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sabato 1 dicembre 2007

Cinema. La Kidman vuole Beckham sul set. Pronto un ruolo nel suo nuovo film.

L'attrice è impegnata nelle riprese di 'Australia' e avrebbe chiesto al regista Baz Lurhmann di assegnare un ruolo al centrocampista inglese. Si tratterebbe di una piccola parte, ma potrebbe essere un buon lancio per approdare a Hollywood.

(Quotidiano net) Il fatto che giocare a Los Angeles avrebbe potuto spalancare un giorno a David Beckham le porte del cinema era prevedibile, forse, però, non così presto. Secondo il "Daily Star", Nicole Kidman avrebbe espressamente chiesto al regista Baz Lurhmann di assegnare al 32enne centrocampista dei Galaxy il ruolo di un prestante muratore nel suo nuovo film dal titolo "Australia".
Una richiesta che il regista di "Moulin Rouge" si appresterebbe a esaudire dopo aver visto la muscolatura di Beckham, ideale per la parte. "Baz pensa che David sarebbe grandioso in 'Australia' - rivela una fonte anonima - Ha tutte le qualità per il ruolo ed è così umile che sarebbe brillante".
La pellicola, che costerà 91 milioni di euro e che vedrà come protagonista maschile Hugh Jackman, è stata già in fase di produzione per nove mesi e dovrebbe ripartire a marzo. "Sarebbe una piccola parte ma tutti sperano che David la prenda in considerazione", ha aggiunto la fonte. Per Beckham sarebbe la seconda presenza sul grande schermo: il suo esordio risale al 2005 quando interpretò se stesso nel film "Goal!".

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Calcio inglese, il primo cheerleader maschio.

E un suo video su you tube e' gia' un cult.
Ha debuttato nella Premier League, unico uomo tra le sue colleghe, Andrew, il nuovo supporter del Blackburn.

(Simona Marchetti - Il Corriere della Sera) Si chiama Andrew, è biondo, magro e non esattamente aggraziato, eppure i fan dei Blackburn Rovers impazziscono per lui, mentre quelli delle altre squadre lo prendono in giro senza pietà.
Perchè Andrew non è l’ennesimo nuovo acquisto del club, bensì un cheerleader. Anzi, il primo cheerleader maschio nella storia della Premier League.

IL DEBUTTO - Il ragazzo ha debuttato il 29 novembre scorso contro l’Aston Villa, nel recupero della seconda giornata, e sebbene non abbia portato molta fortuna alla squadra di casa (il Blackburn ha perso 4 a 0), la sua performance è, però, servita a divertire i 25.000 tifosi, che si sono messi a scattare foto a più non posso (e molti filmati sono poi finiti su Youtube), non appena Andrew ha fatto il suo ingresso in campo, insieme alle altre compagne di ballo. Tutte donne. Del resto, vedere un uomo che ondeggia e sculetta in tuta e maglietta (fortunatamente, il gonnellino lo ha lasciato alle ragazze) non è roba di tutti i giorni e nel calcio lo è ancora meno. Il Blackburn non ha voluto rivelare ulteriori dettagli sulla nuova “recluta”, ma per la coach delle cheerleaders locali, Kathy Foster, non c’è proprio niente di strano

IDEA RIPRESA DAGLI USA - «Negli Stati Uniti ci sono un sacco di cheerleaders maschi – ha spiegato al “Daily Mail” – e poi Andrew è il più appassionato di tutti, dico davvero. Viene ogni settimana, tutte le ragazze lo adorano e lui ama veramente quello che fa. Sorride sempre, ha grande fiducia in se stesso ed è pronto anche alle critiche». Che, ovviamente, non sono mancate. Se, infatti, sugli spalti la novità è stata accolta con boati e risate, sulle chat dei tifosi i commenti sono stati assai meno favorevoli. «Questo è quello che succede quando si permette al “politically correct” di prendere il sopravvento – si legge in un post sul sito glory-glory.co.uk – . Non sono favorevole ai cheerleaders maschi, ma nemmeno alle cheerleaders nel calcio». Un altro navigatore ha, invece, un pensiero un po’ più malizioso: «Pensate a quello che succede quando se ne va via con il resto delle compagne e lui è l’unico ragazzo…». Anche negli Usa, però, tradizionalmente riconosciuti come la patria delle fenomeno, l’idea del maschio con i pon-pon non trova unanimi consensi. Emblematico il caso della squadra di basket dei Sacramento Kings: quando cercò di introdurre la novità di un cheerleader uomo, venne trascinata in tribunale dai fan scandalizzati. Per ora il Blackburn è la sola squadra di calcio della massima serie inglese ad aver tentato una cosa simile. Il sospetto è che resti l’unica…
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Circoncisione, erezione ed eiaculazione precoce.

(Benessere blog) La circoncisione per motivi medici o religiosi, pur essendo una operazione di routine nel campo dell’andrologia, ha sempre suscitato interrogativi, sulle conseguenze positive o negative sulla salute dell’organo genitale e sulla qualità della vita sessuale.

Meno sensibili e dunque con più problemi nell’erezione, oppure meno sensibili e dunque più resistenti nella performance sessuale? Oppure problemi di eiaculazione precoce maggiormente accentuati? Ma poi davvero un pene circonciso è un pene meno sensibile oppure più sensibile? Principalmente a queste ma anche altre domande tenta di dare risposte articolate, la ricerca medica fatta dai medici della prestigiosa rivista Urology.

Di questa prestigiosa ricerca che ha coinvolto 40 giovani uomini, ne parla in una scheda di andrologia anche dica33.it che presenta una sort di Faq della circoncisione.

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Torino FilmFest. Nanni e Tinto, la strana coppia. Una serata di cinema e sesso.

Brass: "Il cinema impegnato si è rivelato inutile, per questo io ho saltato il fosso". Quinto ed ultimo incontro coi registi del Film Festival di Torino diretto da Moretti.

(Paolo D'Agostini - La Repubblica) "Volevo arrivarci il più tardi possibile". Sembrano una coppia di collaudato affiatamento quando Moretti così interrompe Brass che, all'ennesima domanda seria del suo pubblico intervistatore - "che cosa è cambiato dopo il fascismo che tu hai conosciuto?" - come un fiume in piena risponde: "Niente. L'autoritarismo è rimasto. Solo cambiamenti apparenti e il cinema impegnato si è rivelato inutile. Per questo io ho saltato il fosso. La prima rivoluzione da fare è quella di cambiare gli individui attraverso la sessualità".

Comunque anche Brass sta al gioco serio nel quinto ed ultimo degli incontri di Moretti con i registi al Torino Film Festival. Salvo ammiccare malizioso al padrone di casa quando gli escono le parole "membro" oppure "turgido". Ed è sinceramente grato di questo riconoscimento: "Nanni, ti ringrazio ufficialmente per avermi invitato". Moretti: "dico di più, sei stato il primo che ho invitato". Brass: "a dire la verità, al telefono credevo che fossi Fiorello che ti imitava". "Sai quante volte mi capita che dall'altro capo del filo mi dicano: dai, stronzo, smettila". E bisogna dire anche che, per quanto riuscita (però meno di quella con i due Taviani con i quali Moretti ha ricordato quando li torturava per farsi prendere come assistente), la serata è stata un po' ovvia, e prevedibile.

Moretti chiede notizie sulla scelta di Tino Buazzelli nel cast di Chi lavora è perduto (l'incontro, come tutti, prende le mosse dal film d'esordio dell'ospite). Brass risponde: "Mi piacciono i gigioni e lui lo era. A te forse no, ma sono proprio curioso di vedere come te la cavi nella scena della sodomizzazione in Caos calmo" (il film di Antonello Grimaldi dal romanzo di Sandro Veronesi di cui Moretti è protagonista). Sala combattuta se scompisciarsi - tutti se l'aspettavano, questa - o tenere duro al fianco del no comment del direttore. Che liquida con un "va bene, andiamo avanti".

Poi. "Ma in questi anni, dopo La chiave, hai mai progettato un film dove il sesso non fosse centrale? Vabbé, anche solo un po' laterale?". "Sì, uno. Su una donna sola su un'isola, guardiana del faro". E qui è Moretti ad essere tempista: "Sì, conoscendoti poi immagino che cosa sarebbe successo". Moretti: "In quali paesi sono più conosciuti i tuoi film?". "Tutti. Anche in Cina malgrado la censura. E ho scoperto di essere un'icona del mondo gay cinese". Questa Moretti avrebbe preferito non sentirla. E delusioni dalle attrici? "Maria Schneider. Odiava il proprio corpo. E non si voleva spogliare. Si è inventata che la mia era crudeltà mentale e mi ha denunciato ad Amnesty. Io, il primo e ultimo suo giorno sul set, le ho detto: quella è la porta".

Dalla platea si reclamano le rispettive classifiche di film erotici. Moretti (che dice "mi piace" mentre Brass dice "mi eccita") risponde di getto La chiamavano Bilbao di Bigas Luna. E spiega: "Nell'ansia da prestazione questa risposta me l'ero preparata". Brass non ne ha, perché preferisce i suoi. Semmai gli piace (lo eccita) il sofisticato cinema di Russ Meyer. "Lui però è un teets-man mentre io un ass-man". A lui piacciono le tette, a me i culi. E malgrado Moretti tenti di arginarlo ("sì, questo lo sappiamo") lui continua: "sì, proprio il culo. Non il sedere, che è un verbo, ma il culo. Si chiama così". Argomento, del resto, sul quale gli chiede un approfondimento una seria ragazza orientale dal pubblico. Ultima domanda, del pubblico: che c'è di carnale in quello che vediamo alla tv? Brass: "Niente. Tutto finto, tutte uguali. Ma preferisco i culetti delle veline alle altre facce da culo". Una serata monografica.

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TV trash. "Ciao Darwin" si sposta al sabato, ma il Moige ne chiede la cancellazione.

(Televisionando) E’ ufficiale lo spostamento di Ciao Darwin: dal prossimo sabato occuperà lo spazio di C’è Posta per Te, che stasera si commiata dal pubblico con un “best of” intitolato Ragione e Sentimento. Paolo Bonolis obbedisce così, sebbene malvolentieri, agli ordini dei vertici Mediaset, ma deve vedersela anche con il Moige, che chiede ancora ed insistentemente la sospensione del programma.

Il Moige intende fare pressione sulle aziende che pubblicizzano i propri prodotti durante il programma, considerato insostenibile per “la volgarità e il continuo richiamo al sesso” nella costruzione delle sfide, nei balletti sensuali e dai costumi succinti e via così. Potete leggere il comunicato ufficiale del Moige qui.

Ormai Bonolis ci scherza, considerando i continui attacchi del Moige una “persecuzione“. Ovviamente provvede a difendere le scelte autoriali, affermando che “il trash é una spezia senza pietanza: nel nostro caso c’è un contenuto per cui non si può parlare di volgarità gratuita. Il mio programma, pur nella leggerezza e nel disimpegno, mette in barzelletta i pregiudizi, combatte con il sorriso i ghetti reali che ancora ci sono. Penso alla puntata omosessuali contro eterosessuali e a quel ragazzo cacciato dal coro perché schierato tra i gay, discriminazioni che hanno dell’assurdo e che noi prendiamo in giro. Una puntata come quella è uno sdoganamento necessario che mi piace aver fatto”.

Preferiamo non entrare nel merito, ma anticipiamo le sfide delle ultime due puntate, ovvero “Micro contro Macro” e il classico “Donne del Nord contro donne del Sud“. Sullo spostamento, Paolo Bonolis si è sempre mostrato critico, dati gli ottimi risultati di ascolto finora raggiunti (una media del 23,1% di share e 5.120.000 di telespettatori): “E’ stata una necessità aziendale, io sarei rimasto dove ero e dove ho vinto, 11 sere su 11, la serata tosta del martedì con le partite di Champions contro, la fiction su RaiUno e Ballarò su RaiTre“.

In primavera dovrebbe tornare con Il Senso della Vita e poi chissà… nell’aria si intravede la Rai.

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Queen un loro inedito per la lotta contro l' Aids

(Soundsblog) I Queen regaleranno al mondo della rete un loro inedito, mai pubblicato prima e suonato in versione acustica nel loro concerto del 2005.

Un gesto simbolico che cerca di focalizzare l’attenzione mediatica sul primo Dicembre, giornata mondiale per la lotta contro l’ AIDS.
Nel frattempo i Queen sono a lavoro con il sostituto di Freddie Mercury, Paul Rodgers, sul loro nuovo album.

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Il Pulitzer Sanford: Io, il virus dell’Aids e quattro pillole ogni giorno.

Giornalista del Wall Street Journal ha vinto a 67 anni il Premio Pulitzer per aver raccontato in prima pagina come un nuovo cocktail di medicine aveva salvato lui e altri milioni di malati, trasformando l'Aids da condanna mortale in malattia cronica
(Marco De Martino - Panorama) Nel 1995 i suoi colleghi erano talmente certi che DavidSanford sarebbe morto che il direttore del Wall Street Journal aveva mandato a tutti un memo che iniziava così: «Unitevi a me nel dimostrare rispetto e solidarietà per David». Lui, che era malato di aids, aveva prenotato un’ultima vacanza in Messico con il fidanzato Lewis, ma prima di lasciare la redazione aveva scritto per sicurezza il proprio necrologio.

Mai Sanford, 65 anni, avrebbe sospettato che 2 anni dopo avrebbe vinto il premio Pulitzer per avere raccontato sulla prima pagina del Wall Street Journal come un nuovo cocktail di medicine aveva salvato lui e milioni di altri malati, trasformando l’Aids da condanna mortale in malattia cronica. E mai avrebbe potuto prevedere che 12 anni dopo sarebbe stato ancora bene, e che seduto in un ristorante di Manhattan avrebbe descritto con un misto di gratitudine e fastidio a un giornalista di Panorama le quattro pillole che gli permettono di non morire.
La prima si chiama Norvir ed è bianca e cicciottella: «Una volta di queste ne dovevi prendere sei e ti davano la nausea, ora ne basta una e non ha grandi controindicazioni, solo bisogna ricordarsi di tenerla sempre in frigo perché altrimenti perde il suo effetto, e quando viaggi è un problema». Poi ci sono una pillola bianca e blu, che si chiama Emtriva, e una blu, Reyataz, che va presa due volte al giorno: «Di queste so solo che permettono di diminuire il dosaggio del Norvir, e che senza di loro il cocktail magico non funzionerebbe».
Infine c’è una pillola color salmone, lo Zerit: «Questa è la peggiore, ti toglie il senso del tatto dalla punta delle dita di mani e piedi, ti fa accumulare grasso sulle spalle e la pancia ma rende scheletriche la faccia, le gambe e le braccia. Però il dottore sostiene che è una medicina incredibile, e se ho imparato una cosa in questi anni è proprio credere a quello che mi dice il medico».
I farmaci sono gli inibitori della proteasi e compito dei medici è trovare la giusta combinazione tra i 22 composti in commercio, poi cambiarla quando il virus si adatta alla nuova formula. Il costo della cura è circa 20 mila dollari l’anno, una cifra che la rende fuori dalla portata delle popolazioni africane, le più colpite dall’epidemia. Per quelli che invece si possono permettere un’assicurazione sanitaria, la terapia è diventata sempre meno laboriosa.
Dieci anni fa Sanford doveva prendere 17 pillole e per ricordarsene girava con due orologi da polso, mentre a casa teneva sul comodino una doppia sveglia per alzarsi e prendere le dosi notturne. La riduzione del numero di pillole non è l’unico miglioramento. Ora sono state eliminate anche medicine come lo Ziagen, che in caso di reazione allergica poteva provocare la morte immediata.
Ma che la cura non sia ancora del tutto sicura il giornalista americano lo ha scoperto sulla propria pelle circa 2 anni fa. All’inizio Sanford pensava di avere il raffreddore e non ha neppure chiamato il dottore. Né lo ha fatto quando la sua condizione è peggiorata: «Pensavo solo di avere una brutta influenza» racconta. Solo quando ha cominciato a vomitare, dopo che aveva preso le pillole, si è finalmente rivolto al medico: il giorno dopo era nel reparto terapia intensiva dell’ospedale. Prima gli venne diagnosticata una polmonite, poi smisero di funzionare fegato e reni, infine arrivò una setticemia: «Non funzionava più nulla, venni messo in dialisi. Ci volle un mese perché i reni ricominciassero a funzionare e 50 giorni per uscire dall’ospedale».
Secondo il medico, a provocare la crisi era stata una delle medicine del cocktail, che probabilmente per disidratazione aveva provocato una reazione tossica nel suo corpo. Di sicuro durante il periodo in cui, per precauzione, Sanford ha interrotto le pillole la carica virale nel sangue si è alzata tantissimo, mentre il numero dei linfociti T4 che combattono il virus è precipitato.
«Le pillole tengono sotto controllo la malattia, al punto che il virus non è più misurabile nel sangue. Non possono però eliminare l’infezione. Devi continuare a prendere il cocktail per tutta la vita» dice. «Ma si tratta di un piccolo sacrificio che ha salvato un’intera generazione di americani: prima che questa terapia fosse approvata ero circondato da amici che morivano».
Le medicine non hanno segnato la fine dell’epidemia, come aveva previsto sul New York Times il giornalista Andrew Sullivan. Ma sebbene ogni anno oltre 40 mila americani siano contagiati dal virus, le pillole permettono di continuare a vivere normalmente.
Ogni giorno Sanford lavora alla scrivania di caporedattore: il suo lavoro, da oltre 2 decenni, è editare la storia più importante sulla prima pagina del quotidiano. Da ancora più tempo il giornalista vive a Brooklyn con il suo compagno Lewis, un insegnante, sieronegativo.
Se non fosse per quelle quattro pillole da prendere ogni giorno Sanford si dimenticherebbe persino di essere malato: «Per anni, dopo la diagnosi, mi sono alzato ogni mattina sperando di potere riportare indietro il tempo, per evitare di essere contagiato. Ora quando ci penso è solo perché vorrei avere di nuovo vent’anni».

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Riciclaggio. Bologna: Grillini si candida a sindaco.

(Bologna 2000) Il deputato socialista Franco Grillini si e' ufficialmente candidato, con l'appoggio dei socialisti, a sindaco di Bologna per le prossime elezioni amministrative.
Il presidente onorario di Arcigay e' sceso, cosi', ufficialmente in campo con un intervento nella sala gremita di Cappella Farnese all'interno di Palazzo D'Accursio.
Grillini ha detto: "Bologna non puo' essere il luogo della rottamazione dei politici italiani" ma deve essere rappresentata da un sindaco "non paracadutato".
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Ndr. Giri di valzer. L'on. Franco Grillini cerca un'altra collocazione ma mi sa che stavolta gli andrà male, dovrà accontentarsi e che comunque, per lui, sarà sempre tanto. Diciamoci la verità Grillini si accontenterà di un assessorato datogli dal candidato più forte tra i due che andranno al ballottaggio e a cui il Presidente emerito di Arcigay farà confluire i suoi voti. Siamo gay, non babbei. (Aspis)

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GIORNATA MONDIALE DI LOTTA E PREVENZIONE ALL'AIDS.

USA IL PRESERVATIVO , NELL’AMORE NON RISCHIARE”
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Secondo round. Arte omosessuale, Sgarbi ci riprova.

(Il Giornale) Sgarbi ci riprova. L’ultima trovata dell’assessore alla Cultura di Palazzo Marino, di professione provocatore, è una retrospettiva sul barone von Gloeden. Forse questo nome a molti non dirà nulla, a chi è dotato di buona memoria sì. Ve lo ricordate il sottotitolo della mostra scandalo «Vade Retro», inaugurata ma mai aperta lo scorso luglio? Niente paura, vi aiutiamo noi: recitava «Da von Gloeden a Pierre et Gilles». Questo il pacco di Natale che il critico d’arte regala, senza nessuna pietà, a Letizia Moratti e a tutta Milano. «Nella città di Armani e di Dolce e Gabbana - la vis polemica dell’assessore sembra veramente inesauribile - non vedo perché non si possa fare una mostra su Von Gloeden, il primo fotografo omosessuale della storia», spiega perché il messaggio sia chiaro. «Questa è la vendetta di palazzo della Ragione», aggiunge ironico.
E dire che la mostra «Vade Retro», pietra della scandalo anche a Firenze, era pensata per rilanciare la sede di piazza Mercanti... Una coincidenza? O la sfida a quella che potrebbe diventare la maledizione di palazzo della Ragione?
La mostra sul nudo d’autore, che inaugurerà prima di Natale, vedrà esposti i 51 scatti del fondo del Castello e 200 opere della collezione Fratelli Alinari.

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Natalia Aspesi in fin di vita. Colpita da emorragia cerebrale.

(Affari Italiani) Natalia Aspesi è in fin di vita. La giornalista milanese del quotidiano la Repubblica è in gravi condizioni per emorragia celebrale.

Natalia Aspesi, nata nel giugno del '29, è una giornalista e scrittrice che ha cominciato la sua carriera sul quotidiano La Notte. Ora scrive su La Repubblica, oltre ad essere una grande firma del giornalismo è esperta di critica cinematografica.

Dai primi anni '90 cura sul settimanale Il Venerdì, la rubrica di successo "Questioni di cuore", in cui risponde con stile e partecipazione a lettere in cui persone espongono dubbi ed incertezze sull'amore e sul sesso.

E anche nei romanzi si occupa d'amore. Per esempio in "Questioni di cuore. Amori e sentimenti degli italiani all'ombra del Duemila" (1995).
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Ndr. Una notizia data da Affari Italiani di wind ma che non trova nessun riscontro, almeno a tutt'ora.

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I farmaci contro l'impotenza fanno aumentare i casi di Aids tra gli anziani.

In Italia il 30% dei nuovi contagiati ha più di 60 anni. I dati diffusi nella Giornata Mondiale dell'Aids.

(La7) Aumentano gli anziani sieropositivi. Secondo i dati del Centro Operativo Anti Aids dell'Istituto superiore di Sanità il 30% dei nuovi casi ha più di 60 anni. In pratica 1.400 su 4.300. Tra i fattori che determinano questo nuovo fenomeno secondo gli esperti ci sono l'allungamento della vita media e la diffusione dei farmaci contro l'impotenza, elementi che contribuiscono a dare la possibilità di avere una vita sessuale in età avanzata. Con la conseguenza, però, di nuovi contagi tra gli ultrasessantenni vanno aggiunti i casi in aumento di anziani che, avendo contratto il virus in piu' giovane eta', grazie ai continui progressi della medicina, riescono a raggiungere la vecchiaia. Negli Stati Uniti i nuovi casi di contagio tra gli ultracinquantenni sono tra il 10 e il 15% dei nuovi contagiati.
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Che fine ha fatto la legge sui Dico? Barbara Pollastrini in ''Dico, una legge in volo''.

(Tetris, La7) La legge sui Dico si è forse persa? Barbara è un ministro tenace. Ha lottato e superato gli scontri interni alla maggioranza. Non può essere stata lei a far sparire la legge sui Dico. Ora la componente cattolica applaude convinta. La sinistra è sul punto di esplodere. Barbara è smarrita, confusa, ma non si arrende.
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Svizzera, sieropositivi. "Lavorare è un modo di partecipare alla vita"

In Svizzera sono 25'000 le persone sieropositive ; circa 15'000 esercitano regolarmente un'attività lavorativa. Swissinfo ha incontrato una di loro.

(Daniele Mariani - Swissinfo) Sieropositivo da diversi anni, Helmut non ha praticamente mai smesso di lavorare. Le nuove terapie, apparse nella seconda metà degli anni novanta, gli hanno consentito una sorta di rinascita.
«Mi piace quello che faccio, è un modo di partecipare alla vita», ci dice Helmut.
Fisico di professione, Helmut vive ormai da 25 anni con la malattia. L'infezione da HIV gli è stata diagnosticata nel 1983. Helmut è uno dei sopravvissuti della prima generazione AIDS.
A parte un paio d'anni a cavallo tra il 1995 e il 1996, quando è stato colpito dalle prime malattie opportuniste (quelle patologie correlate all'AIDS) che lo hanno costretto per diversi mesi su un letto d'ospedale, ha però sempre lavorato.
«Quando si sono manifestati i primi problemi digestivi ho presentato un certificato medico per ridurre il tempo di lavoro. In un primo momento del 25%, poi del 50% e infine nel 1996 ho avuto un'incapacità di praticamente il 100%».

Discrezione
Il suo stato di salute non inganna nessuno : « Col passare dei mesi sono dimagrito molto, ho perso quasi 20 chili e sul mio viso e sul mio corpo sono apparsi i segni della malattia. Inoltre, prima di me un collega si era ammalato di AIDS e nel 1995 si è suicidato ».
I suoi colleghi danno però prova di grande discrezione e anche il suo superiore, quando va a trovarlo in ospedale, non gli domanda nulla.
A un certo punto, quando le sue condizioni di salute cominciano ad aggravarsi molto rapidamente, Helmut pensa di far capo all'Assicurazione invalidità (AI) e di abbandonare definitivamente il mondo del lavoro : «Ma poi mi sono chiesto ? Perché fare tutte le procedure per percepire l'AI quando tra due anni forse sarò morto?».

Rinascita
Le nuove terapie, apparse nella seconda metà degli anni '90, lo salvano. «È stata una sorta di rinascita», spiega. Helmut riprende rapidamente a lavorare al 100%.
Il suo datore di lavoro dà prova di un gran rispetto della sfera privata : «Il vantaggio di queste grandi multinazionali – spiega Helmut – è che hanno una 'diversity policy' (politica di rispetto della differenza, ndr) molto sviluppata».
Coi suoi colleghi Helmut preferisce non dilungarsi troppo sulla sua malattia : «Non penso sia necessario parlare con tutti ; qualcuno che divorzia, ad esempio, non ha per forza voglia di condividerlo con i suoi colleghi».Ancora oggi, del resto, Helmut non sa se i suoi superiori sono al corrente della sua malattia. «La gente è forse molto più rispettosa di quello che in generale si pensa», afferma.

Effetti secondari
I primi anni non sono sempre facili, in particolare a causa degli effetti secondari delle numerose medicine. «All'inizio era sempre meglio avere con sé un paio di indumenti intimi di ricambio», spiega.
Oggi le cose vanno molto meglio. Gli effetti secondari sono quasi tutti scomparsi, a parte una neuropatia nei piedi che causa a volte una sensazione di disequilibrio.
Rimane poi il problema di quando si viaggia e di tutta la panoplia di medicinali che bisogna portare con sé. Helmut però relativizza : «È un po' come quando si hanno delle lenti a contatto». Inoltre, alcuni paesi – ad esempio gli Stati Uniti – rifiutano il visto d'entrata a una persona sieropositiva.

Un problema reale
Helmut, che fa pure parte di un'associazione omosessuale, sa che il suo percorso non è comune a tutti i malati di AIDS : «Il problema legato al mondo del lavoro è reale; quando si presenta un curriculum vitae sul quale figurano uno o due anni durante I quali non si è lavorato non è sempre facile riuscire a trovare un impiego».
«Probabilmente, però, questo problema è in diminuzione», spiega. Un'analisi confermata anche dall'Aiuto AIDS Svizzero, secondo cui rispetto al passato oggi sono molte le persone sieropositive integrate nel mondo del lavoro.
Tuttavia le difficoltà non sono poche: Aiuto AIDS Svizzero menziona, ad esempio, i problemi con la cassa pensione, l'assicurazione di indennità giornaliera in caso di malattia, le violazioni della protezione dei dati, il mobbing e anche casi di licenziamento abusivo.

Sensibilizzare
Helmut, da parte sua, da ormai diversi anni cerca di sensibilizzare i giovani a questa malattia e ai problemi a cui vanno incontro le persone sieropositive. Spesso testimonia davanti a delle classi nel quadro del «Progetto scuola realtà di vita +», portato avanti da un'associazione di Neuchâtel.
Dopo la sua «rinascita», Helmut si è detto che doveva «condividere con gli altri quello che stava vivendo», che doveva «far vedere ai giovani cosa vuol dire essere sieropositivo e soprattutto mostrare loro che vale la pena proteggersi».
Una sensibilizzazione certamente necessaria in un momento in cui l'AIDS fa probabilmente sempre meno paura, anche se ogni tanto Helmut ha dei dubbi: «A volte mi dico che testimoniare può essere controproducente. In fondo cosa vedono i giovani ? Una persona che è sì sieropositiva, ma che in fondo vive e lavora come tutti...».
Certo, che vive e lavora come tutti. Del resto anche per Helmut è ormai quasi tempo di pensare alla pensione. Mancano sette anni : «Forse continuerò a lavorare come consulente, oppure farò come un amico che all'inizio diceva di voler fare la stessa cosa, ma che dopo tre mesi trascorsi a navigare sui canali in Olanda si è detto : ma chi me lo fa fare di ricominciare a lavorare?».

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La "Papessa Giovanna". La leggenda “storica” del papa-donna va in scena al teatro Pietro Aretino.

Appuntamento lunedì 3 dicembre.
“La papessa Giovanna” per la regia di Terry D’Alfonso, con Sandra Collodel (nella foto) e l’amichevole partecipazione ai contributi video di Giorgio Albertazzi e Gigi Proietti, è il prossimo appuntamento della stagione di prosa organizzata dall’assessorato alla cultura del Comune di Arezzo al teatro Pietro Aretino di via Bicchieraia. Appuntamento, lunedì 3 dicembre alle ore 21 con il consueto piacevole preambolo dell’aperitivo a teatro in compagnia della… compagnia a partire dalle 20.
Attorno all’anno 855, secondo una leggenda ampiamente diffusa e viva ancora oggi, una donna sarebbe salita al soglio di Pietro da sempre appannaggio di uomini. Per più di due anni, la papessa avrebbe governato la Chiesa emanando leggi e ordinando ministri, finché un evento improvviso, durante una processione solenne, non ne avrebbe rivelato pubblicamente e drammaticamente l’identità femminile.
La papessa Giovanna è una leggenda, forse un’invenzione della tradizione popolare anticlericale ed eretica ma con dei precisi riferimenti storici.
Questa messinscena tiene in considerazione le diverse ipotesi, fondendole attraverso la chiave dell’ironia e del grottesco. Il gioco, il divertimento, la fantasia ma anche il dramma sono alla base della narrazione dell’evento, accettato e poi rifiutato dalla Chiesa nei successivi secoli che ci separano dall’accadimento.
La narrazione della vicenda della papessa Giovanna, oltre all’abilità dell’attrice in scena, si affida all’uso di video, fondendo in sintesi espressiva ed emozionale molti linguaggi in un risultato per il pubblico di assoluto ed emotivo coinvolgimento.

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New York celebra Pier Paolo Pasolini.

(Blogfriends) Poeta, giornalista, scrittore, pittore, regista. Non è possibile sintetizzare l'opera e l'arte di Pier Paolo Pasolini (nella foto con Totò), intellettuale e narratore del dopoguerra ucciso nel 1975, all'età di 53 anni. A diciassette anni dall'ultima retrospettiva al MoMA, Pasolini torna a New York che fino al 18 dicembre celebrerà l'artista italiano con Pier Paolo Pasolini: Poet of ashes, un fitto calendario di mostre, seminari, incontri, proiezioni, spettacoli teatrali, letture, appuntamenti musicali e cinematografici. "Nessuna singola istituzione, forma d'arte o tendenza politica può contenere le sue energie, arrabbiate e squisite", ha scritto il New York Times nell'articolo dedicato agli incontri pasoliniani che verranno ospitati da diverse istituzioni newyorchesi, come il Lincoln Center, che ha in programma la rassegna cinematografica Epifanie Eretiche, e l'Istituto italiano di cultura, che celebrerà il "poeta delle ceneri" con mostre, letture e conferenze. Pur spaziando dal grande schermo alla prosa, dal romanzo alla poesia, Pasolini non è molto conosciuto negli Stati Uniti. L'ultima retrospettiva al Museum of Modern Art risale del 1990 ma ancora Pasolini, sempre secondo il New York Times "l'artista più prodigiosamente talentuoso prodotto dall'Italia", offre materia di acceso dibattito. Il poeta emarginato e ribelle, nato a Bologna nel '22 e cresciuto a Casarsa, in Friuli, visitò New York nell'estate del 1966. Lì conobbe Allen Ginsberg, scrittore e omosessuale come lui. E lì avrebbe voluto ambientare un film su san Paolo, che non fu mai realizzato. Repubblica.it

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Lo spot Red Bull di Natale a rischio censura. Il video.

Blasfemo lo spot con il quarto Re magio.

(TgCom) "Il nuovo spot della Red Bull è blasfemo", parola di Don Marco Damanti. Il parroco di Menfi sta "tarpando le ali" all'energy drink che, da anni, martella tutti con le sue campagne pubblicitarie. La pubblicità, ideata dalla Kastner & Partner, irriderebbe la religione cristiana, proponedo non tre re magi, ma quattro. L'ultimo con la bevanda in mano. Il prete ha inviato una mail all'azienda, chiedendo che lo spot venisse subito sospeso. Il brand ha risposto, sottolineando le benevole intenzioni del messaggio comunicativo e confermando l'impegno a censurare la campagna pubblicitaria.
In sintesi il concept dello spot. La sacra famiglia attende nel deserto l'arrivo dei Re magi, ma invece di arrivarne tre ne giungono quattro. L'ultimo con in mano la bibita che "metterebbe le ali". Ironia che non è piaciuta a padre Damanti. "L'immagine della Natività è rappresentata in modo blasfemo e c'è un Re magio di troppo. Malgrado gli intenti ironici della Red Bull e degli autori dello spot è stata intaccata la Natività, e con essa la sensibilità dei cristiani", ha affermato. Don Marco ha subito protestato contro la sede italiana della compagnia, a Carate Brianza. La stessa situazione si era verificata alcuni anni fa, quando i pubblicitari dell'energy drink irrisero la religione islamica. In quel caso la censura fu immediata.
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Caro Mancuso, c'è poco da stare allegri.

Aurelio Mancuso, Presidente nazionale dell'Arcigay, sul suo blog ha postato questo articolo:

LA MIGLIORE: BENIGNI E I VOTI GAY
"Berlusconi "c'ha avuto cinque mogli, di cui due sue", farebbe meglio a fondare "il partito del popolo dell'armadio", per quante volte ci si è nascosto dentro. Prodi ha vinto le elezioni "con uno scarto di 25mila voti, 25mila coglioni, tutti omosessuali". E "prima andava a messa una volta a settimana ma ora ha fatto mettere una cappella a Palazzo Chigi per pregare per la buona salute dei senatori a vita".
Roberto Benigni

mio commento: la sua battuta non è molto lontana dalla realtà, comunque quei coglioni di gay, la prossima volta difficilmente si faranno ingannare.

Ndr. Nostro commento: Aure... faresti meglio a stattene zitto visto che c'avete chiesto i voti, ve li abbiamo dati sulla fiducia, e fin'ora c'avete ingannato.Avemo votato na coalizione che manco er pentapartito de antica memoria era peggio. Ve siete puro spartiti (ndo sta Grillini? e tu con chi stai? co' Pannella? e lo Giudice n'dovè?...) e non sapete concludere niente salvo comunicati stampa pe' pià na cantonata dopo l'artra (er ragazzo suicidatosi a Roma pecchè gay e nun è vero; er padre che uccide er fijo... pecchè omosessuale e nun è vero...) e riunioni improbabili pè decide ndo fare er Pride. Fatte n'esame de coscienza... oppure statti zitto e vattene a pettinà le bammbole... Peggio de li Fasci frosci... (Pasquino)

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Più pettegoli? Uomini, re delle chiacchiere.

Ricerca dell’Università della California.
Strappano alle donne lo scettro della loquacità. Ma solo in alcune situazioni.

(Maurizio Molinari) “Voi donne non state mai zitte”: la prossima volta che l’uomo di casa - padre o compagno che sia - vi rivolgerà la più classica delle battute, guardatelo con sufficienza e allungategli una copia della ricerca dell’Università della California su loquacità e sesso.
Lo lascerete senza parole. Forse.
Perché, rivela lo studio della psicologa Campbell Leaper, sono gli uomini i più chiacchieroni: dalla comparazione di 70 differenti indagini sulle abitudini di conversazione nei due sessi, risulta che gli uomini tendono a voler dominare nelle discussioni, il che fa crescere il numero medio di parole utilizzate. In particolare, gli uomini parlano di più con il partner, di qualunque sesso sia, e danno il meglio quando si trovano in disaccordo con l’interlocutore. Le donne, invece, danno libero sfogo alla parlantina quando le conversazioni sono incentrate sui sentimenti e coinvolgono compagni di classe, parenti o bambini: in questo caso, la loro loquacità torna a predominare su quella degli uomini. A fare la differenza sono dunque la situazione e il genere di interazione. In ogni caso, sottolinea Leaper, “Le nostre conclusioni abbattono gli stereotipi sulle differenze di genere nell’uso del linguaggio”.
La ricerca, pubblicata dalla Personality and social psychology review, ha messo in luce anche l’influenza delle trasformazioni sociali sulle abitudini di conversazione: le donne, in lotta per la parità dei sessi sul posto di lavoro, sempre più spesso fanno ricorso a discorsi assertivi - finalizzati a dominare e raggiungere obiettivi -, mentre gli uomini hanno imparato il codice linguistico affiliativo, quello utilizzato per esprimere i sentimenti e mettersi in relazione emotiva con gli altri.
Se ora volete discutere della questione con un uomo, assicuratevi di avere molto tempo: potrebbe non smettere più di parlare

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Danza. Daniel Ezealow, le date della tournèe di "Why".

Why, Ricerca di se stessi. Rappresentare se stessi.
Disimparare per riprogrammare la nostra vita.

Perché la vita è un meraviglioso caleidoscopio di mille azioni semplici, normali, eppure assolutamente uniche, come è unico ciascuno di noi. È la nostra intrinseca unicità a renderci straordinari proprio nella “normale” quotidianità. Non serve cercare di essere eccezionali, i migliori, gli insuperabili: lo siamo già! Solo che lo abbiamo dimenticato. E dal quotidiano nasce l’arte.

Ogni espressione della vita è in sé una danza: ogni movimento, anche il più impercettibile dei sussulti può diventare esteticamente “bello” semplicemente se guardato e riprodotto. La vita altro non è che lo scintillio di idee, sogni, progetti, realizzazioni, delusioni e conquiste che si affastellano nella nostra mente, nel nostro io. Daniel Ezralow mette in scena la follia, la gioia e il dolore che ci rendono vivi e unici, per rappresentare attraverso la danza – la forma d’arte forse più istintiva e ancestrale – le idee che si sovrappongono, le occasioni che si manifestano, le scelte che ne conseguono, il tema che caratterizzerà la vita di ciascuno di noi.

REAL PEOPLE DANCE: i ballerini sono i primi a rappresentare se stessi, persone “normali” che sono riuscite ad affermare se stesse e le loro aspirazioni. Marcus, Erin, Djassi, Ryan, Santo, Roberta… artisti in cui ogni spettatore può riconoscersi, incarnando l’oggetto stesso dello spettacolo. A condurre la scena è la semplice invenzione, che senza soluzione di continuità lega i quadri che costituiscono lo spettacolo, animato anche dalla creatività personale dei ballerini, espressa attraverso un’improvvisazione studiata e poi realizzata.

Insomma, l’occhio di Daniel Ezralow diventa la nostra lente di ingrandimento. Ciò che abbiamo dimenticato di guardare, perché ogni giorno è sotto i nostri occhi, torna a essere protagonista, svelando la meraviglia rimasta sepolta sotto la nostra abitudinaria indifferenza. «Guarda. Ascolta. Pensa. Fai», ama ripetere Ezralow ai suoi ballerini, «Non nascondetevi dietro la vostra tecnica: la tecnica non è un fine, ma un mezzo per esprimere voi stessi». Il sito.
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Le date di dicembre della tournèe,
1-2 dicembre
Bologna - Teatro delle Celebrazioni
5 dicembre
Biella- Teatro Sociale
7-8 dicembre
Torino - Teatro Colosseo
12 dicembre
Urbino - Teatro Sanzio
13 dicembre
Civitanova - Teatro Rossini
14-15 dicembre
Cesena - Teatro Comunale Alessandro Bonci
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HIV in Francia: cala il contagio, ma non fra i gay

(Querelle(s))“Sono spiritualmente vicino a quanti soffrono per questa terribile malattia come pure alle loro famiglie, in particolare a quelle colpite dalla perdita di un congiunto. Per tutti assicuro la mia preghiera. Desidero, inoltre, esortare tutte le persone di buona volontà a moltiplicare gli sforzi per fermare la diffusione del virus HIV, a contrastare lo spregio che sovente colpisce quanti ne sono affetti, e a prendersi cura dei malati, specialmente quando sono ancora fanciulli”. Era Ratzi. Sì, proprio lui, il Papa. Il capo di quelle gerarchie che, come impegno a fermare la diffusione del virus predicano la castità contro l’uso del preservativo e in quanto a spregio nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali non scherzano davvero. L’ipocrisia, insomma, non è morta il 1° dicembre.
Passiamo quindi alle cose serie. A che punto del guado ci troviamo? Ecco qualche dato sulla diffusione del virus HIV in Francia. Globalmente, il numero di contagi registrati nel 2006 ammonta a circa 6300, cioè il 4% in meno rispetto al 2005 (17 contaminazioni ogni giorno). Nello stesso periodo si è registrato un calo del 5% nel numero di esami del sangue effettuati. Tuttavia, se da un lato l’Osservatorio sanitario francese (INVS) giudica “incoraggiante l’andamento [dei contagi, ndr], dal momento che esso è stabile dal 2004”, i motivi d’inquietudine non mancano. Le infezioni in seguito a rapporti eterosessuali in Francia restano la maggioranza (48% del totale nel 2006), ma quelle dovute a rapporti omosessuali (29%), a differenza delle prime, non registrano nessun calo, dopo l’aumento osservato tra il 2003 e il 2005. Questo significa che una certa tendenza all’abbandono delle pratiche di sesso sicuro fino a qualche tempo fa adottate dalla comunità omosessuale è confermata, come si può dedurre anche da altri indicatori, come l’aumento dei casi di sifilide e di linfogranuloma venereo tra i gay. Da notare poi che in Francia, nella popolazione omosessuale, il tasso di contagio resta 70 volte superiore a quello riscontrabile fra gli e le eterosessuali.
“Le cifre parlano chiaro,” - dice il fondatore di ActUp Paris, Didier Lestrade, al quotidiano Libération - “la maggior parte della ripresa dell’epidemia in Francia è riservata agli omosessuali. Credevamo che ci sarebbe stata una reazione forte da parte di tutti gli attori, tra i quali i medici. Niente. Dal 1997 al 2001 ci dicevano ‘sono solo supposizioni, aspettiamo le cifre’. Adesso che le cifre le abbiamo, che si fa?”. È lo stesso Lestrade ad avanzare una proposta: “Negli Stati Uniti, da due anni si utilizzano dei test immediati e si nota che questi incidono direttamente sulla quantità di analisi e sulla prevenzione. E la curva dell’epidemia flette. In Francia, i giovani gay fanno meno test e li fanno male. Perché far finta di niente?”. Il ministro della sanità francese, Roseline Bachelot, sembra rispondere positivamente a questa richiesta, indicando come obiettivo per il prossimo anno proprio la sperimentazione di test che permettono di ottenere una risposta in venti minuti a partire da una goccia di sangue o da un po’ di saliva.
Allo stesso tempo, il ministero della sanità ha lanciato lunedì scorso la nuova campagna di prevenzione. Si tratta di uno spot che ritrae coppie di ogni tipo durante un rapporto sessuale, al quale assiste minaccioso, sebbene invisibile agli occhi dei due partner, il virus.
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“L’HIV è ancora qui. Proteggetevi”, è lo slogan che compare anche sui manifesti destinati alla comunità gay, accompagnato da un cliché della fotografa Nan Goldin. Le rivendicazioni di ActUp Paris - che ha manifestato ieri con un corteo da Porte Saint Denis a piazza della Bastiglia - si sono focalizzate quest’anno sulla condizione delle donne: “Presto il numero di donne sieropositive sarà pari a quello degli uomini sieropositivi; a quando l’uguaglianza delle donne e degli uomini dinanzi alla ricerca, ai programmi di prevenzione, all’impiego, al reddito, alle cure?”.
Tra i programmi che sono stati dedicati all’AIDS in occasione del primo dicembre, segnalo in particolare una serie di cinque reportage trasmessi da France Culture (in francese, ovviamente; un’ora ciascuno, davvero interessanti): sull’importanza della cooperazione Nord-Sud, l’esempio di un gemellaggio riuscito tra la Francia e il Mali (France et Mali, compagnons de lutte contre le V.I.H.); sulla possibilità per le persone sieropositive di avere figli, ormai quasi senza rischi (Bébés + : les enfants sans virus); sulle difficoltà per alcun* adolescenti di scoprirsi sieropositivi dalla nascita (Avoir dix-huit ans avec le V.I.H.); sui cosiddetti “controllori del virus”, cioè su quell’1% di persone sieropositive che, senza seguire alcuna cura, non sviluppano mai la malattia (Sida : une guerre intime); sulla questione se sia possibile punire penalmente la trasmissione del virus, oppure se non si debba piuttosto ribadire il concetto di responsabilità condivisa tra i partner (La pénalisation du V.I.H.).

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Guida al Natale low cost: ecco come sopravvivere alle feste.

http://www.flickr.com/photos/ffg/313702051/
(Panorama) Natale è alle porte, ma gli italiani sono sempre più poveri. E quest’anno anche la tredicesima non riuscirà a dare una sferzata ai consumi. Secondo Confesercenti l’ammontare complessivo delle gratifiche natalizie sarà di 36,596 miliardi, solo 18 dei quali saranno usati per regali e cibi con una diminuzione dell’1,8 per cento (336 milioni), rispetto all’anno scorso. Le strenne addirittura subiranno una frenata del 5 per cento. I soldi, infatti, serviranno agli italiani per pagare le spese sempre più impellenti, in primis mutui e bollette.

Nonostante il portafogli pianga, i prezzi non diminuiranno, anzi. In un’indagine di Federconsumatori i maggiori rincari targati Natale 2007 riguardano l’albero e le decorazioni: un abete sintetico si paga fino al 42,3 per cento in più, una candela profumata il 20. E a tavola non va meglio: rincari sostenuti per il torrone (+7 per cento), il salmone (+6 per cento) e le lenticchie (4 per cento). Il settore alimentare, comunque, è uno dei più colpiti dalla scure dei rialzi. “Pandoro e panettone, il cui prezzo nel 2006 era diminuito, fanno invece registrare quest’anno forti incrementi dei listini, sulla scia dell’aumento dei prezzi delle materie prime come la farina”, spiega il presidente Codacons, Carlo Rienzi, “In realtà per questi prodotti lavorati l’incidenza della materia prima non giustifica in alcun modo aumenti così sostanziosi, che sono frutto di mera speculazione”. In questo modo le famiglie spenderanno per il classico cenone di Natale 20-30 euro in più rispetto allo scorso anno (a seconda della qualità e della quantità degli acquisti), per un totale complessivo di 165-175 euro a famiglia. Troppo. Ma forse pensandoci per tempo è possibile correre ai ripari.

“Si può ridurre di un terzo il costo della spesa facendo acquisti direttamente nelle quasi 50mila imprese agricole nazionali che vendono frutta, formaggi, vino, olio e salumi e altre specialità alimentari per preparare il cenone di Natale o per confezionare gustosi cesti da regalare a se stessi o agli altri”. Così Coldiretti cerca di rispondere alla mancanza di liquidi degli italiani, che in questo modo possono risparmiare fino al 30 per cento. “Delle 48.650 imprese agricole nazionali che svolgono attività di vendita diretta dei propri prodotti quasi una su quattro (23,8 per cento)”, continua l’associazione dei coltivatori, “partecipa a mercati e fiere locali sopratutto in occasione delle festività come il Natale. Sono 21mila le cantine aperte dove i turisti possono acquistare vino che, con il 41 per cento delle aziende totali, è il prodotto maggiormente commercializzato direttamente, seguito dall’ortofrutta con il 23,5 per cento, dall’olio di oliva con il 16 per cento, dalla carne e dai salumi con l’8 per cento, dai formaggi comprati in malghe e caseifici con il 5 per cento”.

Messa a posto la tavola, resta la questione dei doni. Inutile dire che la corsa all’ultimo momento è poco conveniente, visto che la scelta è limitata e il tempo stringe. Una soluzione, in questo caso, può darla il web. Sul sito Secondamano, per esempio, si possono trovare oggetti curiosi a prezzi vantaggiosi, o anche cuccioli in regalo. Con una spesa contenuta, poi, si può fare qualcosa per l’ambiente: il Wwf propone di mettere sotto l’albero la tessera dell’associazione, oppure di adottare una specie animale in pericolo di estinzione, o ancora di donare qualche euro per sostenere un progetto di conservazione. Regali on line, invece, dà idee e consigli, ma offre anche la possibilità di fare una ricerca comparata nei negozi per trovare il prezzo più basso o l’offerta più conveniente. Qualunque strada si decida di intraprendere non resta che armarsi di pazienza, ricordando che in ogni caso “basta il pensiero”.

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Don Sante Sguotti presenta il suo nuovo libro a Padova e rischia la rissa.

(Alberto Grassetto - Padova-blogolandia) Don Sante Sgoutti ieri alla libreria della Mondadori in piazza Insurrezione ha presentato il suo libro “Il mio amore non è peccato” dove racconta la sua storia amorosa con Tamara.

Ma non è stata “una passeggiata di salute” la presentazione di questo istant book da 94 pagine scritto in soli tre giorni con l’aiuto della giornalista piacentina Marzia Folletti di Telelibertà. Durante la presentazione alcune signore hanno accusato l’ex parroco di Monterosso di scandalizzarle con il suo libro. Ed è stata veramente dura per il moderatore Raffaello Tonon, opinionista fisso di Buona Domenica, programma di canale Cinque, riuscire a riportare la calma.

Don Sante è apparso meno perso e confuso della presentazione fatta alcune settimane fa a Milano. Si vede che si sta abituando alle luci della ribalta. “So che non basterà questo libro e nemmeno la mia battaglia a cambiare ciò che oggi nella Chiesa non va- ha affermato Sguotti - Io cerco di fare la mia parte, sono certo che non arriverò a conquistare la vetta, perchè l’impresa è ardua. Riuscire a spostare il campo base di questa mia impresa un pò più in alto sarebbe gia un grosso risultato.”

Oggi presso l’hotel Sheraton di corso Argentina vi sarà il convegno organizzato dall’ex prete nel quale Sante Sguotti si presenterà con la maglietta con le scritte “Ultrà” e “Skomunicato” come suggerito da Adriano Celentano nella sua ultima trasmissione.

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Storici. Addio a Reay Tannahill, studiosa della storia del cibo e del sesso.

(Adnkronos) - La storica, scrittrice e saggista inglese Reay Tannahill, diventata famosa con i libri di divulgazione ''Storia dei costumi sessuali'' e ''Storia del cibo'', bestseller internazionali entrambi tradotti in italiano da Rizzoli, e' morta a Londra all'eta' di 78 anni. La notizia della scomparsa e' stata diffusa dalla famiglia a funerali avvenuti. Laureata in storia ed economia all'Universita' di Glasgow, si e' successivamente specializzata in scienze sociali. Dopo aver lavorato per alcuni anni nel mondo dell'editoria, Tannahill dal 1962 e' tornata a dedicarsi interamente alla ricerca storica. Dopo quasi vent'anni di ricerche, nel 1980 pubblico' ''Storia dei costumi sessuali.

L'uomo, la donna, l'evoluzione della societa' di fronte al sesso'', in cui si proponeva di dimostrare come la sconcertante varieta' delle pratiche sessuali e delle idee e degli atteggiamenti che le varie civilta' hanno assunto nei confronti del sesso fosse un riflesso delle ideologie dominanti, ma anche come, parallelamente, la realta' del sesso avesse sempre contribuito in modo determinante a interferire nelle vicende storiche di ogni civilta'

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Erba. Arestato Azouz Marzouk per spaccio stupefacenti.

(Prima) Azouz Marzouk, Il marito di Raffaella Castagna, uccisa nel dicembre dell'anno scorso nella strage di Erba, in provincia di Como, insieme al figlio di due anni, alla madre e a una vicina di casa, e' stato arrestato perchè accusato di spaccio di stupefacenti. Assieme a lui sono finite in carcere altre sei persone, tra cui il fratello Sadok. L'operazione, eseguita dalla Guardia di Finanza è scattata all'alba, ed ha portato all'arresto di Marzouk che si trovava non lontano dalla sua abitazione dove avvenne la strage del 11 dicembre scorso. A Marzouk gli uomini delle Fiamme gialle contestano una serie di episodi che partono dal 2002 e sono relativi allo spaccio di droga che, presumibilmente, veniva importata dalla Tunisia e poi spacciata attraverso diversi canali nell'intera Lombardia.
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(La7) Azouz Marzouk è stato arrestato questa mattina dalla Guardia di Finanza per spaccio di droga. Il tunisino, 27 anni, marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, due delle quattro vittime della strage di Erba dell'anno scorso, è finito in carcere insieme ad altre sei persone tra cui il fratello Sadok con l'accusa di aver organizzato un traffico di stupefacenti tra la Tunisia e la Lombardia. L'inchiesta era iniziata più di un anno fa. Azouz era già finito in carcere per droga ma era uscito grazie all'indulto poco prima della strage. A quanto si è appreso il tunisino stava lavorando alla realizzazione una discoteca stile Billionaire in riva al lago Pusiano, in provincia di Como, in società con Franco Crivario, Lele Mora e Fabrizio Corona. Nei giorni scorsi l'uomo è tornato con gli inquirenti e il suo legale nella casa di via Diaz in cui si sono consumati gli omicidi per un sopralluogo.
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Pedofilia al seminario di Brescia. Dal pc sequestrato a don Marco recuperati oltre 50 file pedofili.

Scandalo in Curia. Foto e filmati erano stati cancellati: li ha ricostruiti un consulente della procura. Il vicerettore del seminario continua a professarsi innocente: «Tutto sarà chiarito».

(Vivicentro via E-polis) Non ha certo bisogno di altri attestati di solidarietà don Marco Baresi, il vicerettore del seminario vescovile arrestato martedì mattina con l'accusa di abusi sessuali su un ex allievo di 14 anni e detenzione di materiale pedopornografico. Tutta la chiesa bresciana è rimasta al suo fianco, il vescovo Monari (nella foto) in prima fila. Ma non solo: parole di conforto gli sono arrivate anche dal collegio delle Orsoline dove insegna, dal seminario, dagli ex parrocchiani di San Zeno, dai suoi compaesani di Chiari, dove è ora agli arresti domiciliari.
Adesso pare che il sacerdote abbia bisogno solo di un bravo consulente di parte che spieghi come mai su un suo pc sono stati trovati oltre cinquanta file pedopornografici.
Un consulente tecnico nominato dal pm Simone Marcon, - il magistrato che ha richiesto il suo arresto - infatti, con pazienza certosina, ne abbia recuperati dalla memoria diverse decine: erano stati tutti cancellati a luglio quando ormai la voce dell'indagine in corso era circolata e don Marco aveva già ricevuto un avviso di garanzia.
Immagini raffiguranti bimbi e adolescenti seminudi e in atteggiamenti inequivocabili con adulti che a quanto pare sarebbero state scaricate da internet per motivi non ancora chiariti.
È proprio questo il punto dell'indagine che mette più in imbarazzo il sacerdote, che a 38 anni era già avviato verso una rapida carriera. Non solo la denuncia dei familiari di un 17enne, all'epoca dei fatti non ancora quattordicenne, che avrebbe confidato a uno psicologo di aver subito atti sessuali da don Marco, all'epoca suo insegnante di religione. Ma quei file, che sembrano confermare se non altro una curiosità morbosa sul tema. Il pc sequestrato al vicerettore ora si trova ancora sotto sequestro in attesa di essere sottoposto ad altri accertamenti delle parti. Don Marco, infatti, dovrà provare nel caso quando e perché ha scaricato quelle immagini, foto e filmati, poi cancellate, o chi lo ha fatto al suo posto considerato che il computer era nella sua disponibilità.

A far scattare l'arresto del sacerdote sono stati gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Brescia in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dal gip Silvia Milesi su richiesta del pm Simone Marcon. Il provvedimento è stato notificato a don Marco martedì mattina nel suo alloggio presso il seminario vescovile.
Il giorno dopo, appena concluso l'interrogatorio di garanzia nel carcere di Canton Mombello, lo stesso gip ha previsto per il sacerdote il trasferimento agli arresti domiciliari, fuori dal seminario. Abbottonatissimo il suo legale, l'avvocato Luigi Frattini, che già in passato ha difeso altri sacerdoti bresciani finiti sotto inchiesta per pedofilia e poi assolti. È probabile un
suo appello al tribunale del riesame per ottenere pure la revoca dei domiciliari. Il vescovo in una lettera inviata ieri ai parroci, intanto, ha scritto: «Nutro speranza che l'inchiesta si risolverà con una bolla di sapone».

La lettera. Il vescovo di Brescia scrive a tutti i sacerdoti della diocesi: «I pesi si portano insieme». Monari: "Una ferita che rimarrà a lungo".

Una lettera a tutti i sacerdoti della diocesi. Così, il vescovo di Brescia, reagisce all'arresto di don Baresi. «L'arresto di un vicerettore del Seminario è una ferita profonda e dolorosa per la Chiesa bresciana» scrive monsignor Monari. «Nutro profonda speranza che l'accusa si risolverà in una bolla di sapone; ho ascoltato tanti che hanno conosciuto don Marco, che sono vissuti insieme a lui per anni e il giudizio è concorde: non uno che abbia avanzato dubbi o riserve. Ma la ferita non si rimarginerà presto. Noi viviamo anche dell'immagine che gli altri hanno di noi e la notizia, sparata dai giornali come una bomba, ha segnato la nostra Chiesa. Anche se in futuro l'innocenza venisse riconosciuta, l'offesa rimarrebbe, impietosa».

Il vescovo si interroga poi sul “senso” di questa prova.
«Che cosa può significare per noi, Chiesa bresciana, questa esperienza di sofferenza? La prima cosa che mi sembra di cogliere è un invito fortissimo all'umiltà. Il secondo atteggiamento è quello della consapevolezza serena del bene che è in noi. Dobbiamo allora rimanere inerti? La risposta è: no. No per un atteggiamento sano di difesa di noi stessi. Ma no anche per amore verso gli altri». Poi un accenno al rapporto con la sessualità. «In alcuni interventi appare la gioia maligna di poter cogliere in fallo chi si presenta come portatore di un messaggio esigente sulla sessualità. Quasi a dire: “Vedete la Chiesa? Condanna tutti i vizi e poi cade anch'essa nei vizi che condanna”.
Siamo radicalmente fuori da questo tipo di critica. Predichiamo che la sessualità va unita con l'amore». Infine il richiamo all'unità. «Si accusa un prete e si accusano, nello stesso tempo, tutti i preti. Naturalmente le responsabilità sono personali; ma i pesi si portano insieme. Né io vescovo posso tirarmi indietro né può farlo un qualsiasi prete del nostro presbiterio. A tutti, però, chiediamo proprio per questo di essere leali».
Per i due reati contestati previste pene fino a 13 anni.
Le accuse
Don Marco è accusato di detenzione di materiale pedopornografico e violenza
sessuale. In base all'articolo 600 quater del codice penale chiunque consapevolmente si procura o dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento penale dei minori degli anni 18 è punito con la reclusione fino a 3 anni o con la multa non inferiore a 1.549 euro.
L'articolo 609 quater invece punisce chi compie atti sessuali con un minore di anni 14 alla pena prevista per la violenza sessuale, ossia dai 5 ai 10 anni.

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Non c'è pace per gli "Amici" di Maria. Francesco Mariottini deve uscire dalla scuola di Amici?


(Spetteguless) Una FANS di Amici ha mandato via etere questa NEWSSSSSSS bomba che, se confermata, e lei dice di essere ATTENDIBILISSSSSSSSIMA, confermerebbe per l'ennesima volta il TAROCCAMENTO di Amici di Maria...
Francesco Mariottini infatti, per motivi personali sarebbe entarto nella scuola in quanto aveva necessita' di guadagnare piu' di quanto guadagnasse nella vita privata.
La scuola di amici accettò, ma l'accademia presso la quale studia no, vincolandolo e obbligandolo entro la fine del mese di novembre a rientrare in accademia... quindi la DELFINA CURIOSA dovrebbe lasciare la scuola ENTRO UNA SETTIMANA!
Sarà vero? Cosa si inventeranno i GENIALI autori di Amici per giustificare l'uscita del CULO PIU' BELLO di questa edizione? Che la s
toria del menisco sia tutta un ENORME montatura? Non ci resta che aspettare... lo stillicidio nella scuola continua...
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Esclusivo/ Mariottini, un suo “ex-amico” e le foto hard.

(River-blog) Ringrazio un lettore, che mi ha dato una dritta. Ecco le foto di Francesco Mariottini con un suo ex amico, che risponde al nome di Iacopo, un 23enne di Lucca. Secondo questo lettore, tra i due ci sarebbe stato “del tenero”.

Devo dire che con uno dei due - ma non posso dire quale - c’è stato uno scambio di mail, molto tempo fa, con un altro nome. Ora, però, ho capito tante cose. Compresa la paura che si potesse “diffondere” un video e delle foto a luci rosse. Non aggiungo altro.

Ora che faranno? Cacceranno pure Mariottini, dopo Sebastiano?

Aggiornamento: Mi fanno sorridere le persone che pretendono le “prove”. A me non cambia niente, francamente: se avessi voluto aprirmi un blog per scrivere cose false…penso che ne avrei fatto a meno. Posso pero’ aggiungere alcune cose: le foto sono hard a cui ho fatto riferimento sono state scattate durante l’anno e mezzo di “amicizia”, tra i due ragazzi, nel 2005. Uno dei due, poco correttamente, le avrebbe mostrate ai suoi amici. E questo nonostante il forte legame familiare esistente tra i genitori e la sorella di un ragazzo e l’altro. Da qui un forte scazzo.

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Per Natale gli alberi della fantasia colorano Milano. E fanno bene.

Due degli alberi fantasy che coloreranno la Milano natalizia
(Panorama) Grigia è grigia: pochi alberi, molto asfalto, tanto cemento. Tutto vero, lì da vedere: il verde e, anche, il rosso, il giallo, l’azzurro non abitano in pianta stabile a Milano. Ma le risorse con cui Milano-la-grigia attinge per darsi, appena può, una mano di colore sono infinite. Così come le occasioni, che fanno la città ladra: di idee, di iniziative, di eventi. Soprattutto sotto Natale, quando tutti vivono con il bel proposito di migliorarla.

Che non si stupiscano, quindi, milanesi e non davanti a un viavai di alberi di Natale dall’alto tasso di follia, pronti a invadere case, vie, piazze e quartieri. Sono due le manifestazioni che si passano il testimone della creatività da oggi fino all’Epifania. Il 30 novembre si inaugura a Palazzo Reale la mostra Il Natale dei 100 alberi d’autore, ideata dall’Associazione Sergio Valente, con il patrocinio del Comune di Milano, e realizzata in collaborazione con la Camera Nazionale della Moda Italiana. Fino al 7 dicembre sono in esposizione e in vendita 100 alberi partoriti dall’estro di stilisti, designer, architetti, pittori e scultori: dalle fogge più assurde e dai materiali più disparati - cioccolato, plastica, vetro, tessuto, metallo, ceramica, pietra lavica, maglia, paillettes. Chi li acquista, aiuta la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, alla quale viene devoluto l’intero ricavato. Dopodiché, dal 7 dicembre al 6 gennaio il testimone passa a Christmas City Park, quello che viene definito dall’ideatrice Gisella Borioli come “il primo parco d’autore che dà respiro alla città”: un evento di arredo urbano, sostenuto e promosso dal Comune di Milano, con 101 alberi di Natale alti oltre due metri, disegnati da artisti, designer, stilisti e creativi, in collaborazione con Naba, e realizzati in polietilene riciclabile da Slide, grazie al contributo di aziende–mecenati che li adottano. “Piantati” nelle più prestigiose location pubbliche - corso Vittorio Emanuele, via Dante, Ottagono, largo Cairoli, corso Como, piazza Cadorna - possono essere acquistati da chiunque attraverso un’asta silenziosa, prendendo nota del numero dell’albero preferito e contattando la Fondazione Ambiente Milano (tel. 02 89152096), alla quale va una quota del ricavato dell’adozione e dell’asta, con la promessa di riqualificare il parco pubblico in Largo Marinai d’Italia. Guai a chi dice ancora che Milano è grigia!

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Teatro.Debutta a Roma un gay-cult: "Le cinque rose di Jennifer".

(Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Sara' il palconscenico del Teatro India di Roma ad ospitare, dal 4 al 13 dicembre, ''Le cinque rose di Jennifer'' di Annibile Ruccello per la regia di Arturo Cirillo. Lo spettacolo puo' essere letto come una metafora di un'esistenza fatta di solitudine ed ambiguita' sessuale ed identitaria.

A testimoniare la ricerca di Ruccello sono gli indizi forniti dalla scena come la creazione di un ipotetico quartiere ghetto per travestiti di nuova e non conclusa costruzione; la numerazione dei telefoni che sembrerebbero non appartenere ad una stessa zona; la corrente elettrica che scompare verso la fine pur lasciando in funzione la radio e che lascera' nel buio solo la stanza della protagonista Jennifer.

Tre i personaggi in scena che accompagnano per l'intero spettacolo la protagonista nel suo "viaggio verso la notte". Il primo e' Franco, uomo del nord, conosciuto da Jennifer una sera e che lei da molto tempo attende ed immagina; il secondo e' un assassino che semina cadaveri nel quartiere ed il terzo, l'unico ad apparire nella stanza, e' Anna, altro travestito abitante nel quartiere.

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Belpietro: Inclemenza sospetta per Clementina.

Clementina Forleo durante la puntata di Anno Zero di Michele Santoro, su rai Due, dedicata alla giustizia
L’Editoriale
(Panorama) Non mi sono mai piaciuti i giudici che vanno in tv. E ho sempre diffidato anche di quelli che sentenziano dalle pagine dei giornali invece che dalle aule dei tribunali. Dunque non posso dire di aver apprezzato gli interventi di Luigi De Magistris e Clementina Forleo ad Anno zero, la trasmissione di Michele Santoro. Avrei preferito che restassero a casa, a fare il loro mestiere, che è quello di servitori dello Stato e non di comparse televisive.

Ma non mi piacciono neppure le azioni disciplinari che si sono abbattute sul pm di Catanzaro e sul gip di Milano. Per ragioni diverse, i due sono stati deferiti al Consiglio superiore della magistratura e rischiano una sanzione. Intendiamoci: nulla di grave, al massimo un trasferimento. Ma è proprio questo il punto. Dagli anni Novanta in poi siamo abituati agli sconfinamenti delle toghe. Nel ‘94 Antonio Di Pietro e i suoi colleghi lanciarono un appello in tv contro una legge del governo Amato e per ottenerne la cancellazione minacciarono le dimissioni in blocco. Vari pm hanno emesso, con interviste e ordinanze, pesanti giudizi politici, ma nessuno è mai stato indotto a far le valigie, neppure per raggiungere l’ufficio accanto.

Ora si dà il caso che De Magistris indagasse sul presidente del Consiglio Romano Prodi e sul ministro della Giustizia Clemente Mastella, e che Forleo fosse alle prese con le famose intercettazioni telefoniche di Massimo D’Alema e Piero Fassino sul caso Unipol. Il sospetto che le azioni disciplinari siano un modo per chiudere vicende giudiziarie che imbarazzano l’attuale maggioranza di governo è dunque legittimo. È vero che a De Magistris è stata tolta l’inchiesta, con un provvedimento d’avocazione che ricorda la Prima repubblica, ed è pur vero che con un escamotage il Parlamento ha evitato a D’Alema di dover rispondere delle imbarazzanti telefonate con Giovanni Consorte, rinviando tutto a Bruxelles, ma i due magistrati non sembrano voler demordere: De Magistris insiste con altre inchieste, Forleo rilancia con le pressioni subite per il caso Unipol.

Le azioni contro i due però non mi stupiscono, ma anzi mi richiamano alla mente la storia di due donne con la toga che negli anni indagarono su affari e tangenti che ruotavano intorno al mondo della sinistra. Tiziana Parenti incappò nelle centinaia di milioni incassati da Primo Greganti, un funzionario del Pci, ma si scontrò con il suo capo, il procuratore Gerardo D’Ambrosio. Lei disse d’essere stata delegittimata, lasciò il pool e fu candidata da Forza Italia per una sola legislatura. D’Ambrosio oggi è senatore del Partito democratico. Ma ancor più interessante è la storia di Giuseppina Geremia, che si mise a ficcare il naso negli appalti per i treni ad alta velocità e aprì un fascicolo su una società fondata da Prodi. Dopo qualche tempo Geremia fu trasferita. Naturalmente ci fu qualche polemica, ma all’epoca Michele Santoro si occupava d’altro e Geremia non era il tipo che dà interviste o scrive sentenze sui giornali. L’inchiesta fu dunque archiviata.
Naturalmente accadrà la stessa cosa anche a quelle di Catanzaro e Milano. Così nessuno ci spiegherà se davvero vi sia qualcosa di penalmente rilevante nelle migliaia di intercettazioni telefoniche disposte da De Magistris, né perché le telefonate di D’Alema e dei furbetti del Botteghino siano rimaste quasi 2 anni nel cassetto. A proposito: ma i ritardi nelle indagini o le dimenticanze dei magistrati non meritano mai un’azione disciplinare?
maurizio.belpietro@mondadori.it

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Bellezze: Cooper o la perfezione?


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Allarme droga: caccia al popper tra i giovani nei sexy shop e on line.

(Blogosfere) Eccitante, inebriante, euforizzante e chissà quanti altri ante potrebbero descrivere l'effetto del popper. Si apre la boccetta, si inala il contenuto, e per 30/40 secondi ecco servito lo sballo. Effetto breve ma intenso, tanto quanto le conseguenze: abbassamento repentino della pressione e sensazione di perdita delle funzione psico-fisiche.

Eppure tra i giovani milanesi è diventato il nuovo divertimento irrinunciabile, scavalcando altre droghe diffusissime come la cocaina.
Facile da trovare, infinitamente più economico, apparentemente provoca meno danni fisici, forse è per questo che i ragazzi ne sono tanto attratti ed è soprattutto per questo che la situazione fa molta paura. Su internet una boccetta costa 5.95 euro e viene consegnata entro 24 ore, anche ai minorenni, senza chiedere nome, cognome o qualsiasi tipo di generalità, niente di più facile per un giovane che è cresciuto a pane e computer, il sito giusto lo trovi ad occhi chiusi e poi la strada è tutta in discesa.
Qualcuno riesce a procurarselo anche sotto banco nei sexy shop, dove fino a qualche anno fa era legale, diffuso soprattutto a scopo sessuale per le sue proprietà vasodilatatorie. Spesso il popper non è "sniffato" da solo, ma con altre sostanze stupefacienti, che alterano ulteriormento i sensi e si trasformano in un cocktail mortale. Da qui l'allarme prima degli istituti competenti, come il Sert che ha fornito al Comune tutti i dati del caso, e poi delle istituzioni che hanno deciso di prendere una posizione in merito per aiutare i ragazzi a capire che la via della droga è un tunnel da cui uscire al più presto.

Come? Portando gli studenti a teatro. Ecco il nuovo approccio comunicativo, rappresentare il rischio grazie all'aiuto di storie vere portate in scena dai ragazzi di San Patrignano. I due spettacoli sono "Fughe da fermi" e "Ragazzi permale". Non solo informazione sulla droga, ma anche educazione e una sana dose di realtà per squotere le animi giovanili. Dopo il teatro l'attività di prevenzione continuerà nelle scuole, ormai attentissime al tema della tossicodipendenza. Fenomeno che tra l'altro a Milano ha il suo punto di partenza per diventare poi emergenza in tutta Italia, le mode, anche se di pessimo gusto, partono tutte dal capoluogo lombardo.

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Clamoroso all’Onu: l’Italia è pronta a votare a favore dell’occupazione militare americana in Iraq.

(Christian Rocca) New York. Segnatevi la data. Tra il 10 e il 20 dicembre prossimo il governo italiano voterà formalmente all’Onu a favore dell’occupazione militare americana in Iraq, malgrado la posizione politica ufficiale della maggioranza di centrosinistra sia notoriamente di segno opposto. I fatti. Il 31 dicembre scade il mandato Onu che autorizza la presenza in Iraq dell’esercito di George W. Bush, come previsto dalla risoluzione 1723 adottata, come le precedenti, su precisa richiesta del nuovo governo iracheno nato dalla destituzione forzosa di Saddam Hussein.
Gli americani e gli iracheni in queste ore stanno trattando i dettagli del loro patto strategico bilaterale sulla sicurezza che prevede l’ulteriore presenza in Iraq dei militari americani guidati dal generale David Petraeus. Nel giro di una settimana, al massimo due, il governo di Baghdad invierà proprio alla Rappresentanza italiana alle Nazioni Unite una lettera di richiesta di rinnovo del mandato Onu, accompagnata informalmente da una bozza di risoluzione già concordata con gli americani. Da lì a pochi giorni, il dossier Iraq verrà discusso al Consiglio di Sicurezza e, prevedono fonti diplomatiche al Palazzo di vetro, sarà certamente approvato come peraltro succede ogni anno dal 2003.
Per l’Italia, però, si tratta di una prima volta. E come tutte le prime volte, potrebbe nascere qualche imbarazzo politico e mediatico per il governo Prodi. L’Italia, infatti, è entrata nel Consiglio di sicurezza soltanto a gennaio di quest’anno. In precedenza, sia ai tempi del governo Berlusconi sia con l’attuale governo, non ha mai avuto l’opportunità di esprimere un voto sulla presenza dei militari americani e della forza multinazionale in Iraq. Questo dicembre, inoltre, è anche il mese in cui l’Italia presiederà il Consiglio di sicurezza, un evento talmente raro che le Poste italiane hanno deciso di emettere un apposito francobollo. Sicché l’intera questione del rinnovo del mandato militare americano – adottato ex capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, quello cioè che autorizza l’uso della forza – sarà gestita dall’ambasciatore italiano all’Onu Marcello Spatafora.
(segue dalla prima pagina) Il rinnovo del mandato Onu agli americani non riguarda la missione politica, civile e umanitaria delle Nazioni Unite. In gioco non c’è la necessità di un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale nella ricostruzione dell’Iraq e nel processo di riconciliazione nazionale. Su questo punto l’Italia ha già espresso ad agosto un voto favorevole, quando il Consiglio di sicurezza ha rinnovato e ampliato il mandato della missione Unami in Iraq. Il mandato da rinnovare è la missione militare Mnf (Multinational Force - Iraq), il cui slogan che compare in testa al sito ufficiale mnf-iraq.com è il famigerato “Operation Iraqi Freedom” di Donald Rumsfeld. Con il voto di dicembre, l’Italia di Romano Prodi e Massimo D’Alema, di Fausto Bertinotti e Oliviero Diliberto tornerà a far parte dei volenterosi alleati della politica irachena di Bush.
Mercoledì, a Otto e mezzo, il ministro degli Esteri D’Alema ha detto che l’eventuale estensione del mandato sarebbe comunque una risposta della comunità internazionale a una richiesta del governo iracheno. La posizione del ministro è formalmente corretta, anche se il governo iracheno richiede la presenza delle forze multinazionali fin dal primo giorno del suo insediamento a Baghdad. A questa richiesta irachena, peraltro, il governo Prodi appena insediatosi dopo la vittoria elettorale del 2006 aveva replicato con il ritiro (concordato e ordinato, non alla Zapatero) delle truppe italiane da Nassiryah.
La richiesta irachena, infine, nasce da un continuo e serrato confronto con gli americani. Il presidente Bush e il premier Nouri al Maliki hanno appena siglato un patto strategico bilaterale, mentre i loro diplomatici stanno definendo il linguaggio della lettera che arriverà sulla scrivania dell’ambasciatore Spatafora. Gli iracheni hanno bisogno degli americani, ma per ragioni di politica interna vorrebbero compiere un passo avanti verso la piena sovranità. Un’ipotesi su cui stanno discutendo è l’inserimento di una clausola che vieta di rinnovare ulteriormente il mandato militare, ma è improbabile che ci si arrivi. Gli americani condividono la preoccupazione irachena, ma vorrebbero mantenere una certa flessibilità d’azione.
Al Palazzo di vetro si prevede che la lettera irachena (e americana) arrivi al Consiglio di sicurezza tra il 3 e il 10 dicembre. In una decina di giorni, la questione verrà chiusa. L’unica cosa certa è il rinnovo del mandato. Qualche dubbio c’è sull’atteggiamento di Indonesia e Sudafrica, ma soprattutto della Russia che potrebbe provare a ostacolare il percorso per ottenere qualcosa su dossier che le stanno a più cuore, come il Kosovo. L’Italia, invece, è responsabilmente pronta a votare a favore di un altro anno di occupazione militare dell’Iraq.

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