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domenica 3 febbraio 2008

2008, fuga da Palazzo. A sinistra è partita la corsa alla poltrona sicura.

Un'auto blu in uscita dal Quirinale | Ansa
(Vasco Pirri ardizzone - Panorama) Chi non ricorda la mitica Jena Plissken di 1997 - Fuga da New York? Quello che con solo 22 ore di vita riesce a fare irruzione in una Manatthan in mano alla malavita e portare in salvo il presidente degli Stati Uniti. Oggi, in una versione casereccia (all’amatriciana), il fuggi fuggi è dai palazzi della politica e la salvezza è quella personale.

“Si salvi chi può” sta insomma diventando il motto di molti ministri e primedonne del centrosinistra. Che, fiutata l’aria di fallimento che tira su Franco Marini e data per certa la sconfitta elettorale (tanto più se Walter Veltroni poterà il Pd in splendido isolamento alle urne), sono pronti a cercarsi altre poltrone sicure.

Francesco Rutelli non sarà certo Kurt Russell, ma in queste ore potrebbe sciogliere la riserva e pensare di fuggire, anzi tornare, sul più celebre dei sette colli di Roma: il Campidoglio. E l’attesa per la decisione di Rutelli (che a sua volta attenderebbe le dimissioni di Veltroni, che a sua volta aspetta la fine del tentativo Marini), coinvolge altri due ministri, il cui nome si fa per la corsa alla successione a Veltroni a Roma: il rutelliano Paolo Gentiloni e la veltroniana Giovanna Melandri. Se l’ex leader della Margherita non dovesse correre per la carica di sindaco di Roma, gli altri due sarebbero in pole position.

La capogruppo al Senato del Pd, la siciliana Anna Finocchiaro, pare stia seriamente valutando di andare a correre per la prestigiosa, quanto difficile, carica di presidente della Regione Siciliana dove, dopo l’addio di Totò Cuffaro, si voterà tra poche settimane (tra sabato e domenica Finocchiaro e Veltroni saranno insieme a Palermo per un’iniziativa politica). Stessa possibilità, ma con tempi diluiti e sull’altra isola, per il presidente dei deputati Pd, Antonello Soro, che potrebbe andare succedere al suo quasi omonimo Renato Soru in Sardegna.
Le voci di fuga da palazzo Chigi hanno investito tutti. Anche l’inquilino più importante: se è vero che Romano Prodi tornerà a Bologna a fare il nonno per sua stessa ammissione, c’è chi, tuttavia, parla in maniera assolutamente informale, di una sua possibile candidatura alle comunali a Bologna per il post Sergio Cofferati.

La ministro della Famiglia, Rosy Bindi, e quello della Difesa, Arturo Parisi, si contenderanno le poche briciole che Veltroni lascerà alla minoranza del Pd. Poco, ma dovranno farselo bastare, aspirando a guidare la corrente minoritaria dei democratici.

Giovanna Melandri, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Gentiloni | Ansa

Meno problemi avranno tutti quei ministri che sono leader di partito. Il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, tornerà a guidare i Verdi a tempo pieno, mentre quello delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, l’Italia dei Valori o la nascente Cosa Bianca in cui si mormora potrebbe finire. Fabio Mussi, leader di Sinistra Democratica, non ha ascoltato le sirene di Veltroni che lo volevano far rientrare nel Pd perché vuole costruire la Cosa Rossa. E proprio la nuova aggregazione della sinistra radicale dovrebbe essere guidata dal ticket Fausto Bertinotti (che non vede l’ora di tornare alla politica attiva e che allo scioglimento delle Camere lascerà lo scranno più alto di Montecitorio) e Grazia Francescato, oggi deputata dei Verdi.

Restano fuori le due “menti fini” oggi agli Esteri e all’Interno: Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Baffino, che in questi anni si è ritagliato un ruolo da grande saggio e king maker del centrosinistra, mira a qualche anno di esilio per arrivare al 2013 in prima fila per salire al Quirinale. Mentre sull’ex delfino di Craxi basta riportare la voce che gira in Transatlantico: “Ad Amato hanno fatto, ancora una volta (come ai tempi dell’elezione di Napolitano al Quirinale), annusare la poltrona di premier. E ancora una volta dovrà aspettare”.

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Nino Strano chiede cusa dopo gli insulti a Cusumano e i festeggiamenti per la caduta di Prodi.

Tre giorni in processione per il senatore pentito.

(Ettore Maria Colombo - La Nazione) Andrà in processione per le vie della sua Catania con un sacco bianco, cappuccio nero, cordone in vita e stemma dell’amatissima «Santuzza», cioè Sant’Agata, patrona della città, insieme a folle di devoti pellegrini. Ma le preghiere del senatore di An Nino Strano hanno una ragione in più. «A maggio dell’anno scorso ho rischiato di morire per una bruttissima malattia, l’acalasia esofagea e mi sono salvato dopo un’operazione rischiosa» confida. «Ho fatto voto a Sant’Agata, ora lo onoro». Storie di ordinaria devozione meridionale, se non fosse che Nino Strano —57 anni, catanese, un cursus honorum nella destra lungo come una quaresima — è lo stesso uomo finito sui giornali di mezzo mondo perché urlava «checca squallida» all’indirizzo del senatore Nuccio Cusumano. E perché ingurgitava mortadella e pasteggiava a champagne mentre cadeva il governo Prodi. «Esteta fottuto», «amico di troie, froci e travestiti», «amante del turpiloquio«: così si descriveva fino a ieri. Con Qn, invece, rivela ben altro profilo. «Sono cattolico. Credente e praticante. Anche se sono divorziato, un prete amico di famiglia mi permette di fare la comunione. Ho il culto della famiglia, penso sempre ai miei genitori scomparsi, ho un bel rapporto con la mia ex moglie, un figlio fiero di me». E anche per quello che è successo al Senato Nino si è pentito. «Ho chiesto scusa a Cusumano subito. Poi via email a tutti i senatori, a Prodi e al presidente Marini. Ma anche ai catanesi, comprando una pagina a pagamento — che mi è costata ben 5mila euro — su La Sicilia». Persino i particolari che ne hanno fatto un’icona, in quei giorni infuocati, per lui vanno riletti sotto un’altra luce: «Portavo il maglione rosso attorno al collo perché avevo mal di gola, gli occhiali da sole perché avevo dimenticato quelli da vista, la mortadella me l’hanno passata in aula, lo champagne pure». E le parolacce? «La debolezza di un momento». E un temperamento focoso.

A Catania hanno capito, pare. D’altronde Strano viene rieletto da trent’anni con il pieno dei voti: come consigliere e assessore comunale, poi deputato e assessore all’Assemblea siciliana, nel 2001 deputato e nel 2006 senatore. Nel partito, se il suo capogruppo Altero Matteoli lo ha rimbrottato, l’amicizia personale con Gianfranco Fini e Ignazio la Russa (catanese a sua volta) resta a prova di bomba. Strano sa già che verrà rieletto. Crede nella nascita «di un unico, grande, partito conservatore, fondato sui valori». Politicamente non si definisce più «fascista», ma culturalmente le sue letture sono Gentile, Cèline, Evola, Nietsche. Amante del cinema, della musica e del balletto, vorrebbe «l’immenso Zeffirelli, che mi onora della sua amicizia, senatore a vita». Le contraddizioni, però, continuano a inseguirlo: frequenta locali per omosessuali, ma rivendica rapporti rigorosamente etero. «Oggi sono single, dopo la fine di un grande amore» sospira. Ha presentato una proposta di legge per le coppie gay: «Ma non sono certo per i Dico, solo per l’agibilità di alcuni diritti» dice. Chissà se è per pentirsi di questi (e altri) peccati che per tre giorni il senatore sfilerà incappucciato invocando la Santuzza.

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Lele Mora, il fisco, il Papa e Panorama.

(Adnkronos) Un viaggio Cuba-Milano per 'el pibe de oro' Diego Armando Maradona, un concerto 'fantasma' di Zucchero Fornaciari all'Avana, ville in affitto, aerei e barche a noleggio. Erano tanti, e alcuni molto originali, i modi in cui Lele Mora ha tentato di evadere il fisco. Ma l'agente delle star, gia' coinvolto in 'vallettopoli', e' stato 'beccato' e quindi dovra' pagare 5,6 milioni di euro. La societa' di Mora, la L.M. Management e' caduta nella rete dell'Agenzia delle entrate di Treviglio, che aveva rilevato delle irregolarita' per gli anni 2003 e 2004. La sentenza, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo, ha dato ragione agli uffici fiscali secondo cui, tra evasioni e sanzioni, l'agente dei vip dovra' pagare 2,7 milioni per il primo anno e 2,9 milioni per il secondo anno.

Leggi anche:
Lele Mora chiede udienza al Papa. Tutti si chiedono se ci andrà con Costantino.

Lele Mora in Vaticano? Si, ma non con Costantino forse con Christian.

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Notizie gay, Panorama, Kataweb e l'informazione gay: E' polemica sulle libertà?
Non siamo stati noi ad accenderla ma è scoppiata una polemica, era inevitabile, ognuno ha il suo punto di vista.
Uno dei tanti internauti che probabilmente transitando sul sito di Panorama è stato richiamato da questo titolo:

# Il 2 Febbraio 2008 alle 20:02 Livingston, il blog di Marco Mazzei - Aggregare l’aggregatore aggregando il copia-e-incolla ha scritto:

[…] Panorama Notizie Gay Kataweb News […]
ha pensato bene di cliccarci sopra per leggerne il contenuto e ha risposto a Marco Mazzei, giornalista di Panorama. Non facciamo e non vogliamo fare commenti al suo post ed a quelli degli intervenuti per controbatterlo, pensiamo solo che si commenti da se.
Per quel che ci riguarda non possiamo far altro che invitarvi a leggerlo e se volete a parteciparvi.

Il nostro pensiero è che aldilà dei continui richiami all'educazione ed alle buone maniere da parte del Mazzei, crediamo nella libera e gratuita circolazione delle informazioni (noi come la Mondadori, editore di Panorama, possediamo una licenza Creative Commons, cosa che peraltro i maggiori portali gay e che fanno le stesse cose che facciamo noi non hanno...) e delle idee contro ogni forma di divieto e/o censura anche mascherata. E con questo, per noi l'incidente è chiuso.

Notizie gay
La redazione.

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Forbes stila l'elenco delle cantanti più ricche del mondo. La prima è Madonna.

Al primo posto Madonna, con oltre 40 milioni di euro di guadagni in un anno. Sul podio anche Streisand e Dion.

(La7) Leggendo la classifica delle cantanti più ricche del mondo stilata per la prima volta dall'autorevole rivista Forbes, verrebbe da dire "madonna, quanto guadagnano!". Per essere più precisi, però, dovremmo esclamare: "Quanto guadagna Madonna!", cioè Louise Veronica Ciccone, la "Material girl" che da anni gonfia l'entusiasmo dei suoi fan e il suo conto in banca. Tra il giugno del 2006 e lo stesso mese del 2007, Madonna ha incassato 48,70 milioni di euro: è lei, secondo Forbes, la cantante più ricca del mondo. Al secondo posto l'intramontabile Barbara Streisand: 65 anni all'anagrafe, oltre 40 milioni di euro in banca in un solo anno. Terza un'altra big della canzone, Celine Dion, con 30 milioni di euro. Alle nuove leve della musica non resta che inseguire. Fuori dal podio Shakira e Beyonce si consolano, si fa per dire, con circa 20 milioni a testa. Euro più, euro meno.
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La crudeltà del lusso.

(Trendelemburg) Non capita tutti i giorni di vedere un'immagine cosi: una modella vestita interamente di...... feti!

La FAADA (un'organizzazione animalista spagnola) ha creato questa campagna per portare avanti la sua lotta contro l'uso delle pelliccie.
Il focus è tutto su questa figura centrale, creato attraverso lo sfondo nero e la luce ad occhio di bue. Sembra quasi un dipinto del Caravaggio.
Ma lungi da rappresentare Madonne e conversioni, si afferma che uccidere animali per creare una soffice pelliccia equivale ad uccidere poveri innocenti come potrebbero esserlo i bambini appena nati.
Idea riproposta nel pay-off che afferma che "per fabbricare una pelliccia occorrono 120 pianti".

A me pare che la campagna abbia colto nel segno: un'efficace e ben fatta metafora visiva per dimostrare come il lusso e il glam del vestire una pelliccia naturale possano derivare da pratiche poco umane.
E voi che ne pensate?

Via adgoodness

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Il difficile mestiere di far ridere. E i clown scendono in strada.

(Stefania Vitulli - Il Giornale) Se si prova a seguire un clown per le strade di Milano può accadere di tutto. Ad esempio può accadere che si entri in metropolitana e che in mezzo al vagone lui gridi a uno sconosciuto: «Gianni! Anche tu qui!». E che inizi così un’improvvisazione. Qualcuno ride. Qualcuno rimane paralizzato dallo stupore. Qualcuno si arrabbia. Molto. E lo aggredisce, gli strappa i manifesti, lo insulta. È successo in questi giorni, nella metropolitana di Milano, al clown Maurizio Accattato, direttore artistico del «Milano Clown Festival», e ai suoi giovani Clown Minimi. «Il mio è un lavoro anche rischioso - racconta Accattato -. La gente è così compressa che invece di sfogarsi con chi la fa stare male, aggredisce chi cerca un contatto di scambio».

I clown sono in giro per la città. Potreste incontrarli anche voi. Oltre a cercare di «reinserire la spina alle persone per far tornare loro la voglia di giocare», promuovono la terza edizione del Festival internazionale che quest’anno animerà il Carnevale di Milano. In tre giorni, 30 compagnie e artisti provenienti da tutta Europa si esibiranno all’Isola: nello chapiteau rosso con 500 posti a disposizione, poi a rotazione nei Teatri Sala Fontana e Sassetti, al Frida, all’aperto in piazza Minniti, sul sagrato del Santuario di Santa Maria alla Fontana, al Teatro Sacro Volto. Oltre 100 spettacoli (gratuiti), dal mattino a notte, con la conclusione delle serate insieme agli artisti allo Jodokabaret dell’ex Pini.

Prodotto e organizzato dall’Associazione Scuola di Arti Circensi e Teatrali, diretta da Accattato - attore, mimo, clown e regista che debuttò quasi vent’anni fa con Dario Fo -, il Festival è dedicato soprattutto ai giovani, con compagnie ad alto contenuto acrobatico come la Roc Kidz Crew, compagnia che unisce nei suoi streetshow hip hop, danza moderna e acrobazia. O come i Clown Minimi allevati da Accattato, adolescenti o già giovani laureati che finalmente non saranno più destinati solo a feste di bambini o convention, ma al vero teatro di strada.

«Alla scuola di clownerie, che ha sede in via Sebenico 21, lavoriamo con niente - spiega Accattato -. Usiamo l’aria, un cappello, ci mettiamo a correre, abbracciamo la gente. Chiunque può farlo. I maestri sono Patch Adams, Leo Bassi, Jodorowski, Jango Edwards, Paolo Nani. Tutti grandi nomi che sto cercando di portare a Milano quest’estate per un convegno sulla clownerie. In Italia ci sono clown camuffati da comici come Aldo, Giovanni e Giacomo, ma quest’arte non è riconosciuta. Milano oltre che capitale della moda, può diventare capitale del teatro. E dell’amore. Il Festival vuole dimostrare che i clown non sono professionisti del divertimento, ma insegnano a giocare con la vita ed eliminare l’aggressività».

Info: www.maurizioaccattato.org

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L'Aids e i suoi fratelli. Soprattutto eterosessuali i malati di Hiv secondo il ministero della Salute sulla diffusione del virus nel 2007.

(Flavia Amabile - La Stampa) Che cosa è l'Aids oggi, nel 2008? Sempre di più una malattia di persone mature, eterosessuali dipendenti al massimo da sigarette, e poco informate su come potrebbero evitare l'infezione. I dati del ministero della Salute sulla diffusione del virus in Italia si riferiscono a tutto il 2007 e lasciano pochi dubbi. Nel 1995, quando l'Aids era la malattia del secolo, la nuova peste, l'unzione del vizio di omosessuali e drogati di vario tipo, i casi in Italia erano 5.600. Dodici anni dopo sono quattro volte di meno 1200, e il tutto ha assunto tinte meno trasgressive: è soprattutto la malattia del sesso incauto.

Di sicuro a spiegare questo calo dei malati ci sono le nuove terapie, come rileva anche il ministero della Salute in un suo comunicatoSono aumentati infatti i malati che con il virus convivono senza troppe difficoltà: ormai circa 23 mila. Per lo stesso motivo sono aumentati i sieropositivi, oltre 120 mila , cifra che comprende anche i i malati di Aids. Il tasso di crescita è di circa 3.500-4 mila nuove infezioni l'anno.

Di sicuro però sono soprattutto cambiati i malati. Nel 1997 più della metà (il 58,1%) erano tossicodipendenti, uno su cinque (il 20,4%) eterosessuali e uno su sette circa (il 15%) erano omosessuali. Dodici anni dopo i tossicodipendenti sono la metà, circa uno su quattro (il 27,4%) mentre sono raddoppiati i malati per rapporti eterosessuali (43,7%) e un po' anche quelli per contatti omosessuali (22%). Aumenta anche l'età delle persone colpite: in media ultra-quarantenni.

Eterosessuali che hanno rapporti non protetti, si direbbe: oltre il 60% di casi di Aids si verifica in persone che non si sono sottoposte a terapie antiretrovirali. Non se l'aspettavano, insomma, come accade a chi si infetta per contatti sessuali o fra gli stranieri. Sono calati di molto i morti: da 4581 nel 1995, si è arrivati a circa 200 nel 2007.

I lombardi sono i più esposti con il 30% dei casi. Al secondo posto il Lazio con il 13% e l'milia Romagna con il 10%. In realtà il tasso di incidenza più alto subito dopo la Lombardia appartiene alla Liguria. E a livello più locale vi sono tassi alti nella provincia di Rimini (14,5 casi su 100 mila abitanti) e nel Lazio (10,5 casi ogni 100 mila abitanti).

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Scrittori gay. Leavitt, la mia Italia libertina e conservatrice.

L'autore di «Ballo di famiglia», icona della letteratura omosessuale, attacca l'America ma non fa sconti all'Europa. «Da voi gli eccessi convivono con la tradizione E anche i gay alla fine sposano una donna in chiesa»

(Alessandra Farkas - Il Corriere della Sera) «L'Italia mi manca moltissimo e me la sogno tutte le notti», racconta David Leavitt (a sinistra nella foto). «Mi mancano le prime colazioni al bar, i raduni in piazza dove tutti si conoscono, il macellaio che ti tiene i tagli speciali di carne, i profumi e le puzze per strada. Mi mancano persino il gossip e le rivalità decennali tra vicini».

Ma dopo aver vissuto nove anni a Semproniano, un paesino di 1.300 anime in Maremma, nel 2000 il quarantasettenne autore di La lingua perduta delle gru, Mentre l'Inghilterra dorme e — ultimo nelle librerie Usa — The Indian clerk (che sarà tradotto da Mondadori nei prossimi mesi) decise di tornare in America, insieme con l'inseparabile compagno e scrittore Mark Mitchell. «A un certo punto il mio sogno italiano diventò un incubo. Avevo più motivi per fuggire che restare. Non ne potevo più della corruzione, burocrazia ed economia sommersa: tutti rimasugli dell'era fascista».

Dopo tre anni di assenza, quest'estate Leavitt tornerà in Italia per partecipare alla Milanesiana, nell'edizione dedicata ai quattro elementi: acqua, fuoco, aria, terra. «Penso di scrivere un testo proprio su quest'ultimo», precisa. Un nuovo capitolo per uno scrittore che, fresco di laurea alla Yale University, debuttò nel 1983 con lo stellare successo di Ballo di famiglia, nominato ai premi Pen/Faulkner e National Book Critics Circle e subito osannato dai critici come «il capolavoro sulla dissoluzione della famiglia tradizionale».

Da allora Leavitt è stato definito tante cose: «scrittore ebreo», «gay», «minimalista», «espatriato ». «Nessuna di quelle etichette mi si addice, anche se riceverle vuol dire che parlano di me. E in un'era in cui la gente non legge più è un onore. Significa che i miei libri sono letti».

All'Università della Florida, dove insegna letteratura creativa e dirige la rivista letteraria Subtropics, Leavitt tocca con mano tutti i giorni il problema.

«Le fonti principali di cultura, per i miei studenti, sono la tv, i video, il cinema e Internet. Considerano la lettura un obbligo, non un piacere.

Il risultato è che le vendite della fiction sono crollate».

Eppure Leavitt dice di essere «sommerso» di manoscritti di aspiranti romanzieri. «In America oggi ci sono più scrittori che lettori — teorizza —. L'impulso confessionale è incredibile: tutti vogliono esprimersi, ma senza studiare».

Cosa pensa il guru della letteratura gay sul futuro di quel genere? «La maggior parte degli scrittori gay rifiutano quel termine. E a ragione, perché ormai viviamo nell'era post-gay. I giovani cresciuti guardando

Will & Grace hanno un atteggiamento molto casual e blasé sulla propria sessualità. I loro eroi sono Jonathan Lethem, Jonathan Safran Foer, Dennis Johnson e Colm Toibin». Ma se trent'anni di attivismo gay hanno rivoluzionato il volto della letteratura gay in Usa, in Italia la situazione è ben diversa. «Dopo Busi e Tondelli, chi altri possiamo citare? — si chiede Leavitt —. Forse pochissimi altri che, non essendo tradotti, qui nessuno conosce».

Eppure l'Italia è da sempre considerata la Mecca degli scrittori gay. «Dal 1880 alla Prima guerra mondiale tantissimi scrittori gay inglesi, americani e tedeschi si trasferirono nel Bel Paese per cercare la liberazione sessuale che non trovavano in patria — spiega —: Jacques d'Adelsward-Fersen e Axel Munthe a Capri, George Norman Douglas e Compton Mackenzie a Firenze. Ancora l'anno scorso André Aciman ha scritto una bellissima storia d'amore tra due uomini ambientata in Italia, Call me by your name — incalza — in cui racconta l'ideale anglosassone dell'Italia come terra di infinite possibilità sessuali e libertà». Ma il loro anelito si rivelerà fatalmente illusorio. «L'Italia era e continua ad essere molto libera negli atti sessuali ed estremamente conservatrice sul terreno dell'identità sessuale. Tanto è vero che tutti gli amanti gay hanno finito per sposarsi. In chiesa».

A proposito di chiesa, Leavitt si dice «sconcertato dal paradosso e dall'ipocrisia di una Chiesa cattolica guidata ai vertici da gay e lesbiche, ma che poi adotta una posizione ufficiale ferocemente anti-gay. L'accanimento anti-gay del Vaticano è un gesto difensivo volto a terrorizzare il gregge interno e soprattutto i preti molestatori di bambini — teorizza —. Penso sia il preludio di cambiamenti epocali all'interno del cattolicesimo. Che ha bisogno di modernizzarsi se non vuole chiudere bottega».

In uno dei suoi ultimi libri, L'uomo che sapeva troppo. Alan Turing e l'invenzione del computer, lo scrittore regala un appassionato tributo al genio della matematica e padre dell'informatica, morto suicida a 42 anni nel 1954 e considerato un martire della persecuzione contro i gay.

«Turing era gay in un'epoca in cui in Inghilterra ciò era considerato un reato punibile con il carcere e la castrazione chimica — racconta —. Non escludo che tale accanimento possa tornare anche oggi. Quando avevo 25 anni non avrei mai creduto che un giorno l'America sarebbe diventata un Paese di torturatori. Dopo l'11 settembre, Guantanamo e la nuova caccia alle streghe, tutto è possibile ».

L'Inghilterra di Turing non è molto diversa da quella di Stephen Spender, il famoso scrittore e docente di Oxford che querelò Leavitt per plagio. Il motivo: la sua autobiografia World within World del 1951 aveva audacemente raccontato della sua relazione con un uomo e il romanzo di Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, del 1993, ricalcava un po' troppo pesantemente la storia della vita di Spender. Il libro venne poi ritirato.

«Dietro lo scandalo credo vi fossero le pressioni della moglie di Spender, preoccupata dalle implicazioni del libro nei suoi confronti. È stata una grande lezione sul cambiamento di attitudini generazionali. Ciò che per me e i miei coetanei era bello e naturale evidentemente non lo era per Spender, che viveva in maniera contraddittoria e distorta la propria omosessualità. La legge inglese sull'editoria non è libera e democratica come quella americana».

La disputa ha finito comunque per beneficiarlo.

«Ha ispirato il mio lavoro migliore: The term paper artist. Il libro, una satira su uno scrittore che sta "guarendo", dopo essere stato maltrattato dai media e dai colleghi, fu censurato come troppo osé da Esquire, proprio alla vigilia dell'uscita in edicola di un estratto. Il nuovo scandalo contribuì ovviamente a trasformandolo in un bestseller ».

Le polemiche hanno inseguito lo scrittore con Il corpo di Jonah Boyd, ma per motivi completamente diversi. «Era il mio primo romanzo senza un personaggio gay e i critici rimasero di stucco. Ma io mi sono meravigliato ancor più di loro del loro stupore». Se potesse scegliere un altro periodo storico in cui vivere Leavitt non sceglierebbe «il secolo di Oscar Wilde, un uomo che incarna la doppiezza dell'Inghilterra vittoriana e edoardiana ». La sorte, invece, l'ha fatto nascere negli anni Sessanta e diventare adulto negli Ottanta. «L'era dell'Aids — spiega —, il cui impatto sulle arti e soprattutto sulla letteratura è paragonabile a quello della Prima guerra mondiale. Anche allora tantissimi scrittori morirono giovani e non sapremo mai quanto grande sarebbe diventata la loro opera se fossero vissuti».

«Come coi morti nell'immediato dopoguerra, anche oggi nessuno vuole più parlare dell'Aids— si lamenta Leavitt —. Il tema è passato di moda. Un'assurdità che forse spiega il boom della malattia tra i giovani».

Il parallelo tra Olocausto e Aids? «Pericoloso e falso — replica —. Niente e nessuno potranno mai essere paragonati alla Shoah».

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Rugby, Sei Nazioni: Italia ko con onore in Irlanda.


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(Realsports.it) Sconfitta e rimpianti. L'Italia perde 16-11 a Dublino e comincia con un passo falso l'avventura nel Sei Nazioni 2008. L'Irlanda piega gli azzurri, che escono da Croke Park tra gli applausi dopo aver onorato in pieno il debutto ufficiale del ct Nick Mallett.

Rimanere in partita fino all'80' sul campo di una delle corazzate del Vecchio Continente e' gia' un risultato positivo. Chi vuole vedere il bicchiere mezzo vuoto, pero', non puo' ignorare i primi 20 minuti abbondanti, dominati dai verdi. L'Italia sembra reggere in avvio e dopo aver assorbito l'urto iniziale di Croke Park comincia a mettere la testa fuori dal guscio.

La partita si accende quando i padroni di casa riescono a trovare spazi per scatenare il talento di Brian O'Driscoll. Gli azzurri tamponano fino al 12' quando Ronan O'Gara centra i pali con il primo piazzato del torneo e sblocca il risultato: 3-0. La minima distrazione e' fatale contro il XV del trifoglio, che con calci millimetrici seziona il campo. Il piede di O'Gara al 17' punisce un errore di piazzamento della difesa azzurra e un capolavoro di Andrew Trimble lancia Guirvan Dempsey in meta.

Il 10-0 mette le ali ai piedi dei padroni di casa, che non soffre granche' nemmeno in mischia. Bisogna aspettare il 25' per vedere gli azzurri macinare gioco fino ai 22 metri irlandesi. Sotto pressione, anche gli uomini di Eddie O'Sullivan sbagliano. Il forcing italiano si ferma a 5 metri dalla meta per un fallo commesso da Santiago Dellape' che rimedia anche il cartellino giallo. Sfuma l'azione offensiva e l'Irlanda puo' giocare con un uomo in piu' fino al riposo.

A complicare ulteriormente la situazione contribuisce anche un distratto giudice di linea: una touche azzurra, a pochi metri dalla meta, viene assegnata ai padroni di casa. L'Italia meriterebbe di cancellare lo zero dal tabellone: gli sforzi vengono premiati al 38', quando David Bortolussi trasforma la punizione che manda le squadre al riposo sul 10-3.

Il numero 15 ha al 51' la chance per ridurre ulteriormente il gap ma non trova i pali da distanza siderale. La mira, invece, non manca a O'Gara che al 57' riporta l'Irlanda a +10 (13-3). Il match e' vivo, perche' l'Italia e' solida e aggressiva. I frutti vengono raccolti al 60', quando Sergio Parisse capitalizza il lavoro di tutta la squadra. Il verdetto del television match officer e' determinante per assegnare la meta del 13-8: giochi riaperti, nonostante la trasformazione fallita da Bortolussi.

L'Irlanda fatica, non riesce a sviluppare il gioco e a replicare il copione della prima frazione. Con un cecchino come O'Gara, pero', e' sufficiente conquistare una punizione per aumentare il bottino. Il fuoriclasse del Munster sfrutta un altro penalty al 67' e ricaccia indietro gli azzurri. Sotto 16-8, l'Italia ha bisogno di due segnature per realizzare una rimonta impossibile.

Ne arriva una sola, al 69', quando Bortolussi ritrova il feeling con il pallone: punizione precisa, 16-11 e ultimi 10 minuti tutti da gustare. L'Irlanda ha esperienza e risorse sufficienti per congelare l'ovale. Al 75' O'Gara sbaglia la punizione che potrebbe chiudere il match, ma all'Italia mancano fiato e lucidita' per completare la missione impossibile.

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Realismo o vendetta? Sindaco di Roma? Meglio Fini. Parola di lesbica di sinistra.

(Cristiana Alicata) Io, lesbica e di sinistra, tra Rutelli e Fini scelgo 5 volte Fini.

1) Perchè Fini in questi ultimi dieci anni ha dimostrato grande coraggio su alcune questioni, dimostrando, unico nel centro destra ed inascoltato, che su certi temi non esiste destra e sinistra ma esiste il buon senso: vedi le sue posizioni sul referendum in merito alla fecondazione assistita. Rutelli invece, ha fatto campagna per l’astensione, dimostrando anche scarso senso delle istituzioni parlamentari.

2) Perchè Fini ha rivisto ultimamente (in parte) le sue posizioni sui maestri omosessuali ( vedi intervista barbarica fatta con Daria Bignardi a fine 2007) mentre Rutelli da sindaco di Roma aspirante premier ritirò il patrocinio alla più grande manifestazione omosessuale che l’Italia ricordi, il Pride del 2000 e non perde un’occasione, quando si parla di Pacs, di dire che comunque le priorità del Paese sono altre, tra cui la Famiglia, offendendo tutte le famiglie omosessuali italiane

3) Perché Rutelli ha iniziato a fare il sindaco di Roma nel partito dei verdi provenendo da quello Radicale e ne è uscito dopo 10 anni che la domenica andava a pranzo al Vaticano. Se fa il sindaco per altri 10 anni si iscrive a Militia Christi? Al contrario, ci sta che Fini dopo 10 anni magari marcia al Gay Pride come Giuliani ha fatto a New York.

4) C’è un aspetto ancora più importante. Fini non è riuscito a liberarsi di Berlusconi, mal sopportato da molta base di AN, il cui connubio iniziò proprio alle soglie della sua prima avventura elettorale romana. Fare il sindaco di Roma potrebbe finalmente liberarlo da questo giogo, legittimare una destra che nel frattempo diventerebbe ancora più democratica e chiudere il ciclo di leadership mediatica di Berlusconi, riaprendo la porta alla politica fatta sul territorio (che poi è quella vera), di cui AN è maestra insieme a ex-DS e Rifondazione. La politica, insomma, uscirebbe dalla TV o per lo meno ne sarebbe meno schiava.

5) Non voterei Rutelli anche perché è una candidatura di contrapposizione. A un pezzo grosso come Fini il centro sinistra contrappone un pezzo grosso, ben radicato a Roma. Dimenticando che molto voto romano è voto di opinione, non di interesse lobbistico come avviene nei paesi. Possibile che in 20 anni di governo il centro sinistra non abbia fatto crescere delle competenze, magari tra i giovani? Magari, dio ce ne scampi, una donna?

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Omosessualità. Lo stato di New York riconosce i matrimoni gay celebrati altrove.

E' il primo caso negli Stati Uniti. L'Unione per i Diritti Civili grida vittoria.

(La Stampa) Lo stato di New York riconosce e considera valide le unioni omosessuali anche se queste sono state sancite in altri Stati o in altre nazioni. Lo ha sancito una sentenza della Corte Suprema locale. La legge era già in vigore per le coppie eterosessuali, e ora la decisione del tribunale ha definitivamente equiparato le unioni tra partner dello stesso sesso con quelle tradizionali. "E' una grande vittoria per le famiglie, per la giustizia e per i diritti umani" ha dichiarato dopo la sentenza Donna Lieberman, direttrice della sede di New York dell'Unione per le Libertà Civili. E' la prima volta che una decisione simile viene presa nel paese.

I giudici hanno deliberato sul caso di Patricia Martinez e della sua compagna Lisa Golden. La coppia aveva ufficializzato per la prima volta l'unione nel 2001 in Vermont, per poi sposarsi in Canada nel 2004. Le leggi dello stato di New York non prevedono le unioni civili tra partner dello stesso sesso, ma riconoscono alcuni benefici alle coppie omosessuali di fatto, come l'estensione della copertura sanitaria. Le autorità pubbliche non hanno tuttavia alcun potere per imporre la stessa politica anche alle aziende private.

Negli Stati Uniti solo il Massachusetts riconosce i matrimoni tra coniugi dello stesso sesso, mentre alcuni altri stati permettono le unioni civili gay. In 25 Stati, invece, specifici emendamenti costituzionali impediscono qualsiasi legalizzazione delle coppie omosessuali.

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Associazionismo a Brescia. Lily Elbe al servizio della comunità transessuale.

(Il Brescia) Da alcuni mesi il variegato panorama associativo bresciano può contare su una nuova realtà. Lo scorso settembre infatti è nata Lily Elbe, Associazione di volontariato sociale per il supporto delle persone transessuali. Dopo una attenta valutazione del fenomeno del transessualismo nel territorio bresciano è infatti emersa una totale mancanza di servizi pubblici e privati nell'affrontare il fenomeno della diversità di genere. Questa nuova realtà nasce per soddisfare i bisogni delle persone transessuali che vivono situazioni di forte disagio sociale, tutelando i loro diritti nel mondo del lavoro, seguendone il percorso di cambiamento e di riassegnazione dei caratteri sessuali, fornendo informazioni sanitarie.
Lily Elbe promuoverà iniziative culturali ed educative, metterà in contatto il mondo del transessualismo con i servizi sociali, sanitari e di volontariato del nostro territorio, fornirà un servizio di primo contatto con soggetti transessuali, di supporto psicologico, di ascolto e di mutuo aiuto. Anche la scelta del nome ha un valore simbolico. Nel 1940 Lily Elbe (formalmente Heinar Wegener), pittore danese, si sottopose per primo ad un operazione chirurgica per il cambiamento di sesso. La nuova associazione, guidata da Gloria Sosta, va così a colmare un vuoto, ponendosi a servizio della numerosa comunità transessuale bresciana. Una nuova realtà che ci rafforza come soggetto sociale e offre nuove prospettive, idee e forza alle nostre battaglie di libertà. Tutte le informazioni sull'associazione sono reperibili su www.lilyelbe.it o scrivendo a info@lilyelbe.it.

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"X-Files" il film. Sesso infuocato tra Mulder e Scully.

(Ansa) La data è fissata per il 25 luglio prossimo, già soprannominata dai fan la 'X-date'. E' il giorno della prima americana di uno dei film più attesi della stagione: 'X-Files' vedrà riunirsi sul grande schermo i celebri agenti dell'FBI Fox Mulder (David Duchovny) e Dana Scully (Gillian Anderson), impegnati come sempre ad indagare su casi "ai confini della realtà". Stando alle voci di corridoio filtrate dal set del film, e riportate dal sito specializzato Telefilm Cult, Mulder e Scully sarebbero protagonisti di un'infuocata scena di sesso. Il film, in uscita 10 anni dopo il primo capitolo cinematografico del 1998, è molto atteso.

Il sito http://telefilmcult.blogspot.com/ pubblica le primi immagini tratte dal set: nella prima i due detective sono nella classica posa alla scrivania, mentre nella seconda, in cui vengono ritratti in azione, si nota come l'agente Scully sia notevolmente dimagrita rispetto alla storica serie del 1993, nel corso della quale Gillian Anderson girò alcune scene pur essendo in stato interessante. Dopo che il telefilm si era chiuso con un casto bacio tra la "strana coppia" che lungo 9 stagioni non si era mai concessa un benché minimo flirt, spingendo i critici ad individuare proprio nel rapporto ambiguo tra i due protagonisti il vero X-File del serial firmato da Chris Carter.

Ma il secondo film tratto dal serial sembra spingere l'acceleratore sulla passionalità e sulla spiritualità. La prima sarebbe garantita da una scena "bollente" in cui i due agenti si spogliano delle remore del passato e si lasciano andare a scene già etichettate come XXX-Files. In realtà a motivare gli sceneggiatori a lanciare i due protagonisti uno nelle braccia dell'altro sarebbe stata la recente interpretazione di David Duchovny nel serial-scandalo Californication (in arrivo in Italia a marzo su Jimmy e poi su Italia 1), in cui l'attore interpreta un sessuomane senza ritegno (in una scena immagina addirittura di fare sesso con una suora). Un'immagine che avrebbe reso poco credibile la perdurata freddezza di Fox Mulder nei confronti della collega Dana Scully.

La spiritualità, con picchi che rasentano il misticismo, sarebbe invece al centro di una trama che ruoterebbe attorno a grandi misteri mai risolti, non per forza legati ai classici extraterrestri d'altri mondi, quanto a creature che agirebbero per conto di un'entità superiore. Mentre già si registrano segnali di isteria collettiva in vista dell'uscita del secondo film di X-Files (alcuni fans avrebbero già prenotato i voli per la Germania e per l'Argentina, dove verrà proiettato in anteprima il 24 luglio), il serial-cult verrà celebrato al prossimo Telefilm Festival di Milano, in programma dal 8 al 11 maggio 2008 all'Apollo Spazio Cinema.

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Inghilterra. Gli Scout denunciati: Il motto discrimina gli atei.

(Peace reporter) La commissione per le pari opportunità britannica ha denunciato l’associazione Scout per discriminazione nei confronti degli atei. La Humanist Association e la National Secular Society sono indignate poichè gli Scout si rifiutano di cancellare dal loro motto la frase “fare il mio dovere al cospetto di Dio”. Un membro degli Scout, Stephen Peck, ha subito replicato al Daily telegraph che i giovani Scout vengono aiutati a comprendere la loro spiritualità. Ma il presidente della National Secular Society ha risposto dicendo che due terzi degli adolescenti si definisce non religioso, e l’unico modo per entrare negli Scout è mentire. Il motto degli Scout recita: sul mio onore prometto che farò del mio meglio, il mio dovere al cospetto di Dio e della Regina, per aiutare altre persone e rispettare la legge degli Scout.

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Il Kosovo e le omissioni di Francesco Battistini sul Corriere della Sera.

Effetto Kosovo, Francesco Battistini e il Corriere della Sera: cialtroni!

(Gennaro Carotenuto) Quel bel richiamo in prima sul Corriere della Sera di ieri non poteva non attrarre come le mosche al miele chi si interessa di popoli e nazioni: “Effetto Kosovo: voglia di secessione. Dalla Spagna al Messico, nuova linfa ai secessionismi”. Il Messico?

Si va all’interno e ci sono ben due pagine, la 12 e la 13. Ovvero è il reportage più importante che il giornale offre ai suoi lettori. Potrebbe essere l’occasione perché il più importante giornale italiano faccia il punto su cosa mette in moto l’invenzione del Kosovo come Stato da parte della Nato. Ma alla lettura del pezzo si rimane indignati per il pressappochismo, la superficialità, le scelte politiche e la vera ignoranza dimostrate dall’articolista Francesco Battistini, già famoso per performance ineleganti in America latina.

Intanto sul Kosovo c’è ben poco, un’intervista all’oramai ottuagenario Carlo Jean, che trova la maniera di lodare Henry Kissinger, e un’altra ad Hashim Thaci, il nostro uomo all’Avana (Pristina), firmata Mara Gergolat. Questa poche righe dopo confessa di star copincollando quello che Thaci ha detto alla BBC. Ma il Corriere i leader di un nuovo stato che ci sta sorgendo di fronte non se li può intervistare direttamente senza passare da Londra? E per copincollare le interviste altrui non bastano i blogger?

Le due pagine sono arricchite da due cartine, una del mondo e una del Kosovo. La cartina del Kosovo è intitolata “mosaico balcanico”, che sarebbe un’altra cosa, ma pazienza. L’occhio esperto capisce che nella cartina le province in viola sono a maggioranza serba e e quelle arancioni albanesi. L’occhio non esperto non capisce niente: la didascalia è completamente sballata. Con quanta incuria si fa il paginone centrale al Corriere?

Ma questo è il contorno. Quello che allibisce è il testo di Battistini, il pezzo centrale, commentato graficamente con la mappa dei cinque continenti. Andiamo a guardare quel Messico che tanto ci stuzzica fino a metterlo nel titolo e richiamarlo in prima.

Il Messico nell’articolo non c’è, se non citato in una lunga lista di paesi dei quali per Battistini forse il Messico è il più esotico. Perché sia alla testa dei paesi a rischio secessione Battistini non lo spiega. Ci fa il titolo ma non lo spiega.

Ci aiuta nell’arcano la cartina: sotto la parola Messico dice Chiapas. Ovvero il Messico avrebbe il problema del secessionismo del Chiapas! Ma davvero Battistini? In 14 anni gli zapatisti hanno detto tante cose, ma quelli che hanno sempre teorizzato di non voler prendere il potere, a staccarsi dal Messico non ci pensano nemmeno. Balle insomma, una cosa inventata lipperlì (o scritta per sentito dire, che è pure peggio) da Battistini per i lettori che pendono dalle labbra di Via Solferino.

Eppure parlando di Messico si sarebbe potuto fare un discorso geopolitico interessante, ma del quale Battistini non ha alcuna cognizione: sarà la cosiddetta Mexamerica, il nord del Messico sempre più integrato agli USA, a volersi staccare dal Messico? Oppura sarà il Sud degli Stati Uniti dove lo spagnolo trionfa, a desiderare prima o poi di riunirsi al Messico dopo un secolo e mezzo di separazione?

Affascinante quesito, ma non per Battistini, che avendo appena sentito nominare gli zapatisti inventa il secessionismo del Chiapas.

Parlando di America latina Battistini ignora anche il secessionismo petroliero antichavista dello stato Zulia in Venezuela e tace del tutto su quello ben più importante di Santa Cruz e dintorni in Bolivia. Come possa un giornalista della redazione esteri del più importante quotidiano italiano ignorare il caso Santa Cruz, dove milizie armate soffiano quotidianamente sul fuoco, è un mistero.

Di questo si parla quando si parla di secessionismo in America, ed è un problema straordinariamente grave quello della sedicente Nazione Camba, non certo del Chiapas dove il secessionismo lo inventa l’ignorante del Corrierone. Bocciato, ma non è finita: c’è di peggio.

Andiamo in Spagna: il facilone Battistini fa una lista dove mette Paesi Baschi, Catalogna e Aragona. Basta aver fatto un Erasmus per sapere che le cose sono ben più complesse, e che ben prima di un’improbabile velleità secessionista aragonese (per riunirsi alla Catalogna o per star soli?) vengono almeno la Galizia e il Levante, problemi potenzialmente ben più seri per Madrid.

E’ evidente poi che Battistini usi due pesi e due misure. Toni allarmati per il sud o l’est “canaglia” del mondo pieno nelle parole di Battistini solo di folli criminali, fanatismi e lotte tribali, concilianti verso il Nord del mondo. Il Quebec per esempio, dove i secessionisti sono mezzo paese, per Battistini è appena percorso, e di tanto in tanto, da venti di secessione.

L’Africa intera è liquidata con un generico “lotte tribali”? Un reportage di due pagine non è il luogo per approfondire? E’ una guerra tribale quella del Congo nella quale intervengono tutti i paesi confinanti?”Lotte tribali” uguale primitivismi, uguale cavoli loro, sembra dire Battistini che non perde neanche cinque minuti a lavorarci.

Che mestiere fa Battistini? Chi prepara e seleziona i giornalisti del Corriere? Chi ne verifica la sostanza dei contenuti? Ci vuole così poco per scrivere il paginone centrale del Corriere?

Non è straordinario poi come un giornale di Milano dimentichi del tutto il secessionismo della Lega Nord e la sedicente Padania? Non è straordinario che dimentichi l’indipendentismo sardo che pochi giorni fa ha provocato incidenti a Cagliari? Non è il colmo che nella lista dei paesi a rischio frammentazione metta la Finlandia ma dimentichi sia l’Iraq che l’Afghanistan? Il problema della frammentazione dell’Iraq ha occupato le diplomazie occidentali per decenni ed ha fermato la prima guerra del golfo. Ma a Battistini non risulta e nella sua cartina l’Iraq non è a rischio secessione. A che gioco gioca il Corriere?

Sulla Padania, sull’Iraq, sull’Afganistan, sulla Bolivia e ainda mais, la scimmia del Corriere non vede, non sente e ovviamente non parla. Ma a chi conviene far scrivere solo scimmie (male) addestrate sul più grande quotidiano italiano? A chi conviene il giornalismo dei Battistini?

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