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martedì 8 luglio 2008

Donne vescovo, si degli anglicani. Ribadita la netta chiusura del Vaticano.

Gerry O'Brian, tra i tradizionalisti: è come ordinare vescovi gay.
(Ansa) La Chiesa d'Inghilterra ha deciso di autorizzare l'ordinazione di donne vescovo nonostante la forte opposizione dell'ala tradizionalista. Secondo i 'media' britannici, il Sinodo generale, l'organo di governo della chiesa madre della Comunità anglicana, ha votato a favore del rivoluzionario progetto in un clima di grande emotività e confusione.

Stando alla BBC, il Sinodo, riunito a York, ha comunque accettato di adottare "non meglio precisate misure" per andare incontro all'ala tradizionalista.

Alla vigilia si era parlato della nomina di 'super-vescovi' di sesso maschile cui potessero fare riferimento quella parte di clero e quei fedeli che non vorranno riconoscere le donne.

Secondo il sito Internet del 'Times', tuttavia, questa proposta è stata bocciata di stretta misura. Prima del Sinodo, circa 1.300 esponenti del clero avevano minacciato di abbandonare la Chiesa di Inghilterra in caso di adozione di decisioni del tutto contrarie alla linea dell'ortodossia.

Il dibatto - accesissimo - si è protratto per oltre sei ore, con uno dei vescovi che a un certo punto della discussione è scoppiato in lacrime. Secondo la BBC, oltre all'ipotesi dei super-vescovi è stata bocciata anche l'idea di dare vita a nuove diocesi per le parrocchie 'dominate' dagli oppositori.

Al voto hanno partecipato le tre 'camere' del Sinodo, i laici, i vescovi e il clero. Tutte hanno votato a favore della consacrazione vescovile delle donne sacerdote.

L'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, nel corso del dibattito ha detto di essere decisamente a favore del compromesso ma ha messo in chiaro che non avrebbe accettato soluzioni che potessero essere lette come una "umiliazione" per le donne.

Gerry O'Brian, uno dei tradizionalisti più accesi, ha paragonato l'accesso delle donne al seggio vescovile alla decisione della Chiesa episcopale americana, che ha recentemente nominato vescovo Gene Robinson, un gay dichiarato. O'Brian è stato però sommersi dai fischi.

Il Sinodo aveva già detto sì in linea di massima tre anni fa alla consacrazione vescovile delle donne. Il pacchetto di misure di salvaguardia che è stato preannunciato dovrebbe servire a evitare che i tradizionalisti - molto vicini al mondo cattolico, tanto da essere chiamati 'anglo-catholic' - decidano per lo scisma non potendo tollerare una novità a loro giudizio 'eretica', contraria alla lettera e allo spirito del Vangelo.

Nel 1994, quando ha dato via libera all'ordinazione sacerdotale delle donne, la Chiesa anglicana ha perso circa 500 membri del clero passati quasi tutti al campo 'papista'. Per la consacrazione vescovile delle donne l'emorragia potrebbe essere anche più profonda. Si parla di circa 1.300 sacerdoti pronti ad andarsene dalla Chiesa d'Inghilterra.
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Rincrescimento del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani dopo il voto della Chiesa anglicana sull'ordinazione delle donne all'episcopato.
(Radio vaticana) “Uno strappo alla tradizione apostolica mantenuta da tutte le Chiese del primo millennio” e “un ulteriore ostacolo per la riconciliazione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa di Inghilterra”. E’ il commento del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani alla notizia del voto della Chiesa di Inghilterra che apre la strada alla legislazione per l’ordinazione delle donne all'episcopato.
“Per il futuro - si legge nella nota del dicastero pontificio - questa decisione avrà delle conseguenze per il dialogo, che finora aveva portato buoni frutti, come il cardinale Kasper ha chiaramente spiegato quando ha parlato il 5 giugno 2006 a tutti i vescovi della Chiesa di Inghilterra su invito dell'arcivescovo di Canterbury”. La posizione cattolica in merito - precisa il Pontificio Consiglio - è stata “espressa chiaramente" da Paolo VI e da Giovanni Paolo II.

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Sydney. Cardinale George Pell accusato di coprire la verità su preti pedofili.

(Apcom) Lo scandalo dei preti pedofili si abbatte come un ciclone a Sydney, proprio a pochi giorni dalla visita del Papa in territorio australiano.
Il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, è alle prese con l'imbarazzante scandalo dei preti pedofili. Pell ha negato di aver coperto casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti. Il porporato ha risposto a un report televisivo della Abc in cui si sosteneva che Pell avesse dato informazioni fuorvianti a un uomo che accusava un prete di abusi sessuali più di 25 anni fa.
Anthony Jones ha accusato padre Terrence Goodall di aver abusato di lui nel 1982, quando Jones aveva 28 anni ed era coordinatore dell'istruzione religiosa a Sydney. Jones ha riferito le accuse alla chiesa australiana nel 2003 che ha aperto le indagini che hanno dimostrato "comportamenti omosessuali" tra padre Goodall e Jones, secondo quanto riporta la Abc.
Ma l'arcivescovo Pell non ha seguito le raccomandazioni previste durante le indagini e ha persino scritto a Jones dicendogli che non era stato possible provare la denuncia di "tentata violenza sessuale aggravata". Pell ha sottolineato che mentre la sua lettera a Jones è stata "mal scritta", non c'è stata violenza. La sua conclusione è che l'atto è stato consensuale. "Accetto tutti i documenti, e l'investigazione interna alla chiesa, incluso il comportamento omosessuale, ma l'accusa di violenza è insufficiente".
Il report di Abc riferisce che anche un secondo uomo, non ben identificato, ha denunciato di abusi sessuali padre Goodall. Un'altra lettera di Pell, segnata nello stesso giorno di quella a Jones, ha informato il secondo uomo che le accuse di abusi sessuali non erano sufficienti. "Non ho intenzione di ingannare", ha detto Pell, che ha riferito come la Chiesa abbia preso tutte le azioni contro Goodall basate sulle accuse delle due vittime. Non c'è alcuna copertura. Le accuse contro padre Goodall sono state verificate sia dalla Chiesa che dalla Polizia e padre Goodall è stato rimosso dall'incarico. Le autorità ecclesiastiche - conclude il porporato - hanno cooperato ad ogni stadio".

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Nozze gay a Garbagnate. Quattromila coppie pronte a trasferirsi.

Il sindaco: "Punirò quel consigliere".
(Paolo Guerriero) Si sono giurati eterno amore e fedeltà i due giovani sposini che hanno contratto matrimonio davanti al consigliere Giovanni De Angelis che, con l’ennesima celebrazione, è stato ormai soprannominato “il prete rosso”. Gli sposi sono due giovanotti residenti a Garbagnate: Romualdo Picernus nato a Castrocaro Terme, e Oronzo Aliprando Nettis. Quest’ultimo nato a TrePalle vicino a Livigno. I due coniugi, da pochi mesi residenti nella nostra località, sono oltretutto in dolce attesa (dalla foto a dx si vede il pancione ormai al 7° mese di Oronzo Aliprando). Presente alla cerimonia vi era anche l’assessore provinciale Ezio Casati che ha detto: “Garbagnate si sta svegliando dal torpore generale che ha invaso tutto il Paese dopo l’ultima sconfitta elettorale. Per sconfiggere questa maggioranza –ha continuato l’assessore –dobbiamo fare una opposizione totalmente differente. Basta col piangersi addosso e basta con i pannolini…”. Forte è stata la dichiarazione del sindaco Leonardo Marone che sul quotidiano Libero ha detto: “Punirò quel consigliere”, definendo poi anche il consigliere Sandro Fumagalli “un indegno”. Parole forti quelle del primo cittadino di Garbagnate, che vede nel centrosinistra una nuova e avvincente strategia, un nuovo modo di fare opposizione. Cioè un opposizione “diversa”. Ora vi sono 4 mila coppie gay che desiderano trasferirsi a Garbagnate per poter convolare a nozze. “Ci vorrà una struttura adeguata per celebrare i prossimi matrimoni omosessuali –ha detto De Angelis -, un luogo che ci consenta anche di ospitare le puerpere che chiederanno asilo nella nostra città”. E a quanto pare sono in tante le coppie gay che scappano dai loro paesi. Località limitrofe quali: Arese, Rho, Milano, ove il centrodestra non permette loro nemmeno di scambiarsi una tenera effusione o semplicemente gustarsi mano nella mano un tenero e dolce cornetto. Ma a Garbagnate Milanese ora non sarà più un problema. Don Giovanni De Angelis, li unirà tutti in matrimonio come avviene ormai da tempo in molti paesi dell’Europa.

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Quando Aznar voleva riconoscere le coppie gay. Adesso fa l’integralista.

(Alessandro Litta Modignani - L'Opinione) In un’intervista rilasciata ieri a Il Giornale, Josè Maria Aznar attacca duramente il primo ministro spagnolo Zapatero, a suo dire colpevole di utilizzare la questione laica come cortina fumogena per nascondere la crisi sociale del paese iberico. Secondo Aznar, il “laicismo” spingerebbe il governo socialista a radicalizzare lo scontro con la Chiesa, per favorire – attraverso il ridimensionamento della religione - la distruzione della famiglia e la disgregazione della società. Sin qui, sia chiaro, niente di male: ognuno fa il suo mestiere. Aznar è un esponente dell’opposizione e critica l’operato del governo. Tuttavia, quando Aznar e il Partito popolare si ergono a difensori della Chiesa e delle tradizioni cattoliche della Spagna, compiono un’operazione che assolutamente non corrisponde alla verità dei fatti. Nel gennaio 2004, alla vigilia delle elezioni, il Partito popolare presentò nel suo programma di governo un progetto di legge per il riconoscimento delle unioni civili, anche omosessuali. A questo ultime veniva precluso il matrimonio e le adozioni (che invece sarebbe stati poi introdotti da Zapatero) ma venivano riconosciuti una serie di diritti, quali la registrazione (dopo un anno di convivenza), le esenzioni fiscali, l’assegnazione di alloggi pubblici e altro ancora. Questa presa di posizione, molto osteggiata dalla Chiesa, non fu il quel momento una sorpresa per nessuno.

La connotazione laico-liberale del governo Aznar era ben nota all’opinione pubblica e aveva già dato i suoi frutti. Due importanti regioni a maggioranza popolare, Madrid e Valencia, avevano già introdotto con successo il registro delle unioni civili, suscitando un vespaio di polemiche da parte del clero, che lo stesso Aznar aveva respinto in toni pacati ma fermi, rivendicando l’equità del suo operato e difendendo la laicità della Stato. Assai meno moderata fu la reazione da parte di altri. Il portavoce di Piattaforma Gay, dello stesso Partito popolare, arrivò a denunciare il presidente della Conferenza episcopale spagnola, nonché arcivescovo di Madrid, per “ingiurie e incitazione alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale, con l’aggravante dell’omofobia”. Questo dicevano e facevano i Popolari di Aznar. Tanto è vero che tutti i commentatori – tutti, senza eccezione – prevedevano una vittoria a mani basse dello stesso Partito popolare, anche in virtù di questa importante “apertura” agli omosessuali spagnoli, che secondo le statistiche sarebbero circa 4 milioni, cioè il 10 per cento della popolazione. Sappiamo poi come è andata a finire: le bombe della stazione di Atocha, l’11 marzo, hanno sovvertito il pronostico. Resta il fatto che il progetto della destra spagnola era molto, ma molto più laico e liberale dei nostri minimalissimi Dico, affondati dalla veemente reazione del cattolici integralisti e dal Family Day. In politica, si sa, la virtù della coerenza non è mai stata particolarmente apprezzata. Anche Aznar può farne a meno con disinvoltura. Tuttavia, su questa vicenda, un po’ più di onestà intellettuale non guasterebbe.

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Scala Mercalli: la street art invade Roma.

(Panorama) Scosse creative all’Auditorium di Roma dove, fino al 31 luglio, è aperta la Scala Mercalli, la più ampia mostra mai allestita in Italia sulla cosiddetta Street art. Cinquanta artisti, centinaia di opere, anche di formato gigantesco, sculture e installazioni nei giardini.

“È la prima volta che si realizza un progetto organico che raccolga tutto il meglio dello scenario della Street art italiana” sostiene il curatore Gianluca Marziani. Un lavoro di ricerca durato un anno che vede insieme nomi storici come Paolo Buggiani (lavorò con Keith Haring a New York negli anni Settanta) e Cuoghi & Corsello, con i giovani Whystyle, Ozmo, Ivan che scrive la sua poesia urbana su grandi spazi (”Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo”). “Volevamo capire cosa fosse successo dopo il graffitismo, dopo le bombolette” aggiunge Marziani.
Una mostra per scoprire chi sono i Banksy italiani, chi riuscirà a eguagliare le quotazioni da capogiro dell’artista inglese che ha firmato i muri di Londra con i suoi disegni politici e provocatori. Come Sten, che opera sui muri della capitale e, ritiene Marziani, “ribalta la logica della locandina con antagonismo militante. Riuscendo a leggere il mondo contemporaneo con codici diversi”.

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Veltroni lancia la petizione del Pd.

(Sfera pubblica) Il Partito democratico lancia la sua petizione contro il governo Berlusconi. “Salva l’Italia” è il nome dell’iniziativa promossa dal segretario Walter Veltroni, pronta a raccogliere il malessere dei cittadini fino al 25 ottobre, giorno della manifestazione nazionale del Pd.
“Cinque milioni di firme per dire no ad un governo che non rispetta le regole democratiche, forza la mano sui temi della giustizia e non fa nulla per far crescere salari e pensioni mentre l’Italia vive una pesante crisi e le famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese”. Annuncia il sito ufficiale del partito. Una petizione, come ha ribadito Veltroni nel corso di un’intervista al Tg1, “pronta a raccogliere milioni di firme”. “Un modo – ha sottolineato il leader del Pd – per avvicinarsi alla gente di tutto il Paese”. Un modo soprattutto per rispondere a chi scenderà oggi a Piazza Navona a manifestare contro Berlusconi. “Rispetto chi ha organizzato la manifestazione dell’8 luglio a Roma – ha ribadito Veltroni – ma il Partito democratico non ci sarà perché non la condivide.
La petizione non sarà appunto la manifestazione di un giorno, ma mesi nei quali milioni di italiani prendono la loro firma e sostengono la difesa della democrazia e della costituzione”. La petizione, come ricordano tutti gli organi del Pd, avrà al centro due questioni principali: la difesa delle regole democratiche contro le forzature e le leggi sbagliate del governo, la lotta per far ripartire l’Italia. Il titolo è tutto un programma, “Salvare l’Italia, non il premier”. Un modo per elencare i provvedimenti, secondo il partito del centrosinistra, presi a difesa degli interessi privati del Cavaliere e non per aumentare la sicurezza del Paese.

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Rapine in banca per cambiare sesso.

(Dario Freccero - Il secolo XIX) Rapinava banche per cambiare sesso. Daniela Sapry Rodrigues Contreras, nata maschio in Perù nel 1973 e oggi donna dopo un’operazione che le ha permesso di cambiare sesso, faceva parte del commando che nel febbraio del 2002 rapinò la Carisa di Legino. Con lei (o lui, perché all’epoca era solo un’intenzione diventare Daniela e non più Rodrigues) c’era una simil armata Brancaleone da girarci un film. Patrizia Bandiera, palermitana di 49 anni, un’infinita scia di precedenti per furto e rapina; il figlio A. L., all’epoca addirittura minorenne; e poi Emanuele Cascino, 35 anni, oggi in carcere a Vercelli, fidanzato della brasiliana Daniela che aveva conosciuto da uomo, anni prima, a San Vittore.

I quattro erano la banda del cutter che dal Duemila in poi ha terrorizzato mezza Liguria e tre quarti del nord Italia con decine di rapine tutte uguali. Nell’elenco c’è finito anche il colpo di Legino e ieri due di loro - Patrizia Bandiera e Daniela Contreras - sono state processate a Savona.

Davanti al collegio è stato ascoltato Emanuele Cascino che faceva parte del commando ma ha già patteggiato la pena (sta scontando una lunga detenzione in carcere) ed è ora il principale accusatore dei suoi ex complici (collabora con la giustizia).

È stato lui, ieri, a ricostruire il colpo savonese. «Abbiamo rubato una Y10, poi siamo andati dalla banca anche con una Seat Arosa, due sono entrati nella filiale con il cutter, altri due, io e Daniela, siamo rimasti in auto. Poi la fuga. Il colpo ci è valso poco più di 50 mila euro. Erano soldi che all’epoca a me e a Daniela servivano per pagare l’operazione che lei poi ha fatto».

Il rapporto tra i due si è poi incrinato e oggi l’accusatore non risparmia neppure l’ex compagna peruviana. I due si erano conosciuti nel carcere milanese di San Vittore ed era sbocciato un amore quasi a prima vista. E una volta rilasciati, hanno messo insieme a suon di rapine la somma necessaria per l’operazione.

Rapine tutte pressoché identiche. I quattro (qualche volta erano cinque) si presentavano all’interno delle filiali sempre verso mezzogiorno, a volto scoperto e armati di taglierino. Intimavano ai cassieri di versare tutto il denaro della cassa e prima di uscire, per garantirsi la fuga, si facevano consegnare il documento di identità di uno degli impiegati, minacciando ritorsioni in caso di allarme. Andò così anche a Legino ma in uno dei fotogrammi si riconoscevano la madre e il figlio (che all’epoca dei fatti era appunto minorenne). Da qui l’incriminazione e ora il processo

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Valeria Marini: Le misure contano! "Se è “grandolo”, “gongolo”.

"Fellatio": Quando fai l'amore con la bocca non stare con le mani in mano".
Tratto dall’inserto chiuso del libro “Lezioni intime” di valeria Marini.

(Dagospia) CO-INQUILINI.
Da me ribattezzati anche “i baccelli del principe dei piselli” (vedi “Mentula”). Trattali sempre con la massima delicatezza, ma non dimenticarli... Non giocarci come se fossero palline clic-clac. Accarezzali solamente con le unghie. In fin dei conti sono il futuro della sua, e forse della tua, specie.

CUNNILINGUS.
La lingua deve battere dove la donna vuole. Non brindare mai con chi non beve il tuo nettare d’amore.

DIMENSIONI.
Contano! E le misuro con un mio “metro” personale che va da 1 a 7, il mio numero preferito. Se lui è un “mignolo”...io non “brontolo” ma “pisolo” (da 1 a 3). Se è “mediolo”, è “megliolo” ma deve essere “dotto” (da 4 a 5). Se è “grandolo”, “gongolo” (da 6 a 7)!

FELLATIO.
Se mi sono succhiata il dito sino a quattordici anni, cosa posso aver fatto dopo? Quando fai l’amore con la bocca non stare con le mani in mano.
Riuscirai a fere due cose in una, prendendo i proverbiali “due piccioni con una fava” e moltiplicando il suo piacere. Fai pratica con i litchis: “flutto amole” come dicono i cinesi.

MENTULA.
Così i latini definivano quella che per i siciliani è la “mi....a” e che io chiamo “il principe dei piselli”.

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Il gay è un 'peccatore'? La religione confonde le idee degli americani.

"Dobbiamo riconoscere che le nostre posizioni storiche sulle questioni sessuali stanno diventando incredibilmente distanti per un numero sempre maggiore di persone che appartengono alla nostra cultura e soprattutto ai nostri mezzi di informazione e cultura popolare," ha detto Ed Stetzer, direttore del Southern Baptist Convention’s LifeWay Research team.

In una ricerca condotta la scorsa primavera su LifeWay i ricercatori hanno chiesto: pensi che il comportamento omosessuale sia un peccato? I risultati hanno mostrato che il 48 per cento degli americanio adulti ritengono che gli atti omosessuali siano peccaminosi, contro il 45% che non la pensa così.

Considerando il margine di errore, si tratta di un virtuale pareggio.

Tutto dipende dai banchi di chiesa che si frequentano: solo il 39% dei cattolici romani crede che gli atti sessuali fra persone dello stesso sesso siano peccaminosi, contro il 61% dei Protestanti e il 79% di coloro che si identificano nel credo evangelico dei 'born again', o cristiani fondamentalisti.

In un'altra ricerca simile (Pew Forum on Religion & Public Life) sono stati ottenuti gli stessi risultati. La domanda era: l'omosessualità è un modo di vivere che deve essere accettato o scoraggiato dalla società? Una domanda volutamente generica, non posta in termini strettamente politici o religiosi.

Anche qui si è ottenuto un sostanziale pareggio e ancora una volta si sono evidenziate differenze notevoli fra i vari gruppi religiosi: erano per accettare l'omosessualità il 79% degli ebrei americani, il 58% dei cattolici ed il 56% dei protestanti.

Da notare che solo il 39% dei rappresentanti delle chiese storiche dei neri, il 27% dei Musulmani e il 26% dei protestanti evangelici hanno accettato pubblicamente lo stile di vita omosessuale.

Conclusione: nella battaglia sociale per i diritti civili contano ancora, e molto, le pratiche religiose, che sono spesso alla base della scelta politica di votare per i conservatori o i progressisti.

Ciò non toglie che per i religiosi stessi sia diventato sempre più difficile conciliare i dettami della fede con i comportamenti della vita di oggi, a partire dal sesso prematrimoniale, al divorzio alla convivenza e all'adulterio.

Del resto anche chi predica bene finisce poi per razzolare male e questi esempi di vita sessuale non proprio limpida da parte dei rappresentanti del culto finiscono oggi per passare molto meno inosservati di quanto accadeva in passato.

Fonte: Daily Dispatch

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Clamorosa bufala di Dagospia sull'inesistente telefonata tra Berlusconi e Confalonieri.

Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, con riferimento alla pubblicazione via web di una presunta sua conversazione telefonica con Berlusconi, "dichiara che si tratta di un falso e di un'evidente montatura costruita per recare grave danno alla reputazione dei soggetti interessati".
I media vengono diffidati dalla diffusione in tutto o in parte della falsa telefonata "la cui pubblicazione sarebbe gravemente e gratuitamente diffamatoria".

IL FATTO A metà pomeriggio è Dagospia.com il sito di Roberto D'Agostino a lanciare - dall'apertura di homepage - che un sito ha pubblicato quella che viene definita la trascrizione di un'intercettazione dai toni molto personali tra il presidente di Mediaset e il leader Pdl. Non vengono forniti ulteriori dettagli, né l'indirizzo del sito. Solo la stringa della durata della presunta conversazione trascritta, 8 minuti e 49 secondi. Il sito in questione si scopre in seguito avere sede nelle isole Antille: l'homepage nel tardo pomeriggio è stata oscurata e a chi si collega compare la scritta "in manuntezione"

LA DIFFIDA DI CONFALONIERI Confalonieri, si legge in una nota, "diffida quindi ogni organo di informazione alla diffusione in tutto o in parte di questa falsa telefonata. Contro chi dovesse contravvenire saranno proposte tutte le azioni giudiziarie in ogni sede competente".

GHEDINI: "RICORREREMO ALLE VIE LEGALI "In relazione alla pubblicazione in un sito Internet di una comunicazione telefonica, asseritamente intercorsa nell'ambito di un procedimento penale fra il presidente Berlusconi ed il dottor Confalonieri, si tratta con assoluta evidenza di un falso plateale completamente inventato e surrettiziamente costruito". E' Niccolò Ghedini, deputato Pdl e avvocato del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ad affermarlo in una nota. "Trattasi - spiega ancora Ghedini nella sua nota - di un testo con ogni evidenza gravemente diffamatorio e per il quale saranno esperite tutte le azioni giudiziarie del caso, diffidando chiunque nel contempo a pubblicarlo o a riprenderne anche parzialmente il contenuto".

LA DIFESA DI DAGOSPIA
Ecco l'editoriale con cui dagospia spiega l'episodio:
"LA MERDA NEL VENTILATORE"
Il caso del sito che ha messo in rete una lettera falsa di una conversazione tra Berlusconi e Confalonieri è la spia delle degenerazioni che stanno avvenendo nel mondo dell’informazione. Ma prima di tutto, con l’intervento di Dagospia, abbiamo sgonfiato nel giro di pochi minuti una bufala che impazzava sul web e via passaparola. L’era della verosimiglianza è finita: perché è il modo più facile e vigliacco di gettare fango sulle persone. Che poi si giustificano: ma era tutto uno scherzo… Infatti mai abbiamo nemmeno pensato di pubblicare l’indirizzo del sito né tantomeno un testo che giudicare postribolare è poco. Ma quello che ci interessa di più è l’uso e abuso mediatico delle intercettazioni: dall’articolo di D’Avanzo su La Repubblica che fa un bignamino delle presunte conversazioni pruriginose del Cav. a “Libero” che spara il 5 luglio una fotona della Mara Carfagna in prima pagina e titola: “La ministra che ha rivitalizzato il governo”. (Ora nell’articolino Berlusconi parla semplicemente di “ministri giovani” e del loro “contributo di vitalità”, di qui alla “rivitalizzazione”…). Ma ormai la degenerazione-mediatica che sta prendendo il sopravvento preferisce, in mancanza dei fatti reali, di buttarsi sul reality. Al vero che non c’è, avanti col verosimile, ingannando tutti e infilando altra merda nel ventilatore. Ecco perché abbiamo subito precisato che, vere o false o verosimili, quelle conversazioni non sarebbero mai apparse su Dagospia. La mattina abbiamo ancora voglia di guardare la nostra faccia allo specchio. Senza vergognarsi."

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Cinema. "Milk" o il ritorno alle origini del movimento glbtq.

(Napoligaypress) Sono terminate da poche settimane le riprese di “Milk”, il nuovo flm di Gus Van Sant che racconta la storia di Harvey Milk, uno dei primi attivisti per i diritti degli omosessuali, primo gay dichiarato ad essere eletto consigliere comunale di San Francisco (fu anche il primo in una manifestazione pubblica a portare la bandiera “rainbow” che sarebbe poi diventata simbolo internazionale del movimento lgbt) che fu ucciso da un’altro membro del consiglio (Dan White, conservatore) insieme al sindaco George Moscone.

“Milk” racconta le origini del movimento omosessuale negli Stati Uniti (e nel resto del mondo) ma è anche un film sullo storico quartiere Castro di San Francisco (Milk era soprannominato il sindaco di Castro Street) e su un periodo tutto sommato idialliaco per i gay americani. Periodo che si è concluso con la morte di Harvey Milk prima e con la diffusione dell’aids dopo.

Era dal 1991 che Craig Zadan e Neil Meron, produttori originali del progetto, sognavano di portare la storia di Milk su grande schermo. Registi come Oliver Stone e Brian Singer si dimostrarono interessati e attori come Robin Williams e Kevin Spacey furono contattati per interpretare il ruolo di Milk. Dopo varie peripezie la parte è stata affidata a Sean Penn.

Il film sarà presentato ufficialmente al prossimo Festival del Cinema di Venezia. Uscirà negli Stati Uniti a dicembre e in Italia ad inizio 2009.

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La Carfagna si difende. "Silvio buono e galante, stop a pettegolezzi!".

E' da un anno che Mara Carfagna è oggetto di insistenti petegolezzi circa il suo rapporto con il "Cavalier cortese". Ecco come ha risposto ad un'intervista rilasciata al Corriere lo scorso anno.

Mara Carfagna: triste finire sul «New York Times» come presunta amante. Questa storia mi ha segnata.
(Angela Frenda - Il Corriere della Sera) Onorevole Carfagna, da dove si può partire? Forse da quella sua foto apparsa in prima pagina sul New York Times: lei che sorride in Aula accanto a Silvio Berlusconi.
«Quella foto... Già. Una cosa che può anche far piacere. Tutti sognano di essere citati un giorno dal New York Times, magari per un provvedimento di legge. E invece è triste finirci per una robetta di piccolo cabotaggio. Finirci perché è scattata la caccia all'amante del politico famoso. E tu sei giovane, carina, come aggravante vieni dal mondo dello spettacolo, e quindi sei liquidata come "valletta". E in quella parola c'è tutto il pregiudizio italiano sulle donne di spettacolo. Per loro esiste la presunzione di colpevolezza: dimostrare ogni volta di essere serie. Di non essere donne facili».
Mara Carfagna, alle interviste a tutta pagina, finora ha preferito il silenzio. «Per carattere», spiega lei. E perché nel pieno della polemica, periodo «in cui sui giornali era un fiorire di foto scosciate», la deputata di Forza Italia, 31 anni compiuti lo scorso dicembre, aveva un solo obiettivo: «Resistere al polverone. Ma ora ho deciso di parlare perché ho incrociato troppi sguardi misti di morbosità e disapprovazione».

Come sono stati i giorni successivi alla lettera di Veronica Lario a Repubblica?
«Complicati. E tristi. È triste essere attaccata perché sei carina e fai politica per il Polo».
Eppure ha fatto tv...
«Lo so, si fa fatica a credere che non ami i riflettori. Ma è la verità. Sono finita mio malgrado sui giornali. Per una battuta galante...».
«Se non fossi già sposato la sposerei subito»: glielo ha detto Silvio Berlusconi.
«Sì, una battuta galante, da un uomo galante. Punto. Lui è una persona gentile. Lo stimo immensamente. È buonissimo, e non riesce a sottrarsi dall'aiutare qualcuno. Su quella battuta, però, i giornali ci hanno ricamato amplificandola».
E lei è finita nella top ten delle presunte amanti del Cavaliere.
«Alle donne, in politica, sono cose che capitano. Io, però, ho scelto il silenzio».
Non tutti come lei: Michela Brambilla ha rilasciato sul tema un'intervista a tutta pagina a La Stampa.
«Per fortuna non siamo tutte uguali. In quei giorni, però, ho pensato che i giornali davano ai lettori ciò che i lettori chiedevano: pettegolezzi».
Solidarietà?
«Tanta, anche nel mio partito. Certo, quella storia ha scombussolato il mio lavoro. Ma fa nulla, mi rimbocco le maniche e vado dritta per la mia strada».
La sua famiglia cosa le ha detto?
«A mio padre ha dato fastidio, ma si è limitato a dirmi: "Basta conoscerti per smontare qualunque pettegolezzo". Sa, la mia è una famiglia meridionale tradizionale e anticomunista da generazioni. Mio padre non voleva che entrassi nel mondo dello spettacolo. Ho avuto un'educazione rigidissima: scuola di danza, conservatorio fino all'ottavo anno, inglese... E anche in tv, ho sempre fatto scelte fuori dagli schemi».
Ad esempio?
«Sì alla Domenica del villaggio e no a Controcampo: stare sullo sgabello per tre ore con le gambe accavallate proprio non mi andava».
Perché poi è entrata in politica?
«Mi ha convinto mio padre. E ho deciso dopo mesi di riflessione sofferta: temevo di non essere presa sul serio. All'inizio ho incontrato molte diffidenze, e sono entrata in punta di piedi. Lavorando con umiltà. Ora mi apprezzano in molti. Mi sto specializzando sui temi della famiglia, tanto che domani faccio un convegno a Roma. Perché io, quei pregiudizi, li voglio abbattere».

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I video del gaypride di Catania.

Il video reportage dell'ottimo Dall'Orto da Catania.
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