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lunedì 24 marzo 2008

Il Governatore Spitzer faceva sesso con i calzini e amava guardare altre coppie.

Ancora imbarazzo per ex governatore Ny dopo ultime rivelazioni.

(Apcom) Non sono bastate le dimissioni per mettere la parola fine allo scandalo sessuale che ha travolto l'ex governatore di New York Eliot Spitzer, e nuovi imbarazzanti dettagli sulle sue avventure con prostitute continuano ad emergere sui tabloid americani.

Per iniziare, il governatore avrebbe tenuto indosso un paio di calzini bianchi corti durante i suoi incontri, un "indizio" che già lo scorso novembre era stato segnalato all'Fbi da un rivale politico, il repubblicano Roger Stone, in una lettera con la quale aveva informato le autorità delle presunte attività del governatore. Mentre un'ex maitresse brasiliana recentemente deportata dagli Stati Uniti ha rivelato un altro vizietto di Spitzer: guardare altre coppie avere rapporti sessuali. In un intervista al Ny Post, Andreia Schwartz ha rivelato di aver fornito prostitute all'ex governatore nel 2006, prima che lo stesso anno la polizia chiudesse i battenti della sua casa di appuntamenti situata in un lussuoso appartamento sulla 56esima strada a Manhattan (tra i clienti più noti, l'ex direttore finanziario di Time Warner Wayne Pace, che avrebbe pagato oltre 200 mila dollari in tre anni).

Oltre a spendere migliaia di dollari per incontrare giovani ragazze (la sua preferenza sarebbe stata per le brune), l'ex governatore avrebbe pagato cifre salate anche per per saziare il suo voyeurismo. "Trovavo singolare che pur avendo una bella moglie, volesse guardare altre coppie. Era un tipo strano" ha detto Schwartz da San Paolo. Dopo un anno e mezzo di carcere negli Stati Uniti, la sua deportazione in Brasile era stata rimandata di alcune settimane proprio per permettere agli investigatori di interrogarla anche sull'Emperors Club, il giro di prostituzione sgominato il mese scorso e che ha portato alle rivelazioni su Spitzer.

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Panorama. Tutti gli errori di Garlasco: Le foto esclusive della scena del crimine.

I carabinieri delle investigazioni scientifiche entrano nella villa di Garlasco in cui il 13 agosto 2007 è stata uccisa Chiara Poggi

Guarda la GALLERY delle foto esclusive dalla scena del crimine

(Antonio Rossitto - Panorama) In un’afosa mattina di metà agosto Chiara Poggi, 26 anni, viene trovata morta nella sua villetta di Garlasco con la testa fracassata. Sette mesi dopo, lo scorso martedì 18 marzo, sono cominciate nel dipartimento di medicina legale dell’Università di Pavia le analisi su sette capelli che la ragazza stringeva nella mano destra. Si riparte da capo? “Ci mancherebbe… Ma non vogliamo tralasciare alcuna ipotesi” corregge Alfonso Lauro, procuratore di Vigevano. Fatto sta che gli altri capelli trovati nella medesima mano erano già stati analizzati dal Ris di Parma, che non era riuscito a estrarne il dna.
Il celebrato reparto di investigazioni scientifiche è stato nei fatti escluso dal nuovo incarico? “Illazioni” replica infastidito il procuratore. “Avevamo solo bisogno di specialisti che nel Ris ci sono, ma non a livello universitario. Quindi abbiamo preferito dare altrove la consulenza”.
Comunque sia, l’omicidio di Garlasco ha mostrato i limiti della scienza applicata alle indagini. La nuova consulenza sui capelli di Chiara Poggi è solo l’ultimo episodio di un’inchiesta cominciata male e mai finita. Panorama ne svela, per la prima volta, tutti i passi falsi.
Le dubbie tracce di sangue sui pedali della bici di Alberto Stasi, fidanzato della vittima e unico indagato; le impronte digitali che il ragazzo avrebbe lasciato sul portasapone; l’inquinamento della scena del crimine; il giallo della riesumazione di Chiara Poggi: tutti elementi che gettano pesanti ombre su uno dei casi di cronaca nera più misteriosi degli ultimi tempi.
A partire proprio da quei capelli che adesso Carlo Previderè e Gabriella Peloso hanno il compito di analizzare “entro 60 giorni”: questo scrive il pm Rosa Muscio, titolare delle indagini, nel verbale di conferimento dell’incarico. I due genetisti dovranno estrapolare il profilo genetico e poi confrontarlo con tutte le persone coinvolte nell’inchiesta: da Stasi fino alle cugine di Chiara, Paola e Stefania Cappa.
Nella relazione tecnica del Ris, inviata alla procura di Vigevano il 16 novembre, si parla di “reperto 10-A”: una “ciocca di capelli, lunghi circa 20 centimetri, variamente imbrattati di sangue, verosimilmente relativi alla vittima”. Tutti “privi di radici e quindi non utili” per estrarre il “dna nucleare”. I tecnici del Ris infatti annotano: “Nessun prelievo effettuato”. Saranno adesso i biologi dell’Università di Pavia a fare quegli accertamenti che hanno meritato appena quattro righe di ragguagli.
Ben più ponderosa la mole di lavoro sulla bicicletta marrone di Stasi. Il 24 settembre 2007 viene inviata alla procura di Vigevano una “relazione preliminare” con l’accertamento sui pedali: “Ha permesso di ottenere un profilo genetico riconducibile, al di là di ogni ragionevole dubbio, alla vittima”. Sui pedali vengono scoperte delle piccolissime crosticine rosso-brunastre: “Sottoposte al Combur test, per la diagnosi generica della natura ematica delle tracce, hanno fornito esito positivo”. Secondo il Ris, su quei pedali c’è il sangue di Chiara Poggi. Se ne convince anche Rosa Muscio che, sulla base di quella relazione, arresta Stasi.
Il giorno seguente, il 25 settembre, il reparto scientifico dell’arma manda una “nota tecnica” sugli esami del giorno prima: “Risultati”, ammette il documento, comunicati senza “procedere a ulteriori accertamenti”. C’è di più; il 24 settembre quelle tracce sono considerate senza dubbio di sangue, tanto da convincere il pm a spiccare il decreto di fermo per Stasi. Un giorno dopo la posizione del Ris è più sfumata: “Il profilo genetico relativo alla vittima” è solo “con elevata probabilità riconducibile a sangue”. Le certezze che hanno portato in galera l’ex fidanzato di Chiara Poggi sono scomparse.
Il 27 settembre Francesco Maria Avato, consulente tecnico di Stasi, invia le sue osservazioni alla procura. Il professore di medicina legale dell’Università di Ferrara spiega che le analisi del Ris non dimostrano “la presenza di emoglobina”. Quindi non consentono “la qualificazione di una determinata traccia come ematica”.
Stasi viene scarcerato il 28 settembre, il giorno dopo la relazione di Avato. Il gip di Vigevano, Giulia Pravon, considera “insufficienti” gli indizi raccolti. Quello sui pedali potrebbe non essere sangue: un dubbio del resto legittimato anche dalla formula usata dal Ris nella nota del 25 settembre: “Elevata probabilità”.
Potrebbe essere invece saliva, dicono i difensori di Stasi. Una divergenza di opinioni che ricorda il caso di Cogne. Per il Ris quello trovato sulle pantofole di Anna Maria Franzoni era sangue; per altri periti era solamente sudore.
In un ipotetico libro sui punti oscuri dell’indagine, un capitolo a parte, anche questo voluminoso, meriterebbero le impronte. A cominciare da quelle digitali. Due di queste sarebbero per l’accusa un’ulteriore prova a carico di Stasi: due ditate sul dispenser del sapone nel bagno al piano terra. Nella parte della consulenza tecnica dedicata agli accertamenti dattiloscopici si legge: “Appare comunque suggestivo che le uniche impronte dell’indagato, oltre a quelle rinvenute sul cartone per il trasporto della pizza, siano state evidenziate proprio sull’erogatore del sapone liquido, davanti al quale ha sostato l’omicida con le scarpe fortemente imbrattate del sangue della vittima”.
Due tracce che però, probabilmente, non reggerebbero in un processo. Per la giurisprudenza italiana, un rilievo dattiloscopico ha valore probatorio certo solo quando ha 16 punti (detti minuzie) in comune con l’impronta di una persona. Però una delle presunte tracce dell’anulare destro di Stasi ha solo 13 minuzie: quindi non ha “utilità giuridica”. L’altra ne ha 17. “È un’interpretazione forzata” ammette, dietro l’anonimato, un esperto di dattiloscopia in servizio al Ris. “I punti utili in quell’impronta non sono più di una decina”.
Oltre ai segni che avrebbe lasciato Stasi, sulla scena del delitto sono state trovate molte altre impronte. Nella consulenza tecnica c’è una lunga tabella: dieci sono del fratello di Chiara Poggi, due del padre, tre di un falegname che, qualche giorno prima dell’omicidio, aveva fatto dei lavori nella villetta di via Pascoli. Il documento firmato dal Ris conferma: oltre a Stasi, “tutte le restanti impronte sono state attribuite alla vittima, ai suoi familiari, a un operaio”, ma pure “al personale che ha effettuato i primi accessi alla scena del crimine”. Cioè i carabinieri.
Quattro tracce sono del capitano Gennaro Cassese, che guida la compagnia di Vigevano. Una è del colonnello Giancarlo Sangiuliano, a capo del comando provinciale di Pavia. C’è poco da sorprendersi: nessuno ormai crede più alla scientifica rappresentata nelle fiction, in cui ogni cosa funziona alla perfezione. La scena del crimine viene immediatamente preservata, in attesa dell’arrivo degli uomini in tuta e sovrascarpe bianche. A volte, invece, i primi momenti di un’indagine possono essere molto convulsi.
Non dovrebbe accadere, però un movimento maldestro può sfuggire. Ma a Garlasco è accaduto molto di più. Lo descrive nei dettagli la stessa relazione del Ris. “Numerose tracce per deposizione ematica” si trovano sul pavimento del soggiorno, in direzione del corridoio, dove Chiara Poggi fu presumibilmente trascinata e poi spinta giù per le scale della cantina. Tracce di sangue con “un medesimo disegno”: “che ricorda nella forma la lettera greca lambda”. Segni che, viene specificato, non appartengono né a suole di scarpa e nemmeno ai “depositi lasciati dalla cassa mortuaria”.
Invece: “L’originaria posizione del divano, così come ripreso dall’Arma territoriale di Pavia all’atto del primo sopralluogo, era parzialmente sovrapposta all’area in cui sono state osservate le tracce lambda”. Significa che il sofà è stato spostato con poca accortezza. Infatti, questi residui possono riferirsi “alle prime attività sulla scena del crimine, allorquando il sangue della vittima non era completamente coagulato”.
Ma pure dopo l’intervento del reparto scientifico dell’Arma sembra che le cose non siano migliorate. Il segno del palmo destro ritrovato sul portone è del maggiore Marco Pizzamiglio, vicecomandante del Ris di Parma. E gli uomini ai suoi ordini non fanno apparentemente di meglio. Altre tracce nell’ingresso e nel corridoio “esibiscono una caratteristica suola a carro armato, tipica delle calzature pesanti, nonché di quelle militari”. Tracce che “devono ragionevolmente riferirsi all’azione di riporto delle calzature del personale di questo reparto intervenuto durante i precedenti sopralluoghi”. Cioè il Ris di Parma.
Un’abbondanza di reperti che stride con il più imprevedibile dei paradossi. Il 20 agosto, una settimana dopo il delitto, la salma di Chiara Poggi viene inaspettatamente riesumata. I tecnici del Ris devono prendere le impronte digitali sul cadavere. Nelle prime, concitate, fasi dell’inchiesta qualcuno aveva dimenticato di farlo.
(antonio.rossitto@mondadori.it)

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A Hollywood il bagnino è gay.

Vi ricordate i bagnini di "Baywatch"? Uno di loro si è dichiarato gay.
E' il biondone Jaason Simmons, l’attore australiano che per tre anni ha interpretato la parte di Logan Fowler. Lo ha rivelato in un’intervista di essere gay. Da 8 mesi fa coppia con l’attore irlandese John O’Callaghan; hanno adottato un bambino ugandese di 6 anni e contano di sposarsi in Canada, dove le unioni omosessuali sono riconosciute.

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Debutta a Bologna 'The Beggar's Opera' diretta da Lucio Dalla.

(Modena 2000) Dalla Londra dei bassifondi d'inizio Settecento, descritta da John Gay, alla Bologna di oggi. E' 'The Beggar's Opera' (L'opera del mendicante) diretta da Lucio Dalla, nella nuova traduzione e versione drammaturgica di Giuseppe Di Leva, che debutterà a Bologna il prossimo 29 marzo.

Quello che è stato uno dei primi esempi di musical della storia del teatro (da cui Bertolt Brecht e Kurt Weill trassero ispirazione per la loro 'Opera da tre soldi') riprende vita sul palcoscenico del Teatro Duse con la sua folla di ladri e prostitute, ricettatori e imbroglioni, che parlano vari dialetti. I nomi dei protagonisti, nell'originale riconoscibili per il pubblico dell'epoca, sono stati tradotti fedelmente in italiano. Per esempio quello di Mr. e Mrs. Peachum, che suona 'denunciali', diventa 'Speja', cioè spia in dialetto bolognese.

'L'Opera del mendicante e' una delle avventure piu' divertenti e stimolanti in cui mi sia tuffato - ha detto Dalla - Nonostante sia stata scritta trecento anni fa, parla un linguaggio assolutamente contemporaneo''.

Lo spettacolo, allestito dal Teatro Comunale di Bologna in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti del capoluogo emiliano ed Eti, e in coproduzione con il Comunale di Modena e con I Teatri di Reggio Emilia, sara' rappresentato al Duse per portare l'opera - ha spiegato Dalla - a un pubblico più vasto.
Nei panni del losco ricettatore che insieme alla moglie (Angela Baraldi nella foto) fa arrestare il capo dei banditi che ha promesso alla figlia di sposarla, c'è Peppe Servillo, il cantante degli Avion Travel. Il mendicante è Marco Alemanno mentre il bandito seduttore (capitan Uccello) è interpretato dal cantante lirico Borja Quiza Martinez.

Repliche: 30 marzo, 1-2-3-4-5-6 aprile.
The Beggar's opera sarà poi a Modena (11-13 aprile) e a Reggio Emilia (18 e 20 aprile).

Info: Teatro Comunale di Bologna o 199-107070.

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Giordano Bruno Guerri intervista a Daniele Scalise."Nei confronti dei gay destra e sinistra sono identiche".

(Giordano Bruno Guerri - Prima comunicazione) A fare il padrone in casa d’altri ci si sente come un cane in chiesa, dicono in Toscana. Epperò Daniele Scalise non può mica autointervistarsi, in questa sua rubrica sui giornalisti che scrivono libri. Tocca a me, e volentieri.

Perché ho molto amato il suo saggio di storia Il caso Mortara, su un bambino ebreo fatto rapire da Pio IX, e perché anche il nuovo libro è bello, e lui schietto. Lettera di un padre omosessuale alla figlia, come molte lettere, parla più dell’autore che del destinatario: Scalise racconta cosa pensa della sua condizione e di quella degli altri omosessuali, come si è comportata verso di loro la società e di come dovrebbe comportarsi. Per cui, con un doppio salto mortale, è un libro rivolto soprattutto a chi omosessuale non è. Nient’affatto piagnucoloso, anzi piuttosto inalberato, Scalise spiega che l’omosessualità è ormai diventata una faccenda “normale”, ma che per esserlo del tutto ha bisogno di essere “normata”.

Prima - Di certo non ti chiedo perché sei passato da eterosessuale a gay, ma perché sei passato dalla Mondadori alla Rizzoli sì.

Daniele Scalise – Perché si era esaurito il rapporto con Mondadori, dopo nove anni. Avevo un editor eccezionale, Andrea Cane.

Prima – Lo so, è anche il mio.

D. Scalise – Poi avevamo chiuso, insieme, la collana “Men on Men”, cinque antologie di racconti gay. Ho pubblicato per nove anni da Mondadori, e mi sono trovato benissimo, ma quando ho fatto nuove proposte l’accoglienza è stata molto tiepida. Allora mi sono rivolto alla Rizzoli, dove ho trovato Carlo Alberto Brioschi, altrettanto in gamba, che mi ha accolto a braccia aperte. Le mie proposte gli sono piaciute, ma un giorno mi ha telefonato. “Ho un’idea. Non mi mandare a fare in culo, però.” Era Lettera di padre omosessuale alla figlia. Ho detto subito sì, era una grande idea. Ho solo chiesto il parere di mia figlia, e lei è stata d’accordo.

Prima – Mica te la prendi se ti copio le domande. Hai lavorato con l’editor?

D. Scalise – Ho avuto due tipi di editor. Manuela Galbiati, che mi ha fatto un editing di struttura, aggiunte, tagli, spostamenti. Ho accolto il 99.99 per cento delle sue richieste. Poi ho avuto un editing parola per parola con Cristiana Lelli, che mi ha fatto le pulci su ogni virgola, ogni parola. Ho imparato quanto sia necessario l’editing, almeno per me: quante banalità, sciocchezze, errori mi evita.

Prima – Come Brioschi ti dico non mi mandare a fare in culo, però non ti è venuta voglia di far fare l’editing anche a un tuo pezzo giornalistico?

D. Scalise – Ma la scrittura lunga è un’altra cosa, problemi di ritmo, di ripetizioni.

Prima – Hai trovato differenza di peso – distribuzione, ufficio stampa – fra Mondadori e Rizzoli?

D. Scalise – Sostanzialmente no. La distribuzione arriva ovunque, l’ufficio stampa è una macchina da guerra. Però sono convinto fin dal primo libro che il vero ufficio stampa lo fa l’autore. Non possono stare dietro a tutti i libri. E’ l’autore che si deve muovere, andare in giro, parlare con i giornalisti, mandare il libro alle persone giuste, sollecitare le recensioni, interessare le televisioni e le radio eccetera. L’ho sempre fatto anche se è la parte che più mi ripugna, perché mi sento come una puttana che va in giro a vendere la propria merce.

Prima – Non come un padre che aiuta il suo bambino a crescere?

D. Scalise – Questa è la versione buona, però è una fatica. Comunque evito le presentazioni: devi chiedere dei favori, preoccuparti della sala e che sia piena, tutto si svolge in un clima compiacente e con un effetto sulle vendite nullo. Questo soprattutto in ambiente gay, mentre faccio volentieri le presentazioni nelle comunità ebraiche, perché mi piace conoscerle, sono sempre diverse e di solito il dibattito è molto alto. Fra i gay è sempre un darsi ragione. Ma meglio di tutto è la televisione, perché acchiappi un sacco di gente. In ogni modo siamo alla seconda ediz…

Prima – Passi subito all’argomento preferito degli autori. Prima tiratura? Ristampa?

D. Scalise – Settemila e duemila.

Prima – Su questo gli autori mentono sempre, tutti. Ma ti credo, perché non vorrai mica inquinare la tua rubrica. Ottimo, in tre settimane.

Prima – La pubblicità l’hai trattata?

D. Scalise – No. No, e mi ha insegnato qualcosa il mio intervistato Maurizio Molinari, che l’ha ottenuta per contratto.

Prima – Difficile da ottenere. Ma puoi chiedere almeno una pubblicità a ogni ristampa. E la durata del contratto? Sarà 10 anni. Puoi scendere facilmente a 7.

D. Scalise – Mi segno anche questa.

Prima – Anticipo, percentuali?

D. Scalise – Gli autori mi fanno sempre resistenze di soldi, ma te lo dico senza problemi. Ho avuto 15.000 euro di anticipo e il 14 per cento fisso sulle vendite.

Prima – A 15 euro a volume, con 7000 copie vendute hai già coperto l’anticipo. Puoi chiedere di più, la prossima volta. Hai un agente? E quanto ci hai lavorato?

D. Scalise – Non ho un agente, ma me la cavo nelle trattative. Il libro l’ho scritto in un mese, più la revisione. Per Il caso Mortara mi sono dovuto licenziare dall’agenzia dove lavoravo, ci ho investito la liquidazione per fare ricerche in tutto il mondo e ci ho messo tre anni, di cui uno di scrittura.

Prima – Perché gli ebrei e gli omosessuali?

D. Scalise – Gli omosessuali perché sono omosessuale. A me non è mai successo di subire discriminazioni o situazioni sgradevoli, ma sento molto la sofferenza di tanti omosessuali. Gli ebrei mi interessano per il motivo opposto, perché non sono ebreo: e da non ebreo ho trovato nell’ebraismo un orizzonte morale e culturale straordinario. Solido. Quando ero di sinistra, avevo i soliti pregiudizi nei confronti di Israele. Li ho superati nel ’91, mentre ero inviato nella guerra del Golfo. Sentivo i pregiudizi contro Israele e sentivo che se fosse scomparsa Israele sarebbe scomparsa anche una parte mia, profonda.

Prima – Quando hai smesso di essere di sinistra?

D. Scalise – Nel ’94. Ho visto un antiberlusconismo feroce. Non sopporto l’ideologismo. Già non mi piaceva la sinistra per il suo antiisraelismo. Dal ’94 non vado più a votare, ho deciso che non sono degni del mio voto. Comunque non sono ancora a destra e non so se mai lo diventerò. In Italia non ci sono né una destra né una sinistra dignitose e serie, come piacerebbe a me. Il grosso problema dell’Italia è che non c’è una vera leadership politica.

Prima – Però sei rimasto all’Espresso fino al 2002, prima di passare al Foglio con la memorabile rubrica “Froci”.

D. Scalise – All’Espresso mi aveva accolto Giulio Anselmi con una rubrica che si chiamava “Gaywatch”. La nuova direttrice Daniela Hamaui mi ha fatto fuori, com’era suo diritto. Mi è dispiaciuto che me l’abbia fatto dire da un suo vice.

Prima – A destra non hai trovato un atteggiamento di maggiore chiusura verso gli omosessuali?

D. Scalise – Sì, c’è un residuo moralista e conservatore più duro che a sinistra. Nella sostanza però le posizioni sono identiche. Né i governi di sinistra né quelli di destra hanno fatto nulla per gli omosessuali. E Prodi ha rischiato di cadere per quella robetta sui Dico. Io, se fossi un eterosessuale, sarei indignato perché parte dei cittadini di questo Paese è discriminata. C’entra la Chiesa, ma c’entra molto di più la classe politica, inginocchiata davanti alla Chiesa. E questo è un disastro per tutti.

Prima – Ti risulta che gli omosessuali sentano questo gran bisogno di una normalizzazione, o meglio di una normativa?

D. Scalise – Sempre di più. Soprattutto i più giovani, che vivono l’omosessualità come la cosa più naturale della terra. Sono stupiti di una società che li guarda ancora come qualcosa di strano, vogliono vivere come tutti gli altri. Sono i gay più anziani che ancora amano i sotterfugi, la condizione anomala, perché la vivono come bizzarria e trasgressione. Sono nostalgici.

Prima – Come ha accolto il tuo libro la stampa gay?

D. Scalise – La stampa e il movimento gay sono molto sbilanciate a sinistra, e mi hanno spesso chiesto se sono di destra. Rispondo che a volte sono d’accordo con la destra, a volte con la sinistra, che non posso essere di sinistra perché sono omosessuale. La stampa classica è stata molto più interessata di quanto credessi, dal Corriere della Sera, a Libero al Messaggero. L’Avvenire mi ha molto divertito, prendendomi a esempio del fatto che gli omosessuali sono liberi di esprimersi. Però la stampa cattolica non mi sembra molto aperta al dialogo. Ho avuto la prima pagina del Secolo d’Italia, con Luciano Lanna, e poi quella dell’Unità, con Delia Vaccarello. Lanna ha avuto un coraggio strepitoso, dicendo ai lettori che sapeva di far arricciare qualche naso, ma che era un libro importante, da leggere. Poi è stato forte l’interesse delle televisioni e delle radio, Augias, Costanzo, tiggì di La7 e via dicendo.

Prima – Non sospetti che sia l’interesse per la donna cannone?

D. Scalise – Certo che sì. Anch’io, come giornalista, sono attirato dalle donne cannone. Ma se l’istinto è basso, spero che il contenuto veicoli un interesse più ampio.

Prima – E’ solo quando ricevo un mio libro stampato, che mi rendo conto di qualche difetto che non avevo visto durante il lavoro. Tu? A me sembra che manchi la figlia, in questo libro.

D. Scalise – Me lo aveva segnalato anche Carlo Alberto Brioschi appena letto il dattiloscritto: che c’è poca autobiografia, rispetto alla parte storico-politica. Ho avuto pudore a coinvolgere troppo mia figlia, che è anche una collega. Così come siamo stati d’accordo, con lei e con sua madre, che non avrebbero partecipato a interviste né tantomeno a trasmissioni televisive, dove le avrebbero volute sempre, più di me. D’altra parte, non ho una vita così romanzesca, né ho la stoffa del narratore capace di esaltare un dettaglio fino a renderlo appassionante. Insomma, non sono capace di fare letteratura. Quanto alla mia vita sessuale, non sono pudico, ma non ha davvero interesse, e soprattutto non mi veniva di raccontarla a mia figlia. A me premeva raccontare come è cambiata l’omosessualità negli ultimi quarant’anni. Un cambiamento epocale – dalla clandestinità alla libertà – che ho avuto la ventura di vivere. Dopo quello degli Stati, cambierà sempre di più anche l’atteggiamento della gente verso gli omosessuali.

Prima – Non hai l’impressione che ormai si sia stufi di sentir parlare di omosessuali?

D. Scalise – Certo, anche noi ci siamo rotti i coglioni. Ma bisognerà arrivare al diritto al matrimonio. Dopo, che ci sarà ancora da discutere?

Prima – Del problema dell’adozione da parte di una coppia gay, se non di fare figli naturali con tecniche di inseminazione. Tu sostieni che “basta che un bambino sia amato” e anch’io credo che una famiglia sia quasi sempre meglio di un orfanotrofio. Ma, da quando ho avuto un figlio, mi rendo conto che ha bisogno di un padre e di una madre. I bambini sono conservatori.

D. Scalise – Sono sicuro che un bambino abbia assolutamente bisogno di una madre, mentre non sono sicuro che un padre gli sia indispensabile. Però ho conosciuto figli cresciuti solo con il padre, e erano equilibrati. E’ vero che ci sono dei condizionamenti sociali, anche pesanti, ma sono destinati a cambiare. Come una volta per i figli dei divorziati o dei genitori maturi, che venivano sbeffeggiati, e ora sono una cosa normale.

Prima – Tu sfati anche il mito dell’omosessuale brillante, creativo, sempre sopra la media.

D. Scalise – Per carità, te ne posso presentare a migliaia di omosessuali cupi, rozzi, noiosi.

Prima – Il prossimo libro?

D. Scalise – Ho un’altra ossessione: la misoginia. Voglio raccontare quanto i maschi odino le femmine.

Prima – Stavolta non ti basterà un mese.

D. Scalise – Lo so, bisognerà fare ricerche. Ma basterebbe anche sentire cosa dicono gli uomini, in palestra, delle mogli. Che carico di disprezzo, di derisione, di disgusto. Ogni volta penso, “poverette”.

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Lina paga cara il "lavoro di mano" fatto a Roberto. Interviene anche Ordine dei medici. Il video.

Sesso al Gf8: Lina rischia sanzioni. Dopo una notte bollente con Roberto.
(TGCom) Un momento di leggerezza rischia di costare la carriera alla dottoressa Lina Carcuro, la concorrente napoletana del Grande Fratello 8. Lo rivela Tv Sorrisi. Durante una notte "allegra" la Carcuro si è "lasciata andare" a letto con Roberto Mercandalli, tanto che le telecamere del reality sono state oscurate. Il comportamento della Carcuro, iscritta all'Ordine dei Medici di Napoli, potrebbe aver violato il rigido Codice deontologico.

Codice che all'articolo 1 impone una condotta decorosa anche al di fuori dall'esercizio della professione. Buona parte dell'episodio "incriminato" è andato in onda su Mediaset Premium e Mai dire Grande Fratello di Italia 1.

"Ci hanno segnalato l'accaduto e qualche collega ha sollevato una questione di tipo etico. Secondo qualcuno sta screditando la categoria perché una dottoressa non può compiere certi gesti in pubblico". Lo spiega a Tv Sorrisi e Canzoni Gabriele Peperoni, vicepresidente dell'Ordine di Napoli. "Abbiamo chiesto a Mediaset la cassetta con il video -aggiunge il presidente Giuseppe Scalera- Il Consiglio direttivo visionerà il materiale e decideremo insieme le eventuali misure da prendere, senza pregiudizi né senza fare sconti, tenendo presente che le sanzioni disciplinari vanno dal richiamo, alla sospensione per qualche mese, fino alla radiazione dall'Ordine".
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Il voyeurismo dell'Ordine dei Medici a proposito del sesso tra Lina e Roberto Gf 8.
(Temis) L'Ordine dei medici avrebbe aperto una istruttoria sulle nottate di sesso tra Lina e Roberto nella casa del Grande Fratello (vedi video). Lina è un medico e l'Ordine sta valutando se la sua vita sessuale sotto le telecamere possa aver violato il codice deontologico della professione che impone ai medici di mantenere il decoro anche nella vita personale. Ci auguriamo, per la credibilità dell'Ordine dei medici (già scossa dallo scandalo del falso documento sulla legge 194), che il procedimento venga immediatamente archiviato. Quale è la colpa che viene attribuita a Lina? di aver fatto sesso con Roberto. Ma perchè un medico non può avere esperienze sessuali? quello che ci lascia perplessi è che l'Ordine si sia attivato per l'attività sessuale di Lina e non per la sua partecipazione al Grande Fratello. E' ovvio che se un medico partecipa al Grande Fratello, le telecamere registreranno la sua quotidianità in tutti i suoi aspetti, più o meno intimi. A Lina non può essere attribuita la responsabilità di aver amato Roberto perchè amare è proprio dell'uomo. A ben vedere, ciò che potrebbe offendere il decoro della professione è la partecipazione del medico al Gf, la sua partecipazione ad uno spettacolo fine a se stesso, nel quale non è richiesta alcuna abilità ma solo la disponibilità ed attitudine ad essere oggetto di voyeurismo. Il che di per sè è concesso a chiunque e quindi anche a Lina a condizione, però, di non rivendicare, cosa che invece la napoletana ha più volte e ostentatamente fatto, di essere un medico. Perchè in quato caso è Lina il medico che agisce e le sue azioni sono destinate a ripercuotersi sull'intera categoria. Questo è stato l'errore di Lina. Ma ancora più grande è l'errore dell'Ordine dei medici, che ha tollerato che ciò accadesse. Il procedimento disciplinare doveva essere aperto non perchè Lina ha fatto sesso sotto le telecamere (inevitabile al Gf), ma perchè ha partecipato al Gf, ossia ha posto in essere una condotta che, come è puntualmente accaduto, l'ha esposta a condotte censurabili quanto all'obbligo di decoro che ogni professionista è tenuto ad avere. Ciò detto, siamo fermamente convinti che l'Ordine dovrebbe lasciar cadere la questione e rimeditare se ha ancora senso che il medico sia chiamato a rispondere per pregiudizio del decoro per la sua vita personale.

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Grande Fratello 8, anticipazioni della decima puntata.

Grande Fratello(Tvblog) Domani sera (oggi) alle 21.10 su Canale 5 andrà in onda la decima puntata di Grande Fratello, il reality show prodotto in collaborazione con Endemol Italia e condotto da Alessia Marcuzzi. Aria di festa per tutti i concorrenti e sorprese, belle e meno belle.

Pasquetta nella Casa del Grande Fratello domani sera. Per festeggiare i ragazzi a poco più di un mese dalla conclusione dell’avventura, la produzione ha preparato una serata ricca di sorprese. Saranno proprio i parenti dei concorrenti ad intervenire in puntata e a far avere loro i regali che hanno preparato con cura per ciascuno. Ognuno di loro, anche Teresa che nei giorni scorsi si era lamentata di essere stata dimenticata dagli autori, riceverà delle sorprese che verranno portate direttamente nella Casa dai rispettivi sostenitori.

La settimana appena passata è stata ancora ricca di litigate, di scontri, di chiarimenti e di riappacificazioni; verranno mostrate le immagini salienti e commentate con i ragazzi. Pasquetta al GF porterà anche una sorpresa meno gradita: una doppia eliminazione. In nomination come noto sono Roberto, Fabio, Gian Filippo, Raffaella, Silvia e Francesco: uno di loro attraverso il televoto del pubblico a casa dovrà abbandonare il gioco ma non sarà l’unico.

Ci sarà infatti una nuova eliminazione che verrà attuata attraverso il voto palese tra i ragazzi; da tale voto usciranno dei candidati che verranno sottoposti al televoto e chi riceverà il maggior consenso negativo dovrà lasciare il gioco e la possibilità di vincere 500.000 Euro.

La prova della settimana è creare dei costumi da bagno particolari in vista dell’estate: i ragazzi impegnatisi parecchio con questa sfida creativa hanno realizzato dei capi molto eccentrici. Verranno divisi a coppie, uno descriverà l’abito e l’altra sfilerà su una passerella posizionata nel giardino della casa. Si prevedono quadretti suggestivi e allo stesso tempo divertenti.

Opinionista unico della serata come sempre Alfonso Signorini che non mancherà di stuzzicare con i suoi giudizi piccanti e sinceri i momenti del programma e porrà le prime domande agli esclusi della serata. Chiuderanno come sempre le nuove nomination che indicheranno i candidati al televoto per la prossima puntata.

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