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domenica 28 ottobre 2007

Romania: Per combattere l'Aids.

A Bucarest, in Romania, centinaia di volontari dell'associazione Psi, stanno cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla crescente diffusione dell'Aids tra i giovani, realizzando la più lunga catena di profilattici del mondo.
Nel corso di una manifestazione organizzata da un produttore di condom, i volontari hanno cercato di annodare insieme circa 30.000 preservativi per fare una catena di 3 chilometri e battere il precedente record stabilito in Thailandia, dove 1436 persone hanno messo insieme 24.516 condom formando una catena di 2,7 chilometri.
Le altre foto

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Un italiano nell'Ilga: E' dell'Arcigay ed è al Parlamento Europeo.

Logo dell'11 assemblea nazionale dell'Ilga EuropeIl comunicato dell'Arcigay nazionale.

Si è concluso oggi a Vilnius il Congresso dell'Ilga Europe, l'associazione che riunisce le associazioni lgbt di tutta Europa. Nel nuovo Direttivo è stato eletto Renato Sabbadini con l'incarico di co-Segretario.
Renato ha 41 anni, è di Bergamo, dove è stato eletto consigliere comunale dal 1995 al 2004; laureato in lingue è assistente al Parlamento Europeo. Dirigente nazionale di Arcigay, ha fatto parte della Segreteria nazionale e dal 2002 al 2007 ha ricoperto l'incarico di Responsabile Esteri. L'elezione di Renato Sabbadini, avvenuta praticamente all'unanimità, è il segno tangibile del ruolo di primo piano che la nostra la nostra associazione svolge in ambito europeo, e della stima di cui godono i dirigenti di Arcigay.
Ci felicitiamo per il nuovo incarico di Renato e gli auguriamo un buon lavoro, in un ambito sicuramente a lui consono, vista la sua vasta competenza e passione sui temi internazionali.

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Omofobia cattolica fascista e rezionaria? eccola...

(www.cattoliciromani.com) Ancora una volta sono costretto a tornare sul tema delle cosiddette “unioni civili”.
Di fatti a Sassari vi è stata una manifestazione definita dagli organizzanti laica (ammesso che sappiano la differenza tra laica e laicista) e democratica (anche se non so cosa intendano loro per democrazia) che ha avuto il solo scopo di offendere e denigrare noi cattolici, quasi che fossimo noi a doverci vergognare…
Il presidente del Movimento Omosessuale Sardo ha infatti definito, già nel luglio scorso i cattolici come “viziosi, malati e schifosi”. Ora mi chiedo, chi sono realmente i viziosi, malati e schifosi? Noi che seguiamo il magistero della Santa Chiesa, o loro che scendono in piazza con dei gruppi estremisti? Tutto ciò mi sembra assurdo e sconcertante.
Sempre nel luglio scorso il sindaco di Sassari, Gian Franco Ganau, anche lui di sinistra, aveva preso la decisione di accantonare la proposta del registro delle unioni civili e questo pare non esser andato giù a tale movimento che aveva da prima occupato la sala consiliare del Comune di Sassari ricevendone una mozione di condanna nei loro confronti e poi organizzando tale pagliacciata consumatasi in questi giorni. Troppo poco a quanto pare.
Questa volta però si è passato il limite. Si è passati alle maniere forti con minacce verso i cattolici da parte di certi gruppi e dello stesso leader del movimento che con le sue esternazioni senza senso (come d’altronde solo lui può fare) ha continuato a definire i cristiani e chi in politica li rappresentava “imbecilli e razzisti che creano problemi agli altri”. Nulla di più sciocco poteva esser affermato.
A detta loro questo soddisferebbe “le pulsioni reazionarie della destra e di una parte dell’Unione”.
Avrete capito dunque che non si ha ancora messo l’animo in pace Mele che non avendo la maggioranza numerica nel Consiglio Comunale, ora cerca di accanirsi, come ha già fatto in altre occasioni, contro i cattolici che seguono la morale cristiana.
Nella nuova bagarre tengo a precisare che non è mancato di certo l’appoggio da parte dei Comunisti, Indipendentisti iRS, associazioni fortemente anti-cristiane e anti-clericali che nella conferenza stampa tenuta la settimana scorsa hanno affermato che si antepongono lotte di civiltà e libertà a dogmi religiosi pulsate da partiti confessionali.
Io da cattolico mi sento profondamente offeso da ciò, in particolare dagli insulti che questi signorotti utilizzano nei nostri confronti e mi sento addirittura discriminato poiché ormai pare quasi che andare in Chiesa e definirsi cristiano sia una cosa per malati di mente.
Siamo giunti ormai ad una deriva reazionaria da parte delle lobby omosessuali ed anti-clericali dalle quali dovremmo stare attenti ogni giorno di più.

Pietro Serra Sorso
Direttore "Gioventù Cristiana"

Tratto dal blog "Sardu88"

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Ndr. Andate a questa pagina e guardate in faccia chi compone la redazione di "Gioventù Cristiana" il Giornale Giovanile Cattolico.
Oltre all'estensore di quest'articolo il "bestiario" è veramente inquietante.

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Nuovi casting per Peter Pan il musical.

Per Peter Pan il musical, si cercano Attori/trici - Ballerini/e - Cantanti

Richeste: buona base di danza, canto e capacità recitative.

Artisti di altezza minima 1.80 cm.
Artisti di altezza massima 1.60 cm.

Si prega di inviare foto e curriculum vitae (con caratteristiche fisiche) a casting@teatrodelleerbe.com
TEATRO DELLE ERBE
via Leoncavallo, 8
20131 MILANO
Tel. 02-36555212
casting@teatrodelleerbe.com
www.peterpanilmusical.com

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A proposito di donne: la sensualità femminile sui giornali di moda.

(draculia blog) Una ha lo sguardo fisso, davanti a sé, le labbra socchiuse, mentre con una mano tra i capelli si lascia immortalare da una macchina fotografica che ne esalta la giovane bellezza; un'altra, abbigliata e pettinata come un'hippy dai gusti raffinati, osserva una campagna incontaminata, mentre il fotografo ne cattura l'immagine: la bocca sempre semichiusa, lo sguardo assorto e vagamente altero a cui lunghissimi capelli fanno da cornice. Un'altra ancora fissa l'obiettivo davanti a sé, l'aria vagamente ammiccante, con la solita bocca socchiusa su cui è stato spalmato abbastanza lucidalabbra per renderla più voluminosa; ha una chioma fluente lasciata sciolta e spettinata, mentre si cinge le spalle, quasi a proteggersi da sguardi curiosi ed attratti da una bellezza indiscutibilmente provocante. Dulcis in fundo, per finire, una modella intenta a lavare i piatti con tanto di guanti di plastica e grembiule aperto dietro, il quale lascia vedere un tanga che risulta essere l'unico indumento indossato nelle faccende domestiche; fotografata mentre si volta, come se fosse chiamata da qualcuno, ha uno sguardo vagamente sorpreso.

Quattro modelle ritratte per diverse campagne pubblicitarie, su due giornali di moda, in diverse situazioni e da differenti fotografi, ma in cui si delinea un comune trait d'union: il messaggio pubblicitario trasmesso da una donna non può fare a meno di passare per un meccanismo di seduzione nato da un cervello maschile.
La bocca leggermente socchiusa e corrucciata, gli occhi diretti verso un fantomatico altrove, inespressivi, capelli lunghi, e pose talvolta alquanto innaturali, a mò di manichino mosso da fili tirati da un dispettoso mangiafuoco, comunicano un'idea della femminilità essenzialmente passiva, fondata su un'ammiccante desiderio di piacere ed una seduzione che raccoglie, sfuggente ma inoffensiva, ogni pulsione repressa o apertamente espressa.
E' singolare che, in questo concetto della seduzione, non compaia il riso o un'allegria pungente: i pochi sorrisi lasciati abbozzare alle modelle comunicano una timidezza, una dolce ritrosia che sembra suggerire a noi lettrici una femminilità ideale, immaginata da qualcuno che non vede proprio nulla di sensuale in una donna che ride a crepapelle, o dinamica, dallo sguardo presente e provocatorio.Quasi che la sensualità fosse inversamente proporzionale alla risata, all'espressione di una vitalità personale non codificata, che può andare da un'intelligenza intrigante, ad un carattere ribelle, a una vena comica o ad un qualsiasi talento. Può essere sensuale qualsiasi aspetto fisico o caratteriale ispiri simpatia, ma una tale concezione di sensualità vende poco e presuppone una parità tra i sessi che si è lontani dal raggiungere. Benedetta Barzini, famosa modella degli anni sessanta oggi insegnante di sociologia della moda, abbatte un tabù, affermando con assoluta sincerità e cognizione di causa: "La nostra espressione di sensualità o di sessualità non la conosciamo. Noi conosciamo solo il riflesso di ciò visto dal maschio.

Alla domanda "cosa potrei mettermi io per essere seducente in sintonia con la mia femminilità?", non ho risposta." Nonostante i media non facciano altro che parlare di libertà delle donne della civiltà occidentale rispetto a quella orientale, sfogliando un qualsiasi settimanale di moda si può notare come, in realtà, attraverso le immagini ci cerchi di educare la donna all'idea di piacere al maschio, piuttosto che piacersi, quasi che una femmina che non abbia tra le sue priorità la seduzione e la conquista del maschio, non sia una "vera" femmina, ma solo un suo surrogato. Solo da qualche anno donne dotate di una notevole vena comica, come Paola Cortellesi, Massina Massironi, Luciana Littizzetto , tanto per nominarne qualcuna, si stanno facendo spazio sulla scena dello spettacolo; donne che mantengono una loro identità e trasmettono un' idea di femminilità più autentica, dove l'intelligenza, l'ironia e la creatività s'intrecciano in modo tale da renderle estremamente affascinanti.

Certo sui giornali di moda siamo ancora ben lungi da una reale parità tra i sessi; mi chiedo come le mie consorelle di sesso riescano a trovarsi a proprio agio davanti ad un obiettivo che le rende più simili alle bambole gonfiabili richieste da Hitler per le "necessità" dell'esercito, nella seconda guerra mondiale, che non alle donne reali; donne di cui l'esperto di moda di turno non immortala che gli aspetti più superficiali e scontati, ( che a lungo andare, senza passione e personalità, diventano pure noiosi!); gli unici, probabilmente, da cui non si senta minacciato e gli permettano, di perpetuare la propria specie, mantenendo il suo ruolo di dominatore nello status quo. Evidentemente, senza il ricorso a tali piccole strategie, il dominatore si rivelerebbe un re nudo.

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L'omelia per i 400 nuovi beati spagnoli.

"Non ci sono solo i martiri che spargono il proprio sangue, ma anche coloro che nella "vita ordinaria" testimoniano "silenziosamente" ed "eroicamente" il Vangelo."

Con questa frase il Papa ha voluto dare un significato alla beatificazione di massa promossa da lui stesso nella giornata di oggi.
Vale la pena inoltre leggere l'omelia che ha accompagnato la cerimonia, scritta dal Cardinale portoghese José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Clicca

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Esclusivo/ La Berté si barrica in hotel.

(River blog) Loredana Berté si è barricata nella sua stanza d’hotel e non fa entrare nessuno. Dopo aver partecipato ieri sera al “Treno dei Desideri” (insieme ad un river-lettore che ha cantato con lei), stamattina la cantante ha iniziato ad avere dolori alla schiena. Ha però rifiutato le cure mediche. Passano le ore, e i dolori aumentano. Poco fa la cantante ha iniziato ad urlare, con grande imbarazzo del personale dell’hotel (l’Aldrovandi Palace). Cosa succede? Non vuole vedere neanche un medico. E così la reception ha chiamato i pompieri.

Aggiornamento/ La notizia è arrivata su Studio Aperto. Alcuni ipotizzano un tentativo di suicidio. Sul posto ci sarebbe anche Renato Zero.

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Auschwitz e la banalità del male.

(La cripta dei Cappuccini blog) Quando si pensa ai campi di concentramento il pensiero va innanzitutto alle vittime, e le immagini che ci scorrono davanti sono quelle delle camere a gas e dei corpi scheletriti gettati a centinaia nelle fosse comuni. Di quelli che stavano dall’altra parte, degli aguzzini, le immagini sono invece più vaghe. Ce li immaginiamo rigidi nelle loro tetre divise, impassibili di fronte allo spettacolo di morte che stavano portando avanti.

Il Museo dell’Olocausto a Washington sta cercando di rendere più completa la nostra memoria attraverso la pubblicazione di oltre cento fotografie appartenute all’ufficiale nazista Karl Höcker, aiutante del comandante del lager di Auschwitz. Queste foto ritraggono il personale del campo di concentramento non nelle note attività di oppressione e di sterminio, bensì durante momenti di svago e di serenità nella vita quotidiana. Vediamo così gli uomini delle Ss a tavola in momenti di relax, seduti su una sdraio a prendere il sole o a passeggio nei boschi con le giovani e belle ausiliarie del campo. Probabilmente sulla base delle dichiarazioni ex post dei gerarchi nazisti al processo di Norimberga, o di quelle di Eichmann al suo processo in Israele, ci immaginiamo che per poter eseguire la loro crudele e sistematica opera di sterminio le Ss dovessero crearsi delle giustificazioni morali o degli alibi. Al contrario, agli uomini i peggiori massacri riescono del tutto naturali, come andare in gita con le Helferinnen per i boschi polacchi; semmai le giustificazioni morali e gli alibi sono necessari invece per evitarli, i massacri. E’ certamente più consolante pensare ai carnefici come a delle persone inumane e perversamente crudeli nelle loro divise militari, in cui noi non ci riconosceremmo mai. In realtà – i tedeschi delle Ss come altri, a cominciare dagli italiani della “caccia al negro” nell’Etiopia del 1937 – erano persone comunissime, quasi banali nella loro indifferenza al male, e nelle quali chiunque potrebbe tranquillamente identificarsi. Le foto del Museo dell’Olocausto sono agghiaccianti perché ritraggono gli aguzzini come persone normali, tremendamente e spaventosamente normali.

[Alle foto di Höcker dedica un bel servizio l'ultimo numero del settimanale Internazionale, una delle poche cose leggibili attualmente in edicola]

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“Ferdinando” al Trianon, l’ultima volta di Isa Danieli.

(Napoligaypress) Sarà in scena fino al 18 novembre al Trianon Viviani il testo di Annibale Ruccello “Ferdinando” nella versione diretta è interpretata da Isa Danieli. L’attrice napoletana torna nei panni di Donna Clotilde per l’ennesima volta ma tiene a precisare che, dopo vent’anni di allestimenti, sarà anche l’ultima.

E’ la prima volta che questo testo, più volte messo in scena al Teatro Nuovo e al Mercadante, viene proposto al Trianon Viviani, diretto da Nino D’Angelo e considerato luogo del teatro popolare per eccellenza.

La storia di Donna Clotilde si svolge in una villa alle pendici del Vesuvio un anno prima della presa di Roma da parte dell’esercito italiano. Nella villa con lei Donna Gesualda (cugina, serva ed infermiera di Clotilde) e le frequenti visite di Don Catellino (il parroco del paese).

A sconvolgere questo nucleo l’arrivo del nipote di Donna Clotilde: il Ferdinando del titolo. Il ragazzo, di una bellezza unica, farà innamorare tutti di se provocando liti e riportando alla luce vecchi dissapori.

Recitato in dialetto, la regia di ispira a quella dello stesso Rucello. In scena con la Danieli ci sono Luisa Amatucci, Lello Serao e Carlo Caracciolo.

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Tuttogaber teatrale anni '70 in 2 Dvd.

(Paolo Biamonte - Ansa) Il cofanetto con due dvd e un libro pieno di immagini e documenti rari che arriva nei negozi farà felici i fan di Giorgio Gaber e non solo quelli. Prodotto da Radiofandango in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber e Nunflower, raccoglie infatti la produzione teatrale degli anni '70, quando l'artista Milanese decise di abbandonare il successo dei varietà tv, delle tournee con Mina e delle classifiche per dedicarsi al 'teatro canzone', lasciando una traccia precisa nella storia della cultura e del costume del nostro Paese.

E' la prima volta che il pubblico ha l'occasione di rivedere le immagini di spettacoli come Il signor G, Dialogo tra un impiegato e un non so, Far finta di essere sani, Anche per oggi non si vola, Libertà obbligatoria e Polli di allevamento, grazie ai filmati Rai e della Televisione Svizzera Italiana. Sono titoli fondamentali per l'avventura professionale di Gaber che hanno avuto un'influenza enorme sulla formazione delle giovani generazioni e che hanno contribuito a cambiare l'idea stessa di canzone e del ruolo dell'interprete nella scena italiana.

Cresciuto nella Milano di Enzo Jannacci, Adriano Celentano, Dario Fo, Giorgio Strehler, di Paolo Grassi e del Piccolo teatro, dopo gli esordi tra jazz e rock'n'roll si era imposto come cantante di successo e personaggio televisivo di raffinata ironia. I rivolgimenti sociali del '68 lo indussero a una scelta temeraria: lasciare il successo e tentare la strada nuova del teatro decentrato, seppur prodotto dal Piccolo Teatro.

Fino ad allora solo Dario Fo aveva scelto di portare il grande teatro del Mistero Buffo nei teatri tenda a diretto contatto le nuove generazioni del cambiamento. Dal primo nuovo debutto nel 1970 all'ultimo spettacolo (é morto nel 2003), Gaber ha scritto tutto insieme a Sandro Luporini, l'amico di una vita e personaggio fondamentale nella definzione di uno stile compositivo e di scrittura che si ispirava a Jaques Brel, Adorno, Celine, Marcuse e Sartre. Il coraggio della scelta fu premiato in poco tempo: dopo gli inizi difficili, il 'teatro canzone' conquistò un pubblico sempre più imponente ed entusiasta che si identificò in quei lavori che finirono per approdare dal circuito più periferico ai teatri più prestigiosi.

Il cofanetto che esce domani, secondo capitolo del progetto home video dedicato a Gaber dopo quello sugli anni '60, raccoglie le immagini di tutto percorso straordinario che conserva intatta la sua attualita'. Ad arricchirlo un duetto con Mina, registrato a Teatro 10 nel 1972. Domani poi, a Milano, con la prima assoluta dello spettacolo Il dio bambino, interpretato da Eugenio Allegri con la regia di Giorgio Gallione, produzione dell'Archivolto in scena al Piccolo Teatro Paolo Grassi, si apre ufficialmente la manifestazione Milano x Giorgio Gaber, promossa dalla Fondazione Gaber, da Telecom Progetto Italia, dal Comune, dalla Regione Lombardia e dal Piccolo. Un mese di spettacoli, convegni ed incontri. Fra i principali appuntamenti il 30 ottobre quello all'università statale con Flavio Oreglio, quello del 12 novembre al piccolo teatro studio con Giulio Casale in Se ci fosse un uomo e la serata del 19 novembre al Teatro Strehler con protagonisti personaggi quali Dario Fo ed Enzo Iannacci.

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Roma Film Festival, conclusioni finali!


(Spetteguless) 600.000 visitatori, contro i 480.000 dello scorso anno, 7.010 accreditati, contro i 6.837 della prima edizione, 110.000 biglietti emessi, contro i 102.000 dell’anno scorso, di cui 62.000 venduti e 18.000 per gli accreditati, 30.000 presenze per Eventi ad ingresso libero, 102 film per la Selezione ufficiale, 46 nazionalità rappresentate, 670 proiezioni complessive, 20 in più dello scorso anno, 33 schermi, 10 in più dell’anno scorso, 6 mostre, 5 concerti, 170 tra sponsor e partner, 1.110.000 le pagine del sito ufficiale visitate, 2.631 giornalisti accreditati, 2.454 gli articoli pubblicati dalla stampa nazionale, 804 servizi tv e radio trasmessi nei giorni della festa, 506 gli articoli pubblicati dalla stampa internazionale durante la Festa.
Questi alcuni numeri della seconda edizione della Festa del cinema di Roma, appena conclusasi con il trionfo di Juno.
10 giorni di passione, di proiezioni, di divertimento, di gioia e stanchezza.
10 giorni all’Auditorium, spessissimo dalle 9 del mattino fino all’1 di notte, tra film, conferenze, mostre, corse in sala stampa, red carpet, file chilometriche ed estenuanti al botteghino e chi più ne ha più ne metta, per una Festa che chiude una seconda edizione con un bilancio più che positivo, iniziando a pensare da subito alla Terza edizione del prossimo anno, guardando anche ai difetti, che ci sono stati, utili per migliorarsi sempre.
Critiche necessarie ed obbligatorie, per crescere, maturare, visto che stiamo parlando ancora di un dolce neonato… ma andiamo a vedere la più palese…
Semplicemente folle costringere i giornalisti a dover fare file su file per assistere a tutte quelle proiezioni, o eventi, senza prima stampa.Non ha senso mettere una prima stampa alle 9 del mattino quando alla stessa identica ora aprono i botteghini, con l’ovvio e assurdo obbligo di dover scegliere se andare a vedere la prima stampa o aspettare pazientemente in fila il ritiro del tagliando per una pellicola che magari prime stampa non ne ha!Ancora più assurdo obbligare tutti a fare la fila tutti i giorni, visto che solo gli eventi del giorno dopo potevano essere ritirati.
La prima conseguenza di questa follia è stata vedere file chilometriche davanti ai botteghini a partire dalle 8 del mattino, quando uno la sera prima era uscito dalla sala all’1 di notte, dopo 17 ore consecutive!Reggere per 10 giorni significa mettere veramente nelle peggiori condizioni chi poi deve parlare di quello stesso evento, con tutti i risvolti, vedi ripicche giornalistiche, del caso.
La soluzione si potrebbe trovare nel dare assieme al pass stampa un blocchetto di 10-15 biglietti neutro da utilizzare durante la Festa, gestibili dal giornalista stesso. Vedremo se anche il prossimo anno cadranno in quest’errore grossolano.
Caos biglietti a parte la Festa del Cinema è stata una vera e propria festa popolare, con centinaia di bambini e giovani che hanno letteralmente preso d’assalto l’Auditorium, anche solo per respirarne un po l’aria.
L’idea di fondo è assolutamente vincente, qui non si parla di un Festival, ma di una manifestazione popolare che ha come principale obiettivo quello di portare le persone comuni dentro la 7°arte, facendole partecipare attivamente, a stretto contatto con chi fa Cinema, dalla mattina alla sera.
Non so quanto durerà questo Evento romano, se riuscirà a sopravvivere anche senza Walter Veltroni, ma per il bene della città stessa, che aveva bisogno di qualcosa di simile, spero che diventi un appuntamento fisso a livello nazionale ed internazionale, perchè ne avrebbe tutti i meriti.
Sperando che i miei resoconti quotidiani siano riusciti a catturare il vostro interesse e la vostra attenzione, non mi resta che salutare il Red Carpet romano, pronto a tornare in tintoria per farsi bello per l’anno prossimo… d’altronde c’è una Terza edizione che l’aspetta!

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Silenzio, parla Mancuso: Nuova Direttiva UE contro tutte le discriminazioni.

Lo ha ribadito un rappresentante della Commissione Europea al Congresso annuale di ILGA Europe di Vilnius.

La Commissione Europea ha deciso di elaborare una nuova Direttiva che affronterà la lotta contro ogni forma di discriminazione, dunque comprese quelle contro le cittadine e i cittadini lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender). La notizia è giunta al Convegno nazionale di Ready, la nuova rete delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, che si è svolto a Firenze nell'ambito del programma nazionale dell'Anno Europeo della Pari Opportunità per tutti.
Sul sito della Commissione Europea, già da martedì, è stata comunicata la decisione e ieri una rappresentante della Commissione, partecipando ai lavori del Congresso annuale dell'Ilga Europe che si sta svolgendo a Vilnius, (che raggruppa le associazioni lgbt d'Europa e a cui partecipa una delegazione di Arcigay composta da Riccardo Gottardi, segretario nazionale, Paolo Ferigo, responsabile esteri, Sandro Mattioli e Giada Cotugno del Cassero di Bologna e Renato Sabbadini esperto di politica internazionale) lo ha ribadito.

"La notizia della predisposizione di una nuova direttiva sulle discriminazioni – commenta Riccardo Gottardiè coerente con le politiche adottate negli anni dall'Unione Europea, che già aveva approvato nel 2000 una Direttiva contro le discriminazioni sul posto di lavoro, purtroppo recepita in modo distorto dal Governo Berlusconi".

"Speriamo che la direttiva sia al più presto approvata – sottolinea Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay – perché obbligherebbe finalmente anche il nostro paese a recepirla. Se cosi facesse si adeguerebbe alle legislazioni già vigenti in molti paesi europei in tema di lotta contro le discriminazioni e l'omofobia. Questa notizia è la migliore conclusione di un anno di iniziative in Italia che abbiamo condotto come associazioni, Ministero delle Pari Opportunità ed enti locali per combattere concretamente il clima d'odio alimentato ad arte dalla destra e dalle gerarchie cattoliche."

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Neonato omosex e i blogger: Ancora sul marmocchio invertito.

(Tom il primo gayblog italiano) A costo di ripetere qualcosa che ho già scritto nei commenti a post altrui, voglio ancora dire un paio di cose sulla campagna della Regione Toscana, perché se ne è discusso parecchio soprattutto in Rete, e molte delle reazioni che ho letto – anche su altri blog gay – mi hanno lasciato davvero perplesso.

A me sembra che ci si stia dimenticando dei motivi per cui è stata fatta questa campagna. È contro l'omofobia e la discriminazione. È stata pensata per far capire soprattutto a quegli eterosessuali che non lo sanno (o che non si sono mai posti il problema), che per la stragrande maggioranza degli omosessuali essere gay non è una scelta, e che sempre per la stragrande maggioranza non è reversibile.
Di certo non lo è per tutti gli adolescenti che soffrono quotidianamente per gli insulti e le botte dei loro compagni di scuola tanto che qualcuno arriva anche a buttarsi dal balcone perché non ce la fa più, non lo è per chi ancora oggi non osa prendere la mano del suo compagno per strada in centro città per evitare di essere deriso insultato o picchiato, non lo è per chi vive in quasi tutti i Paesi del Medio Oriente dove i gay vengono sbattuti in galera torturati lapidati o impiccati, non lo è stato in passato per i froci gasati e trasformati in sapone nei lager nazisti come gli ebrei. Questa è omofobia. È per cercare di scongiurare fatti gravissimi come questi che è stata fatta la campagna.
Non tiene conto di quei pochi omosessuali convinti di aver scelto di esserlo? Beh, poco male. Non sono loro quelli che rischiano di più, visto che se butta male possono sempre cambiare idea (o almeno ritengono di poterlo fare). Tra l'altro, en passant, che si tratti di una scelta è proprio quello che sostiene anche la Chiesa cattolica: l'omosessualità come percorso di vita alternativo, come peccato contro natura, come volontà di andare contro ai valori tradizionali e alla morale comune. Se c'è sempre qualcuno convinto che i gay possano "guarire", ci sono anche tanti che invece pensano che potrebbero semplicemente smettere di "peccare", e questo non mi pare meno sbagliato o meno pericoloso.
Omosessuali si nasce o si diventa? Come per tantissimi froci, io non so se sono nato gay o lo sono diventato. Per me è irrilevante. Quello che so è che non ho scelto di esserlo. C'è qualcuno invece che un bel giorno ha deciso di saltare addosso al postino, al compagno di banco o al collega tanto per provare qualcosa di diverso? Benissimo, meglio per loro. Ci sono anche i bisex, c'è anche chi dopo essere stato con molti uomini un bel giorno si mette con una donna, ma non è per loro che è stata fatta questa campagna. Che non sarà perfetta, che forse avrebbe potuto mostrare la foto di un bimbo un po' più cresciuto a scuola con la stessa fascetta, ma che anche così com'è è mille volte meglio del silenzio assoluto.

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Costituente o castagnata? Ma questi stanno giocando a fare cose più grosse di loro?

Cronaca dalla Costituente

(Dal blog di Andrea Benedino (nella foto), portavoce nazionale di GayLeft). Di ritorno da Milano. Mah, non che la democrazia sia esattamente uno dei tratti caratterizzanti il nuovo partito (a differenza invece dei prati verdi dove, come diceva una vecchia canzone, "nascono speranze..") almeno a giudicare dalla prima seduta dell'assemblea. Nella lettera di convocazione Prodi ci chiamava non a partecipare, ma ad "assistere ai lavori" e quelli che hanno parlato non si erano iscritti a parlare (come le "vecchie liturgie" avrebbero imposto), ma venivano "invitati ad intervenire". Veltroni però ha indubbiamente innovato. Anzichè la solita lunga introduzione dei segretari ai congressi della durata di almeno 1 ora-1 ora e mezza, ha scelto di intervenire brevemente parlando per poco più di 60 minuti. Così come alla fine, anzichè fare la solita lunga conclusione liturgica del "dibbbattito" in cui si ripetono molte delle cose già dette nella relazione, ha scelto di parlare per 45 minuti ritornando su alcuni dei concetti espressi in mattinata e precisandoli meglio. Per non parlare del dispositivo finale (il cosiddetto "Editto di Uòlter"), fatto votare in fretta e furia e senza discussione, così come i componenti delle commissioni. Nel merito, spiccavano per la loro assenza dalle parole di Uòlter i temi etici e quelli relativi ai diritti civili, dando come risposta agli interrogativi espressi da Miriam Mafai l'altro giorno su Repubblica un preoccupante e sibillino silenzio. Ottimo invece l'intervento di Ignazio Marino che ha parlato di regolamentazione delle convivenze e di testamento biologico, purtroppo contraddetto parzialmente da Edo Patriarca che ha inneggiato contro l'"individualismo esasperato".
Alla fine sono stato eletto nella commissione sul Manifesto dei Valori, quindi temo che da domani a fine gennaio avrò il mio bel da fare. Ci sono tanti amici e amiche validi su cui so che potrò contare, ma anche tanti avversari agguerriti e temibili che dovrò contrastare con le armi della politica e della saggezza. Vedremo quanti spazi ci saranno per fare un buon lavoro. Nel frattempo vi lascio con la conclusione dell'articolo dell'Unità di oggi: "Si annuncia calda anche la commissione per il manifesto dei valori, dove conviveranno la teodem Paola Binetti, il gayleft Andrea Benedino e il superlaico Piergiorgio Odifreddi".
Fatemi gli auguri.

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Amori impossibili: «Piaccio a Clooney? Lo invito a cena».

Intervista esclusiva su Tv sorrisi e canzoni".
Raoul Bova scherza a distanza col divo hollywoodiano che l'aveva definito «bellissimo».

(Il Corriere della Sera) Una scherzosa provocazione all'indirizzo di un bello planetario come George Clooney. Che arriva, udite udite, da un altro degli uomini più desiderati del cinema: Raoul Bova. Qualche settimana fa il divo hollywoodiano aveva definito l'attore italiano «bellissimo», affermando tra l'altro che «se fosse stato una donna ci avrebbe fatto un pensierino». E approfittando di un'intervista esclusiva a «Tv Sorrisi e Canzoni», il settimanale di attualità e spettacolo diretto da Umberto Brindani, in edicola da lunedì 29 ottobre, Bova non si tira indietro e anzi rilancia: «È uno dei più bei complimenti che abbia mai ricevuto. Clooney dimostra classe e ironia. Ma la stima è reciproca perchè lui è un uomo affascinante e un artista che è riuscito a infrangere le regole dei meccanismi tv e di Hollywood. Una volta mi ero un po' ingelosito vedendolo chiacchierare con mia moglie. Allora gli rispondo invitandolo io a una cena a lume di candela. Ma questa volta senza mia moglie. Così comincio a entrare nella parte del mio prossimo film "Out of the Night", dove interpreterò un gay», conclude ridendo.

L'IMPORTANZA DI RIDERE - «A 36 anni - rivela poi Bova nell'intervista - ho scoperto quanto sia bello ridere, quanto faccia bene al cuore. Dopo aver girato la commedia "Scusa ma ti chiamo amore" di Federico Moccia, ho preso una decisione. D'ora in poi interpreterò almeno una commedia all'anno. Chi l'ha detto che bisogna essere sempre seri o magari depressi? Evviva la leggerezza, la stessa che si respira in questo film dall'umorismo inglese, un po' alla Hugh Grant». Il 23 novembre, Bova sarà nelle sale con il film «Milano- Palermo - Il ritorno» , seguito, 11 anni dopo del fortunato «Palermo Milano solo andata» con Giancarlo Giannini, Ricky Memphis, Enrico Lo Verso e Romina Mondello.

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{per gentile cooperazione di un Lazzaro/2}

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Federico Garcia Lorca: Sonetos del amor oscuro.

Temo di perdere la meraviglia

dei tuoi occhi di statua e la cadenza

che di notte mi posa sulla guancia

la rosa solitaria del respiro.


Temo di essere lungo questa riva

un tronco spoglio, e quel che più m'accora

è non avere fiore, polpa, argilla

per il verme di questa sofferenza.


Se sei tu il mio tesoro seppellito,

la mia croce e il mio fradicio dolore,

se io sono il cane e tu il padrone mio


non farmi perdere ciò che ho raggiunto

e guarisci le acque del tuo fiume

con foglie dell'Autunno mio impazzito"

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"Io sono uno Spagnolo integrale e mi sarebbe impossible vivere fuori dai miei limiti geografici; però odio chi è Spagnolo per essere Spagnolo e nient’altro, io sono fratello di tutti e trovo esecrando l’uomo che si sacrifica per una idea nazionalista, astratta, per il solo fatto di amare la propria Patria con la benda sugli occhi. Il Cinese buono lo sento più prossimo dello spagnolo malvagio. Canto la Spagna e la sento fino al midollo, ma prima viene che sono uomo del Mondo e fratello di tutti. Per questo non credo alla frontiera politica."

Il 16 agosto, il sindaco socialista di Granada (cognato del poeta) viene fucilato. Federico, che si era rifugiato in casa dell'amico poeta falangista Louis Rosales, viene arrestato lo stesso giorno dall'ex rappresentante della CEDA, Ramón Ruiz Alonso.

Numerosi si levano gli interventi a favore del poeta, soprattutto da parte dei fratelli Rosales e dal maestro de Falla; ma nonostante la promessa fatta allo stesso Luis Rosales che Lorca sarebbe stato rimesso in libertà "se non ci sono denunce contro di lui", il governatore José Valdés Guzmán, con l'appoggio del generale Queipo de Llano, dà ordine, segretamente, di procedere all'esecuzione: a notte fonda, Federico è condotto a Víznar, presso Granada e - è incerto se all'alba del 18 o 19 agosto 1936- viene fucilato sulla strada vicino alla Fuente grande, lungo il cammino che va da Víznar a Alfacar. La sua uccisione provoca riprovazione mondiale: molti intellettuali esprimeranno parole di sdegno, tra le quali spiccano quelle dell'amico Pablo Neruda.

La vena poetica di Garcia Lorca si espresse al meglio nelle poesie d'amore. Il tema amoroso si impose, sin dagli esordi della sua vocazione letteraria, in maniera insistente, tanto da dare vita a un ricchissimo percorso di ricerca. Nello scorrere delle stagioni della sua poesia, è come se Lorca avesse cercato una risposta alle eterne questioni proprie del sentimento amoroso. "È possibile l'amore?" "Chi amare?" "Come?" Testimonianza di tale tensione, le poesie raccolte in questo volume, che copre l'intero arco della produzione di Lorca, ci mostrano il lato forse più sofferto della sua opera e ci consegnano un canzoniere amoroso novecentesco di rara profondità e intensità.

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Sonetti dell'amore oscuro.
Poesie d'amore e di erotismo. Inediti della maturità.
Testo spagnolo a fronte.
Federico Garcia Lorca
Euro 8.40 - Einaudi

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La Chiesa e il suo revisionismo: Benedetto XVI e la beatificazione di 498 martiri spagnoli.

Non ci sono solo i martiri che spargono il proprio sangue, ma anche coloro che nella "vita ordinaria" testimoniano "silenziosamente" ed "eroicamente" il Vangelo.

Lo ha detto il Papa, rimarcando che "questo martirio della vita ordinaria è una testimonianza quanto mai importante nelle società secolarizzate del nostro tempo". Benedetto XVI, prima dell'Angelus recitato davanti a circa 40.mila persone che avevano partecipato alla beatificazione di 498 martiri spagnoli, ha parlato di un "'martirio' incruento, che non è meno significativo, come quello - ha detto - di Celina Chludzinska Borzzka, sposa, madre di famiglia, vedova e religiosa, beatificata ieri a Roma".

"E' la testimonianza eroica e silenziosa - ha rimarcato Benedetto XVI - di tanti cristiani che vivono il Vangelo senza compromessi, compiendo il loro dovere e dedicandosi generosamente al servizio dei poveri" e mostrando la "pacifica battaglia dell'amore che ogni cristiano, come Paolo, deve instancabilmente combattere: la corsa per diffondere il Vangelo che ci impegna fino alla morte".

BEATIFICAZIONE DI 498 MARTIRI SPAGNOLI - Uno stuolo di celebranti in abiti liturgici purpurei, presieduti dal cardinale José Saraiva Martins ha preso parte in piazza San Pietro alla cerimonia per la beatificazione di 498 martiri spagnoli uccisi negli anni 1934, '36 e '37. Inni sacri in spagnolo si sono levati dalla piazza mentre i celebranti prendevano posto. Il card. Saraiva, delegato dal Papa a questo rito, celebra in spagnolo. In piazza sono presenti circa 40mila persone.

CARD.SARAIVA, MARTIRI NON SONO PER UN SOLO PAESE - "I martiri non sono patrimonio esclusivo di una diocesi di una nazione" ma al contrario "appartengono al mondo intero, alla Chiesa universale". Lo ha sottolineato il cardinale José Saraiva Martins nell'omelia per la beatificazione dei 498 martiri" di Spagna e non spagnoli", sia perché la Spagna è il luogo del loro martirio ma non per tutti della nascita, sia appunto per l'universalità del loro messaggio. "La santità - ha rimarcato a questo proposito il porporato - non consiste nella riaffermazione di valori comuni a tutti, ma nella personale adesione a Cristo salvatore del cosmo e della storia" e "il martirio è il paradigma di questa verità".

Le parole del cardinale aiuteranno il tentativo di Spagna e Chiesa spagnola di attenuare le polemiche reciproche su questa beatificazione, tentativo sostenuto dal fatto che il governo spagnolo ha inviato alla cerimonia il ministro degli Esteri Angel Moratinos, e che i vescovi spagnoli vanno ripetendo da giorni ripetendo che la maxi-cerimonia di beatificazione di 498 martiri della Guerra Civile "non è contro nessuno, e tanto meno contro Zapatero". Quella di oggi è la più numerosa cerimonia di beatificazione nella storia della Chiesa.

E il card. Saraiva lo ha rilevato parlando di "rilievo storico per il numero davvero ingente dei beati". I beati provengono da 23 diverse cause, 11 delle quali avviate prima del 1960, la più vecchia nel 1948. Tra i 498 nuovi beati, ci sono due vescovi (di Cuenca e Ciudad Real), 24 sacerdoti diocesani, 462 religiosi (frati e suore), un diacono, un sottodiacono, un seminarista e sette laici. Cinque sono i nati fuori dalla Spagna: due in Francia, due in Messico e uno a Cuba.

Tra i futuri beati, 145 al momento della morte avevano tra i 20 e i 30 anni, 107 tra i 40 e i 50 anni, 97 fra i 30 e i 40, 72 tra i 50 e i 60 anni. Ce ne sono anche 18 che avevano tra i 16 e i 19 anni, 41 tra i 60 e i 70 anni, 15 tra i 70 e i 78 anni (dei restanti tre non si conosce l'esatta data di nascita). Nel numeroso gruppo, ci sono due martiri "della persecuzione religiosa che ebbe luogo nell'ottobre del 1934", 489 vennero uccisi nel 1936, sette nel 1937.

PROTESTA CENTRI SOCIALI FINISCE IN RISSA CON OPUS DEI - Una protesta di un gruppo di aderenti ai centri sociali davanti a una chiesa frequentata da fedeli dell'Opus Dei a Roma e' finita in rissa all'uscita della messa.

Sei persone sono state fermate e identificate dai carabinieri, mentre un furgone e materiale fotografico e video sono stati sequestrati dalla polizia. Alle 11,45 aderenti al collettivo 'Militant'' e del collettivo ''Facciamo breccia'', appartenenti alla rete dei centri sociali romani, hanno esposto uno striscione davanti alla chiesa Sant'Eugenio in piazza delle Belle Arti con scritto: ''Chi ha ucciso, torturato e sfruttato non puo' essere beato''. Insieme allo striscione e' stata esposta una riproduzione su un pannello di due metri per cinque della Guernica di Picasso. La protesta nasce perche' stamani il Papa ha beatificato 498 martiri uccisi in Spagna negli anni Trenta del secolo scorso. Quando i fedeli cattolici sono usciti dalla chiesa, al termine della funzione religiosa, la protesta ha provocato la loro ira. Una trentina di fedeli ha urlato e strappato lo striscione e fatto a pezzi la riproduzione del celebre dipinto.

Secondo quanto riferito da aderenti ai collettivi, i cattolici avrebbero ''aggredito anche fisicamente i giovani e inneggiato a Franco''. A quel punto la rissa e' stata sedata dall'intervento delle forze dell'ordine. I carabinieri, precisamente l'Ottavo Battaglione Lazio che stava andando a prendere servizio allo Stadio Olimpico, ha fermato e identificato le sei persone mentre la polizia ha bloccato il furgone dei collettivi in via Bruno Buozzi: all'interno del mezzo vi era una scala, una telecamera e una macchina fotografica con cui gli aderenti ai collettivi avevano ripreso l'intera rissa.

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Ma quel maghetto è un amico non può essere un compagno.

(Vittorio Macioce - Il Giornale) Harry Potter ha gli occhiali tondi, una cicatrice sulla fronte, e da quando ha più o meno dieci anni c’è qualcuno che vuole arruolarlo. È il destino degli eroi, appena ti volti spunta una bandiera. Jean-Claude Milner è un linguista e un filosofo francese, dopo tanti pensieri e tanti studi è arrivato a una conclusione metafisica: Harry Potter è di «gauche». È di sinistra. Nessun dubbio: odia la middle class inglese. Detesta Margaret Thatcher e il suo figlioccio mascherato da laburista Tony Blair. Odia i tiranni e la globalizzazione. È leale, generoso, modesto. Basta questo per cucire un’etichetta. Vecchia storia, tutti i buoni a sinistra, Voldemort, Malfoy e mangiamorte vari a destra. Banale.
Il destino di Harry non è mai così lineare. È un chiaroscuro, luci e ombre s’inseguono, il male è una possibilità, il bene una scelta. Harry sente il suo nemico e qualche volta si specchia in lui e suda freddo. Bianco e nero non sono così distanti. C’è affinità e un destino di segno inverso. La bacchetta magica di Harry viene dalla piuma della stessa fenice. Il cappello parlante che smista gli studenti nelle quattro case percepisce una certa affinità tra Potter e Voldemort. Ed è incerto se affidare il giovane mago ai Grifondoro o ai Serpeverde. Harry come Voldemort è l’unico mago a parlare la lingua dei rettili: il serpentese. Un talento che ha a che fare con le arti oscure. Il professor Piton, docente di pozioni, fatica ad accettare Potter perché rivede in lui «Colui che non può essere nominato»: potente e maledetto. Il ragazzo spesso s’interroga: e se fossi come il mio nemico? Prima regola: l’anima di un eroe non merita un’etichetta.
Harry Potter trova sempre qualcuno che lo chiama compagno. Il maghetto con la cicatrice, il bambino che ha sconfitto Voldemort, è un ottimo testimonial. E lo è anche in un mondo senza babbani. Il ministero della magia voleva imbrigliarlo in un ruolo istituzionale. Lui ha sparigliato le carte e ha scelto di stare con Sirius Black, padrino, galeotto, accusato di omicidio, avanzo di Azkaban e, soprattutto, senza dubbio innocente. Il ragazzo non ama i palazzi grigi del potere. È sospettoso. C’è in lui un germe di antipolitica, un fastidio per la burocrazia, per le regole inutili, per le chiacchiere filosofanti di chi scantona dalla propria inettitudine. Il palazzo parla, Harry agisce. Anche contro le regole della buona educazione e della santa saggezza. È di sinistra? Forse no.
Harry non ama i riflettori. È timido. Teme l’invidia degli altri e vuole nascondere il suo destino anomalo. Il suo sogno è la normalità. Si sente male ogni volta che a Hogwarts si accendono le luci. Se mai dovesse capitare nelle strade dei babbani romani non parteciperebbe mai alla Festa del cinema. I tappeti rossi di Veltroni, quel mondo di vip, nastrini, dame e damerini non appartiene alla sua storia. Fuga e rifugio nella stanza dei segreti. La sinistra veltroniana ricorderebbe a Harry gli entusiasmi di Percy Weasley, il fratello petulante e perfettino di Ron. Casta ministeriale, casta di governo, casta che mette giacca e cravatta alle rivoluzioni. Potter diffida delle rivoluzioni e veste in jeans. È di sinistra? Forse no.
Harry adora Hermione, ma qualche volta vorrebbe schiantarla con un Peskipiksi Pesternomi o con un Riddikulus. Le battaglie ideologiche della ragazza sono una paranoia. Buonismo all’acqua di rose, masturbazioni mentali di un’adolescente ingenua, preoccupazioni isteriche di chi vuole salvare il mondo anche quando il mondo non vuole. La battaglia di Hermione per gli elfi domestici è il paradosso storico della sinistra. Hermione vuole liberare gli elfi dal lavoro, gli elfi vogliono un lavoro. E la insultano. Quando la vedono scappano. Harry la guarda e ride. Il sindacalismo coatto è una cattiva magia. È di sinistra tutto questo? Forse no.
I romanzi della Rowling hanno un sapore anti-illuminista, ritorno a un’era dove la ragione ha un limite e l’insondabile, il mistero, penetrano nella quotidianità del moderno. Tuttavia Hogwarts non è un anti-mondo, ma un altro-mondo, un universo parallelo, una linea nascosta del tempo, che corre accanto alla realtà dei babbani. Il confine tra i due mondi è pieno di Checkpoint Charlie, la frattura nel muro di Berlino, porta di libertà. I nemici della magia non sono però i babbani, ma l’ideologia antimoderna e tradizionalista dei «mangiamorte», i seguaci di Voldemort. Harry, eroe dalle arti magiche e alchemiche, è in fondo un paladino della razionalità contro l’oscurantismo settario dei vecchi maghi. La magia è potenza e qualche volta ricorda i misteri della scienza. Non è né buona né cattiva. Ma è sottomessa a una regola. Più è potente la magia, più forte deve essere l’etica. C’è un limite, un confine, un umanesimo che l’uomo, sia esso mago o babbano, non dovrebbe superare. Oltre quella linea c’è Voldemort. È di sinistra? È Voldemort, «colui che non si può nominare».
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Vedi anche:
Sinistra italiana: Non gli resta che Harry Potter.

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Prima la crescita ?

(Il pensatoio blog) Anche Veltroni ci propina il solito mantra della crescita come presupposto per la redistribuzione.
Ma da anni (forse ancor prima che si cambiasse la politica dei redditi nel 1992 e nel 1993) c'è in questo paese una redistribuzione al rovescio, che premia il profitto piuttosto che i salari. E con tutto ciò il paese cresce meno degli altri.
Questo vuol dire che, per quanto si aiutino le imprese, queste non riescono a far progredire questo paese. E dal discorso di Montezemolo è evidente che a loro non basta mai: non basta il taglio del cuneo contributivo, non bastano le riforme del mercato del lavoro, non bastano le privatizzazioni. Fino a quando si abuserà della pazienza delle classi lavoratrici ? Non è che è necessaria, più che una redistribuzione a rovescio, una seria politica industriale ?

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Gerard Reve, una vita tra il "violetto" e la "morte".

(Cadavrexquis blog) Moltissimo tempo fa avevo scritto qualcosa a proposito di Gerard Reve, cioè colui che per molto tempo è stato il mio "scrittore olandese" preferito e che ho sempre amato molto per le sue ossessioni, oltre che per la qualità della sua scrittura. Se torno a parlarne è perché ho concluso da pochi giorni la lettura del suo penultimo lavoro, Het boek van violet en dood (Il libro del violetto e della morte). Dovrei dire, in realtà, la "rilettura", perché questo è uno dei libri di Reve che ho comperato immediatamente dopo la sua pubblicazione - nel 1996, in occasione di un breve viaggio ad Amsterdam - e che, ai tempi, ho divorato subito. Erano anni che mi ripromettevo di riprenderlo in mano per vedere che effetto mi avrebbe fatto adesso e per capire, soprattutto, se l'avrei preferito a quello che mi pare tutt'ora il suo romanzo più compatto e più compiuto - anche nella sua maniacalità e nel senso di claustrofobia che suscita nel lettore -, ovvero Bezorgde ouders (Genitori preoccupati), del 1988.

In un certo senso, da un punto di vista strutturale, questo romanzo è l'opposto del precedente - almeno all'apparenza -, perché se l'altro sembrava un anello o un cerchio che voleva rinchiudere tutto, questo è costruito intorno a una serie di divagazioni che partono da e ritornano a un unico evento, con il quale tuttavia non hanno alcun rapporto concreto. L'evento, insomma, è reale, ma tutto il resto si svolge unicamente nella mente dello scrittore: nella sua fantasia ma, soprattutto, nella sua memoria. Ed è questo, forse, l'elemento inedito di questo romanzo sui generis che, più di tutti gli altri, assume un accento autobiografico molto marcato e in cui la narrazione acquista spesso toni più distesi e meno nervosi rispetto a, per l'appunto, Bezorgde Ouders. Non mancano, ovviamente, le solite ossessioni di Gerard Reve e, soprattutto, quel misto di religiosità e sadomasochismo omosessuale che lo contraddistinguono da sempre*, ma non di rado tutto questo viene temperato da una sottile autoironia che si risolve in continue strizzate d'occhio, allusioni e rimproveri nei confronti di un ipotetico lettore al quale Reve si rivolge con il pronome di cortesia "U" (Lei) e che chiama "Zeergeleerde vriend" (dottissimo amico). A costui Reve si contrappone in continuazione, sottolineando di non essere un "intellettuale", un termine che sulla sua bocca suona quasi come un insulto. Un intellettuale, infatti, è chi si inventa le cose - mentre lui, Reve, ci tiene a raccontare solo la verità - o chi "trova ovunque un problema anche quando non ne ha".

La trama si riduce a poca cosa: Jean-Luc, il giovane figlio dei vicini di casa di Reve, che al momento della stesura del romanzo abita nel sud della Francia, muore in un incidente stradale. Gerard Reve, che è l'io narrante, si era invaghito di lui e pensava che forse tra di loro poteva nascere qualcosa - naturalmente, come sempre accade nei suoi libri, il desiderio sessuale è molto interiorizzato: più immaginato e pensato che reale -, ma ora la sua morte improvvisa ha spezzato anche questa possibilità. L'unica cosa che può fare - a parte fantasticare di chiedere ai genitori una fotografia del ragazzo e i suoi vestiti che non potrà più indossare - è andare al suo funerale. La tenue linea narrativa è costituita da questo funerale che non comincia mai: l'acquisto dei fiori, il viaggio verso la chiesa, l'attesa davanti al portone chiuso e così via. Da questa banale realtà l'immaginazione dello scrittore fugge in una serie continua di flashback in cui viene evocato il suo passato: la sua infanzia, la giovinezza e la scoperta della sua omosessualità, il rapporto tormentato con il suo "dotto fratellastro" - e il riferimento è allo slavista Karel van het Reve - e con la famiglia di fede "comunista", la sua conversione al cattolicesimo negli anni sessanta e lo scandalo che provocò negli ambienti intellettuali dell'Olanda, tutti più o meno "progressisti" (un termine, questo, che Gerard Reve tinge di forte sarcasmo). Numerosi sono gli aneddoti che punteggiano questo andirivieni nella memoria dell'autore: Reve ricorda il periodo in cui visse in Inghilterra e lavorò come inserviente in un ospedale psichiatrico, il suo stesso ricovero in una clinica di disintossicazione quando era alcolista e, infine, l'epoca della seconda guerra mondiale e dell'occupazione nazista, della quale evoca una spedizione, da studente, nelle isole frisoni per contattare un ragazzo che viveva in clandestinità e collaborava con la resistenza.

Ma che rapporto ha il titolo del libro con il suo contenuto? Da un lato la "morte" è presente in modo molto concreto attraverso il personaggio di Jean-Luc, ma allo stesso tempo fa anche da sfondo a tutto ciò che viene rammentato e narrato dall'autore, che assume così un carattere profondamente malinconico. Il fatto stesso che a morire sia proprio il ragazzo che suscita il desiderio erotico dell'autore stabilisce inoltre un legame inestricabile - oltre che esplicitamente ammesso da Reve - tra eros e thanatos. Questa atmosfera di decadimento di tutte le cose aleggia su Het boek van violet en dood conferendo a tutti i ricordi dell'autore un senso di morte imminente. E' forse questo il significato del colore violetto del titolo, che finisce per simboleggiare la profonda malinconia che attraversa questo testo e che è solo in parte mitigata dall'intenzionalità con cui l'autore vi calca la mano - quasi come se, esagerandola, la esorcizzasse e se ne facesse beffe. Il romanzo, infatti, è costellato da frasi come: "Ma intanto ho avuto una giovinezza infelice. (...) La convinzione di essere un fallito mi ha perseguitato molto a lungo", "Il vero problema è l'abbandono. Essere soli, per lo più, è ancora sopportabile, ma il sapersi abbandonati, mai", "Per la maggior parte della mia vita mi sono sentito posseduto dalla colpa e dal senso di colpa. Ho sempre pensato che tutto fosse colpa mia. Il vantaggio del senso di colpa è che non si cerca mai di dimostrare la propria innocenza, il che può richiedere molto tempo", "Quello che scrivo non è una passeggiata, ma il racconto della vita di un pellegrino errante nel deserto di vetro e cemento che si chiama società", "Non che la vita sia diventata una festa perché prima o poi tutto diventa miseria: la miglior cosa sarebbe non vivere affatto" - ma anche "La solitudine fa vendere bene uno scrittore, quasi altrettanto bene come essere un travestito a Rio de Janeiro".

(* Le due cose non sono disgiunte, in realtà. Il culto "revista" del "mededogenloze jongen" - il bel ragazzo spietato - è una forma di adorazione del mistero dell'amore che si esprime in una sorta di ritualità fatta di punizione e consolazione, quasi come se si dovesse prima infliggere dolore per poterlo poi lenire e, quindi, dimostrare di amare chi soffre. Allo stesso modo, il culto religioso più tradizionale assume in Reve un aspetto squisitamente sensuale e sessuale: amare Dio o - meglio ancora - la Madonna viene inteso dall'autore in modo molto letterale. Naturalmente, un lettore smaliziato non è sempre in grado di capire fino a che punto Reve fa sul serio e la tentazione di sentirsi preso in giro è forte. Reve ne è consapevole, tanto che a un certo punto fa dire al suo immaginario "amico dottissimo": "Su, su, ma la smetta un po' (...) perché di queste Sue cazzate deliranti cominciamo ad averne abbastanza".
Per capire il carattere dell'universo erotico-religioso di Gerard Reve basti leggere questi due brani, tratti proprio da Het boek van violet en dood: "Perché, davanti all'immagine soffusamente illuminata della gloriosa e benedetta Vergine Maria, Madre di Dio, io volevo, con la foto [di Jean-Luc] in una mano e la mia arma d'amore nell'altra, toccarmi a lungo con amore, pregando Lei e guardando la fotografia, a casa, però, e non sulla pubblica via, perché era un atto intimo, o detto altrimenti: un mistero" e "Sì, un ragazzo che non faceva nulla di male ed era molto diligente: picchiare un ragazzo così era la cosa più sublime che ci fosse. Come minimo bisognava punirlo nella zona in cui la schiena cambiava di nome. Dio santo, come si alzava la mia virile verga mentre pensavo alla verga che il suo fratellino o il suo amichetto sarebbe stato costretto a calare sibilante su di lui. Avevo paura che qualcuno la vedesse, sotto i miei vestiti, tale era la potenza del mio sentimento di compassione e tale la ferocia con cui la sua voce innocente trafiggeva il mio giovane cuore mentre urlava pietà. In che mondo vivevamo! Tutta quella guerra: aveva una qualche consistenza? Io ero solo e nessuno mi picchiava, mai: che senso aveva ancora la vita?")

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Il partito (forse) light e le sue donne.

alla costituenteIl “malessere” napoletano, si legge, è arrivato anche a Milano (Rho-Pero), alla costituente del Pd. E così della questione donne (non solo locale, a quanto pare) si è occupato un documento firmato anche da uomini e persino da qualche non-napoletano. Si vedrà, però, perchè la questione mette in contraddizione due regole del gioco — le liste bloccate (che comportano il subentro automatico) e la parità di genere — e dunque la palla torna ai garanti.

Intanto, come un vero signore, almeno per il Cormez, il subentrato -a-una-signora Gambale avverte che lui non si muove: «Non si cambiano le carte in tavola. Se mi spetta il posto io entro». Il posto — si sa — a Napoli è sacro. Per Repubblica, invece, lo stesso sarebbe disponibile a muoversi, se la cosa diventasse un affare di stato. Boh! Vedremo, anche in questo caso.
Per il resto, il malessere si traduce in qualche fischio quando Anna Finocchiaro fa il nome di De Mita, assente ma inserito nella commissione Statuto.
Nelle tre commissioni, del resto, tutti i campani (diciassette in tutto) sembrano un chiaro segno del nuovo che avanza, con buona pace di Veltroni, che teme di mettere vino vecchio nell’otre nuovo.
A scrivere lo statuto, si trovano infatti, oltre al già citato De Mita, i consiglieri regionali Bossa e Russo, la presidente della Provincia di Avellino De Simone, l’assessora provinciale di Napoli Martano e le due elette Pezzullo e Tartaglione. A produrre il manifesto dei valori, vanno invece — udite udite! — Bassolino, Polito e la segretaria regionale Uil Anna Rea. Sul codice etico, infine, si ingegneranno Rosa Russo Iervolino, Teresa Armato, i parlamentari Mosella e Suppa, e ancora l’ex senatrice Graziella Pagano, Angelica Saggese e Vincenzo Bennet.
Nel Pd non ci saranno correnti — ha detto il segretario — ma per ora il Cormez ci informa che, di questi 17, 7 sono pro Iannuzzi, 4 dell’area Piccolo-Russo, e gli altri (2 per uno) riferibili a rutelliani (de Franciscis), lettiani (Mazzerella) e bindiani.

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L'ammucchiata: PD, oggi le commissioni alla ri-costituente.

(Napoligaypress) Sono previsti oggi gli interventi degli eletti lgbt alla Costituente del Partito Democratico in corso a Rho. Nella giornata di ieri sono state formate le commissioni. Andrea Benedino (GayLeft) è nella commissione “Manifesto dei Valori” in cui sono presenti la psichiatra antigay Paola Binetti ed Antonio Bassolino, governatore della Campania.

Ivan Scalfarotto è nella Commissione Statuto, in cui sono anche Ciriaco De Mita, Luisa Bossa e la ricercatrice Irene Tinagli (L’Ascesa della Classe Creativa).

Il regista turco de Le Fate Ignoranti Ferzan Ozpetek è nella commissione Codice Etico, in cui sono anche Rosa Jervolino, Teresa Armato, Mercedes Bresso, Furio Colombo e Moni Ovadia. Altri esponenti della comunità lgbt presenti sono Matteo Cavalieri, uno degli eletti più giovani all’assemblea, e Sergio Lo Giudice, presidente onorario (ndr. ma quanti ne sono sti "Presidenti Onorari") di Arcigay.

Dal Sud presenti solo Maurizio Caserta, docente universitario e presidente del Comitato Arcigay di Catania (eletto come capolista ad Acireale nella lista Moderati per Veltroni), e Carmela Antonino, unica donna dichiaratamente lesbica (eletta come capolista a Molfetta nella lista Riformisti per Veltroni).

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Argentina: Un gay hotel ma eterofriendly.

Li vedete questi due giovinotti dal sorriso a dir poco inquietante? Bene, i due hanno offerto lo splendido lavoro dei loro dentisti ad una pubblicità che reclamizza l'apertura, a Buenos Aires, del primo Hotel per gay.
Proprio così: un lussuoso albergo, della catena Axel, aperto solo ed esclusivamente a coppie gay e che si proclama "heterofriendly".
C'è proprio tutto, persino i maxi schermi nella hall con video in loop di palestratissimi "manzi" californiani. Una idea, si legge nel comunicato stampa, nata per promuovere il gayo turismo in Argentina.
Forse le associazioni omosex più integraliste applaudiranno per l'iniziativa: io non capisco come persone senzienti possano accettar di divenir puro "Stereotipo".
E non nego di sentir puzza ghettizzazione. Il sito

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Halloween 2007 a Milano: gli appuntamenti.

Il 31 ottobre si avvicina e in giro cominciano a vedersi zucche in preparazione di Halloween. Come passare al meglio la notte più paurosa dell’anno?
Sul sito halloweenamilano trovate tutti gli appuntamenti in grado di soddisfare anche le voglie più strane e terrificanti.

Ormai questa tradizione anglosassone ha messo radici anche da noi e tutti i vari locali si attrezzano per venire incontro a qualsiasi esigenza: discoteche, ristoranti, birrerie, musica dal vivo e chi più ne più ne metta.

Che fare, dunque? Armatevi di un vestito adatto e partite, per trascorrere nel migliore dei modi la notte del 31 ottobre in città. Le possibilità non mancano e avete solo l’imbarazzo della scelta, a meno che non preferiate rompere le scatole alla gente che dorme per ottenere dolcetti d’ogni sorta. In questo caso difficilmente troverete qualcuno pronto a darveli, visto che in Italia questa parte di tradizione non ha attecchito. Per la gioia dei dentisti.

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Sinistra italiana: Non gli resta che Harry Potter.

(Giovani e politica blog) Harry Potter è di sinistra. L'assemblea costituente del Partito Democratico, riunita in pompa magna a Milano, tira un sospiro di sollievo: adesso finalmente i 2853 delegati hanno un chiaro punto di riferimento. A indicare la strada è Libération, uno dei sacri pulpiti della sinistra europea, il quotidiano fondato da Jean-Paul Sartre, la bibbia tascabile di ogni progressista che si rispetti: in prima pagina ha pubblicato una gigantesca foto del maghetto. E ha indicato la strada: avanti babbani, alla riscossa. Bandiera rossa la trionferà.

A Hogwarts, naturalmente. Da Lenin a Lord Valdemort, dal manifesto di Marx a quello del Grifondoro: il nuovo sol dell'avvenire è il binario 9 e ¾ della stazione di King's Cross. Falce e martello? Addio, anche Rifondazione l'altro giorno ha detto che quegli attrezzi operai non sono più di moda. Vanno sostituiti. Al loro posto metteranno una bacchetta magica? Potteriani di tutto il mondo unitevi: una volta la sinistra guardava verso i soviet, adesso guarda verso il mondo misterioso del Platano Picchiatore e della Stamberga Strillante. Mao? Ho-chi-min? Macché: Albus Silente. Franco Grillini esulta: gli hanno appena detto che il maestro di magia è gay.

Ma c'è poco da scherzare: la crisi di identità della sinistra è una cosa seria. Sono mesi che discutono sulle icone da mettere nell’ipotetico pantheon del Pd: Gramsci? No, troppo comunista. Craxi? No, troppo socialista. Berlinguer? Ti voglio bene, ma non abbastanza. Che Guevara? Quello funziona solo per il marketing no global. Togliatti? Togliamolo. Breznev? Come la temperatura di Potenza al meteo delle 7: non pervenuto. Stalin? Dimentichiamolo. Con settant'anni di ritardo, mase ne sono accorti anche all'Unità che i gulag non erano villaggi vacanze Valtur. Alla fine erano rimaste poche possibilità: Topolino, Paperino, il Gatto con gli Stivali e Braccobaldo. Avrebbero anche preso in considerazione Tex Willer, ma poi sembrava di fare un favore a Cofferati e soprattutto a Bordon. Cip& Ciop? Non andava bene per l'ala cattolica: «Sembra che siamo favorevoli ai Pacs». Biancaneve e i sette nani? S'è subito opposto Prodi, che non accettava di far la parte di Gongolo.

E così arriva come una Libération questo suggerimento molto français: Harry Potter, allons enfants. Praticamente è una magia. Come quelle del maghetto, appunto. Avada Kedavra, Crociatus, Imperius e Sectumsempra: in effetti ci voleva un sortilegio per trovare qualcosa che tenesse insieme un partito che non ha più riferimenti nel suo passato e ne ha fin troppi nel futuro, con una tradizione bocciata dalla storia e un progetto viziato dalla tentazione di essere tutto e il contrario di tutto. Il Pd, come dice Crozza, è il partito del «ma anche»: per chi è con i militari in missione ma anche con i pacifisti che ne chiedono il ritiro, con chi vuole le centrali nucleari ma anche con chi non le vuole, con chi chiede di aumentare le tasse ma anche con chi le vuole ridurre.

Quale può essere il simbolo di un partito così? Un personaggio immaginario, una finzione letteraria. Harry Potter. È perfetto. I 2853 delegati si sono sciroppati ieri alla Fiera di Milano l'ennesima parata pubblicitaria del Pd. Alcuni non avevano nemmeno capito bene perché erano lì. Dal palco hanno parlato di tessere, non tessere, militanti, correnti. Qualcuno s'è rivolto alla platea usando il classico «compagni». Ma non era liquidato pure quel termine, insieme alla Quercia, all'Ulivo, alla Margherita e all'intero giardino botanico della sinistra in fiore? Ma sì, dai: il Pci è sparito, il Pds pure, Ds ormai sta solo per DomenicaSportiva. Poveretti: ovvio che ieri stavano tutti un po' spaesati. Nessuno aveva ancora letto Libération, nessuno aveva capito la nuova linea: avanti Potter.

Adesso lo sanno, possono tirare un sospiro di sollievo. Il Pantheon si ricomincia a popolare: il prossimo passo? Da decidere fra Giucas Casella, Silvan e il mago Otelma. Così faranno compagnia a Harry. Fra l'altro uno dei migliori incantesimi del maghetto si chiama Petrificus Totalus: immobilizza le persone nel posto in cui sono. Forse sperano di salvare così Prodi. In fondo è bello credere alle illusioni.

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Milano: Novecento gay, se ne discute al Cox 18.

ULTIM'ORA
(Agr) Pomeriggio dedicato al Novecento come "secolo gay" al centro sociale Cox 18 - Via Conchetta, 18;
Tel. 0289400302. A partire dalle 17, verranno presentati alcuni libri sul tema del movimento omosessuale per discuterne coi loro autori. Dalle 20 proiezione di corti a tema e un video su Mario Mieli. Info:

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Gay e sanità: Regolamenti nazisti per il welfare Milanese e Lombardo.

(La famiglia fantasma) Ho già messo in guardia varie volte sul pericoloso movimento proto-nazista presente al Comune di Milano. Ora, dagli insulti e dalle velate minacce sono passati ai fatti. La regione, però, ha anticipato Palazzo Marino, lasciandogli un grande distacco.

La Regione, infatti, ha approvato pochi gioni fa un articolo del piano del welfare lombardo, definito nel documento “Governo della rete dei servizi alla persona in ambito socio-sanitario”.
In questo documento si legge: «Le prestazioni sanitarie e sociali sono finalizzate a sostenere la persona e la famiglia, con particolare riferimento allo sviluppo di una sana e responsabile sessualità».
I promotori di questa legge si difendono affermando che questa stessa frase è presente nel codice civile già da molti anni e nessuno l’ha mai messa in discussione. Il punto, però, è che loro l’hanno rinvigorita invece di lasciarla morire.

E’ più che ovvio che questa legge non sia stata fatta esplicitamente contro i gay e le lesbiche, tantomeno contro quelli che vanno a puttane.
Tuttavia, considerato il clima ciecamente bigotto della nostra società, che non considerà famiglia le famiglie omosessuali, gay e lesbiche sono lasciate alla mercè e alla discrezione dei singoli operatori.
In Polonia gli omoseussuali, a volte, vengono invitati a curarsi dai veterinari.
In Italia per un omosessuale potrebbe essere necessario dover chiamare i Carabinieri. Dopo essere stati umiliati da persone impunite e anzi protette dalla legge.
Non esiste un vero pericolo, a mio avviso, che non si possa venire curati. Ma piuttosto, c’è il timore certo, e lo stress, di poter ricevere una pesante, immotivata umiliazione. Una legge proto-nazista. Altro che bigotta o oscurantista, come dicono i nostri timidi politici. Proto-Nazista.

Unica chance di serenità: riuscire a provare di aver una sana e responsabile sessualità.
E allora ecco la soluzione: andare dal medico di famiglia, farsi fare un certificato che attesti la propria sana sesusalità.

Il medico, probabilmente, di primo acchitto, si rifiuterà, dicendo che è assurdo. Ma allora voi gli tirate fuori questa notizia e gli spiegate che avete paura di andare a Milano, fosse anche solo per una gita, o per andare a ballare in discoteca.
Al prossimo convegno dei medici, state sicuri, ne parleranno, di questo articolo del welfare. E non certo in un bel modo.

Spiegate bene, al vostro medico, che, se vi presentate al pronto soccorso con il fidanzato e dall’altra parte c’è un medico fondamentalista - amico di Formigoni & C. - temete per la vostra salute! un medico creanzato vi fornirà certamente il certificato.

QUi di seguito le dichiarazioni - apparentemente concilianti e rassicuranti - dei politici di centrodestra che hanno promosso e votato questo articolo. Margherita Peroni di Fi, relatrice del progetto: «La frase tanto discussa è contenuta nella legge 44 del ‘76, quella che istituisce i consultori. È lì da più di 30 anni e nessuno l´ha mai contestata. E poi quando si parla di sana e responsabile sessualità, ci si riferisce non alla pura genitalità, ma a quella dimensione più ampia che comprende l´affettività e la capacità di relazione. Questo è il senso delle parole che abbiamo scelto».

Stefano Galli, il capogruppo della Lega: «Quella della sinistra è una polemica con autogol - replica Giancarlo Abelli, l´assessore all´Assistenza - da quando esiste la legge sui consultori non è mai stato discriminato nessuno. Tutti i nostri interventi sono a tutela della maternità, del concepimento, della famiglia e dell´umanità che c´è in ogni uomo, al di là di qualsiasi distinzione di sesso o altro».

Carlo Saffioti, consigliere di Fi bha detto «Quella frase sulla sana sessualità andava evitata perché si presta a equivoci. Io l´avrei tolta».

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Montezemolo e Visco: Bassolino go home!

Il viceministro: imposte alle stelle per sanare i conti della sanità.
Montezemolo e Visco attaccano la Regione

“Irap alta, colpa dei dirigenti locali”.

(Roberto Fuccillo - La Repubblica, edizione di Napoli) «Sono solidale con voi, è una cosa…». L´aggettivo resta sospeso, perso nell´etere del videocollegamento con il quale Vincenzo Visco sta rispondendo alle domande degli imprenditori riuniti nel convegno di Caserta della piccola industria. La cosa inqualificabile è quella benedetta Irap che in Campania va alle stelle per sanare i conti della Sanità. Un groppo che non scende. Il direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta, lo ripropone a Visco e la querelle riparte. Il viceministro sospira un attimo, sa che non ha la panacea per coloro che lo ascoltano: «Temo che la risposta sia riportare la spesa sanitaria sotto controllo, nel tempo più rapido possibile». Insomma un intervento fiscale non è possibile, ma agli imprenditori Visco concede il duro giudizio sulla politica locale: «È sgradevole, concordo con voi, ma la norma, che fu introdotta da Berlusconi, è corretta. Si agisce su Irap e Irpef perché quelle sono le imposte regionali. Mi pare che ci sia un problema di classe dirigente. Noi dobbiamo tenere i conti in ordine, altrimenti le tasse salgono per tutti».

Se Visco la pensa così, Luca Cordero di Montezemolo non può che raccogliere l´assist: «Se Campania e Lazio sono in questa situazione c´è una responsabilità della classe dirigente». In mezzo fra i due, ospite di uno dei dibattiti, tocca all´assessore alle Attività produttive Andrea Cozzolino replicare all´ormai scollegato Visco. Non senza difficoltà visto che il moderatore, Sebastiano Barisoni de “Il Sole 24 ore», lo provoca così: «Fossi in lei sarei incazzato con il responsabile della sanità che rende inutile tutto quello che lei fa». Cozzolino non cade nella provocazione e replica su un doppio piano. Primo: «Portiamo avanti politiche di buona amministrazione per far crescere gli investimenti. Riduciamo le forme di incentivi da 44 a 3 soltanto, mettiamo in campo una politica energetica che riduce del 25 per cento il nostro fabbisogno, offriamo un solo interlocutore istituzionale a chi vuole investire qui. Così da due anni le imprese sono in crescita e vanno alla conquista dei mercati, altrimenti oggi non sareste qui a Caserta». Secondo, sul tema specifico dell´Irap: «Non siano più a due anni fa. C´è un piano di risanamento della sanità approvato dal governo. Alla luce di questo siamo noi che chiediamo se non sia possibile passare ad altri strumenti per tener testa al debito, tipo una tassa di scopo».
Cozzolino sa, e ammette, che la cosa costituzionalmente ancora non è consentita, ma di fronte alla manovra avvolgente di Montezemolo e Visco, mette la palla lunga fuori area sperando che siano governo e parlamento a pedalare. Invece Antonio Valiante, assessore al Bilancio, raggiunto al telefono, subito si inalbera: «Montezemolo chiedesse al governo. Quella è una misura imposta, mica la stabiliamo noi». In ogni caso la recente approvazione dovrebbe sventare quella sorta di giorno del giudizio che è il paventato aumento dell´Irap al di là di qualsiasi tetto, fino a pareggio completo del debito sanitario. Nel frattempo «l´aliquota resterà quella dell´anno scorso», dice Valiante, ovvero il 5,25 per cento. Sempre che la riduzione alla base della imposta, prevista dalla finanziaria, da 4.25 a 3.9, non faccia maturare analoga riduzione anche sulla sovraimposizione dell´1 per cento per la Campania.

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