facendosi portavoce delle istanze Cei, che potrebbero arrivare fino alla intollerabile legalizzazione delle coppie gay.

Quel passaggio, contro cui nei giorni scorsi i teo-dem del Pd avevano fatto le barricate, è stato reintrodotto nel maximendamento su pressione di Verdi e Pdci, con la benedizione del ministro ds Barbara Pollastrini. La Cei ha subito messo in moto la sua massa d’urto parlamentare: i cattolici Cdl hanno lanciato terribili anatemi, Mastella ha dato l’allarme, i teodem hanno minacciato il no alla fiducia, i senatori a vita ex Dc sono stati richiamati all’ordine: «Quel decreto non deve passare». Alle 20 di sera Prodi era sull’orlo della crisi. E al governo non è rimasto che andare a Canossa, far atto di sottomissione, e rimettersi alla misericordia Cei.

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La Chiesa antica cattolica e apostolica di Monza sull'omofobia.

TOGLIERE LA NORMA CONTRO L'OMOFOBIA E' GRAVISSIMO. IL GOVERNO ITALIANO COSI' SI METTE FUORI DALL'EUROPA. IL MESSAGGIO DELETERIO E' CHE DISCRIMINARE SI PUO'.

Giovanni Climaco Mapelli, Vescovo della Diocesi di Monza della Chiesa Antica Cattolica e Apostolica nonchè presidente del Centro Studi Teologici di Milano. ha rilasciato la seguente dichiarazione: E' gravissimo quanto affermato dall'onorevole Vannino Chiti ieri al termine della votazione in Senato sul pacchetto Sicurezza: il Ministro ha affermato che vuol togliere la norma antiomofobia dal testo stesso: questa proposta governativa è gravissima perchè non mette al primo posto la battaglia contro il razzismo e la discriminazione e mette l'Italia fuori dall'Europa.
E' incredibile come si tenti in tutti i modi di instaurare una specie di dittatura clericale e vaticana in un Paese ormai a forti caratterizzazioni laiche e progressiste.

La compagine di sinistra del Governo non può sostenere una deriva di questo genere.
Va contro qualunque concetto di laicità e di diritto civile, che la Sinistra ha sempre proclamato tra i suoi principi. A questo punto è meglio, molto meglio, che il Governo - sui diritti umani - vada al suo destino, e cioè cada repentinamente.

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