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giovedì 7 agosto 2008

I neofascisti tornano alla "casa del padre"? Pare di si.

Santanchè: Meglio tornare dal cavaliere.
(AdnKronos) Il tempo delle contrapposizioni con il Cavaliere e' finito e anche i sospetti dell'"inciucio" con Walter Veltroni sono caduti. Insomma, secondo Daniela Santanche', non ci sono piu' motivi per fare la guerra al Pdl.
"Dobbiamo partecipare alla nascita del piu' grande partito italiano -dice l'esponente della Destra in una intervista a 'Libero'- Il Paese non ha bisogno della frammentazione ma di stabilita' e il compito del centro destra e' di governare per i prossimi 15 anni".
"Con la mia decisione -aggiunge Santanche', ormai in aperta rottura con il leader del partito, Francesco Storace- penso di interpretare il desiderio di quel milione di elettori che ha votato la Destra e vuole vederla 'con' e non 'contro' Berlusconi. E' caduto il pregiudizio dell'inciucio. In camapgna elettorale sospettavamo che Berlusconi e Veltroni, il giorno dopo, sarebbero scesi a patti, sovvertendo il risultato elettorale. Pregiudizio che e' proseguito anche durante le prime battute della legislatura".
Santanche' rivendica la propria autonomia e replica al segretario che non vuol sentir parlare di riavvicinamento. "Rispetto Storace ma chi ha votato la Destra, chi voleva mandarmi a Palazzo Chigi, e' schierato politicamente da questa parte. I nostri elettori -aggiunge Santanche'- non capirebbero posizioni solitarie e distanti dal governo. E men che meno se appoggissimo i referendum di Di Pietro".

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Olimpiadi. Aiuto c'è un gay a Pechino.

(Mario Cirrito) E' tutto pronto, compreso smog, umidità e forse anche qualche nuova contestazione. Domani squilleranno le trombe e si apriranno ufficialmente le Olimpiadi cinesi. Tra gli atleti ci sarà amche un gay dichiarato: Matthew Mitcham, australiano. Ha fatto coming out nel maggio scorso ed è ovviamente un figo trattandosi di nuotatore. Strano caso ma fu proprio un cinese ad accorgersi che poteva diventare un campione. A Pechino, Matthew c'è già stato per la coppa del mondo dove si è piazzato quinto. Ha un fidanzato, Lachlan, con cui vive insieme da parecchi anni. Per andare a Pechino ha chiesto aiuto al Johnson & Johnson Athlete Family Support e senza alcuno scandalo gli sono state messe in mano cinque mila dollari per le Olimpiadi.
Bene, auguri a Matthew e... scommettete che vince qualche medaglia? E poi dicono i gay...

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Aids. La conferenza messicana, i gay e il bareback.

(Ventiventuno) Ci risiamo, tornano di moda gli anni 80 e così anche certi presunti studi, che preludono il concepimento di queste notizie.

I gay e i bisessuali sarebbero più a rischio contagio da HIV rispetto al resto della popolazione. Popolazione. Specifico io che si parla di uomini e donne eterosessuali. Alcuni paesi africani deterrebbero poi dei picchi negativi, molto negativi. Ma sempre se si parla di gay e bisessuali.

Potrei tralasciare il fatto che è statisticamente impossibile, visto che in quei paesi (citati nel link) la popolazione è infetta al 70%. Da far tremare le gambe, di tutta la popolazione (...), perchè il 70% non può essere rappresentato solo da gay e bisessuali. Tant'è che ci sono molte donne contagiate, che hanno gravidanze ma che non sopravvivono, o che se la cavano ma chissà a che prezzo. E queste donne? Sono state messe incinta dai bisessuali contagiati? O forse quel 30% di etero gira l'Africa per fecondare lesbiche infette? Cerchiamo di essere seri e di guardare il problema dal giusto punto di vista, a sorpresa, perdonando questi emeriti studiosi messicani.

E' la prima volta che il Messico affronta con determinazione il problema della diffusione del virus HIV. E a quanto pare non hanno ben presente quale sia la realtà. Infatti potrebbe sembrare uno dei classici studi americani o europeri di vent'anni fa, circa.

Il problema del contagio fra gay, bisex e straight curiosi c'è, e si chiama bareback. Avrete di certo incontrato questo termine spulciando qualche sito hard (non fate i puritani, per piacere). Si tratta di sesso non protetto, spesso con ben più di due partecipanti. Ma se nel mondo del porno i controlli sono ormai molto rigidi, questo non succede nella vita quotidiana. Alle persone capita di fare sesso senza condom, per volontà o no (ma a questo "no" io credo poco). E il bareback è praticato da gay, bisex, straight curiosi e da etero. Essì, perchè il sesso anale non è sotto copyright dei froci.

In conclusione, se facciamo ancora un salto in Africa e pensiamo alla massiccia campagna no-condom messa in atto dagli Evangelizzatori, e prendendo come dato di fatto che tutti fanno sesso, qualsiasi sia l'orientamento, e che anche uomini e donne etero sono contagiati, possiamo quindi affermare che quegli studi sono lontani anni luce dalla verità? Sì.

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Olimpiadi: I numeri della delegazione italiana per Pechino 2008.

La squadra giapponese di nuoto sincronizzato

(Panorama) Alla vigilia dell’apertura della ventinovesima edizione dei Giochi olimpici moderni, il Coni ha dato tutti i numeri della sua spedizione.

Gli atleti
Gli azzurri in gara a Pechino saranno 346 (il nuoto e l’atletica la fanno da padroni con 71 e 49 atleti), contro i 377 di Atene 2004 (record nazionale). La diminuzione degli atleti è dovuta alla mancata qualificazione per Pechino di alcuni sport di squadra: baseball, basket, pallamano, hockey e softball. Per quanto riguarda le discipline individuali non siamo mai stati tanto presenti. Rispetto a quattro anni fa gareggeremo nel badminton (esordio assoluto), nel nuoto di fondo e nei pesi. La squadra detiene altri tre record assoluti rispetto al passato: maggior percentuale di donne (39,1), di ori olimpici (ben 35, uno ogni dieci atleti) e di medaglie (57). In confronto ad Atene la squadra è più esperta: ha un età media superiore (27,7 contro 27,3) e un minore numero di esordienti (186 contro 215).
Secondo i calcoli del Coni 152 atleti (ad Atene erano 119) hanno la possibilità di salire sul podio (fanno parte del club olimpico) e per loro nel 2008 sono stati stanziati 2,4 milioni di euro.
In cima alla classifica dei «medagliabili» ci sono i 24 componenti delle squadre di pallavolo maschile e femminile, poi 15 campioni della scherma, 15 canottieri, 13 nuotatori, 13 pallanuotiste, 10 ginnasti. A seguire vela (9), tiro a volo (8), atletica leggera e canoa (7 a testa). In squadra ci sono diversi pluriolimpionici. La veterana è la canoista Josefa Idem. Per lei sette olimpiadi, 2 con la Germania, 5 con l’Italia. Sei partecipazioni a testa per Andrea Benelli (tiro a volo) e Ilario Di Buò (tiro con l’arco). Quest’ultimo ha iniziato la sua esperienza a cinque cerchi nel 1984, a Los Angeles.
I premi
Un oro olimpico a Pechino varrà per gli atleti azzurri 140 mila euro (130 ad Atene), l’argento un po’ più della metà (75 mila, contro i 65 della Grecia) e il bronzo 50 mila (40 ad Atene). Il Coni, basandosi sulle 32 medaglie degli ultimi giochi olimpici, ha previsto una spesa 5 milioni e 225 mila euro. Ovviamente si tratta di uno dei pochi casi in cui il comitato olimpico sarebbe felice di aver sbagliato i conti. Per difetto.
Le spese per la spedizione
A partire dal 2005 il Coni ha investito per le Olimpiadi estive di Pechino 252 milioni e 219 mila euro, distribuiti tra le diverse federazioni per preparare i loro campioni. Nel 2008 la quota è stata di quasi 88 milioni. Ci sono, poi, i costi per la trasferta. Il comitato olimpico ha previsto di spendere circa 5 milioni di euro (4,9), a fronte di un rimborso del comitato organizzatore cinese di 600 mila euro. Ma quali sono le voci di spesa? Eccole: 2,3 milioni per Casa Italia, l’area hospitality più grande dei Giochi e l’affitto dell’adiacente campus universitario; 1 milione per le spese di viaggio; 650 mila per quelle di soggiorno (comprese le squadre fuori dal villaggio olimpico); 200 mila per i trasporti in Cina; 200 mila per il trasferimento di materiali e cavalli; 185 mila per consulenze e supporto a Pechino; 170 mila per l’acquisto di biglietti per gli stadi; 120 mila per le assicurazioni; 62 mila per la comunicazione. Le divise (firmate Freddy, un marchio italiano) per i componenti della delegazione ufficiale sono costate 1,325 milioni di euro, 347 mila dei quali per gli abiti della Cerimonia d’apertura dei Giochi. L’Italia sfilerà come centonovantunesima nazione, dopo la Nuova Zelanda e prima del Senegal, visto che si è deciso di seguire l’ordine alfabetico cinese.
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Fini e gli atleti gay. Michele Serra: "Va a merito del presidente della Camera essersi comportato proprio da presidente della Camera".

(Michele Serra - La Repubblica) Nell´insanabile ostilità tra le "due Italie", colpisce la serena convinzione con la quale il presidente della Camera Fini ha ricevuto gli atleti omosessuali. Era un atto istituzionale quasi ovvio in un Paese europeo (l´Europa ha tanti difetti, ma almeno il pregio di combattere le discriminazioni di razza, di religione e di sesso), non in Italia, dove l´intera materia dei diritti civili è congelata per ingerenza clericale e pavidità politica, e al governo siedono uomini e partiti così amanti della "famiglia tradizionale" da non disdegnare atteggiamenti omofobi.

Lo stesso Fini, anni fa, in un incidente di percorso del suo lungo tragitto politico, ebbe a dire che nella scuola pubblica non devono trovare posto "insegnanti omosessuali", uno svarione in termini di democrazia e perfino di logica che fortunatamente non sembra avere lasciato traccia. Ora, da uomo delle istituzioni, ha ospitato con evidente cordialità un gruppo di cittadini italiani, gay e lesbiche, che avrebbero avuto ottimi motivi per non sorprendersi in caso di rifiuto. Sarà anche stato un atto dovuto, ma in questo Paese siamo ormai abituati a vedere disattesi anche gli atti dovuti, e dunque va a merito del presidente della Camera essersi comportato proprio da presidente della Camera.

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Il trans ucciso a Milano. Risposta a Mancuso, l'odio non c'entra. E' "solo bestialità".

(Cronacaqui) A furia di parlare di caccia al “diverso”, Aurelio Mancuso, presidente nazionale di Arcigay, non fa altro che relegare la categoria che rappresenta al ruolo di reietti della società. Proprio l’esatto opposto di quello per cui si batte.

Probabilmente lo fa apposta: l’auto commiserazione serve a far credere a tutti di essere davvero individui da commiserare, e certe sparate gli servono evidentemente per giustificare l’esistenzadella sua associazione e del tesseramento di migliaia di omosessuali. Ieri, commentando l’atroce massacro del transessuale, ha parlato di «clima di odio verso il diverso che sta dilagando in Italia. Sono decine gli episodi di bullismo, insulti e pestaggi operati ai danni delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali accaduti negli ultimi tempi».

Una fesseria, la sua, bella e buona. Le cronache raccontano di violenze nei confronti di bambini, donne, prostitute, adolescenti, pensionati, e non solo di gay, lesbiche e transessuali. Siamo tutti vittime della bestialità, certamente lo sono maggiormente coloro che si prostituiscono ai bordi delle strade. Chi vende sesso, per lo più di notte, è più esposto alla violenza altrui. Non per un clima d’odio, piuttosto per un mero calcolo delle probabilità. E’ molto più facile, infatti, incontrare gentaglia negli ambienti dove il sesso viene usato come esca che, ad esempio, in un mercato di frutta e verdura.

La violenza esplode perchè in una zona circoscritta si radunano brutti ceffi attirati dal sesso facile ma anche dal business che c’è dietro. Samantha, il transessuale orribilmente massacrato dai due ragazzini, rischiava la vita ogni sera solo per il fatto di svolgere quel tipo di lavoro in mezzo a una strada. Piuttosto il problema è un altro. E attiene all’ipocrisia dei nostri legislatori, che non hanno il coraggio di disciplinare una volta per tutte la prostituzione e di preservarla dalla violenza della strada. Samantha non sarà l’ultima vittima della violenza insita nell’uomo.

L’odio di cui parla Mancuso, è un sentimento troppo nobile per essere evocato in questa brutta storia di disperazione e negligenze.
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Stupro. Quando la violenza diventa poi malattia.

La vittima di uno stupro

(Paola Ciccioli - Panorama) “È giusto che la gente sappia cosa vuol dire aver subito una violenza sessuale. Perché non sono soltanto lacrime e botte: quello, purtroppo, è solo l’inizio”. Il dopo è una lunga scia di pena e malattia: su questo chiede di riflettere la madre di Valentina, la ragazza di 29 anni che il 12 luglio si è uccisa a Torino dopo che le erano stati violati “anima e corpo”. Sei anni, per lei, è durato il buio dell’infelicità, diventato un peso insopportabile di cui disfarsi insieme con la vita (vedere il riquadro a destra).

“Che ci sia una relazione molto forte tra la violenza sessuale e il tentato suicidio è certo” afferma Patrizia Romito, docente del dipartimento di psicologia dell’Università di Trieste. Una ricerca recente, ancora in fase di elaborazione e di cui Panorama anticipa le conclusioni salienti, mette in rapporto diretto la violenza sessuale con l’impulso a suicidarsi e alcuni distubi psicologici con cui la vittima deve fare i conti dopo.

E il dopo è malattia, perché essere violati significa “avere una vita resa molto più difficile”, “soffrire per ferite che restano aperte a lungo” e, nei casi più gravi, essere piegati da “danni che non si recuperano”. Tutto questo va sotto il nome di: tentato suicidio o ricorrente desiderio di morte, depressione, attacchi di panico, abuso di alcol, problemi alimentari come bulimia e anoressia. “La nostra ricerca documenta l’effetto diretto dello stupro su ciascuno di tali indicatori di salute” spiega Romito. Lo studio è stato promosso dalla Commisione regionale per le pari opportunità del Friuli Venezia Giulia e ha interessato 627 studenti e studentesse di 14 tra licei, istituti tecnici e professionali della regione.

Tra le ragazze che hanno subito violenza o molestia sessuale l’11 per cento ha tentato di uccidersi, mentre i tentativi di suicidio sono del 3 per cento per chi non ha dovuto affrontare questa esperienza. La fantasia di volersi togliere la vita riguarda ben 48 under 20 su 100, sempre limitandosi a coloro che hanno dovuto affrontare la violenza, mentre le altre pensano a farla finita nel 28 per cento dei casi. Sempre tra le studentesse abusate, il 55 per cento ha dichiarato di avere attacchi di panico (il 38 per cento è la percentuale delle non abusate) e addirittura il 65 per cento dice di soffrire di depressione (la percentuale scende al 43 per le compagne). Il questionario mirava anche a mettere in evidenza quale sia la percezione della violenza in famiglia da parte dei giovanissimi, in tutte le sue declinazioni.

Ne è emerso che l’8 per cento degli intervistati ha visto in più occasioni il padre mentre picchiava la madre. Il 10 per cento delle ragazze con una esperienza di coppia (e il 3 dei loro compagni maschi), poi, ha subito gravi maltrattamenti dal giovane partner. Mentre il 27 per cento delle studentesse, appunto, ha conosciuto su di sé la ferita delle molestie sessuali o dello stupro. “Contrariamente al pregiudizio sociale secondo cui le donne gridano allo stupro quando invece non è successo niente” ammonisce Romito “le ragazze non riescono a riconoscere come tale ciò che invece è reato per il Codice penale”. L’esempio classico? La violenza sessuale compiuta dal fidanzato. “Dato che sto con lui, che ci sono uscita, che l’ho baciato…” si ripete tra sé e sé la vittima, senza però andare fino in fondo al proprio disgusto e dare il giusto nome a un rapporto intimo subito e destinato a creare una voragine nel profondo.

Il pregiudizio accoglie spesso le vittime, che con un comportamento freddo e in apparenza indifferente vanno a farsi visitare al pronto soccorso o si presentano in questura per la denuncia. “Quella freddezza può essere sintomo di una grande forma di sofferenza” mette in guardia Romito, che è autrice del volume Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori (Angeli Editore), tradotto in varie lingue.

Tra le conseguenze a breve e lungo termine dello stupro ci sono infatti due sintomatologie di segno opposto: “Da una parte la cosiddetta sindrome post traumatica da stress, che significa ansia, attacchi di panico, impossibilità di liberarsi del ricordo dell’abuso, incubi, agitazione. Il suo opposto, altrettanto grave, è la paralisi delle reazioni e delle emozioni”.

Prima della ricerca condotta sugli studenti medi del Friuli Venezia Giulia, la docente di Trieste ha svolto un altro studio, pubblicato nel 2007 dalla rivista Social science & medicine, per valutare l’impatto sulla salute psicologica della violenza tra gli studenti universitari: 502 gli intervistati, maschi e femmine, al massimo di 25 anni. Dall’indagine è emerso che il 20 per cento delle universitarie ha dichiarato di avere conosciuto lo stupro o di avere subito violenza grave. I maschi, non certo immuni dagli abusi sessuali, come si vede dalla tabella a pagina 60, sembrano reagire meglio al trauma, ma fanno registrare un maggiore ricorso all’alcol (con gli incidenti stradali a esso collegati).

“Siamo arrivati molto tardi a studiare le conseguenze dello stupro” conclude Romito. “Ci è voluta la conferenza dell’Onu sulle donne a Pechino perché, in Europa, si pubblicasse nel 2002 lo studio Enveff (Enquête nationale sur la violence enver les femmes en France) secondo cui nei primi 12 mesi successivi all’abuso sessuale le donne hanno un rischio 26 volte superiore di suicidarsi”.

Sbagliato, però, parlare di ripercussioni permanenti: “Sì, le ferite sono gravi, ma poi la maggior parte delle donne le supera. Gli stupri sono così frequenti che se così non fosse saremmo in tante in una condizione di disabilità. Con l’aiuto di chi ci ama, qualche volta con il ricorso a una guida professionale, di sicuro con il passare del tempo, le ferite possono rimarginarsi”.

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Anglicani. Arcivescovo di Canterbury: "Unioni gay come matrimonio".

Per il prelato le relazioni omosessuali riflettono l'amore di Dio.
(Apcom) Sono destinate a provocare nuovi malumori all'interno della Chiesa anglicana le dichiarazioni dell'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che, secondo quanto riferisce il "Times", ha dichiarato: "Le relazioni gay possono riflettere l'amore di Dio, così come il matrimonio".

Secondo il quotidiano britannico, in un carteggio con un cristiano evangelico risalente a otto anni fa, il capo della Chiesa inglese - all'epoca arcivescovo del Galles - avrebbe spiegato di ritenere che i passaggi della Bibbia contro l'omosessualità non sono di fatto indirizzati ai gay, ma agli "eterosessuali in cerca di avventure con sessi diversi".

In un altro passaggio pubblicato dal Times, Rowan Williams spiega meglio il suo pensiero: "(Dopo anni di studio ndr) concludo che una relazione sessuale tra due persone dello stesso sesso possa riflettere l'amore di Dio, proprio come un matrimonio, fermo restando che tra i due ci sia il vincolo di fedeltà assoluta".

Frasi che andranno sicuramente a rinfocolare le già roventi polemiche tra le frange gli esponenti liberali e conservatori, questi ultimi già sul piede di guerra per le apertura dell'Arcivescovo rispetto alle ordinazioni di donne al sacerdozio e alla nomina di vescovi omosessuali.

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