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lunedì 22 ottobre 2007

Contro il razzismo e l'omofobia il sud insegna.

(Napoligaypress) Domenica scorsa si è svolta a Frattamaggiore, in provincia di Napoli, presso il Centro Sportivo Penthatlon, una giornata di sport e di impegno dal titolo “Il Calcio contro il razzismo e le discriminazioni” nell’ambito degli eventi della Settimana Internazionale del FARE (Football Against Racism in Europe).

Due calci ad un pallone, quattro chiacchiere sul tema dell’omofobia e delle discriminazioni razziali ha coinvolto, in un’atmosfera del tutto informale, i volontari dell’Arcigay Napoli e i ragazzi del Cantiere Giovani (una Onlus che si occupa di educazione alla pace, promozione dei Diritti Umani, inclusione sociale e partecipazione giovanile) nell’unico evento in Italia che ha coinvolto un’associazione omosessuale.

La giornata si è conclusa con una premiazione simbolica: è stata l’occasione per squarciare un piccolo velo in un ambiente in cui, a livello dilentattistico come a quello agonistico, parlare di omosessualità è ancora un tabù. Ma è stato anche il modo per stringere nuovi rapporti oltre i recinti del mondo gay che porterà presumibilmente ad associare nuovamente l’ambiente sportivo, e calcistico in particolare, con quello omosessuale.

Incontri sportivi volti a sensibilizzare i giovani sulle problematiche dell’omofobia e dibattiti sul tema come antidoto ai casi di bullismo sempre più diffusi nelle scuole e negli ambienti giovanili in genere. Ma anche la formazione di una vera e propria squadra composta da ragazzi LGBT che si affiancherebbe così a quelle già esistenti di nuoto e volley. (Foto Arcigay Napoli)

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A Firenze la mostra omosex di Milano.

Dal 26 ottobre nella Palazzina Reale della stazione di S.Maria Novella. «Vade retro» organizzata da Vittorio Sgarbi con alcune opere molto contestate.

(Il Corriere della Sera- p. pan) Napoli, Savona, Campobasso, Udine, Campione d’Italia e anche la città del Santo, Padova. Tra tutti quelli che si sono candidati ad ospitare la mostra omosex «Vade retro», organizzata da Sgarbi al Palazzo della Ragione di Milano negli scorsi mesi e mai aperta, l’ha spuntata Firenze. Qui, dal 26 ottobre, nella Palazzina Reale della Stazione di Santa Maria Novella, Artematica potrà esporre la mostra con la scultura di Paolo Schmidlin «Miss Kitty», con Papa Benedetto XVI con una molletta tra i capelli, un perizoma e delle autoreggenti, la fotografia di ConiglioViola con Silvio Sircana, portavoce del governo Prodi, che si ferma in auto vicino a un transessuale con Gesù al posto del transex e anche la foto di Paul M. Smith, modificata digitalmente, che mostra un uomo con i baffi seduto su una sedia con le gambe aperte e al posto del sesso maschile i genitali femminili.
«Non abbiamo patrocini – afferma Sgarbi – e l’assessore Gozzini, che prima ci aveva appoggiati, ora ci contrasta. Ma noi andiamo avanti ed esponiamo tutte le 160 opere. Come si potrebbe vietare una mostra simile nella città di Michelangelo e Leonardo che erano omosessuali?». Oggi c’erano polemiche a Firenze e «Arcigay e Arcilesbica ci hanno sostenuti: hanno fatto cartoline con una foglia di fico che copre le vergogne (non è questa la parola usata da Sgarbi, ndr) del David». Insomma, Firenze vedrà (in sede chiusa, a pagamento, non vietata, ma senza patrocini) la mostra che non si è vista a Milano. «Poi – assicura Brunello di Artematica – si sono prenotate già Londra e Taormina».

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Un incarico ministeriale per l'ex presidente dell'Arcigay.

Sergio Lo Giudice presidente della Commissione per i Diritti di gay e lesbiche.

L'annuncio dato dal Ministro Pollastrini durante il convegno Educare alla Diversità a Torino. La nomina del presidente onorario Arcigay sarà ufficializzata a giorni
Siamo molto contenti delle dichiarazioni fatte oggi dal Ministro delle Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, in occasione del convegno torinese sull'educazione alle diversità inserito nell'ambito della fiera internazionale di Melting Box.

L'ennesima spartizione di potere mentre ormai il tempo di questo governo maldestro e pasticcione è scaduto ed al suo interno si sta consumando una resa dei conti politica.

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Ivan Cattaneo all'Isola dei Famosi.

Lo hanno annunciato dai microfoni di Radio Montecarlo durante l’Alfonso Signorini Show: Ivan Cattaneo sbarcherà sull’Isola dei Famosi in sostituzione di Francesco Coco.

Non è la prima volta che il cantante si avventura nel mondo dei reality show: lo ricorderete, infatti, nella prima edizione di Music Farm, condotta da Amadeus, che sarebbe poi stato sostituito, nonostante i buoni risultati, proprio da Simona Ventura nelle due edizioni successive.

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Renga al Top.

"Ferro E Cartone" è il disco più venduto in Italia

Francesco Renga al numero 1.

(Mtv) Il nuovo album del cantante bresciano, "Ferro e Cartone" uscito il 12 ottobre per la Univeral, entra al numero uno nelle classifiche di vendita FIMI-NIELSEN.

Il disco, prodotto da Corrado Rustici a San Francisco, contiene 11 brani inediti ed è caratterizzato da sonorità internazionali e dalla poderosa voce di Renga.

Oltre al formato standard, l'LP sarà in vendita anche in una limited edition con 9 brani riarrangiati (pianoforte e voce).

Il nuovo singolo - "Ferro E Cartone"- brano che dà il titolo al disco, è attualmente uno dei più suonati dalle radio.

L'album ha come tema la ricerca all'indietro nel tempo, movimentato da un vento di avventura. C'è una tonalità da cantastorie dei sentimenti che ben si sposa con il l'autore e con il suo pubblico.

Ricordiamo che il prossimo 4 dicembre Renga si esibirà al DatchForum di Assago (Milano), in quella che sarà una ghiotta anteprima del tour 2008 dell'artista. I biglietti sono disponibile nei punti vendita abituali.

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Governo indietro tutta: nessuna registrazione per i blog.

Intervenendo ad un convegno presso l’Università di Salerno, questa mattina il ministro delle Comunicazione, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che il disegno di legge sull’editoria, fortemente contestato per l’imposizione della registrazione dei blog al Registro degli operatori della comunicazione, sarà modificato.

Gentiloni ha spiegato che la registrazione sarà necessaria solo per i periodici di informazione su Internet che vogliono accedere ai fondi pubblici per l’editoria. L’intervento del Ministro, sebbene utile per tranquillizzare i blogger, ha avuto però l’effetto di mettere in apprensione una parte ben più consistente della popolazione, visto che ha implicitamente confermato che ad aver realmente bisogno di una registrazione sono i neuroni dei tanti parlamentari che troppo spesso parlano o scrivono senza aver preventivamente effettuato neppure un check-up al cranio.

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Toscana Tv; Rapporti sessuali tra gay e preti, la nostra inchiesta.

(Toscana Tv) Il sito gay.it il 2 ottobre scorso ha rivelato i dati di un sondaggio su rapporti tra omosessuali e uomini di chiesa, che ha suscitato polemiche e indotto alla riflessione su temi resi ancora piu' scottanti da recenti fatti di cronaca.
Un dato per tutti: il 31% delle persone che ha risposto al sondaggio ha raccontato di avere avuto rapporti sessuali con uomini di chiesa. Partendo dalla considerazione che i sondaggi non costituiscono una base scientifica, sull'argomento abbiamo voluto sentire il parere di Mirco Zanaboni, presidente di Ireos, un'associazione di volontariato per gay, lesbiche, bisessuali, transgender nata nel 1997 a Firenze.

I gay sono ovunque, ha dichiarato Zanaboni, per me e' naturale pensare che ci siano anche in chiesa'. Il presidente di Ireos pero ci tiene subito a fare due importanti precisazioni: 'Troppo spesso i media e la gente fanno confusione tra omosessualita' e pedofilia. Secondo aspetto: 'Come si fa, ha chiarito Zanaboni, a parlare di preti gay. Il gay non si distingue solo in base alle scelte sessuali, ma soprattutto come difensore di diritti anche affettivi ancora da conquistare'. Di storie tra omosessuali e preti, Zanaboni, in qualita' anche di volontario, ha sentito parlare, ma i luoghi di incontro sono lontani da quelli promossi dalle associazioni. Ecco perche', secondo Zanaboni, la chiesa deve prendere atto della realta' e rivedere le proprie posizioni: 'la posizione omofoba e' minoritaria anche dentro la chiesa'.

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Ogni ultimo sabato del mese al Pueblo

BACIAMI STÜPIDA friendly party!
Per lesbiche, gay, trans, etero e i loro amici!

Happy music, cheap drinks, baristi pazzi e…voi!

Prima festa della stagione
Sabato 27 ottobre dalle 22
alla consolle: dj_paoletta_sui_tavoli!
(e già che ci siamo festeggiamo pure 3 compleanni, tra cui il mio….)

Ingresso gratuito, consumazione facoltativa, voglia di divertirsi obbligatoria.

—————–

Circolo Arci Pueblo
Corso Palestro 3 Torino
www.circolopueblo.com

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Arriva Hatebook, l’ultima ondata del movimento anti-social.

(Panorama) “Benvenuto nell’Impero del male”. È l’avviso ricevuto da chi entra in Hatebook, un social network che vuole riunire le persone con una passione in comune: l’odio. Qui le attività preferite sono la ricerca dei nemici online e il gossip.
Le parodie di Facebook come questa hanno successo: gli utenti possono sfogliare sul web anche un altro Hatebook, disegnato come una bacheca virtuale dove criticare insieme mode, pensieri, persone, generi musicali. Insomma, se c’è chi sui social network ha imparato a spostare il proprio business, prostituzione compresa, qualcuno nel mondo del web 2.0 inizia a ironizzare sulla moda di condividere tutto e di essere sempre connessi, dovunque e a qualsiasi orario. Ne avevamo già parlato citando il caso di Isolatr, che però, è il caso di dirlo, non è più un fenomeno isolato.

Nel movimento anti-social rientra Snubster, un sito-cestino in cui far partecipare altri utenti al risentimento verso personaggi e tendenze: da George W. Bush a Tom Cruise, da Myspace a Paris Hilton. Secondo alcuni potrebbe essere comunque un’idea per aggregare persone: Snubster è diventato un’applicazione nella community di Facebook. E come non sorridere pensando agli eventi “No” organizzati dalla community di Noso, “incontri senza incontri” che sono parodie dei barcamp? L’appuntamento è in un caffè, un parco, una strada: poi, come scrivono gli autori del sito, “le persone arrivano da sole, disconnesse e non gli è permesso di parlare con nessuno, ma saranno presumibilmente soddisfatte del fatto che gli altri NoSo stanno condividendo l’esperienza”.

Leggi anche: Nell’era del web 2.0 anche le escort si mettono online.

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Festa del cinema di Roma: 5°giornata Dr.Apo!

(Spetteguless blog) Ad un giorno dalla speciale Notte Argento la febbre per i biglietti alla Festa del Cinema di Roma è altissima!

Nessuno vuole perdersi le 6 ore consecutive di puro orrore, con Suspiria, Inferno e l’anteprima mondiale della Terza Madre.
Considerando poi che non esistono prime stampa, potete capire il panico della giornata!
Il sottoscritto, come tutti gli accreditati stampa. per accaparrarsi un ticket si è messo in fila alle 7:30 del mattino… roba da pazzi lo so…
Argento a parte quest’oggi son ben 4 le pellicole da prendere in esame: Giorni e Nuvole di Soldini, Noise con Tim Robbins, entrambi nella sezione Premiere, Barcelona un Mapa, in concorso, e l’attesissimo Leoni per Agnelli, fuori concorso.
Giorni e Nuvole di Soldini è un film decisamente interessante.
Abbiamo una coppia felice, benestante, lui direttore d’azienda, lei restauratrice per passione, con figlia lavoratrice a carico.Hanno una bella casa, una bella macchina e addirittura una barchetta, grazie alla quale si dilettano nei weekend per il porto di Genova.
Fino a quando la pace familiare e sentimentale viene frantumata da una tremenda crisi finanziaria.
Lui perde il lavoro, estromesso dalla sua stessa azienda, finendo per far entrare in crisi non solo la propria esistenza, ma il proprio stesso matrimonio.
Soldini abbandona per una volta i toni da commedia a lui più congeniali realizzando un film “sociale”, attuale, maledettamente “vero”, filtrandolo attraverso una storia d’amore, inquadrata con una camera in spalla nervosa, che sta sempre “addosso” ai due protagonisti (alla Muccino per intenderci)
La perdita del lavoro da parte di Michele, Antonio Albanese, capofamiglia, porta ad un crollo totale della sicurezza di poter contare su serenità e stabilità, fino a quel momento mai messe in discussione, e di ogni possibile punto di riferimento.
Gli equilibri che sembravano oramai consolidati rischiano di crollare e di travolgere ogni aspetto della loro vita, portandosi via amici, cene, casa, barca, macchina e viaggi.
Michele non riesce a trovare un altro lavoro, i colloqui si susseguono ma nessuno gli dà fiducia.
Preso dalla disperazione più totale finisce addirittura per fare il corriere, pur di non stare a casa sul divano a fare zapping con il telecomando.
Dall’altra parte c’è Elsa, Margherita Buy, neo laureata, restauratrice non retribuita, che si ritrova costretta a dover vivere una nuova vita.
Da donna tradita che non conosceva nemmeno le entrate e le spese mensili della famiglia, si prende sulle spalle la responsabilità di “portare a casa da mangiare”, dando tempo al marito di trovare qualcosa che gli si “addica”, dividendosi tra call center e un lavoro da segretaria.
Un ritratto duro, spietato, proprio perchè reale e fattibile, di una società pronta a portarti via tutto nel giro di un batter d’occhio, certezze comprese.
Come sempre bravissima Margherita Buy, piacevole conferma Antonio Albanese, per un film forse troppo spesso “forzato”, soprattutto in alcuni dialoghi, troppo attento a voler essere di “denuncia”, e che non ha la forza e il coraggio di osare fino in fondo.
Applaudito a fine proiezione, sicuramente promosso, ma con riserva…
Con il secondo film in programma, Noise, è invece arrivata una graditissima sorpresa!
Diretto da Henry Bean
, con uno strepitoso Tim Robbins come assoluto protagonista, il film è un divertentissimo atto d’accusa contro l’inquinamento acustico!
Abbiamo David Owen, padre di famiglia apparentemente normale, dal lavoro più che soddisfacente, innamorato pazzo della propria città: New York.
Fino a quando le cose non cominciano a cambiare… le notti insonni, i mal di testa, i mancati momenti di relax, di pace, di tranquillità, portano David ad alimentare dentro di se una vera e propria ossessione nei confronti del… rumore!
Con il passare dei giorni, e l’aumentare dei decibel, David si trasforma in un vero e proprio paladino del silenzio, andando a scassare tutti gli allarmi delle automobili e dei negozi che ogni minuto impazzano per le vie della Grande Mela.
Considerando che i poliziotti non possono farci nulla, che gli allarmi per legge dopo 3 minuti si spengono automaticamente e che le macchine sono proprietà privata, David inizia così a farsi giustizia da solo, trasformandosi in “The Rectifier”, IL CORRETTORE,vendicatore ecoconsapevole!
Montato inizialmente come una sorta di documentario, con lo stesso Robbins che racconta la sua storia, questo Noise si è giustamente portato a casa una cascata d’applausi dalla prima stampa, grazie ad una sceneggiatura brillante, divertente, ironica, capace di dar vita, partendo da un’idea semplice semplice, ad una commedia sociale di primissimo livello.
Ad affiancare uno splendido Tim Robbins abbiamo uno spassosissimo William Hurt, sindaco macchiettistico di New York!
Capello arancione, cravatte viola, vestiti improponibili, per un Sindaco che accoglie le delegazioni estere raccontando barzellette (oddio un deja vu…) finendo poi per essere sconfitto da quello stesso rumore che con tanta foga aveva difeso!
In conclusione un vero e proprio gioiellino, grazie anche ad un tema trattato, quello dell’inquinamento acustico, sempre più attuale, sia nelle grandi che piccole città.
Consigliatissimo!
In tutto ciò ieri sera Auditorium ZEPPO di omosessuali per la prima di SETA di Baricco... ma siamo davvero così scontati?!?!

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Supereroi cercasi: Adam Brody prova a vestire i panni di Flash..

(Mtv) Cominciano a girare indiscrezioni sul casting di "Justice League Of America". Voci di corridoio dicono che il regista George Miller sta cercando i volti giusti per i ruoli di Flash e Wonder Woman.
Per quanto riguarda Flash, si fanno i nomi di Adam Brody (foto), Joseph Cross, D.J. Cotrona, Michael Angarano e Max Thieriot.

Per la parte di Wonder Woman si ipotizzano Mary Elizabeth Winstead e Teresa Palmer.
Se le indiscrezioni sono fondate (ma non si capisce perché non dovrebbero esserlo) allora George Miller e Warner Brothers stanno puntando su un cast piuttosto giovane. Questo potrebbe complicare l'eventuale presenza di Christian Bale/Batman, che rimane una ipotesi in attesa di conferme.

Per chi non ricordasse, "Justice League Of America" racconta del supergruppo formato da Superman, Batman, Wonder Woman, Aquaman e Flash, tutti insieme per affrontare un cattivo coi fiocchi.

Attualmente l'uscita nelle sale è prevista per il 2010. Significa che le indiscrezioni sul cast continueranno per un bel po' di tempo.

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Nell’era del web 2.0 le escort si mettono online.

(Panorama) I più noti sono MySpace e Facebook, due social network sempre più sulla cresta dell’onda negli Usa e in Europa (si veda questa ricerca di Comscore). E nel sottobosco della rete è un fiorire continuo di nuovi applicativi sociali, magari specializzati su passioni e interessi di nicchia. Tra questi ce n’è uno che sta lentamente trasformando pratiche e riti del “mestiere più antico del mondo”. Si chiama Escorts ed è un servizio online al confine tra il social network e il sito di e-commerce, pensato per far incontrare domanda e offerta di “intrattenimento erotico”. Le “accompagnatrici” dispongono di un pagina personale, con tanto di profilo, contatti, foto-gallery, agenda degli spostamenti e recensioni dei clienti. I visitatori, a loro volta, possono effettuare ricerche veloci per località e tendenza sessuale, sfogliare il “catalogo”, fissare un appuntamento e, soprattutto, continuare ad interagire anche dopo gli incontri nella vita reale. Tutt’altra esperienza rispetto agli annunci a scatola chiusa che fino ad ora comparivano sui giornali. Con conseguenze rilevanti anche sul fronte della “professione”, come ben sottolinea l’analista Kevin Palmer su Buzznetworker: “Queste tecnologie stanno portando molta gente ad abbandonare la strada e a mettersi in proprio. (…) Stanno anche aiutando a riformare un business che in fin dei conti era insicuro sia per le persone coinvolte che per la società”.

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Room Service: la favola di Karl Lagerfeld per Dom Perignon.

(Fashonblog) Continua la liaison tra la casa di champagne Dom Perignon ed il glamour. A rendere davvero speciale questo binomio è ancora una volta il genio artistico di Karl Lagerfeld, che già aveva fatto sognare con la campagna che ritrae una frivola e rococò Claudia Schiffer.

Questa volta si tratta di un film dedicato a Dom Perignon Rosé, con una stupenda Eva Herzigova protagonista per raccontare una favola contemporanea di un’irresistibile attrazione tra una giovane donna ed un uomo, interpretato dal contesissimo modello Brad Kroenig.
Una storia girata tra le stanze di uno degli hotel più chic di Parigi, tra lusso ed edonismo. Il film ideato da Karl Lagerfeld è stato diretto dallo svedese Johan Renck.



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Ai cessi ricordati del commediografo gay.

(Queerblog) Un commerciante di Islington, quartiere londinese, ha proposto di porre una targa blu in un nuovo cesso pubblico in memoria di Joe Orton, commediografo inglese. Il motivo è semplice: Orton, quand’era in vita, soleva battere nei cessi della zona con regolarità.
Non ci credete? Leggete qui.

Il commerciante ha spiegato che una targa commemorativa starebbe a indicare che il commediografo faceva quello che faceva solo perché a quei tempi (negli anni ‘60) non aveva altre possibilità; la targa non celebrerebbe dunque il cottaging - ebbene sì, gli inglesi hanno una parola persino per definire i rapporti sessuali occasionali tra uomini in una toilette pubblica - ma la liberalità dei tempi odierni. Come per dire: oggi possiamo fare a meno di spompinarci davanti agli orinatoi perché ci sono i locali per omosessuali, che culo!

Quando andai a Londra la prima volta, ormai dieci anni fa, speravo di beccare chissà chi nei bagni di Leicester Square, dove leggenda vuole che battesse David Bowie negli anni ‘60-’70. Invece non trovai nemmeno i bagni, forse rimossi. Io obsoleto provincialotto italiota! A Roma, i cessi della Stazione Termini, celeberrimo luogo di cottaging fino agli anni 90 (noi italiani siamo arretrati, appunto), non sono più gli stessi da quando sono diventati a pagamento. Saremo pure gay antiquati e un po’ zoccole, ma mica fessi.

Certo in Italia sarebbe impensabile proporre una targa commemorativa simile a quella di Orton. A chi dovremmo dedicarla? Vi immaginate che tristezza se, che so, il sindaco di Livorno decidesse di intitolarne una a Solange, in memoria dei giorni in cui batteva ai cessi della stazione? Sto facendo solo un esempio a caso, ovviamente; lungi da me fare illazioni.
Volendo pensare a personaggi di maggiore spessore culturale, Malgioglio?
Beh, facciamo Pier Vittorio Tondelli va. Almeno lui è già morto. Voi chi proporreste?

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Barbara Pollastrini, pari opportunità: "In Italia si annidano conservatorismi, compreso nel mio schieramento".

(Asca) Sul tema delle pari opportunita' ''in Italia si annidano conservatorismi, compreso nel mio schieramento. L'Italia e' un paese conservatore. Basta pensare ai talenti dei giovani e delle donne non riconosciuti pienamente"
Lo ha detto il ministro Barbara Pollastrini a margine di melting box la fiera delle pari opportunita'promossa dalla Regione Piemonte che si apre oggi a Torino.

Il ministro ha poi ricordato gli impegni del governo: ''Quello che mi sta piu' a cuore - ha detto - e' sui diritti umani per le donne nel mondo. Nella finanziaria c'e' un investimento sostanzioso contro la violenza e le molestie e per la sicurezza delle donne. Per la prima volta ci saranno risorse per costruire un piano molto concreto in termini di prevenzione e di aiuto alle donne''.

''Un secondo tema - ha aggiunto la Pollastrini - e' quello del lavoro. Bisogna estendere la possibilita' per le donne di lavorare, di avere diritti e di essere riconosciute nelle carriere. In fiera se ne parlera' con proposte concrete. Il lavoro e' l'unica condizione per assegnare al nostro Paese la capacita' di competere nel mondo''.

Infine sui pacs la Pollastrini ha detto di averci creduto e di continuare a crederci: ''Ho la speranza che la commissione giustizia del Senato non faccia cadere la cosa e per questo continuero' a battermi''.

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Brad Pitt e Angelina Jolie si lanciano nelle serie tv.

(Televisionando) Dopo aver sbancato (assieme o separati) i bottteghini di mezzo mondo, Angelina Jolie e Brad Pitt stanno per dare vita alla loro carriera di produttori di serie tv, in collaborazione con la rete HBO.
(”Beyond Borders”), mentre per il suo impegno nei confronti del terzo mondo è diventata ambasciatrice di buona volontà nell’UNHCR (United Nation High Commission for Refugees), l’organizzazione dell’ONU per i rifugiati. La coppia, comunque, è molto attiva sul campo umanitario: la loro “Jolie-Pitt Foundation”, lanciata appena un anno fa, supporta un buon numero di organizzazioni internazzionali, tra cui Medici senza frontiere e Global Action for Children, che hanno ricevuto 1 milione di dollari ciascuno. La serie segnerà inoltre il ritorno di Angelina “alle origini”: 10 anni fa, la Jolie recitò in “Gia”, un Il co-sceneggiatore di “The Bourne Ultimatum”, Scott Burns, sta terminando la sceneggiatura di una serie tv drammatica ancora senza titolo, incentrata sul dietro le quinte di un’organizzazione internazionale e delle sue politiche, oltreché sulle vite degli operatori umanitari che lavorano in zone pericolose e, di conseguenza, sulle vite delle persone che assistono. Jolie, Pitt e Burns, che oltre a sceneggiare “The Bourne Ultimatum” ha anche prodotto il documentario premio Oscar “An Inconvenient Truth”, saranno i produttori esecutivi, mentre il manager della Jolie, Geyer Kosinski, sarà co-produttore.

La serie pare sia nata da “un’idea” della Jolie, che cinematograficamente parlando ha già trattato un tema simile nel film Amore senza confinifilm per la TV basato sulla vita della modella lesbica Gia Carangi. La pellicola vinse 8 Golden Globes e lanciò Angelina Jolie come il nuovo sex-symbol del cinema americano. Per quanto riguarda Pitt, è già in affari con la HBO (oltreché ben lanciato nella carriera di produttore, visto che già produrrà 4 Oz per la FX): assieme a Edward Norton è infatti produttore esecutivo di una miniserie intitolata “Undaunted Courage”.

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Pornobig: Ron Jeremy, il profeta del sesso felice.

"Datemi 10 pollici e vi solleverò il porno…”.

(Paolo Gallori - Kataweb) Ron Jeremy Hyatt fu accontentato e i suoi "10 pollici" (nb, oltre 25 centimetri) sono già nella storia americana dell’intrattenimento per adulti. Certo, è difficile credere che la raffinatissima casa editrice Taschen possa dedicargli un libro fotografico del valore di centinaia di dollari, come quello appena pubblicato su Vanessa Del Rio. Piccolo, scuro e grassottello, Ron non è un soggetto di particolare fotogenia. Eppure è proprio lui il corrispettivo maschile di Vanessa, la più torrida pornostar degli anni Settanta. Per almeno un paio di buone ragioni.

Innanzitutto, nei 70’s la meticcia e ispanica Del Rio e il bruno Ron Jeremy infransero il dominio della fisicità Wasp nell’estetica del porno americano, ambiente in cui erano due autentici freak. Come ci riuscirono? E’ la seconda buona ragione: entrambi anteposero il piacere alla performance fisica e in quel piacere riuscirono a trasportare anche lo spettatore con spontanea espressività: una strizzatina d'occhio in camera, il sorriso, l’allegria. In una parola, la gioia del sesso. Con Ron, inoltre, si prendevano la rivincita gli uomini normali, calvizie e pancetta per intenderci, che vedevano donne meravigliose urlare di piacere grazie a “uno di noi”.

Ron Jeremy ebbe un vantaggio: era un vero attore con spiccate doti da “comedian” . E all’epoca, ancora lontana dalla video-democrazia conseguente la rivoluzione digitale, il porno era davvero cinema, nasceva da autentiche sceneggiature, le produzioni costavano centinaia di migliaia di dollari e dietro al macchina da presa sedevano registi di professione. Nato a Long Island nel 1953, padre fisico e madre al servizio dell’OSS (l’attuale CIA) durante la Seconda Guerra Mondiale, nei primi anni Settanta Ron cercava la sua strada nello spettacolo battendo la scena “off” di Broadway. Ma era davvero dura.

Un giorno, era il ’78, la fidanzata spedì a Playgirl una foto di Ron: nudo e sdraiato, la maestosa mascolinità distesa fino all'altezza dello stomaco. La rivista ricevette tante lettere di ammiratrici, Ron la proposta di entrare nel porno. Ci pensò per qualche mese, poi la fame ebbe la meglio. Secondo le biografie, la sua prima pellicola hard fu Coed Teasers, ma Ron Jeremy ama citare un altro film come “opera prima”: Tigresses and other Man-eaters, dove lo attendeva proprio lei, la famelica Vanessa Del Rio. Passare dagli scatti della fidanzata all’erezione davanti a una troupe non fu facile. Superata la prima volta, Ron non si è più fermato: oltre 1750 parti in film porno (cifra registrata nel Guinness dei primati) e tante medaglie al valore.

E' giusto ricordare un paio produzioni italiane, a cui Ron approdò quando il suo status era già di star internazionale del genere. Nel 1990, in concomitanza con l’organizzazione dei campionati in Italia, si realizza il film Cicciolina e Moana ai Mondiali. Le due eroine vengono investite dai dirigenti azzurri di una missione speciale: sfiancare i campioni avversari. Ovvero Gullit, Klinsmann e il più grande di tutti, Maradona. A chi affidare il ruolo dell’argentino se non al fuoriclasse del porno? Nel 1996, invece, Ron Jeremy è nel cast della saga Concetta Licata (nb, saga) del “maestro” Salieri. Interpreta il ruolo del direttore di un carcere coinvolto nella lotta alla mafia siciliana. La partita è difficile, senza esclusione di colpi e Ron si produce in durissime entrate da dietro su Selen.

Se la vicenda cinematografica di Vanessa Del Rio si è fermata ufficialmente nel 1986, quella di Ron Jeremy prosegue con immutato successo a quasi trent'anni dal debutto nel cinema hard. E ha travalicato i confini della pornografia, infilandosi nell’entertainment di massa. Col tempo la sua faccia vincente è apparsa in spot pubblicitari e film “normali”. Ron ebbe persino un ruolo da consulente per le riprese di Nove settimane e mezzo, diventando grande amico di Mickey Rourke. In tempi più recenti Ron Jeremy è finito nel reality Warner Surreal Life, è stato protagonista della serie animata Celebrity Death Match finendo a brandelli contro Tommy Lee e Comedy Central lo ha voluto in una puntata di Vs (tema: nudisti contro pornostar).

E che dire dei videoclip musicali? Se non sorprende la chiamata del rozzo Kid Rock per Cowboy, è del tutto inaspettato scoprire un serissimo Ron Jeremy in We Are All Made Of Stars dell’addolorato Moby post 11 Settembre. Partecipazione rivelatoria. Non si creda che Ron Jeremy sia idolo dei soli “blue collar”. Nei college i suoi film imperversano, al punto che l’attore anni fa intraprese un tour in Usa, Canada e Regno Unito per parlare di sesso, cultura e religione in dibattiti allestiti nelle aule degli istituti. Si racconta che in uno di questi incontri rimasero fuori 5mila studenti. Scoppiò un putiferio e dovette intervenire la polizia per sgombrare l’area.

Ron Jeremy oggi è definitivamente un’icona pop. La cultura di riferimento lo ha sdoganato nel 2001 raccontandolo in un documentario acclamato dalla critica: Porn Star: The legend of Ron Jeremy. Lavoro troppo serioso, forse, per i gusti di Ron, che l’anno scorso ha dato alle stampe la sua versione dei fatti: l’autobiografia The hardest (working) man in showbiz. Dove si scopre che…

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Battibecco tra ebreo, musulmano e armeno Sfiorata la lite a tavola, il Papa mette pace .

(Luigi Accattoli- Il Corriere della Sera) Erano in nove a mangiare al tavolo del papa, dieci con lui. C'erano rappresentate le principali Chiese cristiane, gli ebrei e i musulmani. E c'è stato un momento delicato sciolto con prontezza dal papa prima che ne venisse un diverbio tra un rabbino, un cristiano armeno libanese e un musulmano. Ancora una volta il papa teologo si è rivelato non solo fisicamente agile, rapido nei movimenti e nei passaggi da un momento all'altro degli appuntamenti, ma anche prontissimo nei riflessi mentali.
Ecco dunque che vengono alle strette — tanto per dire — il rabbino capo d'Israele Yona Metzger, il musulmano Ezzeddin Ibrahim consigliere culturale del presidente degli Emirati Arabi Uniti e il libanese Aram I catholicos di Cilicia degli Armeni. Insomma i tre monoteismi alle prese con la terra, la guerra e la pace nell'area infuocata del Medio Oriente.
Diceva Ezzeddin — una specie di sufi, vecchio frequentatore dei meeting di Sant'Egidio — che quello era «il tavolo del sorriso», dove le varie fedi gareggiavano nel cavare dal proprio patrimonio «parole di pace». E che la coesistenza sul pianeta — seguendo il genio anticipatore di papa Wojtyla — stava divenendo di giorno in giorno un sogno più concreto e quasi realizzato.
Consentiva Aram I, il cristiano armeno e libanese anche lui animato da ottimi propositi di pace, ma che non poteva non ricordare il «grave pericolo» quotidiano e strategico in cui si trovavano a vivere i suoi «fratelli di fede» in terra libanese, specie a motivo delle invasioni di campo da parte di Israele.
Ed ecco saltare su — si fa per dire: tutti restavano compostissimi a mensa, scambiando garbate opinioni in inglese — il rabbino Yona Metzger a fare osservare al «fratello» cristiano libanese che neanche lui «poteva tacere» il pericolo in cui giorno dopo giorno versava il suo Paese a motivo del bellicoso Iran, che attraverso il suo aggressivo presidente continuamente riaffermava il minaccioso impegno per «cancellare» Israele dalla faccia della terra.
Non solo: il rabbino raddoppiava la sua garbata protesta osservando che «sì, senz'altro e fortunatamente » quello era il «tavolo del sorriso» — come aveva detto il fratello musulmano — ma al di là di quel tavolo, nel vasto mondo c'era ben poco da ridere e ci si imbatteva in «problemi su problemi» e tra questi «la violenza di tanti musulmani». E già che c'era osservava che anche in Libano vi erano «combattenti musulmani disposti a tutto», compresi gli attentati suicidi, pur di attaccare Israele. Il musulmano degli Emirati e il libanese erano prontissimi alla replica, ma il papa è stato più veloce di ambedue: «Questo è tutto lavoro per Sant'Egidio» ha detto con prontezza ed è stato facile a quel punto agli altri commensali sfebbrare la conversazione facendo grandi lodi della benemerita Comunità trasteverina, «vero angelo della pace» come si è espresso Ezzedim con la provvidenziale approvazione del rabbino.
Assieme al papa, al rabbino, al libanese e al musulmano sedevano a quel tavolo il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli (mai prima di ieri era stato a uno dei ventennali meeting di Sant'Egidio), il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra Samuel Kobia, l'arcivescovo ortodosso di Cipro Chrysostomos II, il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, Andrea Riccardi presidente della Comunità di Sant'Egidio, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams.

© Copyright Corriere della sera, 22 ottobre 2007

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In risposta alla lettera di Felix Cossolo contro l'Expo a Milano.

Quando vogliono i gay sanno essere sorprendenti.
E Felix Cossolo con la sua lettera contro l'Expo a Milano non solo risulta essere sorprendente ma dimostra quanta piccineria ci sia in quelli che continuano a strombazzarsi padri del "Movimento Lgbt" italiano.

Una lettera che da la dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, di quanta ottusità alberghi nella testa non solo dei "padri fondatori" ma ad esempio, anche in quella dei dirigenti dell'Arcigay e di tutta quella corona del rosario che gli gira attorno (Gay.It, Gay.tv, GayLib, GayLeft, Facciamo breccia, ecc.).
L'Arcigay ancora una volta dimostra di essere un gigante con una testolina piccola e rinsecchita. Incapace di fare ragionamenti politici e culturali non solo ampi ed alti ma anche piccoli, conservando, restando legata alle tradizioni.

Ma torniamo alla lettera di Cossolo pubblicata da Gay.tv e prontamente rilanciata dall'Arcigay e da GayNews suo organo di propaganda.
Expo a Milano? Bene, perbacco, è dagli inizi del '9'00 che non se ne tiene una in Italia (quella del '42, non si tenne causa la seconda guerra mondiale e il fascismo spese decine di milioni dell'epoca per costruire il quartiere fieristico, l'Eur) vediamo come fiondarci dentro, approfittarne per avere una straordinaria visibilità.

La Moratti non ci vuole, meglio... giorni e giorni sui giornali polemizzando con un centrodestra ancora una volta discriminatorio e ottuso che ci rifiuta non solo i diritti come omosessuali ma anche il diritto di essere cittadini omosessuali che vogliono partecipare alla costruzione ed all'organizzazione di un evento così importante non solo per Milano ma per l'Italia intera. Cosa fare? Si vedrà, c'è tempo. Si coinvolgeranno, ovviamente gli organismi Glbt internazionali, grazie alla presenza di Gottardi, si potrebbero pensare mostre (possibilmente non ideate da Sgarbi o la solita paccottiglia fatta da chiappe o foto "glamour" di nudi palestrati), spettacoli (non le solite Rettore, Ivan Cattaneo e compagnia cantante...), è ovvio che il livello dovrà essere alto, talmente alto che i nomi di chi potrebbe formare un comitato organizzatore, stentano a venirmi in mente.

Penso solo a Pasquale Quaranta che un paio di anni fa con il suo Pride culturale salernitano dimostrò che esistono alternative al rutilante circo colorato dei Pride/sfilata tradizionali. E poi vi rendete conto di quanti miliardi (già miliardi) di euro gireranno attorno a questo evento tra finanziamenti pubblici e privati. E secondo voi non salterebbe fuori qualche milioncino da destinare alla "Lobby gay" italiana. Peccato che nei fatti non esista.

Ma eppoi... e se la Moratti invece raccogliesse favorevolmente un'iniziativa da parte dei gay, (Donna Letizia per l'Expo ha bisogno di tutti, ma proprio tutti) che scenari si aprirebbero?

Non lo sapremo mai, è più comodo criticare e fare chiacchere da portineria piuttosto che crescere. E poi, siamo ancora in tempo a metterci piede?
E a Milano, l'Arcigay che dice? Tace of course.

Federico Salviati.
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Ps. E se Milano ottenesse il suo Expo, non si salti sul carrozzone dei vincitori candidando nel 2014 Milano sede del Pride internazionale... sarebbe talmente scontato da risultare alla fine nauseante.

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Un Vescovo all'Arcigay.

Non capita tutti i giorni che un Vescovo sappia stupirci decidendo di andare in visita pastorale nella sede dell'arcigay della sua città. “Volevo solo svolgere il mio mestiere di Vescovo che sta fra la gente. Provando rispetto anche per le persone con le quali non condivido alcune cose”. Questo era il senso del suo gesto, peccato che sia stato stritolato dagli opposti estremismi e svuotato di significato da lanci d'agenzia, conferenze stampa dell'Arcigay nazionale e proclami vari. Ma diamo la parola ai protagonisti di questa vicenda per sentire anche la loro voce.

(Articolo tratto dal Sito: www.gionata.org) Grosseto - Le locandine dei giornali ancora nel pomeriggio di ieri (18 ottobre 2007) lo annunciavano a caratteri di scatola: «Storico: il vescovo in visita all’Arcigay». Notizia mica da poco. In questi tempi di intransigenza e steccati, un prelato che decide per la prima volta di recarsi in visita pastorale nella sede di un’associazione, la Leonardo da Vinci, che lotta per i diritti di gay, lesbiche e trans - GrossetoGay.it non è fatto marginale.
Succedeva a Grosseto ma in breve la notizia aveva calamitato l’attenzione di mass media e osservatori. Con il leader nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, pronto a prendere il primo treno per Grosseto e a dettare nel frattempo dispacci trionfalistici: «Un gesto di eccezionalità unica».

Euforia sprecata. Ieri, poco dopo l’ora di pranzo, il colpo di scena. Con un dispaccio dettato all’Ansa, era la stessa Arcigay a comunicare il dietrofront vescovile. Tutto saltato «per ordini provenienti da Roma», si rammaricava- no gli esponenti dell’associazione omosessuale. Niente evento, storico. Locandine da coprire. Ma è andata proprio così?

L’uomo della grande apertura e poi del gran rifiuto, il vescovo di Grosseto insomma, si chiama Franco Agostinelli. E’ un marcantonio di un metro e novanta, ha un cantiere schietto e le idee chiare. In gioventù ha giocato al calcio, uno stopper alla Guarnieri. Il piglio del marcatore gli è rimasto. Figurarsi se faceva passare una versione ritenuta non veritiera: «Ma quali ordini romani - si scaldava al telefono, tradendo l’irritazione - la verità è che si è scatenato troppo nervosismo mediatico. Io non sono un politico, volevo solo svolgere il mio mestiere di vescovo che sta fra la gente. Provando rispetto anche per le persone con le quali non condivido alcune cose. Questo era il senso del mio gesto.

Invece, dietro a questo suo gesto coraggioso, si è accodata un’attenzione morbosa da rotocalco, da grande evento mediatico, che ha mandato in crisi questo vescovo da trincea e non certo da fureria: «Io non faccio il cavallo di Troia per nessuno - ha scandito duro - Un conto è l’accoglienza, un conto è il riconoscimento. Se un singolo omosessuale verrà da me senza telecamere dietro, troverà sempre le porte aperte. Ma io non posso e, non voglio con questo mio gesto dare riconoscimento a questa associazione».
In questo polverone strumentale, di dichiarazioni e clamore mediatico, sarebbero insomma saltate le condizioni per la visita alla sede del’Arcigay. Lo stesso vescovo Agostinelli aveva proposto una subordinata, ovvero che «l’incontro avvenisse in parrocchia, dove accolgo tutti. ma l’invito non è stato accettato e dunque...». E dunque niente gesto storico. Chiaro e intransigente. Così com’è chiara la delusione fra le fila dei gay.

Il circolo Leonardo da Vinci conta 250 soci. Mille200 invece sono gli iscritti all’Arcigay nella Maremma. Queste le cifre di un mondo che si era preparato con euforia all’evento («Non è una provocazione, è proprio vero!» avevano scritto sul sito web) e che ieri sera, di fronte allo stop inaspettato, ha mostrato il proprio disappunto: «Ci avevano chiesto la disponibilità a salvare le apparenze e a spostare l’incontro al difuori del nostro circolo - ha spiegato Davide Buzzetti, presidente grossetano di Arcigay - Noi però’ abbiamo detto no perché troviamo imbarazzante questo repentino ripensamento Dispiace per come è finita ma resta l’apprezzamento per il gesto del vescovo di Grosseto che si è distinto da altri suoi superio».

«La visita alla sede era un gesto di grande rispetto del mondo cattolico nei nostri confronti - gli ha fatto eco il presidente nazionale Aurelio Mancuso - il fatto che la diocesi abbia poi ricevuto ordini vaticani perché la visita non avvenisse non fa che aumentare il distacco fra Roma e le sue chiese locali. Rimaniamo comunque a disposizione per un confronto con tutti quei sacerdoti in linea col pensiero di Agostinelli».
E, per dare un segnale alla cosa, ieri sera alcuni di loro si sono messi lo stesso ad aspettare il vescovo nei locali delle sede. Una veglia laica senza il protagonista principale. «Se casomai dovesse cambiare idea....».

Per ora non l’ha cambiata: «Oggi il clima per andare non c’è - ha ribadito il vescovo - ma potrà esserci in un altro momento. Vedremo». A dire che, come quasi tutte le cose umane, la vicenda non è chiusa.

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Expo a Milano, e i gay dove sono? Ovviamente a far critiche.

Allo stato attuale Milano non è degna di essere scelta per l'Expo Universale del 2015.
Non sono sufficienti fasci di luce, pavesare le strade di bandiere e ramazzare la parte antistante la Stazione Centrale. Basta spostarsi di 100 metri, in via Sammartini, la prima gay street italiana, per rendersene conto. Qui la costruzione del parcheggio sotterraneo (i lavori sono partiti alcuni anni fa ma non si sa quando termineranno) e la ristrutturazione della Stazione e dei suoi ponti aggravano la situazione, sembra di essere in una via disatrata da qualche bombardamento della seconda guerra mondiale.

Il degrado è visibile, mi auguro che qualche ispettore dell'Expo durante il sopralluogo decida di cambiare percorso per rendersene conto. Dove sono le forze dell'ordine? dove l'Amsa? Una casbah nel cuore della città!

Per quale motivo milioni di turisti dovrebbero venire a Milano? Mancano collegamenti rapidi ed economici tra gli aeroporti e il centro; la metro non funziona la notte; per non parlare dei negozi tutti chiusi dopo le 20.00 di sera; la carenza di piste ciclabili; nessuna indicazione in lingua inglese sugli aubobus, negli uffici pubblici e dove dovrebbe essere necessario; i taxi sono insufficienti e praticano tariffe esose; il costo degli hotel, dei ristoranti e dei servizi è superiore alla media europea. Non esistono uffici di attenzione ai turisti; la mancata integrazione di alcune comunità straniere e la presenza di numerosi 'clandestini' rendono la città poco sicura soprattutto la notte.

La politica dell'amministrazione decisamente antigay ha prodotto risultati negativi e non favorisce il turismo gay e gay friendly: il rifiuto del patrocinio al gay pride e alla rassegna del Cinema a tematica omosessuale e perfino l'annullamento della mostra Vade Retro dimostrano il disinteresse dell'amministrazione alle nostre tematiche di libertà. Milano per essere gettonata dai visitatori italiani e stranieri deve cambiare radicalmente politica. Vogliamo dare una mano ma il sindaco e la giunta l'ha sempre rifiutata. Mi auguro ci sia qualche ispettore gay o gay friendly che chieda chiarimenti anche su queste questioni, fondamentali per lo sviluppo democratico e per una convivenza civile in una metropoli che meriterebbe di più.

Felix Cossolo
fondatore gay street milanese via Sammartini

direttore Clubbing, free gay magazine

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I pettegolizzi di Panorama: I dossier sui gay di monsignore .

Luci rosse.
Il prelato sotto accusa ha i nomi di molti preti omosessuali.
Se li rivela, può evitare la sospensione.
Intanto si scopre che il video trasmesso in tv è un falso.


(Ignazio Ingrao - Panorama) Clamorosa svolta nelle indagini su Tommaso Stenico, l’alto funzionario della curia vaticana che avrebbe adescato un gay su internet per un incontro a luci rosse tra le mura dei sacri palazzi. Il filmato trasmesso dalla 7 nel corso del programma Exit sarebbe «taroccato». Nessuna trappola ai danni dell’alto prelato e nessuna telecamera nascosta. Secondo le autorità vaticane, Stenico era d’accordo con gli autori di Exit e nella stanza c’era un terzo uomo che filmava l’incontro.
A insospettire gli inquirenti è stata la qualità delle immagini. Il video è stato esaminato dai tecnici del Centro televisivo vaticano. Numerosi gli elementi che, secondo gli esperti, portano a escludere che le immagini siano state registrate con una telecamera nascosta: i ripetuti cambi di angolazione nelle riprese, le inquadrature che si stringono e si allargano, ma soprattutto gli spezzoni che mostrano «l’inviato» della 7 che arriva nello studio del prelato posando in terra lo zaino (dove presumibilmente doveva essere nascosta la telecamera) e poi lo raccoglie al momento di lasciare la stanza. Immagini che potevano essere riprese solo da un terzo operatore presente alla scena.

Partendo da queste osservazioni le autorità vaticane hanno aperto due filoni di indagini. Il primo affidato al cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, il secondo a Domenico Giani, capo della Gendarmeria vaticana. Entrambi riferiranno al Papa e al cardinale Julián Herranz, presidente della commissione disciplinare della Curia romana.
Questa la prima, parziale ricostruzione dei fatti che filtra dal palazzo apostolico. Durante l’estate Stenico sarebbe entrato in contatto con gli autori di Exit che stavano preparando una puntata sui preti gay. Secondo il progetto iniziale, il monsignore avrebbe dovuto rilasciare un’intervista, con il volto coperto e la voce contraffatta, denunciando il proliferare dell’omosessualità nella Curia vaticana. Successivamente, per ottenere un maggiore impatto emotivo, si è scelta la soluzione del finto reality a sfondo omosessuale.
Il prelato si è procurato una copia della chiave dell’ascensore di servizio che consente di accedere direttamente agli uffici della Congregazione per il clero, passando da un garage sotterraneo. Quindi avrebbe combinato l’appuntamento con l’inviato e l’operatore della 7 fuori dell’orario di ufficio.
La Gendarmeria vaticana sta cercando di scoprire chi ha fornito a Stenico copia della chiave dell’ascensore e, soprattutto, sta interrogando alcuni testimoni che avrebbero visto uscire dalla Congregazione due uomini, che potevano essere l’inviato della 7 con il suo operatore.
Convinto di non essere riconosciuto nelle immagini, il prelato puntava a far scoppiare in maniera clamorosa lo scandalo dei preti omosessuali in Vaticano. A questo scopo aveva già redatto un dettagliato dossier con un elenco di nomi e di circostanze che chiamerebbero in causa un certo numero di sacerdoti e persino alcuni vescovi impegnati in Curia. Un’autentica schedatura che Stenico avrebbe curato nel corso degli anni approfittando del ruolo di capoufficio della Congregazione per il clero e di psicologo presso il Centro di assistenza sanitaria (Fas) della Città del Vaticano. Per un certo periodo di tempo il monsignore aveva anche aperto uno studio per l’assistenza psicologica ai sacerdoti in difficoltà.
Nei giorni scorsi Stenico ha inviato al cardinale Hummes una memoria difensiva. Poco più di due pagine dattiloscritte, che Panorama ha potuto leggere in esclusiva. Lungi dal cercare giustificazioni, il prelato attacca con forza il degrado morale e dei costumi che, a suo dire, si è progressivamente diffuso nella Curia vaticana.
Nella memoria difensiva il monsignore tace sui suoi reali rapporti con La7, ma sostiene di aver organizzato l’incontro con il giovane omosessuale per avere materiale destinato alla sua documentazione. Insomma da imputato a testimone: questo l’obiettivo di Stenico che con il suo dossier potrebbe far tremare i sacri palazzi.
Le autorità vaticane lo ascolteranno, ma difficilmente le informazioni che fornirà gli eviteranno la radiazione dal Vaticano. Solo se fornirà una dettagliata descrizione dell’accaduto Stenico potrà forse evitare il massimo della pena, cioè la riduzione allo stato laicale.
Finisce così, in maniera ingloriosa, la carriera del monsignore che tutti conoscevano per la sua ambizione a diventare vescovo. Amico di prelati importanti e giornalisti influenti, Stenico non passava inosservato con il suo grande cappello a tesa larga e la Bmw bianca. Trascorreva le estati a Passoscuro, vicino a Fregene, frequentando lo stabilimento del Vaticano dove fanno i bagni i prelati più in vista della Curia.
Infaticabile nello scrivere libri (una quarantina di titoli, spesso con la prefazione del cardinale Angelo Sodano) e nel condurre trasmissioni su Telepace. Ma tutto questo non è bastato per fargli otttenere la promozione episcopale. Ironia della sorte: la sua candidatura sarebbe stata bloccata perché il monsignore è stato accusato di aver avuto avventure galanti con alcune giovani donne.
I fatti risalirebbero a 30 anni fa, quando il giovane e attraente sacerdote si era trasferito dalla provincia di Trento a Bracciano al seguito del vescovo di Civita Castellana, Marcello Rosina, di cui era segretario.
Dopo violenti contrasti con il successore di Rosina, Divo Zadi, Stenico chiede di essere assunto in Vaticano, dove fa tutta la carriera: da addetto di segreteria a capufficio. Fino all’ultima delusione: la nomina dell’arcivescovo Mauro Piacenza a segretario della Congregazione per il clero, carica a cui Stenico aspirava. Poi la decisione di denunciare in modo clamoroso l’omosessualità in Curia. Che si è rivelata un autogol.

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Robert Wilson, ritratti in movimento. Da New York a Napoli

(Panorama) Uno scultoreo Brad Pitt in shorts sotto la pioggia. Lo sguardo fisso di Jonny Depp avvolto in una sontuosa pelliccia. Wynona Rider immersa nella sabbia e circondata da strani oggetti. Una frase (”la solitudine è la condizione necessaria della libertà̶ che lentamente si compone sul volto impassibile dello Premio Nobel cinese Gao Xingjian.

Ma anche rane iridescenti e porcospini sospesi in uno spazio galattico. Sono alcuni dei protagonisti di “Voom Portraits. A still life is a real life“, ultima mostra di Robert Wilson (foto a fianco)che, dopo il debutto newyorkese, è ora approdata al Madre di Napoli (visitabile fino all’8 dicembre 2007).



Allestita nella spettacolare cornice della chiesa gotica attigua al museo, l’esposizione si avvale di una innovativa tecnologia per la produzione di immagini ad altissima definizione. A un primo sguardo sembrerebbero ritratti statici tradizionali, ma poi i soggetti ritratti compiono sempre qualche movimento che restituisce la cifra della loro personalità.

Per questo progetto, il poliedrico artista texano ha lavorato a stretto contatto con VOOM HD Networks, azienda americana all’avanguardia nelle tecnologie video di alta definizione.

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La stessa ditta che curò la realizzazione delle torri gemelle di luce a "Ground Zero", questa sera stupirà i milanesi con un’impresa simile. Non solo, lo spettacolo sarà ripetuto anche martedì e mercoledì, poi gli ispettori del BIE partiranno quindi non ci sarà bisogno di ulteriori repliche.

Le luci si innalzeranno nel cielo di Milano per disegnare i grattacieli che da qui al 2015 dovrebbero riempire mezza città, un nuovo skyline che andrà a toccare varie parti di Milano: CityLife, il nuovo polo della Regione, Porta Nuova, Bovisa e l´area Expo di RhoPero.

La ditta realizzatrice dello show luminoso, come dicevamo prima, è la Space Cannon, ma non saranno i tecnici a premere il pulsante di accensione dei fasci luminosi, bensì gli ispettori del BIE insieme a Moratti e compagnia.
Lo spettacolo sarà visibile, oltre che nel cielo milanese, anche qui, qui e qui.

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Legge-bavaglio sui blog: altre info.

Il governo indietreggia e "chiarisce" il senso del disegno di legge, ma il danno è fatto.

(Attivissimo.blogspot.com) Ecco qualche link in più sul contestatissimo disegno di legge sull'editoria di cui ho già raccontato.

Secondo l'ANSA, Beppe Grillo è insorto, minacciando di rifugiarsi "armi, bagagli e server in uno Stato democratico". Il padre del DDL, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Ricardo Franco Levi, ha risposto che spetta all'Autorità Garante per le Comunicazioni "il compito di vigilare sul mercato e di stabilire i criteri per individuare i soggetti e le imprese tenuti ad iscriversi al Registro degli Operatori".

Vari politici prendono le distanze dal DDL, compresi i ministri Di Pietro e Gentiloni che pure l'hanno approvata. Di Pietro dice che il DDL "non è stato discusso nel Consiglio dei Ministri del 12 ottobre perchè presentato come provvedimento di normale routine. Ho letto il testo oggi per la prima volta."

Approvata senza leggerla? Fantastico, adesso siamo tutti più tranquilli. Specialmente se consideriamo che un eventuale obbligo di iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione "non implica solo carte da bollo e burocrazia" ma "rischia soprattutto di aumentare le responsabilità penali per chi ha un sito", secondo l'avvocato Sabrina Peron citato da Repubblica. Infatti il problema non è il costo della trafila burocratica (Macchianera sottolinea che "costa zero! niente bolli, né versamenti"), ma le conseguenze legali in caso di post o persino commenti ritenuti diffamatori.

Non si sa, insomma, se davvero i blogger dovranno farsi schedare. Non si sa neanche se il disegno di legge è frutto di malizia o di semplice incompetenza: Veronica Ciarumbello, su Zeus News, ricorda che "non siamo nuovi a leggi poco chiare quali la norma per il deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico, che ha richiesto un'espressa rettifica per esentare dall'invio delle cosiddette copie d'obbligo (cartacee) l'intera internet ospitata su italici server."

Quello che si sa è che chi fa le leggi non sa quello che scrive, e chi le approva non le legge, e ci vuole la mobilitazione dei media generalisti per far fare ai governanti il proprio dovere (per il quale, se non erro, percepiscono una paghetta di qualche genere).

Una splendida sintesi di Guido Scorza su Punto Informatico, dove trovate anche i commenti di Massimo Mantellini, Manlio Cammarata e Luca Spinelli: "il DDL sull'Editoria, francamente, non riesce a farmi paura mentre mi fanno tanta paura i nostri Governanti tanto lontani dalle cose della Rete", scrive Scorza.

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Studenti universitari

(Antonella Bersani - Panorama) Laurearsi a Torino paga più che alla Luiss. A Verona e Alessandria più che alla Cattolica di Milano. E, scandalo dei test di ammissione a parte, studiare a Bari garantisce uno stipendio migliore rispetto a una tesi discussa a Genova o alla Sapienza di Roma.
La classifica stupisce, ma è scientifica. Redatta da due professori universitari che, volendo dare un voto alla qualità dell’insegnamento, si sono messi a calcolare lo stipendio dei laureati nei diversi atenei. “A differenza di altri paesi, da noi non esiste alcuna definizione di qualità, né una suddivisione comunemente accettata tra università d’élite e non” spiega Lorenzo Cappellari, docente di economia politica alla Cattolica di Milano. “Con questa indagine ci siamo concentrati sugli effetti dell’istruzione sul salario dei neolaureati, rivelatori di come il mercato interpreta la qualità della loro preparazione”.
Lo studio considera soltanto gli atenei con più facoltà, escludendo politecnici e università come Iulm e Bocconi, ma le sorprese non sono poche. Al top della graduatoria si colloca Torino, che rispetto al valore minimo (quello dell’Università di Campobasso) esprime una differenza di salario del 130 per cento. Al secondo posto c’è Verona (126 per cento) e al terzo l’Università del Piemonte Orientale (125). Cattolica e Statale di Milano si devono accontentare di quarto e quinto posto. E prima di arrivare alla Luiss di Roma bisogna passare per Trieste e Bergamo.
La classifica dice inaspettatamente che studiare a Ferrara (quindicesima a 99 per cento) favorisce il reddito più che una laurea a Bologna o Venezia (sedicesime a 87, insieme con Siena). E che l’università di Napoli Orientale (78 per cento) vince sulle romane. I laureati all’Università di Roma III hanno infatti stipendi pari al 72, la Sapienza al 60 per cento e l’Università di Tor Vergata soltanto al 55,5 per cento. Queste ultime sono superate dall’ateneo di Cassino (67,5 per cento), quello della laurea honoris causa a Valentino Rossi prima dei guai con il fisco.
Va da sé che il reddito delle tante star laureate ad honorem non entra nel conteggio. Perché uno dei meriti della ricerca è proprio quello di essere riuscita, applicando l’econometria ai dati Istat 2001 sull’inserimento professionale dei laureati, a filtrare le tante variabili che turbano le statistiche.
“Il risultato finale è da considerarsi al netto di fattori come il voto delle scuole di provenienza degli studenti, del background familiare, dell’impatto della facoltà scelta e soprattutto degli effetti del mercato del lavoro locale” sottolinea Cappellari.
Calcolatrice alla mano, si scopre che l’Università di Bari fa guadagnare il 10 per cento in più rispetto a Genova o alla Sapienza di Roma. Che Cattolica e Statale di Milano sono separate soltanto da un punto di percentuale, ma che quest’ultima vale il 25 per cento in più rispetto ad altri atenei lombardi come quello di Brescia. In Sardegna, invece, studiare a Sassari genera un reddito superiore di 61 punti rispetto a Cagliari.
La ricerca, accreditata anche dalla firma di Giorgio Brunello, docente di economia a Padova, sarà al centro del convegno sul mercato delle lauree che Altroconsumo ha organizzato per il 30 ottobre a Milano. E mette in evidenza anche il deficit di informazioni sul settore.
“Abbiamo dimostrato numericamente che più le aule sono affollate, meno guadagneranno gli studenti (a ogni incremento del 10 per cento corrisponde una riduzione di salario del 2,4 per cento). E se analizziamo le singole facoltà, vediamo che gli atenei privati rendono circa il 18 per cento in più di quelli pubblici, in particolare per gli studi di economia (19 per cento) e giurisprudenza (54 per cento). Nonostante questo, però, non esiste molta mobilità verso gli istituti migliori. Neppure tra quegli studenti con famiglie più agiate alle spalle”.
In Italia persiste in alcuni la convinzione che le lauree si equivalgano un po’ ovunque e a parte i dossier annuali di Almalaurea (limitati però agli atenei aderenti al consorzio) ogni momento di informazione è affidato al passaparola o alle giornate di orientamento. “Serve di più. Per esempio, un motore di ricerca nazionale che aiuti a capire come le università si collocano rispetto ad altri indicatori: la possibilità di essere studente lavoratore, il rapporto docenti e studenti, il valore salariale e la proporzione tra ragazzi e ragazze” interviene Paolo Trivellato, docente di sociologia alla Bicocca.
Anche Ezio Pelizzetti, rettore dell’università regina in classifica, sottolinea l’importanza di una scelta consapevole: “Torino registra da tre anni un aumento delle immatricolazioni. E credo sia anche effetto della forte azione di orientamento e di sostegno contro gli abbandoni”.

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Ragazzine scatenate: «Lascia stare il mio ragazzo!»

Botte tra ragazzine: una guarirà in due settimane.

(Lara Loreti - L'Espresso) Livorno. Botte di gelosia tra quindicenni. E così il novero delle liti e aggressioni tra ragazzini si "arricchisce" di un nuovo episodio violento. Questa volta teatro della contesa il parcheggio della multisala Medusa, martedì scorso. E il motivo ha radici sentimentali.
Chi pensa che le crisi di gelosia riguardino solo giovani e adulti si sbaglia. Il morso allo stomaco coinvolge, evidentemente, anche i più piccoli. E per difendere il proprio amore si è pronti anche a venire alle mani, e anche a 15 anni. Lo dimostra questo episodio.
Sono le 19 circa e davanti al cinema, a Porta a Terra, c'è un gruppetto di una decina di teenager. I giovanetti sono fermi davanti al cinema per vedere un film. Tutto sembra tranquillo, una simpatica serata tra amici e compagni di scuola. Quando a un tratto si scatena il finimondo.
In base a quanto si è potuto ricostruire una ragazzina di 15 anni ha letteralmente aggredito una coetanea, accusandola di aver incoraggiato il suo fidanzato a flirtare anche con lei.
«Ci stavi provando col mio ragazzo, non ti permettere mai più». E si è lanciata addosso, furibonda, alla coetanea. Ne è seguito un corpo a corpo violento con graffi, spinte e botte. Tanto da procurare ferite non trascurabili alla ragagzza aggredita. Insomma, una zuffa con tutti i crismi. La ragazzina nei giorni scorsi si è recata in ospedale per farsi refertare: visitata dai medici, è stata giudicata guaribile in 14 giorni, a causa delle ferite riportate.

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La Polonia cambia faccia sconfitti i gemelli K.

Terremoto elettorale: il liberale Tusk al 44%.
Ritardi enormi ai seggi ma tutte le previsioni sono concordi: il Paese vuole cambiare.


(La Repubblica - Andrea Tarquini) È stata la Stalingrado dei Kaczynski. Alle elezioni politiche anticipate svoltesi ieri in Polonia, i liberal europeisti e moderni di Donald Tusk, la Piattaforma dei cittadini, ha trionfato. Con lei vince la Sinistra, l'alleanza degli ex comunisti riformatori e dei padri dell'ala laica di Solidarnosc.

Legge e Giustizia (PiS), il partito nazionalpopulista dei Jaroslaw e Lech Kaczynski, perde il potere dopo due anni di governo devastante per il paese.
Per la seconda volta dopo la rivoluzione democratica del 1989, Varsavia torna con una svolta progressista in Europa.

La notizia che l'intera Unione europea attendeva col fiato sospeso è giunta solo nella tarda serata. Dopo ore nervose, per i ritardi nella chiusura dei seggi e nel conto dei voti: molta più gente del previsto è andata a votare, rispondendo agli appelli dei partiti liberali e progressisti, del padre della democrazia Lech Walesa, della maggioranza dei vescovi. Secondo i primi exit polls ufficiali, la Piattaforma diventa di gran lunga il primo partito del paese con il 43,6 per cento. Il PiS crolla al 31,1 per cento.

La LiD, cioè l'alleanza tra ex comunisti e veterani laici di Solidarnosc, con Bronislaw Geremek in testa, conquista un solido 12,6. Il Partito contadino (Psl) va all'8,6. I due ex alleati dei Kaczynski, cioè l'ultradestra (Lpr) e i populisti di Samoobrona, precipitano rispettivamente all'1,6 e all'1,4 per cento. Tradotto in seggi, è un terremoto. Al Sejm, la prima Camera, su 460 seggi il partito di Donald Tusk ne conquista 226; la sinistra 50. Il Partito contadino 27. Il PiS solo 156.

Ciò vuol dire che la Piattaforma è vicina alla maggioranza assoluta. E insieme a sinistra e contadini, potrebbe raggiungere la maggioranza costituzionale. Quindi cambiare la Costituzione, e al limite chiedere di deferire il premier uscente alla Suprema Corte per abuso di potere. Al Senato su 100 seggi Piattaforma ne avrà 66, i gemelli 28, la sinistra 5.

La svolta è venuta con una partecipazione al voto del 55,3 per cento, la più alta da quella delle prime elezioni democratiche del 1989, quando l'accordo storico tra Solidarnosc e la giunta del generale Jaruzelski avviò la caduta del Muro di Berlino e la fine dell'Impero sovietico. Quelle lunghe code in attesa al freddo sono l'immagine della speranza, della voglia di cambiare.

"Faccio i miei auguri a Tusk", ha detto il premier uscente Jaroslaw Kaczynski, scuro in volto. Era giunto al quartier generale del suo partito - l'hotel Hyatt occupato da truppe speciali - scuro in volto, accompagnato dalla madre. Ma è stato minaccioso: "Saremo un'opposizione dura".

Esultanza e gioia, invece, al party elettorale di Tusk. Condivisa a distanza a Bruxelles, Berlino, altre capitali europee: il nuovo leader polacco firmerà la Carta Europea dei diritti. Vuole il disgelo con Ue, Germania e Russia. E in una chiara presa di distanza da Bush, è deciso al ritiro dall'Iraq. Duro colpo per Washington: le forze armate polacche hanno il comando di una delle quattro zone di amministrazione occupante. "Conta l'amore, più del potere", ha detto Tusk quasi citando il "fate l'amore, non la guerra" dei sessantottini e facendo così temere che la sua Polonia potrebbe rivedere il suo impegno in Iraq.

Hanno votato in massa anche i superlaureati emigrati negli anni dei gemelli: tre-quattro ore di attesa in coda nei consolati polacchi nel Regno Unito, grande folla a Berlino, Roma, Barcellona e Milano. Fino all'ultimo, con ritardi e rinvii della pubblicazione degli exit polls, la svolta è apparsa in forse. Poi, alle 22.55, i risultati e la fine della tensione. Regione dopo regione, liberal e progressisti sorpassavano la maggioranza uscente.

Piattaforma e sinistra hanno vinto in tutta la Polonia occidentale, centrale, sulla costa: da Varsavia a Danzica, dalla Cracovia di papa Wojtyla alla Slesia dei minatori. Ai Gemelli K restano solo le regioni di frontiera orientali e Kielce, che nel dopoguerra fu teatro di un pogrom antisemita. Ora si apriranno i negoziati per il governo. Non facili, ma le idee di privatizzazioni e riforme di Tusk, temperate dall'attenzione al sociale e ai poveri della sinistra e del Psl, potrebbero fornire un programma efficiente.

Soprattutto in nome della priorità comune: riconciliarsi con Bruxelles, Berlino, Mosca, e farla finita con accuse, sospetti, diffamazioni e abusi di potere. "Dopo questo voto", ha detto il primate della Chiesa cattolica cardinale Josef Glemp, "spero verrà la pace sociale".

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Pornobig: Ron Jeremy, il profeta del sesso felice.

"Datemi 10 pollici e vi solleverò il porno…”.

(Paolo Gallori - Kataweb) Ron Jeremy Hyatt fu accontentato e i suoi "10 pollici" (nb, oltre 25 centimetri) sono già nella storia americana dell’intrattenimento per adulti. Certo, è difficile credere che la raffinatissima casa editrice Taschen possa dedicargli un libro fotografico del valore di centinaia di dollari, come quello appena pubblicato su Vanessa Del Rio. Piccolo, scuro e grassottello, Ron non è un soggetto di particolare fotogenia. Eppure è proprio lui il corrispettivo maschile di Vanessa, la più torrida pornostar degli anni Settanta. Per almeno un paio di buone ragioni.

Innanzitutto, nei 70’s la meticcia e ispanica Del Rio e il bruno Ron Jeremy infransero il dominio della fisicità Wasp nell’estetica del porno americano, ambiente in cui erano due autentici freak. Come ci riuscirono? E’ la seconda buona ragione: entrambi anteposero il piacere alla performance fisica e in quel piacere riuscirono a trasportare anche lo spettatore con spontanea espressività: una strizzatina d'occhio in camera, il sorriso, l’allegria. In una parola, la gioia del sesso. Con Ron, inoltre, si prendevano la rivincita gli uomini normali, calvizie e pancetta per intenderci, che vedevano donne meravigliose urlare di piacere grazie a “uno di noi”.

Ron Jeremy ebbe un vantaggio: era un vero attore con spiccate doti da “comedian” . E all’epoca, ancora lontana dalla video-democrazia conseguente la rivoluzione digitale, il porno era davvero cinema, nasceva da autentiche sceneggiature, le produzioni costavano centinaia di migliaia di dollari e dietro al macchina da presa sedevano registi di professione. Nato a Long Island nel 1953, padre fisico e madre al servizio dell’OSS (l’attuale CIA) durante la Seconda Guerra Mondiale, nei primi anni Settanta Ron cercava la sua strada nello spettacolo battendo la scena “off” di Broadway. Ma era davvero dura.

Un giorno, era il ’78, la fidanzata spedì a Playgirl una foto di Ron: nudo e sdraiato, la maestosa mascolinità distesa fino all'altezza dello stomaco. La rivista ricevette tante lettere di ammiratrici, Ron la proposta di entrare nel porno. Ci pensò per qualche mese, poi la fame ebbe la meglio. Secondo le biografie, la sua prima pellicola hard fu Coed Teasers, ma Ron Jeremy ama citare un altro film come “opera prima”: Tigresses and other Man-eaters, dove lo attendeva proprio lei, la famelica Vanessa Del Rio. Passare dagli scatti della fidanzata all’erezione davanti a una troupe non fu facile. Superata la prima volta, Ron non si è più fermato: oltre 1750 parti in film porno (cifra registrata nel Guinness dei primati) e tante medaglie al valore.

E' giusto ricordare un paio produzioni italiane, a cui Ron approdò quando il suo status era già di star internazionale del genere. Nel 1990, in concomitanza con l’organizzazione dei campionati in Italia, si realizza il film Cicciolina e Moana ai Mondiali. Le due eroine vengono investite dai dirigenti azzurri di una missione speciale: sfiancare i campioni avversari. Ovvero Gullit, Klinsmann e il più grande di tutti, Maradona. A chi affidare il ruolo dell’argentino se non al fuoriclasse del porno? Nel 1996, invece, Ron Jeremy è nel cast della saga Concetta Licata (nb, saga) del “maestro” Salieri. Interpreta il ruolo del direttore di un carcere coinvolto nella lotta alla mafia siciliana. La partita è difficile, senza esclusione di colpi e Ron si produce in durissime entrate da dietro su Selen.

Se la vicenda cinematografica di Vanessa Del Rio si è fermata ufficialmente nel 1986, quella di Ron Jeremy prosegue con immutato successo a quasi trent'anni dal debutto nel cinema hard. E ha travalicato i confini della pornografia, infilandosi nell’entertainment di massa. Col tempo la sua faccia vincente è apparsa in spot pubblicitari e film “normali”. Ron ebbe persino un ruolo da consulente per le riprese di Nove settimane e mezzo, diventando grande amico di Mickey Rourke. In tempi più recenti Ron Jeremy è finito nel reality Warner Surreal Life, è stato protagonista della serie animata Celebrity Death Match finendo a brandelli contro Tommy Lee e Comedy Central lo ha voluto in una puntata di Vs (tema: nudisti contro pornostar).

E che dire dei videoclip musicali? Se non sorprende la chiamata del rozzo Kid Rock per Cowboy, è del tutto inaspettato scoprire un serissimo Ron Jeremy in We Are All Made Of Stars dell’addolorato Moby post 11 Settembre. Partecipazione rivelatoria. Non si creda che Ron Jeremy sia idolo dei soli “blue collar”. Nei college i suoi film imperversano, al punto che l’attore anni fa intraprese un tour in Usa, Canada e Regno Unito per parlare di sesso, cultura e religione in dibattiti allestiti nelle aule degli istituti. Si racconta che in uno di questi incontri rimasero fuori 5mila studenti. Scoppiò un putiferio e dovette intervenire la polizia per sgombrare l’area.

Ron Jeremy oggi è definitivamente un’icona pop. La cultura di riferimento lo ha sdoganato nel 2001 raccontandolo in un documentario acclamato dalla critica: Porn Star: The legend of Ron Jeremy. Lavoro troppo serioso, forse, per i gusti di Ron, che l’anno scorso ha dato alle stampe la sua versione dei fatti: l’autobiografia The hardest (working) man in showbiz. Dove si scopre che…

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