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domenica 29 giugno 2008

Il baule di zinco, romanzo d’esordio di un’energica signora di 85 anni.

Il baule di zinco
(Panorama) “‘Smetti di giocare a bridge, siediti a un tavolino e scrivi’: così mi ripeteva sempre una mia amica” racconta a Panorama.it Cesarina Minoli, che a 85 anni ha appena pubblicato il suo primo romanzo, Il baule di zinco, edito da Campanotto. “Io, in verità, non avevo mai pensato né di scrivere né di pubblicare un romanzo” spiega “Poi però accarezzai l’idea di comporre una storia di cui per tanto tempo avevo conservato i frammenti”.

Quella storia, Minoli l’aveva raccolta dopo la morte della madre, quando scoprì in un comò “quattro cassetti traboccanti di carte, atti notarili, documenti, bilanci, contabilità, di tre generazioni”. “Non sapremo mai” scrive Minoli all’inizio del suo romanzo “come riuscì a conservarle per tanti anni, né il motivo di quel silenzio”. Fatto sta che quel silenzio è ora rotto.
Dopo essere state chiuse da Minoli per altri vent’anni in un baule (di zinco, appunto), quelle carte e quelle storie sono ora state organizzate in un racconto che attraversa il tempo tra nonni, genitori e figli. In un albero genealogico che percorre un secolo di storia d’Italia, mentre le grandi vicende politiche si ripercuotono sulle vicende quotidiane dei protagonisti. Alle pagine scritte dall’autrice si aggiungono lettere, poesie e fotografie, in un continuo mutare di registo tra dolori, amori e passioni.
Quando ha deciso che quelle carte sarebbero diventate un romanzo?
Intanto, bisogna dire che forse non si tratta nemmeno di un romanzo. È senz’altro un percorso attraverso la memoria. Ma qualcuno mi ha accusata di non aver saputo fare la romanziera nel senso più stretto del termine. Qualcuno ritiene che nelle mie pagine manchi la giusta distanza emotiva tra le vicende che racconto e e quelle che ho vissuto. Ma d’altra parte, il coinvolgimento era inevitabile. Ho sentito la necessità di scrivere di quelle persone proprio perché le conoscevo bene. E perché, dopo aver letto tutte quelle carte, mi sono accorta di aver conosciuto ancora più in profondità i miei genitori, i miei nonni, i miei bisnonni. Quanto al momento preciso in cui ho deciso di scrivere il libro, non saprei definirlo. Forse mi è venuto naturale farlo nel momento in cui la mia vita è diventata un po’ meno turbolenta: dopo tre figlie da crescere, un divorzio e i vari cambi di casa tra Torino e New York, in tutta la mia esistenza non avevo mai avuto il tempo di concentrarmi su un lavoro come questo.
Cosa ha provato scrivendo il libro?
È stata un’esperienza completamente nuova. In precedenza avevo fatto delle traduzioni, avevo scritto qualche articolo, ma mi sono resa conto che la narrativa è tutt’altra cosa. Così è stato piacevole scoprire che c’erano tante cose che non sapevo, e che ho imparato scrivendo. Ho capito che la scrittura ha un importante riflesso su se stessi. E che il meccanismo dello scrivere incamera più che altro il nostro mondo irrazionale: è un processo che parte dall’intuizione, passa attraverso l’elaborazione e poi prende forma sulla pagina. Ho imparato anche quanto la scrittura possa essere un’attività gioiosa e al contempo carica di dubbi.
Un esordio letterario a 85 anni, e senza aver mai avuto il sogno nel cassetto di diventare scrittrice: un caso abbastanza anomalo…
James Hilman, ne La forza del carattere (edito da Adelphi, ndr), sostiene che quando si diventa vecchi si è più leggeri e meno responsabili perché si è consapevoli che qualsiasi cosa si stia facendo, finirà presto. Forse è per questo che mi è venuta fuori questa creatività che non pensavo di avere. Dopo aver concluso il romanzo mi sono sentita più che altro liberata: dalla fatica della scrittura e anche da questa storia che finalmente ha preso una forma organica. Poi però mi sono accorta che avevo ancora delle cose da dire. E non escludo che possa presto iniziare a scrivere un secondo romanzo.

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Il Gaypride in Messico.

(La7) Nella capitale Città del Messico sfilano in migliaia per la giornata dell'orgoglio lesbo e omosex.
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Ottimo il PD sul Gay Pride.

(Kalash) Finalmente, l'identità del PD comincia a vedersi, e questo va tutto a giovamento del dibattito politico.
Ancora una volta, il Gay Pride è stato preso dai suoi organizzatori non tanto come un evento volto a discutere di un problema effettivo, ma come un'occasione per sparare a zero sul PD e su chiunque non sposi la piattaforma politica dell'Arcigay e del Mario Mieli.

Se i partiti della sinistra extraparlamentare (quella che è rimasta fuori, punita severamente dagli elettori e ormai degna di percentuali minime nella loro considerazione) hanno tutti acriticamente aderito, compresa l'Italia dei Valori spinta dalla neocomponente girotondina, il PD ha mostrato un comportamento molto maturo.
Non si è piegato ai ricatti (neppure a quello, viscido, di Mancuso che ha invitato addirittura D'Alema e RED a partecipare, come a favorire ulteriormente una spaccatura al suo interno!!!), non ha fatto sproloqui, non ha fatto fuoriuscire i soliti battibecchi sul tema che contrapponessero l'anima DS a quella DL.
Non ha aderito alla piattaforma politica, nè ai comportamenti anticlericali ed estremisti che ormai da anni contraddistinguono quel tipo di manifestazioni.
Ha mandato il proprio Ministro ombra, per una partecipazione seria e composta;. Perchè questi non sono argomenti d atrattare col megafono. Caso mai, da stigmatizzare il comportamento del PD di Bologna che ha deciso di testa propria, e per valorizzare la componente diessina che è in esso maggioritaria, di dare il proprio endorsement ufficiale; laddove è in esso compresa anche la componente giovanile, che è della stessa pasta. Ma, anche in questo caso, grazie a qualche tirata d'orecchie da parte della componente cattolica, sia in provincia che in regione si è arrivati a ODG più che moderati (e perciò più corretti) che aderissero al principio della non discriminazione, ma non alle rivendicazioni politiche del Pride (o all'invio tutto d'immagine dei gonfaloni, come predicato in tempi non sospetti dalla anti-piddina, ora neoconvertita al PD, Mercedes Bresso).

E' chiaro che questo non va a genio agli estremisti. Nè al movimento politico LGBT. Ed è chiaro che i capipopolo di quella piazza (primo fra tutti Vendola, che deve conquistarsi adesioni per la sua candidatura a segretario di RC) hanno tentato di ricamare su questo comportamento maturo.
Grande solidarietà va a Paola Concia e a Vittoria Franco.

Ma io guardo ai fatti, e vedo un Partito che piano piano sta diventando più sicuro di sè, riesce a far politica in modo più serio, e riesce (magari) a proporsi come interlocutore serio della parte largamente maggioritaria del Paese, che è quella che non si preoccupa di cosa ha dichiarato Grillini a bologna, perché manco sa chi è Grillini.

Bene così, continuiamo su questa strada.

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"Queer as Folk" torna nella tv italiana ma lo sanno in pochi.

Queer as Folk è una serie televisiva prodotta nel 2000 da Showtime e Temple Street Productions per gli USA ed il Canada; e si basa sulla serie inglese Queer As Folk creata da Russell T. Davies.

Il titolo della serie nasce da un'espressione dialettale di alcune zone del nord dell'Inghilterra: «there's nought so queer as folk», che significa "non c'è nulla di così strano come la gente"; dove la parola "queer" in Inglese significa, oltre che "strano", anche "omosessuale".

Queer As Folk (USA) è la storia di cinque uomini gay che vivono a Pittsburgh in Pennsylvania (Brian, Justin, Michael, Emmett e Ted), ed una coppia lesbica (Lindsay e Melanie). È stato aggiunto nella seconda stagione anche un altro personaggio maschile, Ben. La versione USA è stata girata in Canada: molte scene esterne nella chiesa di Toronto e nel Wellesley gay village. La serie Usa-Canada include per motivi d'ascolto numerose scene di sesso ed enfatizza di più l'aspetto sessuale rispetto alla serie originale. La serie Queer As Folk (USA) è stata girata nella città di Pittsburgh (Pennsylvania) che è scelta per essere la più simile a Manchester e rappresentata anche in modo molto creativo: dal momento che Pittsburgh non ha una comunità gay così grande come San Francisco o New York, la maggior parte di tutte le scene sulla Liberty Avenue sono state filmate a Toronto. Infatti nessuna scena della vera Liberty Avenue è stata usata nella serie. Toronto è stata scelta come centro direttivo della serie per i suoi bassi costi di produzione e per l'affidabilità della sua industria televisiva e cinematografica. E come capita, il gay village di Toronto aveva l'aspetto che serviva ai produttori per rendere viva Liberty Avenue.

Inizialmente la maggior parte degli attori mantenne ambiguo il suo orientamento sessuale alla stampa in modo tale da non sminuire il proprio personaggio, provocando molte congetture tra i telespettatori. In seguito, Randy Harrison (Justin) , Peter Paige (Emmett), Robert Gant (Ben) e Jack Weatherall (Vic) hanno affermato di essere gay, mentre il resto del cast ha dichiarato di essere eterosessuale o ha evitato il pubblico dibattito sul proprio orientamento sessuale. Dopo ogni episodio negli USA appare su Showtime l'avviso: "Queer as Folk è una rappresentazione delle vite e degli amori di un gruppo di amici gay. Ciò non significa che rifletta tutti gli aspetti della società omosessuale". In Canada viene trasmesso prima di ogni messa in onda e dopo gli spot pubblicitari il seguente messaggio: "Questo spettacolo contiene scene di nudo, linguaggio esplicito e riferimenti sessuali: la visione è consigliata ad un pubblico adulto".

La serie si è fatta notare per la descrizione, in qualche modo franca, del modo di vivere e del sesso gay: le scene provocatorie abbondano a partire dal primo episodio che contiene la prima scena di sesso (che include masturbazione reciproca, sesso anale, e rimming) tra due uomini.

La versione americana di Queer as Folk divenne velocemente lo spettacolo numero uno di Showtime negli USA: inizialmente rivolto ad un pubblico gay maschile, in seguito una considerevole fetta di spettatori si è rivelata essere costituita da donne eterosessuali.

Malgrado la franca descrizione dell'uso di droga e del sesso promiscuo nel gay club, non si è mai manifestata l'attesa reazione dei conservatori.
La trasmissione ha avuto grande successo d'ascolto sia per l'americana Showtime che per la canadese Showcase. Infatti, in Canada, la serie ha avuto un'audience così alta che alla fine della quinta stagione tanti sponsor avevano comprato spazi pubblicitari che Showcase ha dovuto aumentare la durata del telefilm fino a raggiungere un'ora e dieci per far stare tutti gli spot e non tagliare nessuna scena. Questo non è stato un problema per la Showtime, naturalmente, dal momento che è una televisione a pagamento e non ha dovuto trasmettere nessun messaggio pubblicitario durante la trasmissione di QAF.

Comunque, la Showtime era preoccupata per la crescita dei costi di produzione dovuti all'aumento del dollaro canadese. Alcuni del cast capirono che la Showtime non voleva essere conosciuta come una rete televisiva "solo gay" e così cancellò lo show. Pubblicamente però Ron Cowen e Daniel Lipman affermarono entrambi che non sentivano che ci potessero essere davvero storie successive da raccontare e si seppe anche che Randy Harrison (Justin) non avrebbe preso parte alla sesta stagione. La canadese Showcase, che stava facendo molto denaro dalla vendita di spazi pubblicitari, aveva brevemente preso in considerazione la produzione di una sesta stagione ma poiché la Showtime possedeva la maggior parte dei diritti della serie e pretendeva molto, la Showcase decise di abbandonare il progetto.

È opinione diffusa tra i fan che la serie potrebbe continuare per un altro anno (la maggior parte degli attori ha un contratto di sei anni ma sembra che sia stato rinegoziato a cinque anni dopo la prima stagione). In ItaliaLa messa in onda della serie Tv Queer As Folk (USA) è stata più volte sabotata: è stato possibile vedere le prime 3 stagioni con alcuni episodi della 4° su Gay.tv (canale satellitare) in lingua originale con sottotitoli in italiano. La serie è cominciata ad andare in onda dal 2002, dopo la serie originale Queer As Folk. La serie americana ha subito vari cambiameti nella programmazione serale e notturna su questa emittente: ci sono state delle repliche di molti episodi e l'interruzione verso la fine della quarta serie per cause di forza maggiore. In un secondo momento la programmazione di Queer As Folk (USA) è stata spostata su Sky ed il canale Jimmy: la serie questa volta è stata presentata con un doppiaggio in italiano e riproposta per intero dalla prima serie. Queer As Folk USA è stata poi trasmessa sul canale digitale terrestre Iris, in terza serata, dal lunedì al venerdì,e attualmente la quinta e ultima stagione va in onda il venerdì notte dalle 00.50 sempre su Iris, canale gratuito sul digitale terreste.
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A Milano scatta il coprifuoco anti-droga in una degradata Gay Street.

L'ha stabilito il Consiglio di Stato e il Comune ha tutta l'intenzione di far rispettare l'ordinanza.
(Il Corriere della Sera) Scatta il coprifuoco nella gay street milanese. Via Sammartini deve spegnere le insegne alle 10 di sera invece che alle 2 di notte. Giù le serrande di After Line e Next Groove, locali di ritrovo storici della comunità omo. L'ha stabilito il Consiglio di Stato e il Comune ha tutta l'intenzione di far rispettare l'ordinanza. Nei «gravi motivi di ordine pubblico» sono elencati schiamazzi, risse, oscenità, uso e spaccio di droga. Le segnalazioni erano partite dal comitato di quartiere, la polizia ha fatto sopralluoghi, denunce e arresti. Ora, la stretta: «La linea non cambia — dice il vicesindaco Riccardo De Corato —. Nessun accanimento o volontà di spegnimento della Milano by night, ma tutela dei residenti da situazioni che minacciano la sicurezza e non rispettano le regole della buona convivenza».

Sei mesi fa, fine dicembre. Palazzo Marino decide il repulisti di via Sammartini, zona grigia alle spalle della Stazione centrale, arteria sporca, popolata da prostitute, balordi e senzatetto. L'ordinanza: chiusura anticipata. L'obiettivo: «Contrastare la criminalità» all'esterno dei bar e «l'abuso di alcol» dentro. L'Arcigay insorge («Questa si chiama discriminazione»), i titolari dei locali raccolgono migliaia di firme, ricorrono al Tar e ottengono la sospensiva: «La gay street non si tocca».

Di lì, è scontro aperto. Sulle carte bollate e le voci dal dizionario. Il report della polizia segnala «luoghi di ritrovo di soggetti dalla chiara tendenza omosessuale», in via Sammartini, posti «dediti al consumo di stupefacenti». Aurelio Mancuso, presidente nazionale dell'Arcigay, ritiene «politicamente inaccettabile la linea della questura» che accosta «l'omosessualità al consumo di droga». Felix Cossolo, fondatore della gay street, ammette «la mancanza di coordinamento tra i gestori» ma non fa sconti al sindaco Letizia Moratti, «indifferente al nostro grido di allarme per il degrado».

La gay street milanese nasce nel 1993. Franco Grillini mette la targa su via Sammartini mentre i neofascisti coprono i muri di scritte omofobe qualche metro più in là. E comunque: aprono negozi, l'Oasi Rosa e l'After Line, si organizzano mostre e feste, passano artisti e filosofi, da Platinette a Gianni Vattimo. Negli anni, però, via Sammartini perde il glamour e diventa la discarica della Stazione, dormitorio per i clandestini, ufficio per i pusher, ricovero per trans e prostitute. Il comitato di quartiere si ribella: «Una situazione inaccettabile. Basta degrado e illegalità».

Ora: il Consiglio di Stato ha accolto l'istanza d'appello di Palazzo Marino e legittimato l'ordinanza, sì al coprifuoco per motivi di ordine pubblico. «Sono due sentenze che fanno giurisprudenza e che il Comune potrà richiamare contro quei locali che non osservano il rispetto della quiete pubblica e a notte fonda producono rumore e schiamazzi in eccesso», osserva De Corato. Tolleranza zero, dunque. «Schiamazzi, liti, risse e uso di sostanze stupefacenti sono stati alla base del provvedimento — conclude il vicesindaco — I suoi benefici sono subito stati apprezzati dalla Questura».

L'altra sera, ancora in via Sammartini. Gli agenti in borghese del servizio radiomobile dei vigili urbani arrestano un marocchino di 22 anni che spaccia cocaina e lo portano in commissariato. Nel suo fascicolo risultano precedenti penali per reati contro il patrimonio, furti e rapine. E lo status: clandestino

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Bolognapride. “Tu non parli”, e scoppia la lite dietro al palco.

(River-blog) Non essendo stato presente al Pride bolognese, mi affido alla testimonianza di chi ieri ha sfilato per raccontare dell’incidente occorso a Graziella Bertozzo, militante omosessuale di “No Vat”, movimento laico anti-clericale. Testimonianza che viene confermata da Rai News24, nella cronaca dell’evento. Sembra, infatti, che di fronte al succedersi, sul palco, degli interventi di esponenti di ArciGay, la militante No Vat abbia cercato di parlare con gli organizzatori, per reclamare un suo spazio. Insisti e insisti, non c’è stato neanche modo di farle raggiungere l’area del “backstage”, chiamiamolo così. Non solo: di fronte alle sue insistenze, una volontaria dell’organizzazione ha chiamato la polizia. Gli agenti, visto che la donna continuava a protestare, l’hanno arrestata. Perché? Lo spiega Rai News: “A seguito di una lieve colluttazione con gli agenti nata dopo le insistenze della donna per entrare nella zona dietro il palco, delimitata dalle transenne”. Graziella Bertozzo è stata trattenuta negli uffici della questura insieme a due avvocati e al portavoce del comitato organizzatore del gay pride.

Non c’è niente di più “rognoso” della scaletta degli interventi ad una manifestazione. “Parlo prima io”, “no prima io”: questo il tenore delle discussioni, che avvengono sempre giorni prima dell’evento. Forse stavolta c’è stato un difetto di comunicazione ai No Vat - che, lo ricordo, al Gay Pride di Roma “occuparono” simbolicamente piazza San Pietro.

Comunque, un incidente che poteva essere evitato.

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Bossi e il ritorno del "celodurismo" in funzione "anticulattoni".

La dichiarazione rilasciata ieri, a commento della vicenda delle intercettazioni.
"Noi con le donne, la sinistra con i gay".
Commentando la vicenda delle intercettazioni, ieri sera Umberto Bossi, alla festa della Lega a Trecate (Novara) non ha rinunciato a lanciare benzina sul fuoco dicendo: «Meglio noi del centrodestra che andiamo con le donne, che quelli del centrosinistra che vanno con i culattoni».

(La Repubblica) La battuta la spara appena sceso dalla macchina, in mezzo alle zanzare e al ritmo del "cha-cha-cha" che si smorza al suo arrivo: «Meglio uno di destra che va con le donne, di quelli di sinistra che vanno coi culattoni». Risponde così, Umberto Bossi, a chi gli chiede del caso intercettazioni che ha coinvolto Berlusconi e altri politici. «Sono cose private», aveva già commentato, tagliando corto, in giornata. Alla festa della Lega di Trecate i cronisti hanno incalzato il ministro per le riforme riportando l´attacco di Antonio Di Pietro sui «magnacci al governo». La replica è tranciante: «Vada a quel paese». Si capisce che l´argomento politici-raccomandazioni-attrici-aspiranti attrici non lo appassiona più di tanto. Il senatur ne esce alla sua maniera, e cioè con la goliardia alla quale ricorre in questi casi: a noi (inteso noi politici del centro-destra, ndr) piacciono le donne, «a quelli di sinistra gli uomini».

Più delle richieste e delle segnalazioni corse sul filo del telefono nelle conversazioni tra il presidente del consiglio e altri politici e il dirigente Rai Agostino Saccà, al leader del Carroccio sta a cuore il tema rifiuti. L´altro argomento che riempie in queste ore l´agenda politica italiana. «Abbiamo mandato giù il boccone amaro - lo anticipa dal palco Roberto Cota, capogruppo leghista alla Camera, riferendosi al si dato da Bossi al premier e al ministro per le Regioni Fitto sulla destinazione dei rifiuti campani alle regioni del Nord - Una scelta dettata dal fatto che vogliamo il federalismo, il nostro obiettivo primario».

Bossi ha confermato spiegando come Berlusconi lo ha convinto: «Mi ha chiesto di mettermi la mano sulla coscienza - dice - perché a Napoli ci sono bambini che vivono in mezzo ai topi». Poi, però, passa la palla alle Regioni: «La scelta adesso spetta a loro, e non credo che siano disposte a accettare i rifiuti del Sud». Marcia indietro? No, tuttavia il ministro per le riforme sembra scettico: «Mi sembra improbabile che alla fine i rifiuti arrivino al Nord. Oltretutto - aggiunge - la situazione in Campania si sta avviando alla soluzione, di spazzatura in giro per le strade ce n´è sempre meno». Forse i malumori che si sono creati nella base leghista dopo quella che molti militanti hanno definito una "giravolta" hanno consigliato a Bossi di sfumare un poco. Quel che è certo è che la posizione della Lega in consiglio dei ministri sul tema dello smaltimento rifiuti non cambia. Nonostante la risposta che Bossi destina a Veltroni: «Pensi alle sue Regioni, quelle in mano alla sinistra. Che cosa hanno fatto loro per questa emergenza?».
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CONCIA. BOSSI ABBIA IL CORAGGIO DI DARMI DEL CULATTONE IN PARLAMENTO
Alto tasso di omofobia nelle lega.
"Bossi - dice Anna Paola Concia, deputata PD - non si deve permettere di dire parole così offensive delle donne e degli omosessuali!". "Se il valore educativo della politica per Bossi è dare del culattone all'avversario, non mi stupisce l'alto tasso di omofobia dei suoi amici leghisti. La prossima volta che lo incontro in Parlamento, conclude la Concia - gli chiederò di ripetermi in faccia le parola che ha detto. Voglio vedere se ha il coraggio di farlo.

On. Anna Paola Concia
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PDL. LBERTA' VO' CERCANDO.
FRANCESCO CASELLA, MGL: "INQUALIFICABILI LE PAROLE DI BOSSI
".
(Agr) "Quelle di Bossi sono le solite parole rozze, grette e grasse utilizzate per accattivarsi ulteriormente quell'elettorato della lega che si riconosce in un volgare celodurismo e che rappresenta lo zoccolo più inscalfibile del voto leghista" - dichiara da Dresda Francesco Casella del Mgl a margine di un convegno sull'omosessualità in Germania nella Repubblica di Weimar.
"Come sia possibile per il centrodestra più moderato sopportare tutto ciò resta un mistero. Le inqualificabili parole pronunciate da Bossi sono nella sostanza un insulto non solo agli omosessuali ma anche alla libertà, valore quanto mai bistrattato e fuori nel Partito della Libertà". Ed ancora "Come possono coesistere persone quali Sandro Bondi, Benedetto Della Vedova o Luca Barbareschi con Bossi ed altri leghisti della stessa pasta? Riusciremo mai a capirlo?".

Francesco Casella, Movimento gay liberali di Milano.
info@gayliberali.com

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Bolognapride. Alle ali del corteo gente stupita, disgustata, dubbiosa e divertita.

Stupite, disgustate, dubbiose, divertite... Sono così le facce degli spettatori del Bologna Gay Pride di ieri.
(Carlotta Fabbri - Il Resto del Carlino) Incuriosite, stupite, disgustate, dubbiose, divertite... Sono così le facce degli spettatori del Bologna Gay Pride di ieri. I bambini attratti dal luccichio delle paillettes, dallo svolazzare delle piume di struzzo, dai palloncini, dalle risate e dalle bandiere che svettano sul corteo. E i genitori un po’ indignati, dopo aver visto quei ragazzi mezzi nudi far festa ostentando un amore ‘diverso’ , che li prendono per mano e girano nella stradina adiacente. Ai Giardini Margherita i manifestanti aumentano: c’è la musica a tutto volume, ci sono i carri e i gadgets. Le ‘drag queens’ si esibiscono con i loro ballerini, mandano i baci al pubblico e si mettono in posa per qualche curioso che immortala «quelle persone così strane». Un anziano sorride e replica: «sono simpatici e non danno fastidio, ma io non li capisco. Le donne sono così belle...». Commento sostenuto anche dal gruppetto sulla settantina a Porta Castiglione. Emerge così, davanti a tanti omosessuali, che Bologna è una città apparentemente tollerante. Ma ci sono tanti che la pensano come Pietro Buscaroli, sostenitore ‘eterosolidale’ del corteo che dice: «Sostengo l’amore in ogni sua forma, ma sinceramente non sono a favore dei genitori omosessuali. Credo che tolgano la libertà al bambino di scegliere. L’uomo per natura nasce dall’unione tra i due sessi opposti e ha il diritto di crescere in un ambiente biologicamente corretto». Parla mentre accanto a lui sfila una famiglia moderna: composta da due mamme e una bimba. E I COMMERCIANTI? Alcuni come Fabio Marcello Piras del ‘Caffé Masini 1952’ di via Caprarie sostiene che «le manifestazioni portano sempre tanta gente e vanno sostenute se sono fatte nel rispetto della città». Altri, come il pakistano di via Castiglione, si barricano all’interno del proprio negozio, forse per paura, lasciando fatturare all’esercizio dei connazionali, 200 metri più avanti. Ed è proprio al guadagno che pensa Beppe Lauri del Bar Silvani sull’omonimo viale: «Bisognerebbe che ce ne fosse una alla settimana. Se c’è qualcosa che fa indignare sono le parole del cardinale Caffarra». Appare quindi aperta e favorevole la città al movimento gay, ma in via dei Mille, i negozi e molti bar hanno comunque deciso di abbassare le saracinesche.

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Polemico un lettore del Resto del Carlino: "Sequestrato in casa da una costosa kermesse".

«Alla fine la sfilata del Gay Pride la si è fatta e, come era ampiamente prevedibile, ha paralizzato la città. Ma perché, vorrei chiedere al sindaco Cofferati, per accontentare una minoranza chiassosa, si devono imporre pesanti disagi a tutti i bolognesi?» A porre questi e altri quesiti è Pietro Ballerini Puviani, un lettore che si è rivolto al Carlino attraverso una e-mail. «Perché — continua Puviani — gay, lesbiche e simpatizzanti devono necessariamente sfilare lungo le vie cittadine? Solo perché se non li autorizza a farlo, alzano la voce dichiarandosi discriminati ed il popolo della sinistra si sente tenuto a ‘calare le braghe’?» «L’ultimo quesito che vorrei porre al sindaco — scrive Puviani — è: chi paga i costi di questa kermesse (pulizia dei Giardini Margherita e delle strade ridotte a un letamaio, straordinari dei vigili urbani e del personale che ha dovuto seguire l’evento?» «IO — conclude Pietro Ballerini Puviani — sono stato sequestrato in casa mia per un intero pomeriggio e per andare da via Castiglione a via Andrea Costa, ho dovuto attraversare i colli. Non mi sarà, per caso, addebitata, sotto forma di tasse, una quota del costo di questa gaia manifestazione che non ho voluto e che, per come si è svolta, mi ha fatto imbestialire?»

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Verona. Aggredito per rapina un marchettaro.

Controlli antiprostituzione l’altra sera in città e oltre a quella femminile si è controllato anche quella maschile.
(L'Arena di Verona) In città e nella cintura urbana sono state fermate 25 lucciole, cinque di loro erano già state denunciate perchè avevano fornito false identità. Si tratta di ragazze ucraine, cinesi, brasiliane e romene che si prostuiscono anche in Zai e a Borgo Roma. I controlli dei carabinieri si sono spostati poi in via Avesani dove notoriamente si ritrovano i maschi in cerca di piacere con persone dello stesso stesso. Come ha sottolineato il capitano Francesco Milardi, alla vista delle pattuglie i ragazzi che si prostituiscono sono letteralmente saltati in mezzo alla sterpaglia disperdendosi nella notte.

È stato trovato un cliente gonfio di botte e rapinato del portafogli. Come spesso accade, questi ragazzi che si vendono non sono omossessuali e quindi approfittano del fatto di appartarsi al buio con i clienti per rapinarli. E non di rado la vicenda finisce a botte. Nonostante la persona aggredita fosse tumefatta in volto non ha voluto nè sporgere denuncia contro ignoti nè tanto meno recarsi in pronto soccorso per farsi medicare. In questi casi i rapinatori contano molto sul fatto che difficilmente qualcuno sporgerà denuncia contro di loro proprio perchè consapevoli che prevale il senso di vergogna nel dover giustificare la loro presenza in luoghi frequentati da persone gay. Non è raro infatti che i clienti dei ragazzi siano persone che hanno un’apparente vita sessuale del tutto normale, con tanto di moglie e figli a casa. E quindi se la faccenda diventa pubblica è ingestibile. Il sindaco aveva emesso un’ordinanza di divieto di transito nella via di notte per prevenire incidenti.

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The Tudors, il dramma storico va in tv.

The Tudors

(Panorama) Dal 3 luglio, ogni giovedì in prima serata su Canale 5 arriva il dramma storico in 10 puntate The Tudors che negli USA ha battuto ogni record di ascolti ed ha ottenuto, lo scorso marzo, uno straordinario successo sul canale del digitale terrestre Mya/ Premium Gallery. Prodotto da Showtime, la serie tv ha come protagonista Enrico VIII re d’Inghilterra e d’Irlanda, interpretato da Jonathan Rys Meyers (visto nel film Match Point). Secondo della dinastia dei Tudors, dopo la morte del padre, Enrico VIII è stato monarca assoluto dal 1509 fino alla morte Amava incarnare l’ideale del principe rinascimentale: scrittore, poeta, musicista e teologo, era anche grande sportivo, amante del “tennis reale”. Ma dopo i vani tentativi della prima moglie Caterina D’Aragona (Maria Doyle Kennedy) di dargli un figlio maschio erede al trono, il re ha messo in luce i lati più nascosti della sua personalità.

In Italia The Tudors farà sicuramente discutere per le scene di sesso esplicito sia etero sia gay. Il fine, hanno detto i produttori, è di analizzare quel che si nasconde dietro il temperamento immorale e la testardaggine di mettere necessariamente al mondo un figlio maschio che indussero il sovrano a sposarsi sei volte ed a far decapitare o ripudiare le sue mogli. La vicenda inizia quando Enrico VIII ha circa 30 anni e sta preparando la guerra alla Francia. La rivista Variety ha definito la serie “grande, audace, sfarzosa, con giochi politici intriganti, scenografie regali e costumi assolutamente incantevoli”. Il prodotto è il più costoso in assoluto della storia di Showtime, canale a pagamento USA: è costato 38 milioni di dollari. A seguirlo, sia oltre oceano sia su Mya /Premium Gallery, un pubblico giovane dai 18 ai 24 anni. Anna Bolena è interpretata da Natalie Dormer, Tommaso Moro da Jeremy Northam. Nel ruolo del duca di Buckingham c’è invece Steven Waddington.

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Nuove forme di pornografia Africana.

(Crimeblog) L’Europa, Francia e Inghilterra in primis, è tra i principali responsabili della sempre più fiorente industria pornografica africana, che si sta specializzando in forme estreme di pratiche sessuali come zoofilia, scatologia e chi più ne ha più ne metta.
Allettanti ma ingannevoli annunci di matrimonio su siti internet, chat e addirittura in alcune riviste attirano sempre più giovani ragazze africane si ritrovano intrappolate nell’industria pornografica occidentale.
Troppo spesso, però, non si tratta di semplici atti sessuali, ma di vero e proprio orrore per soddisfare i capricci di una sessualità perversa di alcuni uomini: scene di sesso con animali, escrementi, oggetti affilati e cera bollente possono far guadagnare fino a 4.500 euro all’ora ed è proprio di fronte a cifre come queste che ragazzine innocenti decidono di non tirarsi indietro pur di mantenere le loro famiglie.

Nei video, che hanno una specifica clientela ed un fervente mercato nero, queste ragazze hanno rapporto sessuali di ogni genere con cani e animali di simil stazza, mentre vengono incitate con oscenità dalle persone presenti sulla scena.
Un’altra pratica consiste nel cospargersi di escrementi e mangiare vere e proprie pietanze a base di feci, umane ma anche animali, mentre è sempre più crescente la domanda di filmati in cui durante l’atto sessuale viene inflitto dolore fisico alle ragazze, tramite l’uso di coltelli e lame affilate, in veri e propri atti da kamikaze.
Perversioni e mostruosità fuori controllo che purtroppo trovano un mercato in netta crescita da un parte e povertà e disperazione dell’altra.

Per un ulteriore approfondimento sull’argomento, ecco il link del reportage firmato da Arnold Sènou e Theophilus O’Donkor per il sito Afrik.com, che segue da vicino un gruppo di ragazze protagoniste di una di queste pellicole.

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Ronaldo, stoppato il film porno con sosia.

Brasile, tribunale ferma distribuzione.
(TGCom) Un tribunale di San Paolo ha proibito la distribuzione di un film porno con la ex fidanzata di Ronaldo, Viviana Bruneri, e un sosia del centravanti brasiliano. Il film a luci rosse s'intitola "Viva Ronaldinha, la mia prima volta" ed è stato prodotto e lanciato dall'etichetta Sexy World. Ronaldo è in convalescenza dopo una lesione al ginocchio che lo terrà lontano dai campi di gioco per qualche mese.
Il quotidiano Folha de San Paulo, nella sua edizione on-line, cita l'ufficio stampa di Ronaldo, che si congratula per la decisione del Tribunale, richiesta dallo stesso calciatore.

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Bolognapride. Il meno affollato d'Europa e secondo dopo Roma. Un mezzo flop?

(Max Forte) E alla fine "Pride" fu. "Siamo oltre 200 mila". Questa la cifra fornita dall'ufficio stampa itinerante del Pride, quando il corteo ha appena superato il Cassero di Porta Saragozza. La Questura per il momento si limita a confermare i numeri previsti dagli organizzatori alla vigilia della manifestazione (30 mila, ndr).
Alla fine le cifre daranno un'altra versione sul numero dei partecipanti restando attorno ai 30/50 mila che sono poi le cifre previste dagli organizzatori stessi. Qualcosa in più dei numeri dati dall'Unità (20mila) ma meno, molti meno dei duecentomila dati dall'ufficio stampa del pride e "strillati" da un titolo di Repubblica.

Un bilancio? Un pride polemico sulla partecipazione o meno del Pd (presentissimo comunque con molto del suo popolo bolognese ed in modo autorevole con un ministro ombra, Vittoria Franco e con l'on.le Concia e del Pdl spiccava la presenza di Benedetto della Vedova che, va comunque detto, ha nei gay una bella fetta di elettorato...), i soliti slogan (anche perchè finora il mondo Glbt con governi diversi non ha portato a casa nulla e quindi le rivendicazioni, ormai da anni sono sempre quelli) e molte coppie eterosessuali (Ndr. rilevato tra l'altro anche dall'inviato di Queerblog)che forse hanno salvato il pride si perchè mancavano i gay.

Forse mancano i "baracconi" ha detto qualcuno, a noi non è sembrato, esibizionisti "tette e culo" ci sembravano presentissimi e, al solito visibilissimi. Per il resto, diciamolo pure, la solita muffa, fatta eccezione per l'originale Vannelli e la sua performance in vetrina, il luogo dove solo uno come lui puo' stare.

Concludendo, una vetrina per gli onorevoli trombati (Franco Grillini e M.me Luxuria) e per futuri leader come Nichi Vendola, ma alla fine un mezzo flop per la poca gente e comunque meno, molto meno di Roma ed io c'ero (che probabilmente è anche stato organizzato meglio), soliti slogan, soliti palestrati, soliti carri pubblicitari dei locali e solite polemiche contro la chiesa, contro il governo e bla, bla, bla... arrivederci al 2009, chissà dove.
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Bolognapride. Dalla Bertolini (Pdl) parole sprezzanti: Una manifestazione inutile.

Una partecipazione al di sotto delle attese e controproducente per gli stessi interessi degli omosessuali.
(Il Velino) "Una manifestazione, inutile, con una partecipazione al di sotto delle attese e controproducente per gli stessi interessi degli omosessuali. Gli eccessi verbali e comportamentali che lo contraddistinguono, rendono il gay pride un evento sgradevole intriso di una cultura settaria e di risentimento verso coloro che non si piegano alla logica dei capricci elevati a rango di presunti diritti. I soliti slogan che ossessivamente hanno contraddistinto anche il gay pride di Bologna di quest'anno lo testimoniano. Una sfilata carnevalesca con tanto di messinscena di un 'matrimonio' tra due uomini trasforma il tutto in una barzelletta e si ritorce come un boomerang contro la causa omosessuale. Respingiamo quindi al mittente la richiesta di poter accedere al diritto di adottare bambini e la proposta di legalizzazione del matrimonio gay. Crediamo nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, come sancito dall'art. 29 della Costituzione italiana. L'ordinamento gia' riconosce moltissimi diritti ai conviventi dello stesso sesso. Nel caso vi siano lacune, c'e' la disponibilita' a valutarle ed eventualmente a colmarle con gli strumenti che il codice civile mette a disposizione dei cittadini. Vogliamo pero' essere ben chiari e ribadire la nostra ferma contrarieta' a qualunque tipo di riconoscimento pubblico per le coppie gay.

Gli agitprop delle comunita' omosessuali e non solo se ne facciano una ragione: con il centrodestra maggioranza in Parlamento per questa legislatura la cosa e' morta e sepolta."

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Gaypride. Oggi a San Francisco dopo la legge sulle nozze gay in California.

Anche a New York, Chicago, Seattle, Houston e Honolulu.
Considerando il ruolo di San Francisco nella causa che ha portato la Corte Suprema a eliminare il divieto che impediva i matrimoni tra persone dello stesso sesso, il 38esimo Gay Pride annuale, che si tiene oggi nella città californiana, si profila come un successo annunciato.

Con 259 licenze di matrimonio concesse e 284 prenotazioni per cerimonie nuziali, la giornata dell'altro ieri si è rivelata una delle più indaffarate da quando le nozze gay sono state rese legali all'inizio del mese. E' stato superato così il record fissato il 17 giugno, primo giorno in cui la nuova legge è entrata in vigore e quando sono state richieste 202 licenze e celebrate 115 cerimonie.

Il tema della sfilata è "Uniti per l'orgoglio, i legami e l'uguaglianza" ed era stato già scelto prima della sentenza della Corte Suprema, ma assume ora un significato più profondo.

Nello stesso giorno sono in programma anche i Gay Pride di New York, Chicago, Seattle, Houston e Honolulu. Inoltre, sfilate si tengono nel corso del fine settimana in tutto il mondo: gli attivisti a favore dei diritti dei gay marceranno in tre città dell'India, dove l'omosessualità è considerata illegale e un tabù.

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