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domenica 4 novembre 2007

American Gangster strepitoso al botteghino Usa!

Strepitoso esordio al boxoffice americano per American Gangster!

(Cineblog) 46,344,000 dollari e la pazzesca media per sala di 15,174 dollari sono qualcosa di incredibile, per una pellicola che già sente odore di Oscar.
Risultato impensabile alla vigilia per il ritorno del grande Ridley Scott, al secondo miglior esordio di sempre al boxoffice americano, dopo Hannibal con 58 milioni, che proprio negli Usa ultimamente aveva floppato con A good Year.
Per chiudere il cerchio dei “numeri” il film si aggiudica il settimo posto nella speciale top 10, dominata da The Matrix Reloaded con 92 milioni di dollari, dei film R-Rated capaci d’incassare di più al primo weekend di programmazione.

Dietro Scott arriva l’ennesimo cartoon digitale dell’anno, Bee Movie, capace di incassare 39,100,000 dollari, con un ottima media per sala, pari a 9,954 dollari. Ammetto come credessi poco in questo cartoon, targato Spielberg, capace di smentirmi e anche alla grande.
40 milioni di dollari incassati in 3 giorni sono un signor risultato!

Scende al terzo posto Saw 4, capace di superare la soglia dei 50 milioni di dollari, massacrato però da un pesantissimo -65.3% degli incassi rispetto al weekend scorso. Come previsto il sogno di eguagliare il terzo capitolo, con 80 milioni, resterà pura chimera.
Pessimo è l’esordio di The Martian Child, con appena 3,650,000 dollari, e la ridicola media per sala di 1,806 dollari, mentre Dan in Real Life arriva ai 23, 30 days of night ai 34 milioni di dollari, The Game Plan agli 82 e Into The Wild arriva a sfiorare gli 11 milioni.

In conclusione un botteghino finalmente di tutto rispetto, come non se ne vedeva dalla metà d’agosto, segno che se di film buoni da vedere ce ne sono, la gente al cinema ci va, eccome se ci va! Prossima settimana arrivano Fred Claus, il pessimo Leoni per Agnelli e l’horror P2.



Bee movie

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Pier Paolo Pasolini, un Parco Letterario per cancellare il degrado.

(Eleonora Gitto - èCostiera online) L'area dell'Idroscalo di Ostia, luogo che la morte di Pier Paolo Pasolini ha reso tristemente famosa, diventerà presto un Parco Letterario. Il parco porterà il suo nome. Il progetto arriva a circa 37 anni dall'efferato delitto e nasce da un intesa tra Provincia di Roma, Fondazione Ippolito Nievo, in collaborazione con il Centro Habitat Mediterraneo.

Di questo si è parlato il 2 novembre, giorno dell'anniversario della morte dello scrittore, nella piccola area dell'idroscalo di Ostia a lui dedicata, davanti alla stele che l'artista Mario Rosati ha fatto per ricordare il luogo dove si è consumata una delle più brutte pagine della nostra storia.
Pochi i presenti che si aggiravano fra il percorso letterario, realizzato dallo stesso scultore.
Parole scelte con cura e incise su pietra, che continuano a raccontare di un itinerario poetico, complesso, ricco di tensioni e suggestioni.
Ripulita la piccola area intorno alla stele di travertino. Messa a lucido per l'occasione. Tutto intorno erbacce. Sullo sfondo un degrado tangibile.

Qui la discarica a cielo aperto che c'era prima è diventata un' oasi naturalistica di grande richiamo per gli appassionati di natura, e in particolare di birdwatching. Molto si deve all’attività dei volontari e alla LIPU che cinque anni fa ha organizzato il Centro Habitat Mediterraneo , che consiste nella ricostruzione di una zona umida, a partire da un lago di 11 ettari, lo stesso lago che era esistito fino a fine Ottocento, quando fu prosciugato dalle bonifiche".- Racconta Giancarlo Polinori, coordinatore della Lipu Lazio - In quella che è ritenuta, non a torto, la zona più degradata del litorale romano, i volontari hanno censito negli ultimi tre anni 200 specie di uccelli, tra i quali specie rare come l’airone rosso (l’unica coppia di tutta la Provincia nidifica qui da tre anni), la moretta tabaccata (una delle anatre più minacciate d’Europa), il tarabusino e il tuffetto”.

Conclude Polinori. Fa da sfondo alla silenziosa commemorazione una specie di baraccopoli.
Case decadenti, con mura rotte. Si vedono scheletri di ferro in lontananza. Sono ciò che rimane dei bilancioni. E rifiuti.
Tanti rifiuti. Discariche di inerti, pezzi di lavatrici, reti arrugginite e pitbull. Pitbull che vengono saziati con carne cruda prelevata da un cofano aperto e maleodorante.
Stridenti le immagini: volgi lo sguardo all'infinito e godi del mare, del colore del cielo autunnale, della vela che scorgi in fondo, come messa all'uopo per la posa.

Ruoti la testa di 180 gradi ed è l'abbandono totale. Se scali la montagna di rifiuti e di materiali di risulta che ti divide dal mare, vedi tutto l'idroscalo.
Una vasta aria colma di sterpi tanto da scorgere a malapena la Tor San Michele, la torre di scuola michelangiolesca, edificata nel 1567 a guardia della foce del Tevere, di inestimabile valore storico e artistico.
"Ero amico di Pasolini. – dice lo scultore Mario Rosati - Giocavamo insieme a pallone,quando ancora non era “Pasolini”. Quando è diventato famoso non si è scordato di noi. Qui tornava sempre. Mi voleva nel cast del film l' “Accattone”, ma sono dovuto partire e al posto mio è andato un altro... Spero che che questo parco letterario veda presto la luce...”

Lo speriamo tutti. Pasolini, poeta scrittore, pittore, autore, saggista. Pasolini comunista espulso dal partito, cattolico non accettato dalla chiesa, omosessuale non accettato dai perbenisti. Pasolini dissacratore, provocatore, polemista. Pasolini che “sa” e “potrebbe” dire.
Pier Paolo Pasolini: oggi si pensa di ridare dignità all'idroscalo di Ostia, atavicamente, degradato e abbandonato e per un ironico scherzo del destino, questo avviene grazie alla morte di quest' uomo ritenuto "scomodo" e, dai più, "volutamente", dimenticato.

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Zecchi, il machismo e l'omosessualità femminile.

Guerra di grandi alle spalle di un innocente.

(Stefano Zecchi - Il Giornale) Non discutiamo dei gusti altrui, come ci suggerivano i latini, e neppure di quelli sessuali. Però, invece di preoccuparci delle tendenze sessuali della madre, consideriamo il fatto dalla prospettiva del figlio, di tutti i figli di genitori divisi. E di questo in particolare: a Savona c’è una mamma divorziata che ha avuto in affidamento il figlio, un affidamento contestato ora dall’ex marito che ha chiesto al giudice di rivedere la pratica perché la donna oggi avrebbe una relazione omosessuale. È inutile fare gli ipocriti o gli sprovveduti: anche la separazione gestita con la maggiore intelligenza lascia per sempre nei figli il segno della sofferenza, che sarà più o meno razionalizzata (compresa, accettata) con il trascorrere del tempo.
Certo, meglio due genitori che si dividono piuttosto che le loro furibonde lotte quotidiane, e tuttavia oggi c’è troppa superficialità nel modo di affrontare il matrimonio e la costruzione di una famiglia, così come la separazione, spesso determinata da infantilismi, da capricciose pretese, da sciocche insofferenze. Chi, poi, paga il prezzo più alto sono i figli.
Seconda considerazione, tanto ovvia da essere dimenticata: dietro a ogni ragazzo c’è una famiglia. Si critica tanto il comportamento di un giovane come se fosse l’unico vero responsabile delle sue manchevolezze e non si considerano mai, o quasi mai, le responsabilità della famiglia e dell’educazione che da essa dovrebbe ricevere.
Ed ora, su queste premesse, veniamo al fatto in questione. Cosa ci dice il giudice? Verificherà se la donna a cui è affidata la figlia è una buona madre, indipendentemente dalle sue propensioni sessuali. Detto così, il suo ragionamento non fa una piega. Giudice moderno, laico, progressista. In realtà, ciò che dimentica è drammaticamente il significato culturale della famiglia.
Procediamo con tutte le cautele del caso e supponiamo che, effettivamente, la donna abbia una relazione omosessuale. La questione non è tanto quella di essere lesbica, quanto l’organizzare nell’omosessualità la struttura di una famiglia. La figlia affidata alla madre si troverebbe così a vivere in un contesto familiare costituito da due donne di cui una fa l’uomo.

Lo ritengo sbagliato, sia per l’inevitabile disorientamento che comporta una simile situazione nella psiche di un’adolescente, sia perché la figlia di genitori divisi, affidata alla madre, ha pur sempre un padre, che deve poter svolgere il suo ruolo anche se non vive più con la madre nella medesima casa. Diventa obiettivamente confuso, ambiguo, difficile il suo modo di rapportarsi con la figlia, e anche con la stessa madre, sua ex moglie.
Mi si può replicare che una società aperta e libera deve prevedere queste situazioni che scardinano le tradizionali funzioni dell’uomo e della donna. D’accordo: non sorprendiamoci, però, se poi i giovani che crescono in contesti tanto disomogenei da quelli della famiglia convenzionale hanno problemi formativi. Se è impossibile per i genitori rimanere insieme, nelle separazioni essi dovrebbero almeno cercare di educare i propri figli nel modo più simile a quella realtà familiare andata in pezzi per causa loro.
Ultima considerazione sull’osservazione del giudice che valuterà se la donna saprà essere una brava mamma, indipendentemente dalla sua omosessualità. Ma perché il giudice non valuta se l’uomo è in grado di essere un bravo padre? Perché in Italia, nel 90 per cento delle cause di separazione, si assegnano i figli alla madre? Perché il padre viene tanto ottusamente dispensato dal fare il padre, non assegnandogli i figli? Anche il caso preso in considerazione si potrebbe affrontare da un altro punto di vista se si riconoscesse nelle cause di separazione parità di diritti e doveri tra padri e madri.

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Scuola: Fa sesso con la compagna e diffonde il video girato con il telefonino. Spedito in comunità.

(Affari Italiani) Attraverso il suo telefonino ha diffuso il video di un rapporto sessuale avuto con una compagna di scuola. Per questo motivo un 16enne della provincia di Palermo è stato rinchiuso in una comunità, con l'accusa di diffusione di immagini pedopornografiche. La giovane si era accorta che l'amico aveva in mano un cellulare, ma lui le aveva assicurato che lo stava spegnendo. Invece, dopo aver ripreso le immagini, le ha girate ad amici e conoscenti.

Agli atti dell'inchiesta c'è il videoclip estrapolato dal telefonino sequestrato dagli agenti della sezione di polizia giudiziaria del Tribunale per i minori, dopo la denuncia del padre della ragazza.

Anche la studentessa è stata ascoltata dagli investigatori. La ragazza ha raccontato di avere preso una cotta per il giovane e di essersi sentita tradita quando ha saputo della diffusione del video, girato nel corso di una scampagnata organizzata in campagna, nel Palermitano, fra studenti della stessa classe.


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Internet e teenager: Ora MySpace e Facebook battono i siti porno.

Ricerca Usa: i 18-24enni americani navigano di più su indirizzi di socialnetwork che in quelli a luci rosse.

(Alessandro Grandesso - Il Corriere della Sera) Meglio del porno, Facebook. I ragazzi americani tra i 18 e i 24 anni non hanno dubbi. E’ quanto emerge da uno studio del traffico sulla rete statunitense. Al primo posto delle loro ricerche non ci sono siti pornografici, ma portali di social-networking, come Facebook che rivendica 250mila nuovi adepti al giorno.

TENDENZA - A sottolineare la nuova tendenza il “Time” che smonta lo stereotipo del teenager alla sistematica ricerca di emozioni virtuali a luci rosse. Secondo uno studio della società Hitwise, i 18-24enni statunitensi usano Internet essenzialmente per le email (terzo posto), i motori di ricerca (secondo). I siti porno arrivano solo al quarto posto. Primi i siti come Facebook o Myspace.

INVESTIMENTI - Comprensibile quindi la recente decisione di Microsoft di investire 170 milioni di euro nella piattaforma creata nel 2004 da Mark Zuckerberg, che vale oggi 10 miliardi di euro. Una mossa che ha spinto Google ad allearsi con Myspace ed altri concorrenti in un’operazione denominata “openSocial”.

TRAFFICO - I dati della Hitwise dimostrano inoltre come i siti porno rappresentano oggi solo l’11,9% del traffico Web americano, contro il 16,9% dell’ottobre 2005. Una diminuzione del 33%. Tra giugno e luglio 2007, invece, Facebook ha conosciuto una progressione folgorante: più 270%.

SVOLTA - La tendenza però cambia a partire dai 25 anni quando, secondo il Time, i siti porno tornano in auge, posizionandosi al secondo posto, alle spalle dei motori di ricerca. Una svolta che permette all’industria a luci rosse di rivendicare un giro d’affari mondiale di 38,6 miliardi di euro. Secondo una inchiesta del quotidiano olandese “Het Laastste Nieuws” (HLW), ogni giorno spuntano sulla rete 260 nuovi siti pornografici.

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Oltre 500 skinhead riuniti a Legnano. Celebrano Hummerskin, una costola del Ku Klux Klan.

(Affari Italiani) Oltre 500 skinhead sono riuniti in un capannone abbandonato nel territorio comunale di Villacortese, nei pressi di Legnano. Le tese rasate sono arrivate da tutta Europa per partecipare a un maxiraduno, secondo gli organizzatori autorizzato.

L'happening dovrebbe durare fino a domani ed è prevista la presenza di numerose altre persone. Il raduno è promosso dall'organizzazione internazionale "Hammerskin nation", è intitolato "Hammerfesteurope" e consiste nella celebrazione dei 20 anni "di onore e gloria" dell'organizzazione dei due martelli incrociati.

Hummerskin è il gruppo più oltranzista delle teste rasate, nato da una costola di fuorusciti del Ku Klux Klan negli Stati Uniti. Secondo gli organizzatori sono attese oltre 500 persone, per un raduno regolarmente autorizzato dalla Pro loco, che ha affittato il capannone ai promotori dell'assocazione lombarda, che conta una ventina di aderenti, legati all'associazione di esterma destra Cuore nero.

Sulle autorizzazioni che nel Comune del legnanese è scoppiata una polemica tra il sindaco, Giovanni Alborghetti, ulivista, ex Dc, e i gestori della Pro loco. "Non ne sapevo nulla - afferma Alborghetti - la Pro loco è un organismo che gestisce in autonomia le sue attività, è certo che d'ora in poi dovremo rivedere le convenzioni".

E' di un paio di settimane or sono un primo scontro tra la giunta e la Pro loco, che per la fine del Ramadan, ha autorizzato una festa islamica con oltre settecento partecipanti, sempre nello stesso capannone. In quell'occasione vi era stata una formale diffida da parte del sindaco, informato dell'evento, ma disattesa.

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La ragazza affetta dalla sindrome di Psas: «La mia vita da 200 orgasmi al giorno».

Sarah, 24enne londinese, è sensibile a qualunque tipo di vibrazione percepita.

(Simona Marchetti - Il Corriere della Sera) Duecento orgasmi al giorno, scatenati da qualunque tipo di vibrazione percepita: dal passaggio di un treno al soffio dell’asciugacapelli, fino al monotono ronzio della fotocopiatrice. Questo il destino di Sarah Carmen (nella foto), una bella 24enne londinese affetta da “Permanent Sexual Arousal Syndrome” (PSAS) - un disagio che aumenta il flusso sanguigno agli organi sessuali - e che ha deciso di raccontare la sua storia al News of the World.

DOPO GLI ANTI-DEPRESSIVI - «A volte faccio così tanto sesso che mi annoio – ha raccontato la ragazza in un’intervista di 40 minuti, durante la quale ha avuto cinque orgasmi – ma direi che gli uomini con i quali dormo non devono fare grandi sforzi con me, perché raggiungo il piacere molto facilmente». Sarah ha cominciato a soffrire di questa sindrome a 19 anni, dopo che le sono stati prescritti degli antidepressivi. Ed è convinta che quelle pastiglie abbiano in qualche modo contribuito a scatenarle il problema: «Nel giro di un paio di settimane dopo averle prese ho iniziato a sentirmi sempre più eccitata e ad avere orgasmi senza fine. Ricordo che ero a letto con il mio fidanzato, stavamo facendo sesso da ore e lui rimase sconvolto quando si rese conto di quante volte raggiungevo l’orgasmo. Poi, però, successe anche dopo il sesso. Stavo pensando a quello che avevamo fatto a letto e ho cominciato a sentirmi sempre più eccitata, fino a quando sono arrivata al culmine. Per sei mesi ho avuto 150 orgasmi al giorno e adesso sono almeno 200».

VIBRAZIONI E FUGA - La ragazza lavora come estetista in un salone dove le vibrazioni degli asciugacapelli e di altri apparecchi simili acutizzano i suoi sintomi. «Ogni cosa mi può scatenare delle pulsioni incontrollate, visto soprattutto gli strumenti che adopero per la mia attività. Alcune delle mie clienti abituali sono a conoscenza del mio problema, ma spiegarlo a quelle nuove non è affatto semplice. Magari sono nel bel mezzo di un trattamento e mi sento arrivare l’orgasmo e, credetemi, è davvero imbarazzante. Ricordo che una volta stavo facendo una ceretta inguinale e non potevo andarmene, così ho fatto finta di avere un crampo al piede per soffocare i sospiri, fino a quando il momento è passato. Ormai le mie colleghe lo sanno: se faccio un colpo di tosse e corro in bagno, portano alla cliente una rivista e una tazza di tè…».

IMBARAZZO - Per le sue amiche, Sarah è fortunatissima («pensano che sia una gran cosa e probabilmente ho più orgasmi io in un solo giorno che loro in un anno»), ma con la sua famiglia la ragazza non ha avuto il coraggio di affrontare la questione. «Mamma e papà pensano che certi miei comportamenti siano un po’ strambi, ma credono che io sia iperattiva». La storia con il ragazzo con cui stava quando scoprì di soffrire di questa sindrome finì dopo qualche mese, ma i successivi partner di Sarah hanno faticato molto a stare dietro alle sue voglie sessuali. «A volte vorrei avere una vita normale, come tutti. La cosa più imbarazzante che mi è successa è stato avere un orgasmo mentre rispondevo a una ricerca di marketing: mi sono dovuta alzare e scappare via». Una volta la ragazza ha partecipato anche a una riunione dei «Sex Addicts’ Anonymous», perché convinta di essere diventata una «sesso dipendente»: «Ma quando sono entrata in quella stanza, ho visto quella gente e ascoltato le loro storie, ho capito che non era davvero il mio caso. Ora sono arrivata alla conclusione che si possa convivere con questa sindrome e sono fortunata, perché tutte le persone sono molto gentili con me e si rendono conto che del mio problema».

INFIAMMAZIONE PELVICA - Cos’è la PSAS? Spiega la dottoressa Hilary Jones al News of the World: «Le donne che soffrono di Permanent Sexual Arousal Syndrome sentono costantemente la contrazione muscolare che scatena l’orgasmo. Una condizione così rara che gli stessi esperti non riescono a trovare una spiegazione scientifica. Potrebbe essere scatenata da un’infiammazione o da un’infezione nell’area pelvica che stimola il clitoride, mentre qualche psicologo sostiene che la PSAS sia il segnale di una crisi emotiva. In entrambi i casi, comunque, una donna affetta da tale sindrome può soffrire sia nel corpo che nella mente e necessita di assistenza medica e comprensione».

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"Gomorra! esce negli Usa, il New York Times celebra Saviano.

(Apcom) - Quando il successo costringe a vivere nell'ombra. E' il paradosso evidenziato dal New York Times, che oggi dedica il "profilo del sabato" a Roberto Saviano, lo scrittore campano diventato famoso con "Gomorra" - e da allora costretto nell'ombra - la sua opera prima pubblicata da Mondadori lo scorso anno, che in Italia ha venduto 750.000 copie. E ora disponibile anche nelle librerie degli Stati Uniti. Il New York Times lo ha incontrato nell'ufficio del suo editore, "con 3 poliziotti armati che lo aspettano fuori, e non lo lasciano mai solo". "Li ho sempre odiati", dice lo scrittore riferendosi ai camorristi. "E' un sentimento molto personale, non intellettuale: li odio perché hanno rovinato il mio Paese, costretto le persone a emigrare, ucciso persone oneste", 3.600 da quando è nato (1979), secondo i suoi calcoli: così Saviano comincia il racconto della sua battaglia alla camorra.

Il libro, superando qualsiasi aspettativa ottimistica, è diventato un caso nazionale, facendolo entrare nel mirino della malavita organizzata: in "Gomorra" fa i nomi di famiglie, capi, affiliati, assassini, vittime, con uno stile che il New York Times definisce "pasoliniano". "Ma il libro si è avvicinato troppo alla realtà per renderlo popolare, in un Paese che cerca costantemente di disfarsi dell'immagine che all'estero lo associa alla criminalità organizzata", riflette il giornalista che ha incontrato Saviano. "Nessuno mi perdonerà per quello che ho fatto", continua lo scrittore, che il quotidiano di New York definisce "una sorta di Salman Rushdie italiano" (Rushdie fu colpito in Iran da una fatwa che ne decretò la condanna a morte per la sua opera "I versetti satanici", ritenuta blasfema). "Ho dato risalto al mondo della criminalità. Ma anche le persone oneste mi odiano perché ne ho parlato.

Per loro, ho ridotto l'Italia alla realtà che ho descritto, come se la parte criminale fosse l'unica. Ma non credo di averlo fatto", dichiara lo scrittore. Umberto Eco, allo scoppio delle polemiche, disse che non bisognava "lasciarlo solo", e invitò lo Stato a intervenire, dopo che in alcune telefonate tra camorristi era emerso un "dibattito" sulla sorte da riservare a Saviano. Così la sua scorta, ora, non lo lascia mai solo. La sua popolarità, comunque, non sembra in calo, almeno nelle carceri: "Gomorra" sarebbe il libro più richiesto dai detenuti italiani.

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La Cenerentola russa cerca fortuna a Berlino.

Ludmila Konovalova, la danzatrice orfana e giovane, povera e bella in dicembre interpreterà proprio la sua favola.

(Andrea Tarquini - La Repubblica) La Cenerentola russa del ventunesimo secolo trova la svolta della fortuna e della vita a Berlino. Orfana e giovane, povera e bella: Ludmila Konovalova, ballerina venuta da Mosca, sembrava abbandonata a se stessa come il personaggio della fiaba, ma nella capitale tedesca ora spera di avere davanti a sé un futuro di successo.

Proprio 'Cinderella', cioè appunto Cenerentola, sarà la sua interpretazione più attesa a dicembre. La settimana scorsa ha avuto con successo il suo debutto al balletto della Berliner Staatsoper, una delle tre Opere della capitale federale tedesca. Aveva il ruolo della fata buona in Dornroeschen, cioè La bella addormentata nel bosco. Sorride sempre, anche quando fa male sollevarsi sulle punte. Bild, il quotidiano popolare del gruppo Springer (il giornale più venduto d'Europa con oltre 5 milioni di copie quotidiane in media e un potente sito online) le ha dedicato un servizio fotografico promozionale: Ludmila, in tutù nero come quello del 'Lago dei cigni', si è lasciata ritrarre in prove di danza negli angoli più belli o famosi di Berlino.

La Cenerentola russa di Berlino ha alle spalle una storia triste e tremenda. Suo padre morì quando lei era ancora una bimba, la madre cadde allora vittima di crisi depressive. L'unico conforto era Lev, il fratello, più giovane di sette anni. La incoraggiava ad andare avanti nel suo unico hobby e consolazione: lo studio del balletto. Ludmila aveva cominciato ad appena cinque anni.


A dodici anni, venne il primo trauma. La madre non era più una genitrice attendibile. Almeno per le autorità, che le tolsero l'affidamento dei figli. "Una mattina ebbi lo shock: la polizia bussò alla porta del nostro appartamento. Ci portarono in un brefotrofio. Io mi dissi che dovevo andare avanti, che dovevo darmi solo due compiti: continuare con la danza e proteggere il mio fratellino". A sedici anni, Ludmila apprese nel brefotrofio che la mamma si era tolta la vita impiccandosi.

La ragazza cadde vittima di una crisi pericolosa. Si gettò ancora più a fondo nella danza per rimuovere il dolore, ma rischiò l'anoressia: alta un metro e 68, scese a pesare solo 48 chili. Superò la crisi, diventò prima ballerina al balletto di stato russo. Non le bastava, voleva di più. E nella prima tournée a Berlino, nel 2006, ci è riuscita. In segreto, senza dire nulla ai responsabili della troupe, contattò l'ensemble di danza di Vladimir Malahov, attivissimo a Berlino. Dove la grande scuola del balletto russo ha un pubblico appassionato tutto particolare: non solo i berlinesi da sempre innamorati di danza e musica, ma anche gli emigrati russi ricchi, spesso imprenditori o intellettuali, spesso ebrei. Da circa un mese, Ludmila ha trovato ospitalità da una danzatrice in pensione a Pankow, il quartiere di Berlino Est che per ironia della sorte durante la guerra fredda fu la sede del temuto comando dell'Armata rossa nell'Europa centro-orientale occupata.

Il suo training ha ritmi da sfiancare un atleta: otto ore al giorno, sei volte alla settimana. Per il ruolo di questi giorni, appunto la Bella addormentata. E per Cinderella a dicembre. Il suo grande sogno: "Che mio fratellino Lev possa venirmi a trovare da Mosca per venirmi a vedere alla prima. Già ho cominciato a risparmiare soldi per il suo biglietto dell'Aeroflot". Rivedere il fratellino: per sognare l'incontro con un principe, la Cenerentola russa di Berlino ha ancora tempo.

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Tv, Curzio Maltese e Umberto Folena: Faccia a faccia sulla chiesa.

I due giornalisti ospiti domani di "Mapperò" in onda su Sat2000.

(Apcom) - I giornalisti Curzio Maltese e Umberto Folena saranno i protagonisti del faccia a faccia in programma nella prima puntata di "Mapperò", nuovo talk show di attualità in onda domani alle ore 22.10 su Sat2000. Condotta da Monica Mondo, la trasmissione affronterà le questioni attuali, con l'intervento di protagonisti della politica, della società civile, della cultura e dell'informazione.

Il tema di domani sarà "È in corso o no un attacco alla Chiesa?". Ne discuteranno Curzio Maltese, autore dell'inchiesta di "Repubblica" sulla Chiesa cattolica, e l'editorialista di "Avvenire" Umberto Folena.

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Uomo o donna? Eros Ramazzotti si confessa:"Sono pronto a un grande amore".

"Il 2002 è stato un inferno, ma ho imparato qualcosa - racconta il cantante - in questi anni non ho preso nulla sul serio. Ma ora ho meno paura di affrontare una donna. Mi chiedo se è il momento di cercare qualcuno a cui appoggiarmi nella vita, qualcuno con cui invecchiare.

(Quotidiano.net) All'indomani della pubblicazione del suo nuovo doppio «Greatest Hits», Eros Ramazzotti si confessa in una lunga intervista che il settimanale Tv Sorrisi e Canzoni pubblica nel numero in edicola domani e parla anche di amore.

Giunto al 25mo anno di carriera, il cantante romano traccia un bilancio. «Non cancellerei nessuno di questi 25 anni, ma il 2002 è stato un inferno». In pochi mesi Eros perse la madre Raffaella e dovette affrontare la separazione da Michelle Hunziker. «Eppure anche dal 2002 ho imparato qualcosa. Il dolore devi saperlo tenere lì, dentro il cuore. Se lo metti in circolazione, inquina tutto il resto ed è la fine».

Eros racconta del suo rapporto con Aurora, la figlia di 10 anni avuta dalla Hunziker. «Mi guardo intorno e vedo tanti genitori che se ne infischiano dei figli. È un crimine, perché l'unica cosa che conta per i ragazzi è l'amore del papà e della mamma. L'amore di mia madre è la cosa che mi manca di più, ma anche la cosa più preziosa che mi resta». La storia però si complica, se i genitori sono separati. «Parlo tanto sia con Aurora, sia con Michelle. Possiamo essere buoni genitori anche se non ci amiamo più».

Ora comunque anche nella vita sentimentale per Eros le cose pare vadano meglio: «Ho meno paura di affrontare una donna. In questi anni io non ho preso sul serio nulla. Il classico 'ndo cojo cojo', per intenderci. Ero spaventato, avevo sofferto troppo. E poi c'è troppa carne al fuoco, troppe donne belle, tutte subito in vista. Troppa attenzione all'immagine, all'esteriorità. Per chi ha paura di prendere impegni, questi anni sono un paradiso: essere superficiali è facilissimo. Ma so bene che la mia superficialità è solo un trucco per non farmi male di nuovo, e che alla fine una notte di sesso dà poco. In fondo al mio cuore me lo chiedo, se non sia il momento di cercare qualcuno a cui appoggiarmi nella vita. Qualcuno con cui invecchiare».

Infine, qualche considerazione sul rapporto con la stampa. «Vorrei essere come Battisti, che a un certo punto è sparito dalla circolazione. Io, però, ho un contratto che mi impone degli obblighi. Loro mi danno dei soldi, io faccio dischi e poi li promuovo con le interviste. Quando sei famoso, però, nessuno è interessato a capire chi sei veramente. Vogliono solo insinuare malignità. E così, in un attimo, ecco che Eros diventa bisex, gay, alcolizzato. Niente di vero, ovvio».

Per fortuna, però, esistono gli amici: «Biagio Antonacci è un fratello, anche se sostiene che butto via i soldi, perché potrei avere lo stesso successo investendo la metà nel realizzare i dischi. Forse ha ragione: sembrerò immodesto, ma di artisti con la mia voce ne nasce uno ogni cento anni e dunque probabilmente potrei vendere molte copie anche se spendessi meno. Ma ho troppo rispetto per il pubblico».

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Dimenticati i gay: Pd, Veltroni nomina l'esecutivo sono nove donne e otto uomini.

Il segretario ha reso noto le sue scelte per l'organismo dirigente del partito. Ne fanno parte rappresentanti dell'impresa, del sindacato e dell'associazionismo.

(La Repubblica) Più donne che uomini, pochi professionisti della politica e molti esponenti della "società civile", con rappresentanti dell'associazionismo, dell'imprenditoria, del sindacato, dell'ambientalismo e della cultura, con il nome di Vincenzo Cerami a fare da spicco. Sono queste le caratteristiche dell'esecutivo del Partito democratico nominato oggi dal segretario Walter Veltroni.

A farne parte saranno parte nove donne e otto uomini: Goffredo Bettini, Andrea Causin, Vincenzo Cerami, Roberto Della Seta, Emanuela Giangrandi, Maria Grazia Guida, Maria Paola Merloni, Federica Mogherini, Alessia Mosca, Andrea Orlando, Annamaria Parente, Laura Pennacchi, Roberta Pinotti, Lapo Pistelli, Ermete Realacci, Giorgio Tonini, Rosa Villecco Calipari. Insieme a loro, il vice segretario Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, i presidenti dei gruppi parlamentari della Camera e del Senato. La composizione della direzione, organo più ampio del partito, sarà annunciata invece la prossima settimana.

"Con la nomina dell'esecutivo - ha detto il segretario del Pd - inizia il cammino di una compagine di donne e uomini innovativa, fresca, aperta, autorevole che avrà il compito di interpretare al meglio la grande forza riformista che il Partito democratico vuole e deve rappresentare. Per la prima volta nella storia della politica italiana, le donne sono presenti in un organismo dirigente in numero superiore a quello degli uomini. Con questa decisione non solo rispettiamo quanto previsto da una innovativa norma del regolamento delle Primarie, che prevedeva la piena parità tra i generi nella Costituente e nelle liste, ma con una scelta particolarmente significativa diamo vita ad un esecutivo in cui la presenza femminile è maggiore di quella maschile".


"Credo - sottolinea ancora Veltroni - sia interessante valutare i diversi percorsi politici e culturali delle persone nominate. C'è chi ha svolto recentemente significative esperienze politiche o parlamentari, ma ci sono anche esponenti di mondi che fanno riferimento all'associazionismo, come Andrea Causin, al volontariato, come Maria Grazia Guida, al sindacato, come Annamaria Parente, all'imprenditoria, come Maria Paola Merloni, alla ricerca, come Alessia Mosca dell'Arel, donne che hanno un'esperienza di battaglie civili, come Rosa Calipari. C'è poi uno dei più autorevoli esponenti della cultura italiana, Vincenzo Cerami, che voglio personalmente ringraziare per aver accettato questo incarico. E c'è la sensibilità di persone come il presidente di Legambiente, Roberto Della Seta, a cui ho chiesto di portare dentro il partito, insieme con Ermete Realacci, il bagaglio della sua importante esperienza ambientalista".

Veltroni conclude: "L'esecutivo del Partito democratico rappresenta la giusta sintesi tra l'esperienza necessaria per chi si appresta ad un cammino così impegnativo e il coraggio e la forza del cambiamento delle generazioni più giovani. Sono certo che queste donne e questi uomini, queste ragazze e questi ragazzi rappresenteranno al meglio quell'ambizione e quella speranza che tre milioni e cinque centomila persone ci hanno affidato con la straordinaria giornata del 14 ottobre".

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“L’Osservatore Romano”: “il paradosso dei diritti umani”

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 4 novembre 2007 (ZENIT.org).- Presentiamo l’articolo pubblicato sulla prima pagina dell’edizione italiana de “L’Osservatore Romano” del 4 novembre, firmato da Francesco D'Agostino, membro della Pontificia Accademia per la Vita e Presidente Onorario del Comitato Nazionale per la Bioetica, e intitolato “Il paradosso dei diritti umani”.

* * *
“Il paradosso dei diritti umani”

di Francesco D'Agostino

Negli anni Sessanta, il dibattito sul diritto naturale era acceso e vivace. Si era tutti segnati da esperienze storiche fondamentali: in negativo dalle disumane e cruente esperienze dei grandi totalitarismi (che per alcuni intellettuali si limitavano solo a quelle nazifasciste), in positivo dall'approvazione della grande Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, non a torto ritenuta un vero e proprio evento storico (tranne che da Benedetto Croce, che con una insensibilità storica straordinaria, pari alla sua straordinaria intelligenza filosofica, non riuscì a percepirne che il carattere di estremo rigurgito dell'illuminismo settecentesco).
Non che mancassero, negli anni Sessanta, gli anti-giusnaturalisti; ma anche i più illustri tra loro - per esempio, Norberto Bobbio - lo erano secundum quid. Bobbio, infatti, come giurista si professava positivista quanto al metodo, ma giusnaturalista quanto all' "ideologia": egli cioè non riteneva che si potesse ridurre la giustizia alla volontà arbitraria del legislatore, ma era un accanito difensore dei diritti umani, la cui matrice giusnaturalista di certo non gli sfuggiva.
Il cuore del dibattito era quindi se si potesse dare o no ai diritti dell'uomo un fondamento obiettivo: al no dei giuspositivisti (per alcuni un no sinceramente accorato) si contrapponeva il sì dei giusnaturalisti (un sì, a sua volta, consapevolmente problematico). Citatissima, all'epoca, l'affermazione attribuita a Jacques Maritain (che della Dichiarazione dell'Onu era stato uno dei più significativi promotori): siamo tutti d'accordo sui diritti dell'uomo, purché non ci si chieda il perché. Era un'affermazione di carattere pragmatico, non filosofico, quasi un'arguzia; con essa Maritain voleva spiegare come si fosse arrivati in un consesso internazionale come l'Onu a risultati condivisi capaci nello stesso tempo di difendere obiettivamente la dignità dell'uomo e di non ferire la sensibilità storico-culturale di nessuno dei popoli rappresentati al Palazzo di Vetro.
Il dibattito sui diritti umani non è mai venuto meno nei decenni successivi, anzi si è andato allargando e articolando progressivamente. Quella che è invece andata affievolendosi è stata la riflessione filosofica sul giusnaturalismo. Le ragioni sono molteplici. Da una parte il diffondersi - tipico dei decenni seguenti all'ultima guerra mondiale - di antropologie deboli o addirittura dello stesso disgregarsi dell'antropologia. Dall'altra la pigrizia di molti giuristi, per i quali tale riflessione si presentava di fatto come superflua, a causa della progressiva costituzionalizzazione, e quindi positivizzazione, dei diritti umani. Né va sottovalutata la portata del processo di globalizzazione, che piuttosto che far fiorire nuove sensibilità in merito al carattere universale della dignità dell'uomo, ha spesso accentuato rivendicazionismi etnici e le conseguenti pretese all'incomunicabilità delle diverse culture.

Siamo così arrivati a un obiettivo paradosso: il paradigma dei diritti umani è irrinunciabile, ma la difficoltà, anzi il rifiuto a dargli un adeguato fondamento lo sta erodendo e portando verso una probabile implosione.

È un paradigma irrinunciabile, perché è l'unico che garantisce una comunicazione pacifica e pacificante non solo tra tutti i popoli del pianeta, ma anche tra tutti i singoli esseri umani, a partire dal presupposto della loro pari e costitutiva dignità. Ma è nello stesso tempo un paradigma che ha bisogno di un fondamento, per apparire credibile e capace di resistere alle nuove pretese manipolatorie di chi, per sfruttare l'immenso prestigio accumulato negli anni dal paradigma dei diritti umani, pretende di ricondurre alle sue categorie, cioè di camuffare come diritti - con contorsionismi teoretici degni di miglior causa - le pretese radicalmente egoistiche e soggettive, tipiche delle tensioni individualistiche proprie del nostro tempo e purtroppo rafforzate dalle dinamiche di un capitalismo incapace di percepire al di là dell'orizzonte degli interessi individuali quello di un bene comune.
In quanto crisi culturale, quella del diritto naturale, come fondamento dei diritti umani, va fronteggiata da filosofi e giuristi: compito arduo, ma possibile. Altrettanto ardua, ma pur sempre possibile, un'altra via per fronteggiare la crisi di cui siamo tutti spettatori, una via aperta non solo agli intellettuali, ma ai politici, agli operatori sociali e culturali, ai movimenti, al volontariato (internazionale e nazionale): è la via dell'intensificazione della comunicazione. Quando si comunica, si assume come presupposto implicito la capacità di chi è oggetto della comunicazione di recepirla: si rende pertanto sempre un omaggio (magari inconsapevole) alla dignità dell'interlocutore. Non alludo, dicendo questo, alla necessità di promuovere ulteriormente le fin troppo numerose e spesso irrilevanti informazioni che circolano vorticosamente nel nostro mondo globalizzato: non si tratta di informare gli uni dei costumi, dei modi di vita, delle visioni del mondo, delle ideologie degli altri, ma di porre l'io e il tu, gli uni e gli altri, in costante raffronto, mostrando in tal modo con i fatti l'omogeneità strutturale e le comuni esigenze di senso che traspaiono da tutte le pratiche umane.
Nessuna ingenuità in quello che stiamo dicendo: sappiamo bene che non tutte le pratiche umane - e le nostre in prima battuta! - si sono mostrate adeguate nella storia a realizzare nel modo migliore il bene umano. Ma sappiamo anche che se esiste un impegno dotato di senso e per il quale vale la pena battersi fino in fondo è proprio quello di far abbandonare, ai singoli così come ai popoli, le loro chiusure egocentriche: questa può essere la nuova frontiera di lotta per l'affermazione dei diritti umani.

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Assise Valdo-Metodista e Battista: "Accogliere le persone omosessuali senza alcuna discriminazione".

COMUNICATO STAMPA Conclusa la sessione congiunta del Sinodo valdese e metodista e dell'Assemblea battista - Il cordoglio per Giovanna Reggiani e la condanna delle strumentalizzazioni - Al centro della riflessione: ecumenismo, violenza, omosessualità, giustizia, immigrazione.

Roma, 4 novembre 2007 (NEV-CS98) - Si è chiusa oggi a Ciampino (Roma) con un culto di Santa Cena la quarta sessione congiunta del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste e dell'Assemblea generale dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (UCEBI), esprimendo profondo cordoglio per la tragica morte di Giovanna Reggiani e manifestando la propria vicinanza alla sua famiglia, alla comunità e in particolare ai bambini della "scuola domenicale" cui lei insegnava. L'Assemblea-Sinodo, "nel chiedere giustizia per questo delitto, respinge ogni spirito di vendetta e di odio" e "si dichiara fortemente preoccupata per le strumentalizzazioni politiche seguite a questa tragica morte, che hanno già prodotto drammatiche conseguenze di violenza xenofoba e di razzismo".


Ecumenismo, giustizia, violenza sulle donne, omosessualità, immigrazione sono tra i temi su cui si sono espressi i circa 250 delegati e pastori delle tre denominazioni, riuniti da venerdì 2 novembre sotto la presidenza congiunta del battista Stefano Meloni e della metodista Alessandra Trotta, con il motto "Insieme perché - insieme per chi".


Sui rapporti ecumenici, l'assise congiunta ha affermato che "le ripetute prese di posizione di istanze magisteriali cattolico-romane, che negano a quelle protestanti la qualifica di chiese cristiane, rischiano di condurre l'intero movimento ecumenico in una condizione di stallo dalla quale non sarebbe facile uscire". Sottolineando l'importanza dell'approvazione della legge sulla libertà religiosa, l'Assemblea-Sinodo ha affermato che la "laicità dello stato costituisce, oltre che una caratteristica essenziale di una società democratica, anche il necessario contesto per una predicazione libera e responsabile". L'assise ha inoltre approvato un articolato documento dal titolo "Chiese, società e cultura nell'Italia di oggi: un contributo protestante", che riflette sulle questioni dell'ecumenismo e della laicità dello Stato.


Un altro tema discusso è stato quello della violenza familiare sulle donne e sui bambini e le bambine, su cui l'assise ha espresso preoccupazione, esprimendo la propria solidarietà nei confronti delle vittime e invitando le chiese "ad essere dei luoghi di ascolto delle sofferenze delle vittime, nel pieno rispetto della loro dignità" e "ad essere presenti e propositive nella società, là dove ci si adopera per il miglioramento delle relazioni fra i generi e per il riconoscimento della dignità di tutti gli esseri umani".


Sul tema dell'omosessualità l'Assemblea-Sinodo, in seguito ad una riflessione avvenuta a livello locale e regionale, ha affermato "che l'essere umano sia fondamentalmente un essere in relazione con Dio e con il suo prossimo e che la relazione umana d'amore, vissuta in piena reciprocità e libertà, sia sostenuta dalla promessa di Dio", invitando le chiese, "nell'ottica di uno stato laico, a sostenere e promuovere concretamente progetti e iniziative tesi a riconoscere i diritti civili delle persone e delle coppie discriminate sulla base dell'orientamento sessuale". Auspicando la prosecuzione della riflessione informata "ad una lettura approfondita ed esegeticamente attenta della Scrittura", l'assise ha confessato "il peccato della discriminazione delle persone omosessuali e delle sofferenze imposte loro dalla mancanza di solidarietà", condannando le violenze verbali, fisiche e psicologiche e invitando le chiese "ad accogliere le persone omosessuali senza alcuna discriminazione".


Esprimendosi sulla giustizia economica, l'Assemblea-Sinodo ha ricordato "l'iniqua distribuzione delle risorse e le ingiuste politiche mondiali che accrescono sempre più la disparità tra paesi ricchi e paesi poveri", riconoscendosi "nelle aspirazioni degli Obiettivi del Millennio" ed esprimendo preoccupazione "per l'incerta situazione del mercato del lavoro che porta con sé la precarizzazione di molti aspetti della vita, in particolare dei giovani". L'assise ha proposto alle chiese di favorire il consumo responsabile e la raccolta differenziata, combattere l'evasione fiscale e il lavoro nero, promuovere la finanza etica e il commercio equo.


Sulla presenza dei migranti nelle chiese e nella società, infine, l'Assemblea-Sinodo ha auspicato di "da parte delle chiese il riconoscimento delle sorelle e dei fratelli migranti come protagonisti a pieno titolo nella vita delle chiese e da parte dello Stato una corretta legislazione sulla libertà religiosa e l'elaborazione di una politica dell'immigrazione e dell'asilo rispettosa della dignità della persona". L'assise ha esortato le chiese ad intensificare la collaborazione su questi temi con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

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L'ultimo saluto a Massimo Consoli.

Luciano Massimo Consoli ci ha lasciato alle 1.50 del 4-11-07

per favore date la notizia a tutti.

Questo l’sms che e’ giunto agli amici piu’ stretti di Massimo questa notte.
Massimo avrebbe mandato una mail raccontando la storia della persona scomparsa, ma non abbiamo bisogno di ricordare quel che ha fatto per noi perche’ la sua storia e’ anche la nostra storia.

Per chiunque volesse salutare Massimo:
dalle prime ore di domani pomeriggio verra’ trasportato al circolo mario mieli
in via efeso 2/A
06.5413985

dopodomani mattina (martedi 6 novembre) alle alle ore 11.00 si svolgeranno i funerali buddisti presso
l’ Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai
via della Marcigliana, 532/9 - 00139 Roma (RM)
Tel. 06 87 28 61 - Fax 06 87 28 62 20
per la mappa cliccate qui
http://www.sgi-italia.org/chi/dove.php?sede=RM

il corteo verso l’istituto partira’ dal mario mieli alle ore 10 di martedi 6 novembre

ringraziamo la famiglia di massimo consoli che sta permettendo di rispettare le sue volonta’

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Svelato il mistero del faraone-fanciullo: Tutankhamon morì andando a caccia.

Non fu ucciso in una congiura, ma per una frattura alla gamba cadendo dal cocchio. Le ultime rivelazioni in un nuovo documentario. Analisi sui vestiti e tac alla gamba.

(NewsFood.com) Nessuna congiura di palazzo, né oscura malattia che ne aveva colpito la salute cagionevole. A uccidere Tutankhamon, il faraone-fanciullo che regnò in Egitto oltre tremila anni fa, fu una brutta caduta dal cocchio durante una battuta di caccia nel deserto. Sembra così risolto il mistero che ha affascinato generazioni di scienziati ed archeologi, che hanno speculato per anni sull'improvvisa scomparsa del sovrano della XVIII dinastia a soli 19 anni.

Fin dalla scoperta della tomba, intatta con il suo tesoro - uno dei ritrovamenti più spettacolari della storia dell'archeologia - ad opera di Howard Carter, nel 1922, si è cercato di capire che cosa avesse causato la morte di «Tut» in così giovane età. Una radiografia della mummia condotta nel 1968 aveva rivelato un rigonfiamento alla base del cranio, suggerendo che il faraone fosse stato ucciso da un colpo alla testa. Ma studi più recenti, con una Tac, hanno individuato una brutta frattura alla gamba sopra al ginocchio, che potrebbe aver portato ad un avvelenamento del sangue letale. Ora nuove prove indicano che la frattura sarebbe stata procurata durante una battuta di caccia sul cocchio.

Ne è convinto anche uno degli studiosi egiziani più famosi di Tutankhamon, che illustra la sua tesi in un nuovo documentario che andrà in onda questa settimana in Gran Bretagna, riporta oggi l'Independent, proprio alla vigilia dell'apertura di una mostra a Londra che esporrà le suppellettili trovate nella sua tomba, la « KV62», prima esibizione sul tema da 35 anni a questa parte. «Non fu ucciso, come molti pensano. Ebbe un incidente mentre cacciava nel deserto. Cadendo dal cocchio si procurò la frattura alla gamba sinistra: sono convinto che sia morto per questo» dice lo studioso, Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio Supremo delle antichità egiziano.

La scoperta demolisce l'immagine finora diffusa del giovane sovrano, appassionato protettore delle arti e restauratore del culto di Amon: quella di un ragazzo debole, tenuto al riparo da ogni tipo di rischio e fatica fisica. Nuove analisi sui cocchi ritrovati nella tomba del faraone hanno rivelato che il loro uso non era solo ornamentale: erano infatti consumati in più punti, e sicuramente erano stati usati. Fra gli arredi funerari sono stati anche ritrovati abiti speciali, fatti apposta per correre sul cocchio: corsetti rinforzati all'altezza degli organi addominali, per evitare danni da scossoni in velocità. L'ultima prova viene dalla decorazione floreale che ornava il collo di Tutankhamon: fiordalisi e biancospini freschi, da cui si può dedurre il periodo in cui il sovrano morì. Poiché i fiori furono raccolti tra la metà di marzo e la metà d'aprile, e il processo di mummificazione durò almeno 70 giorni, questo significa che Tutankhamon probabilmente morì tra dicembre e gennaio, nel pieno della stagione della caccia.

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Sanremo 2008: anticipato al lunedì per il campionato.

baudo chiambretti sanremo 2008(Tv blog) Sarà un’edizione particolare, quella di Sanremo 2008. Partirà in anticipo, con conseguente allungamento del fenomeno mediatico già attivo dal lunedì, si spezzerà a metà settimana e andrà in onda anche il 29 febbraio, visto l’anno bisestile.

Dal regolamento del 58/mo Festival di Sanremo (dal 25 febbraio al 1 marzo 2008) risulta che la gara non andrà in onda mercoledì 27. A divulgare per primo la calendarizzazione della prossima edizione è il prossimo numero di Tv Sorrisi e Canzoni, che ha verificato che quella sera si giocheranno alcune importanti partite del campionato di calcio.
Secondo Sorrisi, questo avrebbe spinto i dirigenti Rai a lasciar perdere la serata del 27, per evitare il rischio di un calo degli ascolti del Festival, confermando solo il DopoFestival (che andrà ugualmente in onda con un appuntamento settimanale in più rispetto agli altri anni). Assistiamo, dunque, a una strategia commerciale in piena regola, che dimostra come la priorità principale della kermesse siano gli introiti pubblicitari e non la promozione della musica italiana. E la chiamano tv di stato…

Fervono, intanto, le selezioni delle canzoni in gara. Alla luce del recente “incidente” di Loredana Bertè, strumentalizzato dai media come se dipendesse dal suo rifiuto a Sanremo, Baudo annuncia sempre al settimanale che la cantante ha la stessa chance di partecipare dei suoi colleghi, senza alcun favoritismo dettato dal pietismo o dall’amicizia di vecchia data:

“Se il pezzo verrà ritenuto valido, ci sarà. Altrimenti no. Secondo me i giornali hanno esagerato. Non ho mai creduto che Loredana volesse farla finita. La conosco molto bene e conosco il suo innato senso dell’umorismo. Non arriverà mai a un gesto del genere perche’ ama troppo la vita, pur con i momenti bui che inevitabilmente riserva. Ma poi lei si risolleva sempre”.

Baudo esclude anche di poter invitare la Bertè come superospite del Festival:

“Il regolamento parla chiaro. Per essere superospiti bisogna aver venduto un certo numero di copie di dischi nell’ultimo anno. In ogni caso i superospiti non possono proporre canzoni originali ma solo i loro successi. Non la invito neanche a Domenica In perché non vorrei farla diventare patetica. Anzi, le ho pure consigliato per ora di non andare ospite in tv”.

Quanto alla presenza femminile del cast, è ancora in forse la chiacchierata scelta di Laura Chiatti, per cui pare che gli organizzatori della kermesse siano pronti a sborsare 700 mila euro. L’attesa è ancora lunga… staremo a vedere!

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13° Festival internazionale del film gay e lesbico a Parigi

(Gaywave) A Parigi, come ogni anno da ormai diversi anni, dal 13 Novembre sino al 20 avrà luogo presso il teatro Trianon il Festival de Films Gays & Lesbiens de Paris.

Per cinque giorni, più di 5.000 persone tra donne e uomini, la maggior parte dei quali provenienti dalla regione parigina, si ritroveranno per questa manifestazione organizzata dall’Associazione Cineffable, un’associazione non lucrativa e autofinanziata, impegnata a promuovere il cinema lesbico e femminista presentando, attraverso il Festival, opere che provengono da tutto il mondo e che offrono uno sguardo singolare e innovativo sulle problematiche dell’omosessualità femminile e della condizione delle donne in generale e non solo.
Il programma prevede la proiezione di circa 70 tra film, documentari, corti e lunghi metraggi, tutti con tema centrale l’omosessualita’ la condizione di gay e lesbiche nel mondo.

Chi fosse interessato e vuole maggiori informazioni, potrà scrivere a info@ffglp.net

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Romani e Romeni: La difesa della razza.

(Nuda verità) Un commento ancora sugli incredibili sviluppi dell'omicidio di Roma, perchè francamente non credevo si potesse arrivare cosi in basso.
Tutti i giornali stranieri dipingono (giustamente) in nostro Paese come razzista e come dargli torto? Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi, titola "I romani reagiscono, coltelli e bastoni contro tre romeni" trasformando un raid fascista in una risposta che simboleggia l'intera cittadinanza romana. Questo è un esempio indegno di mistificazione della realtà da parte di un quotidiano perchè a me, romano, non risulta che i miei concittadini vogliano affrontare e risolvere la questione con metodi nazisti, affidandosi ai camerati ed alle loro ronde.
E che dire de La Padania che accomuna i Romeni ai Romani, invitando ad espellere entrambi?
Siamo alla difesa della razza, all'inno alla spranga.
E' bastato un pretesto per scatenare una reazione razzista, aizzata dalla destra fascista (vedi comportamento di Fini e camerati) e dalla stampa, in maniera irresponsabile, sull'onda della quale si trattano voti e scambi di potere.
Andate a vedere cosa succede a Tor Bella Monaca tutti i giorni, tra furti e violenze di tutti i tipi. Quanta polizia trovate nei giorni normali? Se lo stato non presidia il territorio (vedasi Sicilia, Napoli e mille altri esempi) e preferisce magari usare i suoi uomini per fare le multe al centro per inpinguare le proprie casse, allora forse una vera responsabilità si trova...
Chiunque infrange la legge DEVE essere punito. Chiunque, a prescindere da razza, religione e credo politico: compresi gli squadristi ed i loro mandanti.
Forse si diveva arrivare a questo punto per rcordare all'amministrazione di Veltroni che la politica delle feste non garantisce alla gente il rispetto dei propri diritti: quello alla salute, alla giustizia, alla sicurezza, all'istruzione ... alla vita.
Mi piacerebbe infine avere un commento da parte della Santa Sede su quello che accade, magari oggi che è domenica. Strano però perchè di solito sono molto solerti a dire la loro sui fatti italiani....

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Luttazzi torna in tv più arrabbiato che mai Pernacchie a Berlusconi e sberle a Prodi.

(La Repubblica) Ha ricominciato esattamente lì da dove era stato interrotto. Daniele Luttazzi è tornato in tv, in tarda serata su La7 con Decameron ripartendo proprio dall'ormai famoso "editto bulgaro", con un monologo al vetriolo particolarmente arrabbiato e condito da variopinte imprecazioni ormai sdoganate e lecite vista l'ora, con attacchi al governo Prodi, alla Rai, al Vaticano, e a tutte quelle questioni rimaste in sospeso per sei anni.

Il programma che segna il suo ritorno sul piccolo schermo ("ti hanno messo alle 23.30 come i porno della vecchia tv commerciale" commenta un fan sulla pagina dedicata a Decameron sul sito di La7) si apre con le immagini dell'aprile 2002, quando l'allora premier Silvio Berlusconi accusò lo stesso Luttazzi, insieme a Biagi e a Santoro, di "uso criminoso" della tv: poche e confuse parole che di fatto provocarono l'allontanamento dei tre dagli schermi Rai, e non solo. Una pernacchia suggella il filmato. Subito dopo, la sigla del programma (un video con un suo brano, cantato in inglese, giocando con i sottotitoli) quindi la parola all'attore, in piedi su un enorme tavolo di plexiglas. "Pensate - ha esordito Luttazzi - è già passato un minuto e siamo ancora in onda. Chi l'avrebbe detto? In questi sei anni mi sono chiesto perché sia rimasto lontano dalla tv. Poi l'ho scoperto: la colpa era del mio agente, Bin Laden. Chissà perché in questi anni Bin Laden è andato in video, io no". Della Rai, ha aggiunto, "l'unica cosa che mi manca sono i grattini di Lilli Gruber sulla schiena".


Se "politica, sesso, religione e morte" è il sottotitolo del programma, il primo attacco di Luttazzi è interamente dedicato al governo Prodi. "Mi chiedono perché ho votato centrosinistra: perché avevo ben presente la squallida alternativa". Poi la lunga lista di "tutte le cose che non mi piacciono per niente del governo in carica: innanzitutto non ha cancellato la legge 30" quella nominata erroneamente legge Biagi, "che ha generato il fenomeno enorme della precarietà. Non è democrazia se non te la puoi permettere". Quindi l'allarme lanciato direttamente ai giovani: "I nostri nonni lottarono per difendere i nostri diritti... Ragazzi, datevi da fare, perché con la balla della flessibilità ve lo stanno mettendo nel c...".

Al governo Luttazzi ha rimproverato anche "di non aver cancellato tutte le leggi vergogna di Berlusconi. Ora vogliono ripristinare il reato di falso in bilancio, ma è come dire: 'Berlusconi è uscito dal recinto, chiudi pure'. Non c'è ancora - ha aggiunto l'attore - una legge sul conflitto di interessi: c'è la proposta di Violante, ma se sarà approvata Berlusconi potrà tranquillamente venire eletto ancora e poi decidere se rinunciare all'incarico o affidare le proprie aziende a un blind trust o, ma evidentemente non ci hanno pensato, farsi una legge che cancella la legge Violante".

Nel mirino del comico anche il disegno di legge Gentiloni di riforma della tv: "Non mi piace perché non permetterà la nascita di un terzo polo generalista e per l'ennesima volta lascerà intatto l'esistente". Poi l'affondo contro il ministro della Giustizia, Clemente Mastella: "Se lo avessero detto prima delle elezioni che lo avrebbero fatto Guardasigilli, vinceva Berlusconi". Le critiche dell'attore hanno colpito in particolare la legge sull'indulto: "Piuttosto - ha detto - tiriamo fuori i tossicodipendenti, legalizziamo le droghe e facciamo nuove carceri che siano davvero luoghi di recupero".

Nell'elenco di Luttazzi anche "la legge razzista Bossi-Fini, con i centri di permanenza temporanea che sono luoghi disumani e vanno chiusi" e il recente pacchetto sicurezza, "che in parte obbedisce a una logica repressiva e penalizza i più deboli senza risolvere il problema. Quella accaduta a Roma - ha aggiunto, riferendosi all'omicidio di Giovanna Reggiani - è stata una tragedia insensata e straziante. Ai familiari va il nostro cordoglio e il ringraziamento per aver dato un grande esempio di civiltà con la richiesta di evitare strumentalizzazioni. In Italia il 75% dei delitti contro le donne è compiuto da italiani. Conosco albanesi, macedoni e romeni che sono persone squisite".

Gli strali di Luttazzi si sono poi abbattuti sulla Rai: "Da cinque anni non fa più programmi di satira e la qualità si è decisamente abbassata. Invece la satira serve alla nostra memoria, non basta leggere gli editorialisti dei giornali come Panebianco o altri per sapere quello che succede e che cosa fanno i politici. Ora i programmi Rai che si vedono sono quelli che sceglie il cane pestando il telecomando. Dire che la Rai è in crisi è come dire che sul Titanic c'era un rubinetto che perdeva". Poi uno sketch in cui Luttazzi ha invitato un finto presidente di viale Mazzini Claudio Petruccioli, impersonato da un bambino con tanto di barba. "Che novità ci sono nel palinsesto Rai?" gli ha chiesto. E la risposta è stata: "Conosco solo i programmi fino alle 21.30 perché poi devo andare a letto".

Tra i suoi bersagli non manca il Vaticano, al centro di una scenetta ambientata nell'antica Grecia, in un immaginario dialogo tra sofisti: "I preti che molestano i bambini vanno all'inferno? No, vanno a Los Angeles, dove la diocesi ha sborsato 660 milioni di dollari per risarcire le vittime. Il Vaticano è quello che non paga le tasse, la Chiesa cattolica è quella che incassa l'8 per mille. La pedofilia tocca solo alle chiese locali".

Non risparmia battute sul Cavaliere: "Ce l'ha con me perché stavo insieme alla figlia Barbara e non voleva che me la scopassi perché diceva che ero un fallito" e dopo un'ora di programma Luttazzi, che aveva aperto con l'editto bulgaro, ha chiuso tornando sulla vicenda della sua "epurazione" legata in particolare all'intervista a Marco Travaglio andata in onda nel marzo 2001 ai tempi di Satyricon: "Berlusconi, Mediaset, Fininvest e Forza Italia volevano 41 miliardi di danni, ma ho vinto io" ha ricordato Luttazzi, rimarcando che la notizia della querela aveva avuto molto risalto sui media, non altrettanto la sua vittoria che aveva ricevuto solo un trafiletto della grandezza di un necrologio. "Per la magistratura le mie domande erano continenti e le risposte di Travaglio basate su fatti veri e documentati. Ho fatto semplicemente delle domande e in democrazia le domande sono lecite. Piuttosto è grave magari nascondere le risposte. Quell'intervista potrebbe essere ritrasmessa così com'è dalla Rai, ma col cavolo che lo fanno".

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Teatro: Roma "Sono diventato etero!"

(Adnkronos/Adnkronos Cultura) - ''Sono diventato Etero!'', lo spettacolo scritto e diretto da Lorenzo De Feo (nella foto) sara' al Teatro dei Contrari di Roma dal 6 al 25 novembre.
Sul palco insieme ad Alessandro Cassoni, ci saranno Susanna Cantelmo e Antonio Lupi. Le scene sono di Filippo Paris, le musiche di Loriana Lana e le coreografie di Marina Marfoglia.

Marco, omosessuale accettato sia dalla famiglia che dalla societa', scopre all'improvviso di essere eterosessuale. La madre del ragazzo, in accordo con Dodo, il migliore amico di Marco e di questi segretamente innamorato, decide di intervenire per ''recuperare'' suo figlio. I due si trasferiscono a casa di Marco, dove escogiteranno improbabili strategie per controllare la nuova vita del ragazzo.

''Sono diventato etero'' non e' la classica commedia degli equivoci e non e' neanche tutto frutto della fantasia dell'autore: il plot infatti attinge alla vita reale. Ne risulta una divertente commedia musicale, presentata in anteprima sotto forma di mise en espace lo scorso 30 giugno alla libreria Bibli di Trastevere.

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Ndr. Fabrizio Marrazzo provvederà alla sua censura visto l'argomento "scabroso"?

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Ancora sulla morte di Consoli: Protagonista delle principali battaglie condotte dal movimento omosessuale.

(La Repubblica) E' morto nella notte nella sua abitazione di Frattocchie, ai Castelli romani, il giornalista e scrittore Massimo Consoli, tra i fondatori del movimento gay italiano. Romano, 61 anni, è stato da sempre impegnato nella battaglia per i diritti civili delle persone e delle coppie omosessuali. A dare notizia della sua morte, giunta dopo una lunga malattia, sono state le organizzazioni della comunità omosessuale e glbt (gay, lesbico, bisessuale, transgender) romana.

Protagonista della maggiori battaglie condotte dal movimento gay in Italia, nell'autobiografia Andata e ritorno Consoli racconta quelli che sono stati i più grandi desideri della sua vita: la legittimazione del proprio archivio internazionale di storia e pubblicistica gay da parte dello Stato italiano e l'adozione del giovane poco più che ventenne Lorenzo: obiettivi centrati entrambi.

Amico di artisti e letterati come Dario Bellezza, Pier Paolo Pasolini, Sandro Penna, Alberto Moravia e Mario Mieli, fu definito "papa degli omosessuali" dall'antropologo francese Alain Danielou. Autore di una quarantina di volumi (Homocaust, Ecce Homo, Affetti speciali i più famosi), nel corso della sua pluridecennale attività ha riscoperto o valorizzato, attraverso traduzioni e studi, personaggi poi definiti "padri fondatori" del movimento di liberazione omosessuale e raccolto un archivio internazionale sull'omosessualità, oggi custodito presso l'Archivio di Stato italiano a Roma.

Fiero della sua romanità, era nato il 12 dicembre 1945 e ha vissuto a lungo nel quartiere romano di Monteverde, con lo stesso affetto si era legato alla sua residenza di Frattocchie, nel Comune di Marino dove ha abitato fino alla fine e dove, negli ultimi anni, ha vissuto le gioie più grandi della propria vita: l'adozione del giovane Lorenzo, al quale ha dato il cognome, e la nascita dei due nipotini, figli di Lorenzo e Milika.


"La morte di Massimo Consoli - dichiara il sindaco di Marino, Adriano Palozzi - è una perdita grave per l'intera città di Marino. Conosciuto e amato per il suo forte impegno sociale, Massimo non si è mai sottratto dal dialogare con tutti, soprattutto nella comunità di Frattocchie dove risiedeva da oltre vent'anni. Restano, inoltre, come esempio e testimonianza di una vita luminosa le amicizie e le collaborazioni di Consoli in ambito letterario, in particolar modo quella col suo storico sodale Dario Bellezza. E' merito di Massimo se la nostra città è stata la prima in Italia ad avere una via, nella circoscrizione di Frattocchie, intitolata alla memoria del grande poeta romano erede di Pasolini".

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David Helfgott in concerto al Blue Note di Milano.

(Festival blogosfere) Lunedì 5 novembre, Blue Note Milano (via Borsieri, 37) ospiterà per una serata veramente eccezionale David Helfgott, il pianista reso celebre dal film “Shine” (tratto dalla sua biografia). Durante la serata Helfgott presenterà un repertorio di pianoforte classico e registerà il suo nuovo album.


Parte del ricavato della serata sarà devoluto in beneficenza alla Onlus Mama - Sos Tanzania, per far nascere bambini sani da mamme sieropositive.
www.fly-group.net - www.mamaonlus.com
Per questa serata lo spettacolo sarà unico alle ore 22.00 (apertura porte: ore 19.30; per informazioni/prenotazioni: 899700022).
Il prezzo dei biglietti acquistati entro le due ore precedenti il concerto è di 45,00 euro (prezzo “advance”) mentre il prezzo dei biglietti acquistati direttamente all’ingresso dello spettacolo è di 50,00 euro (prezzo "door").
E’ previsto inoltre uno sconto del 40 % sul prezzo “door” (prezzo del biglietto scontato pari a 30,00 euro) per i clienti in pensione oltre i 65 anni. I biglietti Speciale Pensionati possono essere acquistati esclusivamente presso il Box Office del Blue Note nei normali orari di apertura.

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Sterzata a destra dei diesse: Il sindaco ds di Salerno: con vigili e manganelli ho cacciato loro e i cinesi.

(Fulvio Bufi - Corriere della Sera) Dice Vincenzo De Luca che «in tema di sicurezza il problema della sinistra è non aver avuto il coraggio di mettere nel proprio vocabolario parole come ordine e repressione, o un’espressione sacrosanta come principio di autorità. Se l’avesse fatto non saremmo arrivati a questo».
Lui l’ha fatto. Lui, sindaco di Salerno targato ds ma eletto con una lista propria, senza l’appoggio dei Ds e nemmeno della Margherita, ha messo la questione-sicurezza in cima alle priorità della sua amministrazione e secondo una ricerca pubblicata dal Sole 24 Ore questa politica gli valse già nei primi quattro mesi di governo (tra il giugno e il novembre 2006) un incremento di consenso tra i salernitani pari al 9 per cento.
Dopo aver dotato di manganelli i vigili urbani («in certi casi chi dovrebbe ubbidire alle loro disposizioni reagisce aggredendoli, e quindi è bene che possano difendersi al meglio»), ha reso sempre più frequenti i controlli della polizia municipale nelle zone della città dove maggiore è la presenza di attività illegali gestite da extracomunitari, dagli accampamenti abusivi ai mercatini ambulanti. Iniziative alle quali quasi sempre partecipa in prima persona.
Si è messo alla guida di ronde istituzionali, sindaco?
«Non si tratta di fare ronde ma semplicemente di far rispettare la legge».
Giovedì sera lei e i suoi vigili avete dato la caccia a prostitute romene e parcheggiatori abusivi, ieri avete sgomberato un accampamento abusivo. Non bastava la polizia municipale, era necessaria anche la sua presenza?
«Ritengo che partecipare personalmente a queste azioni sia il miglior modo per dare ai miei concittadini un segnale forte e concreto di come chi hanno scelto per rappresentarli si interessi a loro e alla città. E poi è giusto che io sia con gli uomini che debbono operare, anche per incoraggiarli».
Che risultati ha ottenuto finora con questi blitz anti-immigrati?
«Non direi che sono blitz contro gli immigrati: sono contro gli illegali».
E a cosa hanno portato?
«Per esempio dal lungomare sono sparite le decine di bancarelle che c’erano una volta. Marocchini e cinesi occupavano abusivamente tutta la strada, che adesso invece è stata restituita ai salernitani».
E che fine hanno fatto gli ambulanti?
«Quelli in regola adesso possono vendere tranquillamente in un mercato etnico che abbiamo organizzato e realizzato a spese del Comune. Per chi non è in regola, invece, qui non c’è spazio».
Con i rom come va?
«Avevano fatto un accampamento abusivo davanti all’Arechi (lo stadio della Salernitana, ndr), e li abbiamo mandati via».
Che cosa ha pensato dopo l’episodio della donna uccisa a Roma?
«Che non so se si riuscirà a evitare altre tragedie come questa».
È troppo tardi?
«Non lo so. Ma so che il finto solidarismo e il finto democraticismo fanno soltanto danni, e questa ne è la dimostrazione. La sicurezza si ottiene anche con la repressione di ciò che è illegale, imponendo l’ordine e facendo valere il principio di autorità. Ma la sinistra ha sempre avuto paura di queste parole e di questi concetti. E adesso si trova a fare i conti innanzitutto con una tragedia che poteva essere evitata, e poi con una richiesta forcaiola e razzista che non fa certamente onore al nostro Paese».

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Rinascimento in Valdarno: una rassegna (e non solo) per cinque maestri.

LA GALLERY

(Panorama) Perché l’Italia è un unicum in campo artistico? Lo si comprende visitando i suoi piccoli musei, scrigni di capolavori. Un vero assaggio di quanta bellezza vi si nasconda, viene offerta dalla rassegna Toscana dal titolo Rinascimento in Valdarno. Una mostra per cinque maestri: Giotto, Masaccio, Beato Angelico, Andrea della Robbia e Domenico Ghirlandaio (così recita il sottotitolo) che rimarrà aperta fino al 25 novembre. L’esposizione si snoda come le preghiere di un rosario in diverse tappe, fra minuscoli centri, dove un piccolo grande museo d’arte sacra contiene una perla artistica. Oltre alla scoperta di capolavori da Giotto a Beato Angelico, da Masaccio ad Andrea della Robbia, c’è un surplus di fascino che scaturisce dai luoghi, dalla serenità del paesaggio, dalla macchia della Vallombrosa, e poi, andando verso FiglineValdarno e Montevarchi, lo sguardo spazia verso i vigneti e i terrazzamenti e la vista sull’Arno fatto ad anse. Bellezza a piene mani.
Nel weekend si viene accompagnati gratuitamente nelle diverse sedi e viene chiarito lo scopo della mostra, incentrata sul confronto. In ogni sede infatti sono state dislocate una o più opere di altri musei che permettano una sorta di gemellaggio ideale, precise corrispondenze con l’opera locale. Così guardando la Madonna col Bambino e angeli di Giotto a Figline Valdarno, si vede come Maria sia seduta in una esile architettura che solo accenna ai profili del trono; Giotto preferisce dare risalto alla massa blu del manto dove il rosso crostaceo della veste mariana e i colori limpidi del bambino vengono esaltati. L’antagonista di Giotto, il Maestro di Figline con la sua Vergine in trono col Bambino, angeli e due santi francescani crea un’ imponente splendida macchina scenica, in cui squillano i bicromatismi dei marmi dipinti, un trionfo architettonico della sacralità contro il nuovo uso dello spazio affidato alla pittura da Giotto. Emoziona la Madonna col bambino di Masaccio, con una Maria che solletica con due dita la gola del Bambino in un gesto umanissimo. Intima e calda d’oro è l’atmosfera sacra della Annunciazione del Beato Angelico, che raffigura la tesi del pittore: negli aspetti delle cose create il segno del Creatore non si nasconde ma rifulge.
Ma, ancor più che l’emozione provocata dai singoli dipinti e dai loro incroci stilistico-tematici, Rinascimento in Valdarno colpisce le nostre menti distratte ricordandoci quale straordinario museo, quale vasto “open space” di cultura e di arte sia quello che, non a caso, un tempo veniva chiamato il Bel Paese.

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Vaticano, Parla Ruini: «La Chiesa viene attaccata perché vince».

Per il cardinale Camillo Ruini non ci sono dubbi: la Chiesa viene contestata perché, dopo una fase in cui sembrava battere in ritirata, adesso mostra segnali di ripresa grazie a una maggiore vitalità del cristianesimo.

(Aldo Cazullo - Il Corriere della Sera) Vicario di due Papi, dal '91 al marzo scorso capo dei vescovi italiani, il cardinale Camillo Ruini ha sul tavolo i due libri appena usciti da Piemme che riassumono la sua vicenda:
Chiesa contestata e Chiesa del nostro tempo (domani la presentazione a Milano alla Cattolica, con Giuliano Ferrara, Ernesto Galli della Loggia e il cardinale Angelo Scola). È la prima intervista da quando ha lasciato la presidenza della Cei.

Sono giorni di riflessioni e di bilanci, che il cardinale prepara tra le carte del suo studio, dove neppure la bomba del '93 è riuscita a seminare il disordine.

«Esplose proprio qui sotto. Io ero in Francia, rientrai subito, arrivai in Laterano mentre ne usciva il Papa. I danni erano seri, ma nello studio tutto era rimasto intatto».

I suoi primi anni alla guida della Conferenza episcopale videro il crollo della Dc. Come li ricorda?

«Tutto accadde in fretta. Nei cinque anni passati alla Cei come segretario, tra l'86 e il gennaio del '91, non intravidi gli sviluppi successivi. Ma già a settembre era cominciato il travaglio, accelerato dalle elezioni del '92, che in breve avrebbe portato alla fine dell'unità politica dei cattolici. Ma anche la nostra risposta fu abbastanza rapida. Nel novembre del '95, al convegno ecclesiastico di Palermo, Giovanni Paolo II approvò la nuova impostazione, il diverso rapporto tra Chiesa e mondo politico: anziché ricercare l'unità perduta, privilegiare i contenuti essenziali, la questione antropolica, sociale, morale».

Quello che appariva un problema si rivelò un'opportunità. Alla Chiesa di Ruini si attribuisce la riconquista quasi gramsciana dell'egemonia cattolica sulla società. E anche, talora, un'ingerenza eccessiva.

«Non abbiamo mai puntato a un'egemonia. Sarebbe stata un'ingenuità. Nel discorso pubblico condotto dai mezzi di comunicazione, in Italia o in qualsiasi altro Paese, la Chiesa non potrebbe trovarsi in posizione egemonica. La Chiesa è una voce in un contesto pluralistico; per quanto cerchi di essere una voce non meno decisa, non meno forte di altre».

Da qui forse l'accusa di ingerenza, di interventismo.

«L'accusa di interventismo è legata all'idea di un confronto tra potere civile e potere ecclesiastico, ognuno con una sua legittimità. Ma viviamo oggi qualcosa di nuovo, che non si può rinchiudere nella dialettica tra Stato e Chiesa. Lo sviluppo scientifico e biotecnologico da una parte, e l'evoluzione del costume dall'altra fanno sì che le questioni etiche, che il pensiero liberale e altre moderne correnti di pensiero riconducevano alla sfera del privato, diventino questioni pubbliche. Ciò ha richiesto alla Chiesa di dare maggior rilievo pubblico alla missione che le è propria, occuparsi dell'ethos; che è inscindibile dalla fede. Non ne rappresenta il centro, il centro della fede è il rapporto con Dio e Gesù; ma il cristianesimo ha a che fare con la vita ».

Il momento più teso è stato il referendum sulla procreazione assistita. Vi è stato rimproverato un atteggiamento politicista: non solo la Chiesa si schierava, ma sceglieva lo strumento dell'astensione.

«Non eravamo di fronte a una questione astratta ma concreta, che riguardava la vita, e richiedeva un intervento efficace. Si trattava di un referendum non proposto e non voluto da noi, per cancellare una legge non certo "cattolica" ma che conteneva aspetti positivi. In passato, nel '74 e nell'81, erano stati proposti referendum da parte dei cattolici, sia pure non da soli. Stavolta il nostro impegno è stato coronato dal successo, per giunta più largo del previsto.
Penso, forse in modo un poco malizioso, che quel che più ha disturbato sia stato proprio questo».

Intende dire che la Chiesa piace ai laici quando perde, come su divorzio e aborto, e disturba quando vince?

«Constato che quando l'impegno non è coronato da successo, quando la Chiesa "perde" come dice lei, tutto fila liscio. Nel caso contrario, la reazione è molto diversa, e riprendono vigore le croniche accuse di interventismo. Ciò che ha specificamente colpito e disturbato è che le nostre proposte abbiano avuto un notevole consenso nell'opinione pubblica».

Esiste in Italia un sentimento anticattolico, una sensibilità ipercritica verso la Chiesa?

«Purtroppo sì. Esiste. È legittimo, perché siamo un Paese libero. Non bisogna maggiorarne l'efficacia; ma non si può negarne l'esistenza. C'è una pubblicistica specifica, non inedita ma sempre più intensa, che si concentra in particolare sul vissuto della Chiesa».

È proprio la coerenza della Chiesa con i suoi insegnamenti a essere in questione. Le si rimprovera di essere tutt'altro che povera.

«Non credo affatto che la Chiesa sia ricca. Potrà esserlo il singolo ecclesiastico, ma non lo è certo la Chiesa come istituzione. Contrariamente a quel che viene proposto, il rapporto tra i mezzi di cui la Chiesa dispone e le opere che riesce a compiere è incredibilmente favorevole. E questo lo si deve al volontariato. La gran parte delle risorse della Chiesa non vengono dallo Stato ma dai fedeli, sia in forma di offerte sia in forma di militanza. Questo la gente lo percepisce; e vedere una campagna in senso contrario, che proietta un'immagine rovesciata e presenta la Chiesa come un'istituzione che prende anziché dare, suscita interrogativi, diffidenze, timori».

Vi si accusa anche di nascondere le violazioni della morale sessuale, in particolare la pedofilia.

«La fragilità umana esiste nella Chiesa come nel mondo intero. Neppure la Chiesa è fuori da un contesto socioculturale in cui la sessualità è concepita ed esaltata come fine a se stessa. Il contraccolpo è inevitabile, pure tra i credenti. Ci sono state, e temo continuino a esserci, realtà molto dolorose, che colpiscono profondamente quanti amano la Chiesa e in particolare coloro che hanno la responsabilità di governarla. Va anche detto che si può e si deve, sempre rispettando la dignità delle persone, essere attenti e vigili. Non è vero che queste realtà vengano coperte. Sia nella mia esperienza diretta, sia nell'esperienza di tanti altri, la vigilanza c'è sempre stata; anche se è difficile, poiché chi si rende responsabile di tali comportamenti tende a nasconderli. Ma la contestazione verso la Chiesa non si muove solo sul versante del vissuto».

A cosa si riferisce?

«La contestazione attacca il centro della fede, il suo cuore. La persona di Gesù Cristo, la sua credibilità storica, il farsi carne del Verbo di Dio. Del resto, una cultura in cui il dolore non ha senso, la sofferenza viene negata, la morte emarginata, non può comprendere il cristianesimo. Che resta pur sempre la religione della croce».

Questa contestazione c'è sempre stata, non crede?

«Certo. Ma oggi la sua violenza polemica è in crescita. E penso sia collegata all'impressione, fondata o infondata che sia, di una maggiore vitalità del cristianesimo».

Fondata, o infondata?

«Quest'estate ho letto un libro di fine anni ‘60, che raccoglie una serie di conferenze radiofoniche nella Germania dell'epoca, con l'intervento di vari credenti — teologi, filosofi, psicologi — e di un intellettuale ateo. Che diceva più o meno questo: "Mi trovo in difficoltà, perché sono abituato a discutere con credenti ben decisi ad affermare che Dio esiste; ma qui mi pare che Dio sparisca dall'orizzonte, che il cristianesimo sia solo un modo di intendere la vita; a queste condizioni, non ho più nulla da obiettare". Parole dal tono involontariamente canzonatorio. Ma anch'io, leggendo quel libro, ho pensato che allora ci fosse la paura di mettere la fede cristiana al centro, con un atteggiamento tanto guardingo da configurare una specie di ritirata. Oggi non è più così. E questo dà nuovo vigore a certe polemiche classiche, che si riaccendono ora che Benedetto XVI sostiene la plausibilità razionale della fede, e dopo che Giovanni Paolo II ha impresso la grande svolta con il suo grido: "Non abbiate paura". Non era uno slogan, ma l'indirizzo di un pontificato. Ricordo che fu accolto con perplessità anche dentro la Chiesa: pareva un motto velleitario. Invece una partita che pareva conclusa, con esito a noi sfavorevole, ora è riaperta. Non tutto il clero l'ha colto; il popolo, forse di più. Mi è capitato di ritrovare un gruppo di miei coetanei, non tutti cattolici praticanti, e di essere da loro non soltanto incoraggiato ma spronato. Quando un'identità forte viene colpita allo scopo di distruggerla, essa reagisce, eccome ».

Alcuni intellettuali, che uno di loro ha definito autoironicamente «atei devoti», guardano alla Chiesa come al caposaldo dei valori che definiscono l'identità occidentale. Come valuta questo fenomeno?

«Nella Chiesa si è discusso molto sui non credenti, o non pienamente credenti, che vedono con favore la sua presenza in campo culturale e civile. Dalla Chiesa sono venute risposte varie. Io credo che a Verona Benedetto XVI abbia dato un'indicazione precisa, in termini quanto mai positivi, favorevoli, disponibili. Certo, è impossibile ridurre il cristianesimo a un'eredità culturale; ma è vero che il cristianesimo ha sempre avuto la propensione a farsi generatore di cultura. In una situazione come quella di oggi, in cui vengono messi in discussione i fondamentali antropologici, è più che mai importante la convergenza tra tutti coloro che i fondamentali difendono e valorizzano».

Questo fa sì che la Chiesa sia vista come forza dichiaratamente conservatrice. Al punto da chiedersi se un cattolico possa ancora votare a sinistra.

«Ma queste preoccupazioni per i fondamentali non sono limitate ad alcuni settori dell'arco culturale e politico. Sono condivise da molte parti. Non credo all'equazione tra difesa dei valori e conservatorismo, almeno non nell'accezione negativa del termine, come freno allo sviluppo; perché esiste anche un'accezione positiva. È cosa buona conservare i fondamentali, appunto».

Qual è l'attitudine verso l'Italia dei due Papi di cui lei è stato vicario?

«C'è una differenza, non solo di stile: Benedetto XVI viveva già in Italia da oltre vent'anni; Giovanni Paolo II era sconosciuto a molti, me compreso. Ma c'è una grande somiglianza: entrambi partecipano della profonda convinzione che l'Italia e la Chiesa italiana abbiano un ruolo centrale nel contesto europeo e mondiale. Io stesso, nei due decenni trascorsi nel Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa, ho notato che dall'estero si guarda all'Italia come a un'esperienza che ha qualcosa da dire anche a loro».

La Chiesa italiana è un modello per gli altri episcopati?

«La situazione reale è rovesciata rispetto a quella talora raffigurata in Italia: non c'è qui da noi una Chiesa di retroguardia rispetto ad altri Paesi più illuminati, più aperti al futuro; è vero semmai il contrario, sono gli altri a rivolgersi a noi con grande interesse».

Qual è la sua opinione su Padre Pio?

«Posso raccontarle qualcosa di personale. Mi sono imbattuto in lui in modo involontario, ma ripetuto. Mio padre era un medico ospedaliero, che fondamentalmente credeva, ma escludeva i miracoli. Una notte di oltre cinquant'anni fa — io ero già seminarista a Roma —, assistette alla guarigione subitanea di un ammalato che giudicava terminale, cui era apparso in sogno il frate. Mio padre fu molto traumatizzato da quell'esperienza. E conosco due suore che ebbero da lui un segno tangibile, una fotografia, che le lasciò attonite. Né mio padre né le suore ne hanno mai parlato, questi due fatti sono rimasti sconosciuti fino a oggi, e chissà quanti altri testimoniano la dimensione umanamente inspiegabile di Padre Pio, che buona parte della cultura contemporanea vorrebbe censurare come magica e non autentica».

Posso farle una domanda sulla sua successione?

«Quella lasciamola al Santo Padre...».

...Intendevo la successione alla guida della Cei. Il cardinal Bagnasco ha ricevuto minacce.

«Il mio successore sta facendo un ottimo lavoro. Ci sono stati segnali preoccupanti, che però non vanno sopravvalutati. In un clima polemico, uno sprovveduto può essere tentato da un gesto scorretto. Ma la possibilità è la stessa di finire travolti da un'auto per strada... ».

Lei è stato il primo presidente della Cei a diventare una figura mediatica, oggetto di entusiasmi e invettive. Questo l'ha infastidita?

«No. Non mi ha galvanizzato, non mi ha depresso; non gli ho mai dato molta importanza. È stato un processo graduale, iniziato tardi: sono arrivato a Roma a 55 anni... Per natura tendo a relativizzare. Del resto, la decisione implica l'accettazione del rischio. Anche se non ho purtroppo la meravigliosa capacità, che ho visto in Giovanni Paolo II, di affidarsi totalmente al Signore».

Quale le sembra la temperatura morale dell'Italia? Si è approdati all'alternanza politica, ma la sfiducia è tale che ogni volta il governo viene congedato...

«È difficile trovare una sintesi della temperatura morale di un Paese. Ci sono segni positivi e altri negativi. Non nego che la situazione sia difficile, e che la temperatura possa apparire troppo fredda, segno di scarso entusiasmo, o troppo calda, segno di una malattia. L'Italia ha grandi potenzialità e una sostanziale robustezza; ma varie questioni non trovano uno sbocco convincente e duraturo nel tempo. È necessario che la dirigenza politica, come quella economica, sindacale, giornalistica, ecclesiale, guardino di più al medio e al lungo periodo, e non solo all'immediato. È indispensabile affrontare i temi epocali, dalla questione demografica indicata nel 2004 anche da Ciampi all'emergenza educativa di cui parla Benedetto XVI. Non si può guidare un aese guardando solo all'immediato. Chi metterà questi grandi problemi al centro dell'agenda politica, farà il bene dell'Italia, e sarà capito dalla gente».

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