banda http://blografando.splinder.com

martedì 25 settembre 2007

Da Roma il monito cala impietoso su Milano: la città deve avere l'Expo.

(milano.blogosfere.it) - Sono giorni di fuoco per Milano che "si gioca tutto". Letizia Moratti è in volo a Parigi per deliziare i delegati della Bie di un concerto dei cameristi della Scala. Subito dopo inaugurerà gli uffici del Comitato Milano Expo 2015. Nei giorni scorsi Milano ha inviato al Bureau il dossier della candidatura. Circa 1200 pagine.

E da Roma si incrociano le dita. Il presidente della Repubblica auspica che la candidatura dell'Italia e di Milano venga accolta. Anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi, asciutto come sempre ribadisce "massima determinazione" per il sostegno della candidatura di Milano per l'Expo.

Il presidente del consiglio garantisce dunque il pieno sostegno a Milano: economico (come i miliardi garantiti per la mobilità sostenibile ) e legislativo ed è pronto a dare i pieni poteri alla Moratti su tre questioni fondamentali: le infrastrutture, l'urbanistica e il decoro urbano. Moratti soddisfatta dunque che con i pieni poteri potrà legiferare "con il pugno di ferro".

Positivo dunque lo sforzo congiunto di tutte le istituzioni per sostenere Milano, anche se il cammino è ancora lungo e la concorrenza della turca Smirne è forte. La votazione è prevista per marzo. I Paesi votanti sono 102. Per vincere, dunque, bisognerà avere il consenso di almeno 52 nazioni. A tal fine sono note le missioni all'esterno della Moratti che non conoscono pause. Pochi giorni fa è stata in Cina. Ai primi di ottobre toccherà al Giappone.

Gli ottimisti sono molti anche se la concorrenza è dura. Molti degli assetti geopolitici della Turchia dipendono dal futuro Expo. Senza entrare in meriti troppo politici basti sapere che l'occhio della diplomazia è puntato sulla Turchia che ha recentemente cambiato il governo spostandosi a destra e a un non gradito fondamentalismo e in questo senso l'Expo potrebbe dare alla Turchia un buon motivo per tornare sui suoi passi, liberali e filo occidentali.

Intanto si sfornano i dati. Si prevede che l'Expo porti a Milano 29 milioni di visitatori, di cui il 25 per cento dall'estero. Ma nel frattempo bisogna fare i conti con Malpensa . Di una cosa si è certi: l'Expo, indipendentemente dal risultato, sarà comunque positivo per Milano.

Sphere: Related Content

Polemica di un lettore di Canaleliibero con Marco Volante sui "quartieri ghetto gay"

Tratto da "Affari italiani" - canalelibero.it

Ecco i quartieri gay in Italia e nel mondo...
Lunedí 24.09.2007 12:50

Caro Marco, mi chiamo Elia e sono un ragazzo eterosessuale di Monza. Ti scrivo perché vorrei mi togliessi una curiosità. Sono stato un mese in Spagna, dopo la maturità, insieme a due compagni di scuola, uno dei quali gay. Siamo stati naturalmente anche a Madrid e un paio di sere siamo stati alla Chueca, la zona gay. Sarà che era il fine settimana ma mi è sembrata una casbah, una bellissima e intrigante cittadella con migliaia di persone colorate che si divertono tutta la notte. Ho un po' invidiato quel posto e il mio amico gay, ma mi sono chiesto come mai non esista una cosa del genere anche in Italia. Spero vorrai rispondermi, in ogni caso ti faccio i complimenti per la rubrica. Ciao. Elia.

La Risposta
Caro Elia, ti ringrazio per la domanda perché questo è uno dei temi dibattuti nella comunità LGBT. A Milano da una ventina d'anni esiste un concentramento di locali commerciali orientati al pubblico omosessuale nei triangolo Porta Venezia - Sesto San Giovanni - Lambrate. Da qualche anno anche a Roma si sta creando una sorta di zona gay vicino al Colosseo, e prima ancora dalle parti di Piazza San Giovanni. Per molti motivi però nè a Milano nè a Roma è riuscita l'operazione commerciale che ha fatto furore praticamente in tutta Europa.

A Parigi la zona di Les Halles e dietro il Centre Pompidou, a Londra Soho, a Madrid la Chueca Barcellona praticamente tutto il centro città, e così ad Amsterdam, a Bruxelles, ma anche in quasi tutte le città degli USA, a partire dal Castro di San Francisco e dal Village di New York. A Milano la prima esperienza di concentramento di locali è avvenuta in Via Sammartini, adiacente alla Stazione Centrale. Dopo un primo periodo di grande successo grazie alla passione e allo spirito imprenditoriale dello storico attivista gay Felix Cossolo, la Gay Street milanese ha subito un degrado vergognoso, dovuto buona parte alla maleducazione dei frequentatori abituali dei dintorni della stazione e buona parte all'inconsistenza dell'interesse dell'amministrazione comunale per il decoro di un'area dalle altissime potenzialità commerciali e turistiche.Purtroppo un quindicennio di amministrazione di destra, con il suo totale disinteresse per ogni fenomeno che non rientri nel canonico lavoro-casa-chiesa, è riuscita a rallentare, se non a distruggere una delle più promettenti novità commerciali. Oggi la Via Sammartini è sommersa dall'immondizia, da brutture e disperati di ogni genere, eppure resiste stoicamente forse in attesa di tempi (amministrazioni) migliori. C'è addirittura chi ristruttura i locali o ne apre di nuovi, come il delizioso ristorantino siciliano che tenta di attirare clienti con prezzi da osteria ma anche con un'insegna giallo fosforescente, come per gridare noi ci siamo! o almeno ci proviamo… Caro Elia, non resta che sperare che i ragazzi della tua età siano altrettanto coraggiosi e proseguano nel tentativo di rendere questa Città più pulita, divertente, sicura, in una parola più vivibile. Noi stiamo facendo l'impossibile, ma pare non bastare mai.
marco.volante@affaritaliani.it

Il lettore dissenziente con Volante
Gay/ Ghetti o quartieri? La lettera di un lettore

Lunedí 24.09.2007 14:25

Ciao,
ti scrivo per dissentire fortemente dalle tue opinioni in merito all'articolo sulle zone gay, che per quanto siano delle casbah, e quindi ricche di divertimento, non credo, prima di tutto, siano una buona cosa: ci vuole parità dei diritti, trattamento equo, rispetto e integrazione, e volete per forza che si creino delle specie di ghetti?!?

Non capisco perché la creazione di tali quartieri sia necessaria e non averlo fatto renda l'italia un paese "indietro". La solita storiella di destra che vive per casa-lavoro-chiesa per piacere lasciala in soffitta con le cianfrusaglie del nonno, perché è una merendina preconfezionata, scaduta e marcia, che non sta più in piedi: se vedi differenza tra politica di destra e di sinistra, a parte una piccola variazione sulla definizione economica del ceto più tassabile (che per altro varia poco), allora hai 15/10...io che ci vedo piuttosto benino avendo 12/10 ancora non la scorgo. I gay vogliono un quartiere? Credete veramente che a New York, Los Angeles, Parigi, Londra, Amsterdam, Barcellona e via così, l'amministrazione abbia approvato il piano regolatore con l'assegnazione di tot mq per quartiere gay? Siete proprio ridicoli.

I gay devono fregarsene di chi non rispetta il loro diritto a vivere la sessualità come je pare, campare onestamente come tutti senza richiedere pretese assurde come l'assegnazione di zone, e se proprio vogliono un quartiere, comprino casa uno vicino all'altro! Tra l'altro, qui su libero state proprio scadendo: aver incriminato con articoli pesantemente opinionistici Vale Rossi, il tipo di Garlasco, Beppe Grillo, e chi più ne ha più ne metta, vi ha resi non poco di parte (anche se non si sa quale, perché anche in libero non c'è differenza tra destra. centro e sinistra...strano!!!), e assolutamente deprezzati come giornalisti indipendenti, obiettivi e credibili. E non parlo solo per me, date un'occhiata su libero blog ai post che parlano proprio di libero! Luca, etero, non schierato politicamente al di la dei confini cittadini, da Padova.

La risposta di Marco Volante:

Nei "ghetti" gay (nei ghetti le persone venivano forzate a stare, nei nostri quartieri arrivano tutti come mosche sul miele) tutti si divertono come matti per cui esistono e si moltiplicano. Hai ragione sul fatto che siano proprio i gay - e gli etero a cui quei quartieri piacciono - a doverli costruire, infatti il senso della mia risposta è proprio quello.

Ad Affaritaliani ognuno contribuisce con le proprie idee, per questo non capisci da che parte stiamo. Noi informiamo a 360 gradi e siamo quanto di più indipendente puoi trovare sul mercato. Essendoci anche molte opinioni, oltre alle cronache, è ovvio che possano non piacere, ma, appunto, essendo indipendenti, non scriviamo le nostre opinioni perché piacciano. Con la tua premessa, in parte condivisibile, dovresti apprezzarci di più.

Ciao, Marco

--------------------------

Naturalmente siamo d'accordo con il lettore, al solito l'Avv. Marco Volante non ha dato risposte ma farfugliato parole poco assennate del tipo che "tutti si divertono come matti"... e soprattutto facendo, al solito, propaganda smaccata.

Sphere: Related Content

Padova: Nulli i certificati, tutto da rifare

(Il Mattino) Nessuna attestazione da rifare per i certificati anagrafici delle coppie di fatto. Non saranno richiamate all’anagrafe le 22 coppie che dal febbraio scorso hanno sottoscritto i moduli per la richiesta del certificato: la sentenza del Tar non ha annullato i moduli ma li ha soltanto aggiornati. E la conclusione cui sono giunti i funzionari dell’avvocatura civica dopo l’esame approfondito della sentenza del Tar, che il 27 agosto scorso ha esaminato un ricorso presentato da due avvocati cittadini. In pratica quindi nessun annullamento, neppure dei certificati già consegnati. Non servirà quindi richiamare chi ha già sottoscritto l’attestazione.

Piuttosto sono pronti da ieri i nuovi moduli per richiedere la certificazione anagrafica delle coppie di fatto: sono stati aggiornati seguendo le prescrizioni del tribunale amministratico. E cioè richiamando in calce alle dichiarazioni una serie di articoli di legge che ricordano e rafforzano la differenza tra il certificato e il vero e proprio nucleo familiare.

Alla fine quindi, a parte qualche settimana di sospensione, per i cosiddetti «pacs alla padovana» nulla è cambiato. Neppure Tommaso Grandis e Giorgio Perissinotto, i primi sottoscrittori gay dell’attestazione anagrafica, dovranno ricelebrare il «matrimonio simbolico» che lo scorso 4 febbraio catalizzò l’attenzione dei media nazionali e proiettò Padova come la città precursore dei Dico, che da lì a poco sarebbero stati presentati dal governo. La sentenza del Tar quindi ha accolto solo in minima parte il ricorso dei due avvocati padovani.

«Guardando alle conseguenze pratiche si è fatto un gran polverone per nulla - sottolinea Alessandro Zan, consigliere di Sinistra laica, e “padre” della mozione che ha portato alla creazione dell’attestato - Visto e considerato che le coppie di fatto continueranno a ricevere l’attestato. Mi aspetto quindi che l’amministrazione non sia timida e rivendichi con orgoglio questo risultato».

Sphere: Related Content

In libreria: "Omosessuali di destra "

Marco Fraquelli
Omosessuali di destra
Prefazione di Giorgio Galli

«Meglio essere fascisti che froci». Parola di Alessandra Mussolini. È un parere, ovviamente, opinabile. Ma cosa succede quando le due condizioni coincidono?
È quanto ha voluto indagare Marco Fraquelli in questo intrigante excursus storico alla scoperta di personalità omosessuali appartenenti al mondo della Destra, dall’epopea nazionalsocialista (con incursioni anche in epoche precedenti, dal Neoclassicismo alla Germania di Weimar) ai nostri giorni. Non un libro sull’omosessualità o sugli omosessuali, come precisa l’Autore, ma un insieme di ritratti di grande efficacia e il racconto di avvenimenti storici che mettono in rilievo le contraddizioni di una cultura e di una ideologia che, pure impregnate di omofobia e di «machismo», presentano al loro interno molte ambiguità di natura sessuale. Accanto alle figure più note, come il braccio destro di Hitler, Ernst Röhm, e alle «icone» come Brasillach e Mishima, e a episodi altrettanto famosi, come la “Notte dei lunghi coltelli” o l’impresa fiumana di D’Annunzio, l’Autore propone altre figure meno note, ma molto rappresentative della Destra estrema, anche postbellica, dal negazionista Michel Caignet, leader neofascista francese, editore di riviste gay, a Michael Kühnen, incontrastato leader del neonazismo tedesco tra gli anni ‘70 e ‘80 del ‘900, morto di Aids nel 1991.

(2007) pp. 256 -
€. 12,00 (ISBN: 978-88-498-1826-0)

Per acquistarlo clicca quì

Sphere: Related Content

Rugby tutto Gay

(Gaywave) Continua la polemica, a dire il vero di pochi bigotti, sulle affissioni che il Comitato Regionale del Turismo dell’Ile de France ha previsto nella capitale inglese, per richiamare turisti ai mondiali di rugby (ancora in calendario fino al 20 ottobre).
Un’immagine dove i giocatori, presi nel momento dell’ammucchiata, scelgono l’amore e si baciano appassionatamente.
“Enjoy rugby in the capital of love” è lo slogan studiato per attirare i turisti gay a Parigi durante i giorni dei mondiali.
La scelta degli organizzatori dei mondiali continua nella direzione omosessuale. Dopo la grande pubblicità fatta al calendario 2008 “Dieux du Stade”, con questa campagna d’affissioni l’indicazione di massima sembra chiara a tutti. Il rugby piace ai gay di tutto il mondo e i gay rappresentano la fonte primaria di introiti per questo sport, sia per vendita di biglietti che per merchandaising.

Sphere: Related Content

Hillary Clinton: No al matrimonio gay.

(Queerblog) Che Hillary Clinton non fosse al 100% dalla parte delle istanze della comunità glbt s’era già capito, nonostante all’inizio della sua candidatura avesse detto di essere vicina alla questione. Adesso arriva ulteriore conferma dalla sua stessa voce e ci sbatte la porta in faccia.

L’aspirante presidente degli States, in un’intervista rilasciata al magazine gay The Advocate, in uscita la prossima settimana, ha detto chiaramente di non essere d’accordo sui matrimoni tra gay. Con l’occasione ha anche smentito di essere lesbica come molti vociferano da tempo (ma magari è solo per il suo aspetto un po’ mascolino che lei tenta di nascondere con i restyling, modello Maria De Filippi). La notizia è qui .

Di ben 3 candidati alla presidenza per il partito democratico, nonostante siano nomi di tutto rispetto, con programmi e personalità interessanti, nessuno è per il matrimonio gay. Nè Hillary Clinton (che però potrebbe essere la prima donna presidente), né Barack Obama (che però potrebbe essere il primo presidente di colore), né John Edwards. Sì alle unini civili ma non al matrimonio. Innovazione, quindi, fino a un certo punto. L’intervista completa a Hillary è qui. Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate…

Sphere: Related Content

Accordi di convivenza e famiglia di fatto

(Avv. Matteo Santini - Avvocato del Foro di Roma) Negli ultimi tempi si discute vivacemente sull‘opportunità di regolamentare in modo più o meno dettagliato le cosiddette unioni di fatto, vale a dire quelle convivenze stabili tra due soggetti non legati tra loro da vincolo matrimoniale, possa trattarsi di matrimonio celebrato con rito civile o concordatario. Prescindendo da quelli che ad oggi rappresentano esclusivamente dibattiti dottrinali o proposte normative, esaminiamo se e come attualmente vengono disciplinati i rapporti personali e patrimoniali tra i conviventi more uxorio. Innanzitutto è doveroso, a scanso di equivoci, rilevare che la mancata celebrazione del matrimonio non incide affatto sui diritti spettanti ai figli nati dai genitori non coniugati i quali, per espressa disposizione di legge, sono equiparati in tutto e per tutto ai figli nati da coppie coniugate. Di conseguenza oggi, a differenza di ciò che avveniva in passato, la distinzione tra figli naturali e figli legittimi non ha più ragione di esistere. L’equiparazione dei diritti significa, d’altro canto, equiparazione degli obblighi a carico dei genitori nei confronti della prole rispetto agli obblighi dei genitori coniugati. Ci riferiamo in particolar modo all’obbligo di educare, istruire e mantenere i figli. Così come nelle cosiddette famiglie tradizionali, anche all’interno delle famiglie di fatto, ciascuno dei genitori ha l’obbligo giuridico di mantenere i figli proporzionalmente alle proprie sostanze ed al reddito. Stesso obbligo permane nel caso in cui la coppia decida di porre fine alla convivenza come d’altra parte accade in caso di separazione o divorzio tra genitori coniugati. Per ciò che concerne i diritti ereditari possiamo addirittura affermare che i figli sono maggiormente tutelati nel caso in cui i genitori non siano legati da vincoli matrimoniali; infatti in assenza di coniuge l’intero patrimonio del genitore deceduto, sarà attribuito al figlio o ai figli; mentre, ove il genitore al momento del decesso dovesse risultare coniugato, parte del patrimonio verrebbe assegnato al coniuge superstite. Il problema va pertanto focalizzato sul rapporto personale tra i soggetti che decidono di iniziare una convivenza. Ritengo personalmente che la questione della regolamentazione delle unioni di fatto sia stata spesso enfatizzata ed esasperata sino ad erigerla a vera e propria battaglia politica, il tutto incentrato sull’elemento base del matrimonio e sul significato che la Costituzione Italiana attribuirebbe al concetto di famiglia. Ma a ben vedere molte delle problematiche e delle questioni giuridiche che possono nascere all’interno di una coppia non sposata, sono disciplinate e trovano la loro soluzione all’interno del nostro diritto positivo e di norme che se pur non create ad hoc per disciplinare i rapporti tra conviventi, ben si adattano ad essere applicate in molteplici casi soprattutto in assenza di una disciplina specifica della materia. Pertanto, attualmente, il problema reale diventa quello dell’individuazione di tali norme e semmai quello di una raccolta organica di tali disposizioni anche al fine di renderle accessibili e conoscibili ai non addetti ai lavori. Ritengo che ad oggi quasi tutte le problematiche aventi risvolto giuridico relative ad un rapporto di fatto possano essere regolamentate pattiziamente tra le parti attraverso veri e propri contratti denominati “contratti di convivenza”. Il punto focale è quello di identificare quali siano i limiti e quale sia l’estensione massima di tali accordi. Ma il problema in effetti non è poi tanto differente da quello che gli operatori del diritto affrontano ogni giorno nell’ambito della propria attività ermeneutica; si tratta cioè di capire fino a che punto si possa spingere l’autonomia negoziale delle parti e quali siano i diritti indisponibili sui quali non è ammesso incidere ad opera delle parti; ma si tratta anche di comprendere se ed entro quali limiti le norme dettate dal legislatore in campo contrattuale siano adattabili ed applicabili ad una materia che senza dubbio presenta aspetti peculiari rispetto ad un rapporto contrattuale strettamente inteso. Nulla questio sulla possibilità per i conviventi di acquistare beni immobili o mobili in situazione di comproprietà, eventualmente anche concordando sui beni stessi l’attribuzione di quote di proprietà differenti. Per quanto concerne i diritti successori, non essendovi attualmente alcuna norma che attribuisce diritti in tal senso al convivente superstite, i soggetti hanno la piena libertà di nominare erede l’altro coniuge mediante la redazione di un testamento all’interno del quale venga disposto che una quota di eredità (o anche tutta, ove non siano lesi i diritti di soggetti legittimari), sia destinata al convivente superstite. Tali disposizioni non potranno comunque essere inserire nel contratto di convivenza ma dovranno essere oggetto di uno specifico testamento redatto nelle forme prescritte dal codice civile; altrimenti si incorrerebbe nel divieto di patti successori, determinando la nullità della clausola. Le parti possono altresì statuire sulle modalità di esercizio dei diritti sui beni acquistati in comune e sulla sorte di tali beni al momento del venir meno della convivenza. Sarà sufficiente inserire tali disposizioni all’interno del contratto di convivenza, il quale come tut ti i contratti ha forza di legge tra le parti. E’ assai frequente che i conviventi indichino nel contratto anche la misura della partecipazione di ciascuno alle spese ordinarie e straordinarie, in base alla proprie capacità di reddito e sostanze e che venga anche valutato ai fini della distribuzione degli “sforzi” familiari l’apporto di lavoro domestico prestato dal coniuge non lavoratore. Anche l’educazione dei figli è un elemento spesso regolamentato all’interno dei contratti di convivenza. La coppia, può concordare un determinato indirizzo educativo relativo alla prole, purché ovviamente tali disposizioni non violino norme di legge inderogabili e non siano contrarie all’interesse della prole. Ulteriori previsioni potranno concernere i più svariati settori, citando a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli accordi sulla scelta delle vacanze, sui viaggi, sull’impiego di risorse comuni, ecc. Una questione di particolare importanza è rappresentata dalla sanzionabilità o meno di eventuali azioni compiute dal convivente in violazione alla disposizioni contenute nell’accordo di convivenza. A parere di chi scrive, le parti possono tranquillamente inserire nel contratto eventuali penali in caso di mancato rispetto delle statuizioni contrattuali suscettibili di valutazione economica, purché la singola obbligazione non sia in contrasto con norme inderogabili di legge o non incida su diritti di natura indisponibile. Ad esempio una clausola contenente l’obbligo per il coniuge di concedersi sessualmente all’altro oltre ad essere nulla per contrarietà al buon costume, comporterebbe inevitabilmente la non sanzionabilità di un comportamento posto in essere in violazione della stessa, e ciò in quanto si tratta di diritto che non è suscettibile di divenire oggetto di pattuizione contrattuale. Lo stesso dicasi per un eventuale obbligo stabilito a carico delle parti di non trasferire la propria residenza in un determinato luogo; infatti una disposizione di tale natura striderebbe con il diritto alla libera circolazione garantito dalla Costituzione. Il parametro di riferimento ed il limite invalicabile è pertanto rappresentato dall’esistenza di diritti e di libertà che non possono essere oggetto di limitazione neppure con il consenso degli stessi interessati. Una disposizione che preveda una penale a carico del convivente che pone fine alla relazione prima di una determinata data sarebbe nulla in quanto determinerebbe in primis una grave menomazione delle libertà della persona ed in secundis mancherebbe il requisito della patrimonialità necessario affinché un’obbligazione possa essere dedotta in un contratto. Ritengo inoltre che anche in riferimento ad un eventuale obbligo di fedeltà sia molto difficile ipotizzare l’ammissibilità di una sanzione pecuniaria derivante dalla sua inosservanza, proprio in virtù della non disponibilità del diritto alla libertà sessuale e della natura non patrimoniale del diritto. Diversamente il convivente tradito potrebbe agire in giudizio, qualora il comportamento infedele dell’altro abbia determinato un danno di natura non strettamente patrimoniale, quale potrebbe essere un danno alla vita di relazione. La clausola sull’obbligo di fedeltà pur non avendo una vera e propria valenza giuridica e ciò non solo per l’indisponibilità del diritto ma anche per la non patrimonialità dello stesso, può essere comunque inserita nel contratto (senza che ciò infici in alcun modo la validità dello stesso), come dovere di natura morale, ovviamente non sanzionabile giuridicamente. Ma l’aspetto che più di frequente spinge le parti a decidere di stipulare un contratto di convivenza, è la regolamentazione dei rapporti patrimoniali in previsione di una futura ed ipotetica rottura del rapporto. Queste disposizioni sono spesso orientate nell’assicurare al convivente più debole una forma di assistenza anche successivamente al venir meno della convivenza. Si tratta di una forma assistenziale e di soccorso ritenuta certamente meritevole di tutela dal nostro ordinamento, anche in virtù del vincolo di solidarietà che ha unito due soggetti per un lungo periodo di tempo. Ritengo che nell’inserimento delle disposizioni contrattuali sia sempre molto importante valutare clausola per clausola l’aspetto sinallagmatico; vale a dire, la prestazione oggetto dell’obbligazione dedotta in contratto deve essere posta in corrispondenza biunivoca con un’altra prestazione, di natura reale o obbligatoria, a carico dell’altro convivente. Il sinallagma contrattuale e l’esistenza di prestazioni valutabili da un punto di vista patrimoniale, consentono di conferire all’accordo di convivenza, piena valenza contrattuale. Sulla forma dei contratti di convivenza, è lapalissiano che in considerazione della delicatezza degli argomenti affrontati sia opportuno redigerli per iscritto, anche se nessuna norma impone tale forma per la redazione degli stessi. Qualora nel contratto siano inserite pattuizioni relative a negozi che richiedono una forma ab substantiam, la stessa forma dovrà essere adottata per la redazione del contratto di convivenza. Si consiglia comunque di redigere il contratto nella forma della scrittura privata, eventualmente autenticata da un Pubblico Ufficiale. La sottoscrizione del Pubblico Ufficiale (ad esempio il Notaio), avrà come fine quello di autenticare le sottoscrizioni delle parti e di attribuire data certa all’atto. La certezza della data potrà comunque essere garantita anche in altro modo, come ad esempio mediante notifica a mezzo di Ufficiale Giudiziario del contratto. Sulla base di quanto testé affermato possiamo tranquillamente concludere che pur in assenza di una regolamentazione organica della materia, la convivenza tra due soggetti può essere oggetto di specifico accordo tra le parti, mediante la stipula di un contratto di convivenza, che in quanto non contenente clausole contra legem, è pienamente valido ed ha efficacia di legge tra le parti. Il problema del riconoscimento delle cosiddette coppie di fatto è pertanto più teorico che pratico o forse oserei dire più politico / sociale che giuridico. Gli aspetti più importanti che nettamente differenziano ad oggi il trattamento riservato alle coppie sposate rispetto a quelle di fatto, sono rappresentati dall’automaticità di alcuni diritti spettanti ai soggetti sposati, che vengono ad essi attribuiti per il solo fatto della celebrazione del matrimonio e che permangono anche successivamente all’eventuale scioglimento dello stesso. Ci riferiamo 1) ai diritti successori del coniuge, il quale rientrando tra i legittimari non potrebbe in alcun modo essere escluso dalla successione del coniuge deceduto ma al quale anzi è per legge riservata come quota legittima una cospicua parte del patrimonio del coniuge deceduto; 2) alla pensione di reversibilità che spetta al coniuge supersite o anche al coniuge separato che al momento del decesso dell’altro beneficiava dell’assegno divorzile; 3) ad una quota spettante la coniuge divorziato sul trattamento di fine rapporto dell’altro coniuge. Ad una attenta analisi rileviamo come tali diritti possano essere attribuiti anche attraverso la sottoscrizione di un contratto di convivenza tra soggetti non uniti in matrimonio, il quale preveda l’obbligo per il soggetto di corrispondere all’altro convivente una parte del proprio TFR o l’obbligo di stipulare un assicurazione la quale preveda che in caso di morte di uno dei soggetti, sia riservata all’altro una somma di denaro una tantum o sotto forma di vitalizio. Lo stesso discorso vale per i diritti successori; ben possono i conviventi fare testamento istituendo come erede l’altro convivente. Il punto di divergenza sostanziale tra le due forme di unione è a parere di chi scrive, quello che in caso di matrimonio tali diritti sono attribuiti ai coniugi automaticamente e senza che sia necessaria la volontà ed il consenso dell’altro (che comunque viene prestato in occasione della celebrazione del matrimonio), mentre il caso di convivenza tali diritti devono essere espressamente previsti e attribuiti mediante la sottoscrizione di un contratto. Si diventa pertanto titolari in caso di matrimonio di alcuni diritti, per il solo fatto di essere sposati e tali diritti spesso permangono in capo ai soggetti anche successivamente allo scioglimento del vincolo. In effetti con il matrimonio le parti limitano in modo sostanziale la propria autonomia negoziale, da un lato rinunziando a taluni diritti, dall’altro divenendo titolari di altri. Con il matrimonio, le parti sono maggiormente garantite da un punto di vista patrimoniale, potendo contare sull’obbligo a carico dell’altro coniuge di compiere una serie di prestazioni patrimoniali, anche successivamente allo scioglimento del vincolo. Ma a ben vedere lo stesso risultato è ottenibile mediante un semplice accordo di convivenza. Ciò che cambia è la forma del consenso; nel caso di matrimonio prestato dinnanzi ad un ministro di culto o ad un ufficiale dello stato civile; nel caso di accordo di convivenza prestato dinnanzi ad un notaio a semplicemente sottoscritto tra le parti.

Sphere: Related Content

Una carezza griffata Ratzinger.

(Merchesa - Giornalettismo militante) Uno dei motivi per cui verrà maggiormente ricordato in futuro l’attuale Papa Ratzinger è senz’altro il suo rapporto con la moda. Temiamo infatti che passerà alla storia più per lo stile in fatto di abbigliamento che per il discorso di Ratisbona. La prima azione compiuta da papa è stato infatti cambiare la sartoria che da decenni vestiva il successore di Pietro. Dalla storica sartoria Gammarelli, Benedetto XVI ha preferito affidare al negozio Euroclero le proprie mises. E non poteva essere diversamente. Ha urtato tutto il mondo, infatti, ascoltare il neoeletto in mondovisione che dichiarava essere “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore” e vedergli le maniche nere della veste talare avanzare sotto la nuova veste bianca papale dalle maniche troppo corte.

MON DIEU! - Un vero orrore, inaccettabile per un uomo che non disdegna occhiali da sole dal design moderno e giovanile, cappello da baseball di colore bianco, per non dimenticare i famosi mocassini rossi di Prada, alla faccia delle belle parole contro il profitto. Ratzinger ha dimostrato di essere molto à la page, con uno spiccato gusto per il vintage. Ha deciso infatti di reindossare alcuni abiti pontifici risalenti al Rinascimento. È il caso del camauro, un copricapo di velluto rosso bordato di pelliccia d'ermellino bianco che era stato indossato dai papi fino al Settecento, o la mozzetta di velluto rosso bordata di ermellino bianco, o ancora il cappello detto "saturno" a tesa larga, un copricapo rosso adatto soprattutto a proteggersi dal caldo. Il galero, invece, è un copricapo adatto per ripararsi dal sole. A quando un elegante ombrellino? E un ventaglio?

L'ULTIMA COLLEZIONE - Nell’ultima visita pastorale a Vienna poi, il Nostro ha sfoggiato modelli innovativi sia nelle forme che nei colori. Come ignorare il “Modello Pistacchio” indossato nel Duomo di Santo Stefano, o il “Modello Bianco Biagiotti” esibito all’interno della Basilica di Mariazell? Ma il capo che ha ottenuto maggiori consensi di pubblico e di critica è il “Modello Vorrei essere io Maria”, una foggia tradizionale dalle forme morbide e avvolgenti ma dai colori inusuali: azzurro bianco e giallo, che sono i colori della Vergine, sfumati gradevolmente tra loro alla maniera dei Missoni. Roberto Benigni nel suo “Piccolo Diavolo” aveva già previsto tutto. Papa Benedetto XVI dimostra di avere dimestichezza non solo con il mondo della moda e le sue tendenze ma anche con gli strumenti della comunicazione che a quell’ambiente fanno capo. Come dimenticare lo splendido calendario 2007 per il quale Papa Benedetto ha graziosamente posato? Uscito nel novembre 2006 allegato a Famiglia Cristiana al costo di 5 Euro, presenta il papa raffigurato nei vari momenti della sua giornata. A gennaio, marzo, agosto e ottobre è immortalato mentre passeggia, ad aprile mentre prega. Benedetto XVI sembrerebbe così maggiormente dedito al labora che all’ora.
Dicono che l’abbiano sentito esprimersi così durante un incontro del mercoledì: “Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: Questa è la carezza griffata Ratzinger”.

Sphere: Related Content

Il supercampione di boxe in reggicalze.

(Corriere della Sera - Elmar Burchia) Sorprendenti scatti in rete del fenomeno del ring. Il «Golden Boy» Oscar de la Hoya, sei volte campione del mondo, fotografato durante un party privato in atteggiamento equivoco.

Philadelphia –  Sei, tanti, sono i titoli mondiali di cui può fregiarsi il pugile americano Oscar De La Hoya, conquistati in altrettante categorie di peso. Amatissimo negli Stati Uniti, perlopiù grazie ai 31 match vinti per knockout, è noto tra gli sportivi anche per il suo formidabile gancio sinistro. Quello che la stampa d'Oltreoceno definisce «una leggenda della boxe», è finito in questi giorni al centro di una vera e propria «trappola mediatica», dai tratti imbarazzanti.
SCANDALO IN RETE - Il pugile, messicano d'origine, è apparso mercoledì in diversi scatti sul cliccatissimo sito di fotografie specializzato in gossip, «x17online.com» - quello, per intenderci, che ha mostrato per primo le famose immagini-choc di Britney Spears con la testa rasata a zero. Oscar De La Hoya è stato ripreso mentre festeggiava in una camera d'albergo, presumibilmente alticcio, e in compagnia di due giovani ragazze. Stavolta, il personaggio famoso preso di mira si mostra nella sua parte «femminile». Sulle «sensuali» istantanee il boxeur trentaquattrenne indossa una lingerie molto sexy, «modello a rete», con ampio decolleté, vertiginosi tacchi a spillo e guantoni rossi d'ordinanza. «Sì, signori, questo è il duro Oscar De La Hoya!», scrive il sito.
«FALSE» - La notizia, in breve tempo, ha fatto il giro della rete. «De La Hoya, considerato tra i più forti pugili dell'ultima generazione, tra le mura di casa fa la drag-queen?», si è chiesto anche il columnist di cronaca rosa del «New York Daily News». «Sono foto false», si è affrettata a dire Debbie Caplan, portavoce del pugile. «La sua testa è troppo piccola e poi quello non sembra proprio il suo corpo», ha aggiunto.
DICHIARAZIONI - «Oscar, non conosce le due donne che vogliono vendere le presunte foto ai tabloid. Mi ha assicurato che sono fasulle e procederemo per vie legali», è stata la presa di posizione dell'avvocato del pugile, Bertram Fields, in un comunicato alla stampa. Secondo lui sarebbero semplicemente state alterate col programma Photoshop. Controbattono le due autrici: «Lo abbiamo ripreso nelle stanze del Ritz-Carlton di Philadelphia il 17 maggio scorso durante uno dei tanti party - anche promiscui - ai quali De la Hoya è solito partecipare». E per comprovare l'autenticità delle foto una delle ragazze rivelerà ulteriori dettagli piccanti nella trasmissione tv «Entertainment Tonight» di lunedì prossimo.
MILIONARIO - De la Hoya, soprannominato «Golden Boy» è sposato con la popstar portoricana Millie Corretjer. Ufficiosamente non ha più intenzione di competere a livello agonistico. Il 5 maggio scorso, per il titolo mondiale dei superwelter WBC, è stato sconfitto da Floyd Mayweather jr. alla MGM Grand Hotels di Las Vegas dopo 12 round ai punti. Il ricchissimo De La Hoya (ha un patrimonio stimato in oltre 500 milioni di dollari) tuttora fa il promoter di pugilato. Il suo prossimo incontro, c'è da scommettere, non sarà sul ring, ma nelle aule di tribunale.

Sphere: Related Content

Brasile, spopola il film che ancora non c'è.

Anche il ministro Gil ha in casa una copia clandestina della pellicola.
Un milione di persone ha già visto «Tropa de Elite», un mese prima dell'uscita nelle sale. Merito della pirateria e dei download via web.

(Rocco Cotroneo - Americas.corriere.it) RIO DE JANEIRO (Brasile) - C'è un film di cui parla tutto il Brasile. L'hanno visto, si dice, un milione di persone, giovani e meno giovani, nei condomini di lusso e nelle favelas. Si chiama «Tropa de elite» e ha una peculiarità: uscirà nelle sale solo il prossimo 12 ottobre.

PIRATERIA DIFFUSA - Fenomeno di costume e, soprattutto, di pirateria. Le copie clandestine del dvd si trovano da settimane su qualunque bancarella e si stima che esistano migliaia di siti che portano al download, gratuito. Al suo secondo film, il regista Josè Padilha è diventato una celebrità ma è ovviamente assai preoccupato: chi andrà al botteghino a comprare il biglietto, a partire dal prossimo mese?
IL MINISTRO CE L'HA - Padilha lo ha chiesto anche al ministro della Cultura, Gilberto Gil. Anzi, è andato a casa sua a Rio de Janeiro e in salotto ha trovato una copia pirata del film. Il famoso musicista si è giustificato dicendo di averlo ricevuto in regalo, ma di non averlo visto. La pirateria dilagante in Brasile è solo una parte della storia.
POLIZIA E NARCOTRAFFICO - Il successo del film è dovuto alla trama, di forte attualità, e al valore dell'opera. «Tropa de Elite» racconta la vita dei reparti speciali della polizia di Rio de Janeiro, impegnati nella guerra contro i narcotrafficanti nelle favelas della città. E' un film estremamente realista, con attori eccellenti e ben girato. Racconta tutto, senza censura. Gli atti di violenza efferata, l'eroismo di alcuni poliziotti e la corruzione di altri, l'ipocrisia delle classi agiate carioca che protestano contro la violenza, ma comprano in abbondanza le droghe che la provocano. Un segnale del successo (e delle dimensioni della pirateria) è il fatto che alcune espressioni gergali del film sono già entrate nel linguaggio di tutti i giorni, soprattutto nelle periferie di Rio. Il film è stato iscritto per concorrere all'Oscar.


Sphere: Related Content