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mercoledì 13 febbraio 2008

Alla ricerca del voto gay: Il Pd degli illusi che illudono.

iMille si chiedono:

Certo che no.
Avere una rappresentatività GLBT sarà una condizione necessaria ma assolutamente non sufficiente per dare al PD la patente di partito laico. Certo pero' che avere Binetti e Bobba in parlamento nel PD e tutti i parlamentari GLBT in altri gruppi (Mancuso, Luxuria, Grillini, Silvestri, etc.) non sarebbe di certo un buon inizio.

Esilarante vero? E noi ci domandiamo: Ma e che ci fanno degli esponenti Glbt (com'è stantio questo termine...) assieme alla Binetti e Bubba? L'uncinetto? Probabilmente si, è l'unica cosa che possono fare assieme visto che non ci sono speranze di avere punti in comuni soprattutto per i diritti dei Glbt? No?
Un bel Panettone questo Pd, c'è dentro di tutto...

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Sanremo 2008, in versione gay, lesbica, bisessuale, trans a Prato.

(Nove da Firenze) E' un'azzeccatissima parodia del famigerato Festival della canzone italiana di Sanremo la festa gay lesbica bisessuale trans e non solo venerdì 15 febbraio presso Officina Giovani in piazza Macelli 4 a Prato, dalle 22, ingresso libero. Per molti anni i gay e le lesbiche italiani/e hanno cercato nella musica pop italiana brani con cui identificarsi, in cui rileggere le proprie storie. La serata è un omaggio al tentativo di gay e lesbiche di costruirsi un proprio immaginario musicale e canoro a partire da produzioni generiche, non “di nicchia”, a proiezioni a tema, una selezione di video "baracca", di momenti di icone gay e lesbiche, dj-set, lettura del futuro con la cartomante Lucilla, mercatino, banchino di informazione libri e cultura GLBT a cura del Comitato Gay e Lesbiche Prato.

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Afghanistan, 12 gli italiani morti.

La maggior parte vittima di attentati.

(TGCom) E' salito a 12 il numero dei militari italiani morti in Afghanistan dall'inizio della missione italiana nel 2004. Di questi la maggioranza è rimasta vittima di attentati, altri invece sono morti in incidenti, mentre uno è deceduto per un malore.

Caporal maggiore GIOVANNI BRUNO - Il 3 ottobre 2004 alla periferia di Kabul esce di strada il mezzo sul quale viaggiava il caporal maggiore Bruno, 23 anni.

Capitano di fregata BRUNO VIANINI - Il 3 febbraio 2005 il capitano si trovava su un aereo civile in volo da Herat a Kabul che è precipitato in una zona di montagna a 60 chilometri a sud-est della capitale.

Caporal maggiore capo MICHELE SANFILIPPO - L' 11 ottobre 2005 il caporal maggiore, 34 anni, e' stato trovato morto nella camerata del battaglione Genio a Kabul, colpito alla testa da un proiettile sparato accidentalmente da un suo commilitone.

Tenente MANUEL FIORITO e maresciallo LUCA POLSINELLI - Il 5 maggio 2006 un ordigno esplode al passaggio di una pattuglia italiana su due veicoli blindati a sud-est di Kabul. Rimangono uccisi gli alpini Fiorito, 27 anni, e Polsinelli, 29 anni.

Tenente colonnello CARLO LIGUORI - Il 2 luglio 2006 a seguito di un infarto al miocardio muore ad Herat il tenente colonnello Liguori, 41 anni.

Caporal maggiore GIUSEPPE ORLANDO - Il 20 settembre 2006, a causa del cedimento del terreno, si capovolge il Puma sul quale viaggiava una pattuglia italiana a Chahar Asyab, circa 13 km a sud di Kabul. Muore il caporal maggiore Orlando, 28 anni.

Caporal maggiori GIORGIO LANGELLA e VINCENZO CARDELLA - Sei giorni dopo, sempre a Chahar Asyab, un ordigno improvvisato esplode al passaggio di una pattuglia italiana: resta ucciso il caporal maggiore Langella, 31 anni, mentre altri 5 militari italiani sono feriti. Tra questi il caporal maggiore Cardella che morirà alcuni giorni dopo.

LORENZO D'AURIA - Il 24 settembre 2007, l'agente del Sismi Lorenzo D'Auria viene ferito durante il blitz delle forze speciali britanniche compiuto per la sua liberazione.

Maresciallo capo DANIELE PALADINI - Il 24 novembre dell'anno scorso il maresciallo Paladini è rimasto ucciso nella valle di Pagman, a 15 km da Kabul, a causa di un attentatore suicida che si è fatto esplodere. Altri tre militari restano feriti.

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A Zurigo le "dark room" sono illegali e in Italia la notizia passa in totale silenzio.

Lo ha stabilito il Tribunale distrettuale: respinto il ricorso del gerente di un bar con annessa "camera buia" per le pratiche omosessuali.

(Ats)
Le cosiddette "dark room" sono da considerarsi illegali se si trovano all'interno di bar o ristoranti. Lo ha stabilito il Tribunale distrettuale di Zurigo, che ha respinto il ricorso del gerente di un bar con annessa "camera buia" per le pratiche omosessuali, al quale nel novembre del 2006 è stata inflitta una multa di 300 franchi.

Per il Tribunale distrettuale, le stanze buie in cui gli avventori di un locale possono lasciarsi andare a pratiche omosessuali violano la legge cantonale sui locali pubblici. La sentenza dichiara in pratica nullo l'accordo trovato un anno fa dalla città con i gerenti delle "dark room". Il gerente multato - il cui locale nel frattempo è stato chiuso - ha annunciato un nuovo ricorso davanti al Tribunale cantonale.

La comunità gay zurighese è costernata. "Tutti i nostri sforzi e quelli della città per trovare una soluzione sono stati resi vani", ha dichiarato un responsabile dell'organizzazione Pink Cross.

L'accordo con la città prevede che le "dark room" devono essere separate in modo chiaro, sia dal punto di vista visivo che da quello acustico, dagli altri spazi di un locale pubblico. Gli avventori devono avere compiuto i 18 anni e la prostituzione è tassativamente vietata. I gerenti devono inoltre firmare un documento sulle misure di prevenzione steso dall'Associazione dei locali gay della Svizzera (VEGAS) in collaborazione con l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP). Interpellato in proposito, il portavoce del dicastero cittadino di polizia, Reto Casanova, ha sottolineato che la sentenza non è ancora passata in giudicato. La città intende riesaminare l'accordo con i gestori delle "dark room" quando ci sarà una decisione definitiva.

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Tatangelo già vincitrice annunciata. Dal mondo gay segnali negativi...

(Marinella Venegoni - La Stampa) Per il Festival di Sanremo c'è il revival del vincitore annunciato. Nell'ambiente discografico milanese, in questo periodo di ascolti delle canzoni in vista della kermesse del prossimo 25 febbraio, circola con insistenza la voce che sarà Anna Tatangelo a portarsi a casa il trofeo: e chissà dove comincia la sensazione e dove invece finisce il pronostico, visto che i siti di scommesse danno la compagna di Gigi D'Alessio a 6,5.

A fare aggio sembra soprattutto la figura della cantante, bruna procace che piace assai all'immaginario maschile; e il suo profilo poi di interprete del filone più facile del pop, che la rende assai famosa nelle fasce più popolari, adulte o giovanili.

In quanto alla canzone, «Il mio amico» - che è scritta, testo e musica, da Gigi D'Alessio - scopre il tema dell'omosessualità maschile con tardiva puntualità. «Dimmi che male c'è/Se ami un altro come te..», canta la Tatangelo in uno stile vocale che richiama quello del suo compagno, con tanto di tremolato. Nell'ambiente della musica, dove l'omosessualità non è mai stata un tabù, si racconta di un famosissimo personaggio omo che, ascoltato per caso il brano, avrebbe mormorato: «Quasi quasi, divento etero». Un altro, ancora più grande, avrebbe aggiunto: .

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La "valanga" Obama travolge la Clinton e tra i repubblicani vola McCain.

(TGCom) Barack Obama ha vinto l'ennesima tornata di primarie nei tre stati dove gli elettori erano chiamati al voto: Virginia, Maryland e nel distretto di Columbia. Un duro colpo per la favorita in campo democratico Hillary Clinton che ora attende la prova importante del Texas. Quasi nessun problema in campo repubblicano per il superfavorito John McCain che ha vinto nei tre stati nei confronti di Mike Huckabee.

Obama ha anche superato la Clinton per numero di delgati che andranno alla convention democratica di Denver del prossimo agosto. Al momento il senatore nero ne conta 1.195 contro i 1.178 della Clinton. Per vincere la nomination ne occorrono 2.025 e la Clinton, per farcela, secondo i calcoli della Nbc deve aggiudicarsi almeno il 56% dei delegati ancora in palio.

Le primarie del Potomac, il fiume che attraversa l'area della capitale, hanno confermato che il senatore nero ha il vento il poppa e la Clinton è in crisi. Obama si è aggiudicato buona parte dei delegati in palio nella notte elettorale e, come bonus inatteso, ha ricevuto i risultati finale del caucus nello stato di Washington celebrati nel fine settimana, che gli hanno assegnato 56 dei 78 delegati in palio.

"I cinici adesso non possono più dire che la nostra speranza è falsa", ha detto Obama, parlando a una folla a Madison, in Wisconsin. "Abbiamo vinto a est e a ovest, a nord e a sud - ha aggiunto -. Abbiamo vinto in Maryland, in Virginia, e sebbene abbiamo vinto anche a Washington questo movimento non si fermera' fino a quando non porteremo il cambiamento a Washington".

La tripletta di Obama era attesa, ma è stata la sua portata a stupire gli osservatori. In Virginia il senatore ha vinto 63-36% (con il 93% dei voti scrutinati). I dati parziali del Maryland indicano una vittoria analoga, mentre nella città di Washington, dove i Clinton sono di casa da anni, è stata una valanga per Obama: 76 a 24% (con l'89% dei voti scrutinati). Altri dati della Virginia, dove le donne e i neri si sono spostati decisamente verso Obama e dove anche gli elettori bianchi della classe media sembrano aver tradito Hillary, offrono una serie di segnali d'allarme per l'ex First Lady.

Il fronte repubblicano
"Intendo cercare la presidenza con umiltà", ha detto il senatore John McCain dopo avere conquisatto tre vittorie nelle tre consultazioni elettorali in programma per la candidatura repubblicana: Virginia, Maryland e Distretto di Columbia (Washington). "Intendo essere il presidente di un'America piu' forte, in un mondo migliore", ha detto il senatore dopo il triplice successo che lo ha avvicinato al numero di delegati necessario per raggiungere la certezza matematica della candidatura.

L'eroe del Vietnam, rimasto per anni prigioniero ad Hanoi durante la guerra in Indocina, ha detto rubando lo slogan al suo rivale democratico Barack Obama: "La speranza è un bene prezioso: nessuno lo sa meglio di me". McCain ha chiuso il suo discorso con un altro slogan di Obama: "Sono carico di entusiasmo e pronto all'azione".

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Tv locali. Porno e caffelatte? Stop del Corecom.

«Niente porno-tv la mattina presto». Segnalazione al Corecom da Modena. Controlli centralizzati.

(Saverio Cioce - La Gazzetta di Modena) Gli spogliarelli del mattino all’ora di colazione davanti a bambini mattinieri? Niente da fare, sono stati eliminati d’ufficio e i genitori hanno potuto riaccendere la tv mettendo in tavola i cartoni animati assieme al caffelatte. E’ stato grazie alle segnalazioni di alcuni papà dell’Appennino che il Corecom, l’organo di vigilanza sulle comunicazioni, ha detto basta. Niente porno a colazione.
L’organo di controllo ha intimato a due emittenti di non mandare in replica oltre le 5.30 gli spogliarelli riservato agli adulti e agli insonni.
«In effetti - spiega il modenese Gianni Galeotti, che per cinque anni è stato nell’esecutivo del Corecom - non sono molti a conoscere le potenzialità di una struttura come questa. C’è chi chi confonde i nostri compiti con quelli della Polizia Postale, altri parlano di censura, ma non è così.
La vigilanza che la la legge ci affida sulle telecomunicazioni su base regionale, si concentrano soprattutto sul rispetto delle norme a tutela degli utenti nel caso delle telecomunicazioni e nella verifica dei codici di autodisciplina delle emittenti radio e tv».
Inutile dire che la telefonia fa la parte del leone
«E’ così, almeno dal punto di vista numerico. Sono centinaia gli abbonati di Telecom, ma anche delle altre società che gestiscono reti per i cellulari, che si rivolgono al Corecom per contestare bollette eccessive o collegamenti a servizi a pagamento che non sono mai stati chiesti. E ancora: i disservizi per bollette pagate in ritardo arrivano sui tavoli di conciliazione. Molte volte le contestazioni si risolvono spiegando le regole».
A favore di chi?
«Niente preconcetti, il vincolo è l’applicazione della legge. Mi pare che siano le compagnie che approfittano della posizione di giganti sul mercato per imporre il loro punto di vista in modo unilaterale, a discapito degli utenti».
Quindi?
«Nella stragrande maggioranza dei casi sono i singoli utenti a veder accolti reclami e ricorsi. Ci sono stati centinaia di pronunciamenti in cui abbiamo imposto di riallacciare immediatamente le linee che le compagnie telefoniche avevano già sospeso».
E le televisioni?
«Sinora il Corecom era per così dire oscurato dalla difficoltà di reperire le presunte prove delle infrazioni. Così quando a Bologna arrivava la telefonata indignata dell’anziana di turno, toccava a noi - tramite la Guardia di Finanza - chiedere per iscritto a tutte le emittenti che arrivano presumibilmente in una zona le copie dei programmi. Inutile dire che molto spesso le segnalazioni erano imprecise; le telefonate arrivavano a giorni o settimane di distanza, senza indicare l’emittente contestata, senza lasciare un domicilio o un numero di telefono. E poi va messo in conto che i responsabili dei programmi spedivano con molto ritardo inviando le registrazioni. Da lì in poi bisognava vedersi tutto da capo».
E ora invece?
«Ora c’è un sistema elettronico che permette una registrazione simultanea su un’unica memoria elettronica di tutte le tv che vengono immagazzinate in uno spazio ridottissimo. Così immediatamente, in tempo reale, ci sono le copie che qualsiasi ente abilitato può visionare al Corecom. E non è tutto: è in progetto l’estensione alle Province del servizio in modo da rendere disponibili le trasmissioni anche in sede locale. A Forlì lo hanno già fatto».
«Tutto consultabile via internet?
«Certo. Solo che la mole di dati è tale che non è ancora possibile estenderla a qualsiasi utente privato. Spero che in un futuro prossimo sia possibile. Ormai ho finito il mio mandato ma sono lieto di lasciare in eredità al mio successore questo strumento che grande efficacia alle operazioni di verifica»

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Amici continua a spaccare il pubblico (e la critica).

(Tvblog) Amici è una trasmissione che spacca, in tutti i sensi. Spacca l’Auditel, tant’è che si mormora della richiesta di Mediaset di altre tre puntate, in aggiunta a quelle previste (resta solo da chiedersi come faranno ad allungare il brodo, salvo ripescaggi o eliminazioni col contagocce). Spacca il pubblico, che la segue in modo viscerale o vittimista, adorante o diffidente (ce ne rendiamo conto come blogger tutti i giorni). Spacca la commissione, con Garrison che ammette al Sorrisi e Canzoni di sentirsi dire ogni giorno che sta perdendo la credibilità, mentre dietro le quinte conversa amabilmente con la Celentano e ammette di averla raccomandata quando subentrò alla Brescia.

Ma, soprattutto, spacca la critica. Antonio Dipollina ne stigmatizza la deriva, sostenendo che un ragazzo talentuoso che ama farsi i fatti propri non verrebbe mai preso. Ma persino un critico cinematografico raffinato come Italo Moscati, cultore dello zapping compulsivo ma ragionato, non ha potuto resisterle domenica sera, interpretandone il segreto del successo nella stessa peculiarità onomastica del titolo: la disamicizia.

Rivalità, competizioni, sfide sono ormai il format. Alla vigilia di X Factor persino a Maria De Filippi non preme più parlare di talent show. Questo le serviva ai tempi della crisi del reality, per giustificare le distanze del suo programma da ogni rischio di flop. Ma, nell’anno in cui più si è abusato del termine talento, dal brutto Celebrity di Canino all’inutile Talentuno con Tommy Vee passando per i Fuoriclasse senz’anima di Conti, nella scuola di Cinecittà si è puntato tutto sulla personalità.

Amici vive ormai di vita propria, non ha bisogno di etichette né di comparazioni. Esiste e continua a funzionare, perché interpreta il gusto della rissa repressa del vivere contemporaneo. Spesso e volentieri non ci piace vedere sullo schermo reazioni brutali che fanno parte del nostro inconscio. Soffocandole nel quotidiano, ce ne facciamo sedurre in tv, per quel malefico spirito di morbosa attrazione che la De Filippi ha trasformato nel proprio marchio di fabbrica. Senza aver paura che qualcuno le rubi un’idea connaturata nella sua inimitabile identità catodica.

Poi finisce che persino il regista Paolo Pietrangeli, che nel ‘68 componeva la colonna sonora del movimento studentesco e poi è stato arruolato dall’intera famiglia Costanzo, si confronta ogni giorno con il senso di colpa:

“Delle cinque mail che ricevo ogni giorno, almeno una mi chiede perché faccio programmi come Amici o C’è posta pe te. La mia risposta è che grazie a questo lavoro posso ancora fare canzoni. E poi mi diverto. Come altra tv considerata, a torto o a ragione, orrenda, Amici riesce a rappresentare un Paese molto più di programmi e film che si mettono a elucubrare sulla società. Il mio principio è: raccontare bene quello che ho davanti. Ma forse dico questo per salvarmi l’anima. Tra tv alta e tv bassa le strutture narrative sono le stesse: dopo tot minuti ci vuole il pianto, poi il momento più rilassato… La differenza è che la tv alta è più spudorata nel raccontare nefandezze. Ho chiesto solo di avvertire i ragazzi che esistono anche altri modelli, oltre quelli televisivi. I cantnati sono cloni di Giorgia, Gigi D’Alessio ed Eros Ramazzotti e i ballerini si rifanno solo al varietà del sabato sera. Non so se ascolteranno il consiglio”.

Quando, però, gli chiedono se è contento del continuo pollaio, ammette seraficamente che, “quando litigano, l’ascolto è più alto”. Un po’ come quando siamo con i nostri amici, veri o tarocchi, e scatta la maretta tra alcuni membri del gruppo. Non conta chi si merita la ragione e chi il torto. L’atmosfera si riscalda, le orecchie si spalancano. E un po’ ci vergogniamo, ma giusto quel tanto che basta per non ammettere a noi stessi che ci voleva proprio. Un diversivo per scacciare la noia.

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Sull'Unità una nota della gayband del Pd. "La battaglia dei gay democratici: Si può fare". Ma senza chiarire con chi.

(L'Unità) Perché una lesbica o un gay dovrebbe votare il Pd alle prossime elezioni politiche? La domanda non è banale, considerato quello che è successo in questi ultimi due anni. Due anni fa il ritorno al governo del Paese dell’Unione portò con sé la speranza per la comunità omosessuale italiana di veder finalmente tradotte in legge quelle richieste, come la legge contro l’omofobia e quella per i diritti delle coppie di fatto, che potessero consentire all’Italia di colmare i forti ritardi su questo terreno rispetto al resto d’Europa. Nel corso di questi due anni proposte di legge moderatissime come quella sui Dico o sui Cus, o come la normativa contro i reati motivati dall’omofobia, leggi che pure erano frutto di tentativi di mediazioni alte tra la cultura laica e quella cattolica, sono via via cadute sotto il fuoco dei veti ideologici di quelle parti della maggioranza e del nostro partito che hanno preferito imporre all’Italia il loro fondamentalismo religioso piuttosto che estendere fondamentali diritti civili a tutti i cittadini.
Esponenti politici del nostro partito ci hanno definiti deviati, malati da curare, alcuni senatori sono arrivati al punto di minacciare il voto contrario sulla legge Finanziaria pur di impedire l’approvazione di timidissime riforme in favore dei diritti dei conviventi e addirittura una senatrice recentemente ha votato contro la fiducia al governo Prodi su un emendamento al decreto sicurezza che voleva contrastare le discriminazioni e le violenze omofobiche. Soprattutto è mancata la forza di saper dare risposta alle speranze di una larga parte della società italiana - non solo degli omosessuali - che su questi temi si aspettava il coraggio di una decisione e che non ha compreso come non si sia andati fino in fondo.
Tante lesbiche, tanti gay democratici in questi due anni se ne sono andati, chi preferendo di agire unicamente dentro al movimento lesbico, gay, bisessuale e transgender chi rifugiandosi nella vita privata.
Noi abbiamo scelto di restare, convinti come siamo che la battaglia per i nostri diritti si debba condurre qui, dentro il Partito Democratico, nel dialogo con le forze migliori del cattolicesimo democratico, provando a risvegliare i tanti laici di questo partito dal loro torpore. È una scelta difficile, ma l’abbiamo compiuta, convinti come siamo che le nostre battaglie dovranno servire soprattutto a riaprire spazi di cittadinanza per quei tanti che si sono allontanati, perché possano tornare presto con maggiore fiducia e speranza.
Sappiamo che la vittoria di questa battaglia civile passa necessariamente per una vittoria nel Pd, in quello che potrebbe essere il più grande partito d’Italia, in quel partito che aspira, anche col nostro sostegno, a vincere da solo le prossime elezioni ed a governare il Paese con le forze migliori della società italiana.
Abbiamo accettato la sfida delle primarie, siamo stati dentro la fase costituente, abbiamo lavorato con forza e convinzione dentro alle Commissioni, e la nostra presenza dall’interno ci ha consentito di raggiungere risultati importanti e significativi. Nel Manifesto dei Valori dopo una lunga ed accesa discussione, la famiglia è stata declinata al plurale: si afferma, infatti, che «le famiglie, nella loro concreta condizione, sono destinatarie e protagoniste delle politiche sociali». Nello stesso documento si auspica che siano «riconosciuti e disciplinati per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto» e che si elimini «ogni discriminazione e violenza per motivi di appartenenze razziali e sociali, di schieramento politico e culturale, di religione, di genere e di orientamento sessuale». Nello Statuto nazionale si afferma che il Pd «si impegna a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla piena partecipazione politica di tutti i cittadini ed in particolare di coloro che per motivi legati al genere, all’origine etnica, alla propria religione o alle proprie convinzioni personali, alle disabilità, all’età o all’orientamento sessuale incontrano i maggiori ostacoli nell’accesso alla vita politica».
Tutto ciò non era affatto scontato, lo si deve soprattutto alla nostra perseveranza e rappresenta senz’altro un risultato importante, ma non basta. Per riaccendere le speranze del nostro popolo serve che questi principi e valori si traducano in precisi e chiari impegni programmatici. Serve che le persone che candideremo ne siano tutte consapevoli e ne divengano convinti e convincenti attuatori, anzichè, come alcuni sono stati in questi anni, cocciuti ed impuniti sabotatori.
Serve soprattutto che questa battaglia possa camminare anche sulle gambe di deputati e senatori dichiaratamente omosessuali che possano lavorare dall’interno delle istituzioni per costruire le mediazioni più avanzate, recuperando un rapporto e un dialogo profondo con quel grande e gioioso movimento che in gran parte ora sta fuori da qui. Perché è del tutto evidente che un partito che si definisce «a vocazione maggioritaria» ha bisogno di rappresentare la società italiana in tutti i suoi segmenti sociali, compresi quelli più scomodi, superando imbarazzi e reticenze.
Walter Veltroni in questi giorni ha proposto lo slogan della campagna elettorale, ispirandosi a Barack Obama «We can» cioè «Si può fare». È uno slogan che punta a trasmettere fiducia e speranza ad una società che vuole cambiare, rompere col passato e guardare con maggiore fiducia al futuro. A condizione però che sappia parlare a tutta la società, senza dimenticare nessuno.
Ecco quindi che la risposta alla domanda iniziale sul perché una lesbica o un gay italiano dovrebbe votare per il Pd dipenderà da quanto in questa campagna sapremo risultare credibili nel pronunciare «Si può fare». Tanti cittadini omosessuali vorrebbero svegliarsi il 14 aprile prossimo e poter dire che sì, «Si può fare»: si può uscire dalla paura, dalla non accettazione sociale, si possono avere diritti come tutti gli altri. Anche noi omosessuali vorremmo camminare verso una “nuova Italia” da protagonisti. Perché noi, anche se non siamo stati citati siamo parte importante di quella Italia a cui Veltroni ha parlato nel suo discorso di Spello. Perché la nostra battaglia è la battaglia di tutti, perché i nostri diritti aggiungono civiltà, rendono un Paese migliore, quel Paese in cui tutti vorremmo vivere. E allora, non solo «Si può fare» ma «Si deve fare».

Andrea Benedino, Anna Paola Concia, Cristiana Alicata, Carmen Antonino, Andrea Ambrogetti, Simone Acquino, Fabio Astrobello, Alessandro Bandoni, Simone Barbieri, Riccardo Camilleri, Alfredo Capuano, Maurizio Caserta, Matteo Cavalieri, Nicola Cicchitti, Enrico Fusco, Veniero Fusco, Daniele Garuti, Carlo Guarino, Nunzio Liso, Sergio Lo Giudice, Enrico Pizza, Carlo Santacroce, Ivan Scalfarotto, Ivan Scanavini, Ennio Trinelli, Carmine Urciuoli, Marco Volante.

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Sinistra arcobaleno. Bertinotti presenta il simbolo: Un governo con Veltroni? "Non e' alle porte".

(Dire) "On s'engage... ". Arrivando alla presentazione del simbolo della Sinistra arcobaleno, Fausto Bertinotti non nasconde che l'obiettivo della 'Cosa rossa' alle prossime elezioni e' un risultato a doppia cifra.

"Ci si prova", risponde infatti il presidente della Camera a chi gli chiede se sia possibile raggiungere questo risultato. "Ma io- aggiunge- non concepisco il voto solo in termini elettorali. Per noi la sfida consiste nel non rassegnarsi al duopolio che vuole cancellare la sinistra. Non possiamo rassegnarci all'idea che questa societa' non possa essere cambiata", aggiunge Bertinotti, che sembra escludere anche di correre come capolista in tutte le circoscrizioni: "Non c'e' bisogno di una personalizzazione eccessiva", motiva.

Alla presentazione del simbolo hanno parlato anche gli altri leader della Sinistra. Il verde Alfonso Pecoraro Scanio ribadisce: "I nostri candidati sottoscriveranno un impegno per cui non voteranno mai a favore di un governo con Berlusconi. Chiediamo un voto anche per evitare che domani si realizzi l'inciucio tra Berlusconi e Veltroni". E Oliviero Diliberto, il quale ha voluto fino all'ultimo che ci fossero tutti i simboli dei partiti oltre a quello della Sinistra arcobaleno, ora invita alla battaglia comune. "Il simbolo e' questo- dice in posa davanti all'arcobaleno della sinistra, andiamo alla battaglia". E a chi gli chiede se il risultato possibile sia quello del 10 per cento, risponde: "Non do mai i numeri".

Quanto al nuovo simbolo, sparisce la falce e martello, ma "non va via, ognuno la porta con se'", precisa il candidato premier Bertinotti, che aggiunge: "Qui stiamo parlando di un simbolo elettorale e la cosa da salutare positivamente e' che disponiamo di un nuovo simbolo per una nuova sinistra".

C'è pure lo slogan. S'engager. E il vocabolario nell'offrire il senso ('politiquement') del verbo francese e' netto: Impegnarsi. 'On s'engage', dice Fausto Bertinotti, ci impegniamo. Che, nel caso specifico, rispondendo a una domanda durante la conferenza di presentazione di simbolo e candidato, riguarda la possibilita' di ottenere nelle urne di meta' aprile una percentuale a due cifre di consensi, superare la soglia del 10 per cento insomma.

'On s'engage', dunque, per la prima uscita pubblica del candidato premier della Sinistra, dopo l'apparizione televisiva di ieri sera. Niente 'Yes, we can', in altre parole. Niente americanismi. Per Fausto Bertinotti, scelta raffinata e dal vago sapore antico.

Infine, il Pd. Un governo con Veltroni? "Non e' alle porte", secondo Bertinotti, che è pessimista sull'ipotesi che in un prossimo futuro si possano stringere alleanze di governo con il Pd. "La prima condizione, auspicabile, e' che Berlusconi perda- risponde Bertinotti partecipando alla presentazione del simbolo- e poi e' necessario che intervenga una riorganizzazione profonda dell'orientamento politico culturale del Pd che al momento non mi sembra alle porte. In ogni caso noi lavoriamo per contaminarlo", aggiunge Bertinotti.

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Ucciso un militare italiano ed un'altro ferito in Afganisthan.

Militare italiano ucciso ed un'altro ferito a 60 km ad est di Kabul durante una perlustrazione. Ne dà l'annuncio il nostro Ministero della difesa.

(Ansa) Un militare italiano e' stato ucciso vicino Kabul ed un altro soldato e' ferito. I due militari, entrambi dell'Esercito, sono rimasti coinvolti in un attacco con armi da fuoco portatili mentre stavano svolgendo una missione nel distretto di Uzeebin, a circa 60 chilometri da Kabul. Lo scontro a fuoco, ricostruisce lo Stato maggiore della Difesa, è avvenuto alle 15 locali (le 11.30 in Italia), nei pressi della località di Rudbar, nella zona di responsabilità italiana. "Militari italiani della Task Force Surobi, in attività di cooperazione civile e militare e sostegno sanitario alla popolazione, sono stati fatti segno di alcuni colpi di arma da fuoco portatili da parte di elementi armati ostili a cui i militari italiani hanno risposto", si legge in una nota dello Stato maggiore della Difesa. "A seguito dello scontro - aggiunge il comunicato - un militare italiano è deceduto mentre un secondo risulta leggermente ferito". E' in corso il trasporto presso l'ospedale militare francese di Camp Warehouse, a Kabul.

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La Prestigiacomo a Ferrara, giù le mani dall'aborto e a GayLib: 'L'elettorato cattolico si può fidare: non faremo mai i Pacs'.

(Apcom) - "Rispetto Giuliano Ferrara ma non è utile alla politica la sua iniziativa. Avvelenerà il clima, non perché la sua non sia una battaglia legittima. Anch'io sono pro vita e non pro aborto, però dobbiamo piantarla di criminalizzare le donne che compiono una scelta che è drammatica". Lo afferma Stefania Prestigiacomo, esponente di Forza Italia, in un'intervista alla 'Repubblica'.

La parlamentare sostiene che il possibile futuro governo Berlusconi "non toccherà la legge sull'aborto" anche perché "l'aborto non è questione che possa entrare a far parte del programma elettorale, non sono queste le priorità di cui la gente vuole discutere che riguardano il potere d'acquisto, i salari bassi, la vita quotidiana".

Prestigiacomo puntualizza che il leader del Pdl Silvio Berlusconi sull'argomento "ha sempre parlato di libertà di coscienza". Non ci sarà nessuna modifica alla 194. Sarà piuttosto applicata meglio, con adeguate politiche di sostegno alle donne. In questa legislatura con una maggioranza risicata nessuno dell'opposizione di centrodestra si è "sognato di proporre lo smantellamento della 194. C'è molto da fare invece sulla prevenzione".

L'ex ministro delle pari opportunità sottolinea comunque che "l'elettorato cattolico ha a cuore i temi della famiglia e sa che del centrodestra ci si può fidare. Noi non faremo mai i Pacs".

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Tv. Anche le lesbiche sono pellegrine. Lesbiche e buddiste in cerca della fede?

(Tvblog) Questa sera alle 23, Cult propone la seconda puntata di Santiago - Anche le lesbiche sono pellegrine.

Questo l’incidente scatenante:

Cristina propone a Federica, la sua ex fidanzata, di partire per il cammino di Santiago, ma lei non ne vuole sapere (da anni è in rotta con la chiesa cattolica). Alla fine si convince e, dopo un estenuante allenamento, partono per Roncisvalle. Il cammino inizia da lì, ma l’incontro con un gruppo di pellegrini cattolici riaccende l’antico conflitto con la religione…

Le due, buddiste, affrontano insieme il cammino di 800 chilometri - e 5 puntate -, ma non sono sole: con loro, Kevin, aspirante seminarista, Laura e Cristiano, in cerca di una strada per la vita e Ricardo, cileno, che si erge a guida morale (e materiale) del gruppo.

Un’interessante produzione di uno dei più interessanti canali del pacchetto-Sky, per affrontare in maniera originale i temi dell’omosessualità e della religione. Le prime due puntate sono già disponibili sul sito del programma (qui la seconda puntata), che fa parte del più ampio portate GenteCult).

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Dossier. Turismo sessuale per 80.000 italiani l'anno e i pedofili sono una minoranza.

(Agi) Sono sempre piu' numerosi gli italiani che praticano il turismo sessuale, spesso con risvolti pedofili: se prima in alcuni Paesi eravamo fra le prime 4-5 nazionalita', oggi siamo i piu' presenti in luoghi come il Kenya (il 24% dei clienti di prostituiti e prostituite minorenni e' italiano, contro il 38 %di clientela 'locale'), la Repubblica Dominicana, la Colombia. E' quanto rivela Marco Scarpati, presidente di ECPAT-Italia, secondo cui sono oltre 80.000 i viaggiatori che ogni anno lasciano la Penisola per andare a caccia di sesso proibito, con adolescenti o bambini piccolissimi; non solo pedofili (che rappresenterebbero il 3% del totale), ma anche - e soprattutto - uomini e donne normali. Secondo l'Ecpat, (organizzazione che dal 1994 combatte lo sfruttamento sessuale dei bambini a fini commerciali) l'eta' del turista sessuale si e' abbassata e "non corrisponde piu' al vecchio cliche' del pedofilo classico". L'eta' media del nuovo cliente e' intorno ai 27 anni, i low cost gli permettono di spostarsi di piu', il Web gli consente di gestire tutto da solo, prenotando bambini e servizi (dal tassista che lo andra' a prendere in aeroporto al nome delle persone da contattare nel caso in cui la polizia si intrometta) in piccole pensioni che chiudono un occhio in cambio di pochi dollari'. "Come affermiamo da anni non ci sono distinzioni di eta', di categorie sociali e di orientamento sessuale tra chi usa i bambini come oggetti per il mercato del sesso - afferma Scarpati, commentando l'operazione di contrasto alla pedopornografia e turismo sessuale coordinata dalla procura di Siracusa e denominata 'THAI', che ha portato ieri a 4 arresti - Non ci stupisce per nulla sapere che la gran parte di questi reati siano commessi da persone insospettabili". In Tahilandia, dove ECPAT ha la sede centrale, ci sono circa 300 mila bambini vittime di sfruttamento sessuale. I piccoli coinvolti in questo mercato del sesso provengono, oltre che dalla Thailandia, dalla Birmania, dalla Cambogia, dal Vietnam, dal Laos e dal sud della Cina. "Proprio qualche giorno fa una rappresentante di uno dei gruppi ECPAT e' rientrata da Pattahya, 'supermercato' thailandese del sesso, dove e' sempre possibile trovare minori in vendita - riferisce Scarpati - Oltre a raccontarmi l'orrore visto, ha confermato che a gestire il mercato del sesso con minori e' spesso la mafia russa e che una parte sempre piu' consistente delle bambine che vengono portate in Thailandia sono trafficate dalla Birmania". Le nuove forme di schiavitu' saranno tra gli argomenti di discussione nel prossimo III Congresso Mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori, che si terra' a Rio de Janeiro tra il 25 e il 28 novembre 2008, organizzato da ECPAT, Unicef e il gruppo delle ong per la Convenzione dei Diritti dell'Infanzia.

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Gaypride a Mosca. Forti critiche dal sindaco Loujkov.

Dure le repliche della comunita' gay russa.

(Ansa) Il sindaco di Mosca Loujkov ha paragonato il Gay Pride allo scudo anti-missilistico americano, ovvero ad 'armi di distruzione di massa'. Dure le repliche della comunita' gay russa che ha definito 'omofobiche' le dichiarazioni del sindaco. Iouri Loujkov, che non e' nuovo ad esternazioni del genere avendo gia' tacciato in passato il Gay Pride di essere di essere 'opera di Satana', ha dichiarato che 'c'e' un legame diretto tra i missili e l'orientamento sessuale non-tradizionale'.

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Faustino. A me non disturba più di tanto che il compagno Bertinotti vada in giro con i cach...

(Claudio Sabelli Fioretti) A me non disturba più di tanto che il compagno Bertinotti vada in giro con i cachemire veleggiando per salotti romani. Piacciono anche a me i maglioncini e non vedo perché non si debba, potendo, scegliere il meglio, se non si fa male a nessuno. A me fanno ribrezzo i salotti, ma tutti i gusti son gusti. Magari al presidente della Camera fa schifo spaccare la legna, attività che a me fa godere intensamente. Quello che mi dà fastidio è la mitizzazione dei suoi cachemire e della sua vita mondana.
Per esempio gli articoli che ne parlano. L’ultimo l’ho letto sul Corriere della Sera. Si parte dalla domanda “birichina” che Klaus Davi gli rivolge intervistandolo per Radio 105. Lui risponde “di non pentirsi, proprio no” di essere assiduo frequentatore di certi chicchettissimi salotti politici romani. Non è una rivelazione. Sono anni che Bertinotti racconta di quanto trovi divertente frequentare amici ricchi ed aristocratici perché questo non inficia il suo impegno a favore dei deboli e degli sfruttati.
Ma poi si passa ai dettagli. Umberto Pizzi, il principe dei paparazzi racconta che Bertinotti mangia con la bocca chiusa e non usa le mani. Un comunista di buone maniere. Non come gli operai che mangiano i rigatoni con le dita e ruttano. Estasiata, la signora Guya Sospisio, che ha il salotto proprio di fronte alle carceri di Regina Coeli, spiega: “Fausto è una persona di intelligenza rara. Ha charme ed è colto. Per questo lo invito”.
Alla signora Sospisio piacciono i marxisti, ma con uso di mondo. Alle sue cene è rarissimo incontrare carpentieri e tubisti. Sono poco colti, non hanno charme e, diciamolo, sono anche poco intelligenti. Infece Fausto è perfetto, rosso ma affascinante. “Sa essere di sinistra ma non fermo, non blindato. E poi ha un eloquio così…” Così come, signora Sospisio? Com’è l’eloquio di Fausto Bertinotti? E’ un eloquio forte…virile…Un eloquio elegante… raffinato…Un eloquio colto… ponderato?

Non lo sapremo mai. Ma sappiamo che ai camerieri Fausto raccomanda sempre: “Datemi del tu”. E loro entusiasti. Se la cena è in piedi gli cercano un angolino riservato e vanno a servirlo lì. Ricorda la moglie, Lella: “Una volta i camerieri cominciarono a chiamarlo addirittura “Faustino”. Deliziosi, no?” E come no? Deliziosissimi i camerieri. Quella sera alla fine della festa uscirono dal salotto Sospisio, cercarono il primo muro libero e ci scrissero “Marx era frocio”. Poi andarono ad iscriversi a Forza Italia. Antonio Polito, fondatore del Riformista, deputato della Margherita, molto invitato dalla Sospisio, dice la sua. Dice che la curiosità attorno alla mondanità di Bertinotti è tipica di chi ha una visione moralistica della politica. Dice: “In quei salotti si capisce dove va il Paese”. Dio mio! Ecco perché il Paese va dove va. Conclude il teatrino lo stesso Bertinotti. “Andare nei salotti è una scelta di libertà”.
Che nessuno costringa il subcomandante Fausto.

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Alla ricerca del voto gay. Il Mario Mieli al caffè si schiera con Bertinotti.

Oggii, 13 febbraio 2008, Rossana Praitano, Presidente del Circolo Mario Mieli introdurrà l’evento nel corso del quale sarà presentato come candidato premier della Sinistra Arcobaleno Fausto Bertinotti ed il nuovo simbolo.

La presentazione si terrà alle 11.30 a Roma, presso il caffè Fandango in Piazza di Pietra 32.
Saranno presenti anche Oliviero Diliberto (Pdci), Franco Giordano (Prc), Fabio Mussi (Sd), Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi).

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"Family Day due", torna il 2 marzo in 134 piazze e si riunisce anche l'Arcigay per decidere chi appoggiare alle elezioni.

(Agnese Malatesta - Ansa) Il popolo del Family Day è ancora vitale. Si mobilita di nuovo contro le tasse per chi ha figli. Lo fa con la stessa filosofia del 2007 ma cambiando formula, si allarga sull'intero territorio nazionale, opta per una "rete". Non sceglie quindi una sola piazza ma ben 134, seppure abbia in attivo una scenografia e un risultato imponente come fu quello di Roma dello scorso maggio. L'appuntamento è per domenica 2 marzo. Ha per l'occasione un progetto: raccogliere quante più firme per una petizione popolare in cui si chiede una riforma fiscale a dimensione familiare: deduzioni dall'imponibile pari al costo di mantenimento di ogni soggetto a carico. Le aspettative dei promotori sono ambiziose visto che nelle piazze saranno complessivamente a disposizione 18 milioni di schede. Potranno dare la loro adesione anche i minorenni.

Da oggi per il popolo del Family Day2 - una settantina di associazioni guidate dal Forum delle associazioni familiari in rappresentanza di 3 milioni di nuclei - comincia la campagna elettorale. "Non per candidare una persona - ha spiegato il vertice del Forum, il presidente Giovanni Giacobbe e i due vicepresidenti Paola Soave e Giuseppe Barbaro - ma per inserire nel programma elettorale dei partiti la nostra proposta su un sistema fiscale più equo per le famiglie. Siamo convinti che il fisco è il portale della politica familiare". Una decisione che potrebbe avere qualche effetto sul risultato elettorale del 13 e 14 aprile. Come? "Siamo autonomi" hanno tenuto a dire i tre. Ma "informeremo le famiglie su chi si impegna per un'equità fiscale. I nostri interlocutori sono tutti i partiti a cui vogliamo presentare la nostra proposta. Chi la realizzerà avrà il nostro placet. Non sarà una vera e propria indicazione di voto ma crediamo che l'impegno di un partito orienterà le scelte delle famiglie, non sarà un impegno ininfluente. Noi però non siamo collaterali a nessuno, tant'é vero che abbiamo amici in tutti i partiti". La strategia del popolo del Family Day2 è quindi politica. Ora è anche alla ricerca di un Garante per le firme, di alto profilo. Ha infatti perso il leader della prima edizione, Savino Pezzotta che ha scelto un impegno diretto con la Rosa Bianca. "Pezzotta - hanno spiegato - ha adempiuto alla funzione che aveva e di questo gli siamo grati. Il rapporto con lui è esaurito. La sua scelta politica è personale. Noi siamo autonomia, non siamo collaterali a nessun partito".

La misura che propone il Family Day2 (deduzioni di 7 mila euro a figlio) potrebbe interessare 10 milioni di famiglie e il costo per lo stato si aggirerebbe intorno ai 3 miliardi di euro, secondo stime del primo governo del centrosinistra. Per loro la famiglia è quella fondata sul matrimonio; tutele però vanno assicurate, come dice la Costituzione, anche ai figli nati al di fuori. Il Family Day 2 marzo si terrà in tutta Italia ma in alcune città (Roma, Napoli, Milano, Parma, Assisi, Verona) saranno organizzati eventi più articolati. I sindaci di queste città sono stati invitati a firmare la petizione. Per ora ha dato la sua adesione - secondo quanto riferiscono gli organizzatori - il vicesindaco di Roma Mariapia Garavaglia. La raccolta firme durerà fino al 15 maggio, Giornata internazionale della famiglia. Le adesioni saranno presentate al presidente Giorgio Napolitano.
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L'Arcigay si riunisce per decidere chi appoggiare alle elezioni.
L'1 e il 2 marzo Arcigay terrà la propria Direzione Nazionale a Bologna e in quell'occasione verranno resi pubblici gli orientamenti dell'associazione rispetto alle elezioni politiche ed amministrative.

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Emergenza Mediaset: Il Grande Fratello battuto da Nostra Signora di Lourdes .

Gli ascolti premiano Bruno Vespa, mentre al Grande Fratello va in onda una puntata densa di sentimenti. Tra l'arrapamenti e lacrime e...

(G. M.) Non facciamo gli ipocriti, quest'anno il Grande Fratello è triste, mesto, terribilmente noioso e non bastano tutte le trappole messe in giro dalla sua redazione per accalappiare il pubblico. Andiamo per ordine e decifriamo tutte queste trappole "acchiappa-ascolto".
Fin'ora sono stati buttati, soprattutto in rete, una serie di pettegolezzi e chiacchere: troviamo una famigliola surreale con dei figli maschi in odore di omosessualità. Che ci sia un gay (o più? e maschio e/o femmina non importa...) è un dato evidente, si tratta di aspettare e perlomeno questo sembrerebbe più discreto di Jonathan (ricordate? uno degli attuali artefici del detto "In Tv dove c'è un gay c'è il checca-trash"...).

Il trans "a modo" truccatrice per la M. V. Brambilla a Telelibertà che poi si scopre mettere in mostra tette a destra e a sinistra. La schiaffeggiata da Albano. Il bel brasiliano, Thiago, dal faccino dolce, che sembra il mantenuto della moglie alquanto incartapecorita e del quale si dice abbia girato dei film porno dove ha messo a disposizione il suo popò, evenienza questa però smentita dai gay stessi, salvo poi in futuro, chissà, magari in un'emergenza peggio di questa, tirare fuori qualche fotogramma.

Roberto, il simil-venditore stereotipato alla Publitalia, piangente e che sembra il nipote babbeo del povero Guido Nicheli, il cumenda dei films dei Vanzina. E che dire poi degli abiti della "stitica" Marcuzzi, un vero insulto al tanto invidiato "made in Italy".

Insomma come si dice a Rimini una "patacca" veramente colossale, ieri sera poi è stato sparso del sale sulla casa del GF8 -quasi a stabilirne la definitiva sconfitta- raso al suolo dai risultati ottenuti da Bruno Vespa.

"Si tratta di un risultato straordinario, anche dal punto di vista psicologico", commenta Vespa. "Puntavo su un buon risultato, ma non mi sarei aspettato di battere il Grande Fratello con una trasmissione a sfondo spirituale. Il Grande Fratello è esattamente l'antitesi di Lourdes e, in generale, l'offerta tv di ieri sera era gigantesca".

Più che le parole di Vespa sono i numeri dell'Auditel a parlar chiaro: il risultato di ascolto dello speciale Porta a Porta su Lourdes, che ieri in prima serata su Raiuno ha ottenuto 5 milioni 494 mila telespettatori pari al 21.52% di share, battendo in sovrapposizione il Grande Fratello su Canale 5. Dalle 21:17 alle 23:18, infatti, il programma di Vespa ha avuto il 21.43% con 5 milioni 492 mila spettatori, contro il 20.79% con 5 milioni 302 mila del reality di Canale 5.

Lo speciale sui 150 anni di Lourdes "ha avuto punte di 6 milioni 650 mila spettatori: ripeto - conclude Vespa - avere più di sei milioni e mezzo di persone che guardano una trasmissione sulla Madonna, qualche riflessione la porta". Già eccome se la porta, infatti à emergenza a Mediaset. Chissà cosa s'inventeranno, già perchè, parliamoci chiaro, qualsiasi cosa succede sarà un'invenzione.

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Due gay hanno confessato sotto tortura di amarsi. “Non uccidete Hamzeh e Loghman. Basta pena di morte in Iran.

comunicato stampa

12 febbraio 2008

GAY, IRAN: GRUPPO EVERYONE CHIEDE INCONTRO URGENTE CON L'AMBASCIATORE IRANIANO A ROMA

GLI ATTIVISTI:

“INVITIAMO LE MIGLIAIA DI FIRMATARI DELLA PETIZIONE A SCRIVERE ALL'AMBASCIATA CHIEDENDO CHE I GIOVANI OMOSESSUALI HAMZEH E LOGHMAN SIANO RISPARMIATI"


Ha superato oggi le 12.500 sottoscrizioni la petizione per la vita di Hamzeh Chavi e Loghman Hamzehpour (www.petitiononline.com/irangay), i due ragazzi di 18 e 19 anni arrestati a Sardasht, nell’Azerbaijan Iraniano, lo scorso 23 gennaio, con le accuse di “mohareb” e “lavat”, che hanno confessato sotto tortura di amarsi e rischiano la messa a morte.

Gli attivisti del Gruppo EveryOne hanno indirizzato una lettera ad Abolfazl Zohrevand, Ambasciatore in Italia della Repubblica Islamica dell’Iran, in cui chiedono un urgente incontro per discutere del caso dei due giovani, che sta suscitando clamore in tutto il mondo, e della preoccupante situazione sulla violazione dei diritti umani in corso nel Paese.


Signor Ambasciatore,” si legge nella lettera, firmata dai leader di EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, “viviamo in un tempo difficile, in cui spesso la luce e il buio, l'amore e l'odio, la giustizia e l'ingiustizia si confondono. Signor Ambasciatore, Le chiediamo di far sì che le supreme Autorità iraniane mostrino un po' di luce. […] Siamo a chiedere a Lei di mobilitarsi” continua la lettera “affinché quei due ragazzi, che stanno per essere condannati solo perché si amano in modo diverso, vengano risparmiati.

L'omosessualità esiste in tutti i Paesi del mondo ed è sempre esistita, anche fra i grandi uomini del passato.

Attraverso di Lei, vogliamo supplicare il presidente Ahmadinejad e i giudici della repubblica Islamica di restituire a quei giovani la loro libertà, i loro sogni, la loro possibilità di fare del bene”.

Il Gruppo EveryOne invita tutti i sottoscrittori della petizione, e così tutti coloro che credono ancora nel valore della vita umana e della convivenza civile, a inviare all’Ambasciata Iraniana a Roma, in via Nomentana 361/363, una lettera o una cartolina–o un’e-mail a Ambassador@iranembassy.it,

info@iranembassy.it e ebassiran.rome@hotmail.com

recante due brevi frasi:

Life for Hamzeh and Loghman.

Stop executions in Iran”.

Chiediamo all’Ambasciatore Abolfazl Zohrevand di confermare il suo impegno per la tutela delle minoranze e di levare la sua voce autorevole per convincere Teheran a non versare il sangue di Hamzeh e Loghman, a non ripetere ancora una volta il martirio di giovani innocenti, come avvenne nel giugno del 2005 con Mahmoud Asgari e Ayaz Marhoni, le immagini della cui esecuzione hanno sconvolto il mondo, e lo scorso 5 dicembre, con l’impiccagione, nel carcere di Dizel Abad a Kermanshah, del ventunenne Makwan Moloudzadeh, il cui nome è diventato un simbolo mondiale per la lotta contro l’omofobia , la pena di morte e i trattamenti disumani e degradanti nei confronti dei perseguitati. Crediamo che l'Ambasciatore sia l'interlocutore ideale per parlare di vita in Iran; non va dimenticato il suo impegno nel Progetto di Cipro per la Pace (1999) né la sua sensibilità verso il tema dei Diritti Umani”.

“Vita per Hamzeh e Loghman. Stop alla pena di morte in Iran” ripetono Malini, Pegoraro e Picciau. “Due semplici frasi per un cambiamento che la maggior parte degli iraniani chiede insieme a noi: ci auguriamo che l'Ambasciatore sia disponibile al dialogo e che la nostra richiesta venga condivisa e supportata da tutti i cittadini, dalle forze politiche, dalle associazioni e organizzazioni per i diritti umani e civili a livello italiano e internazionale”.

Per ulteriori informazioni:

Gruppo EveryOne

(+ 39) 334-8429527

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