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domenica 23 settembre 2007

Addio al mimo Marcel Marceau malinconico signore del gesto

Aveva 84 anni, le sue performance famose in tutto il mondo, col personaggio di Bip portò l'arte del mimo al suo livello più alto.

(La Repubblica) PARIGI - "Il mimo, come la musica, non conosce confini né nazionalità". Questa era stata la missione di Marcel Marceau, offrire la sua arte al pubblico di tutto il mondo facendosi interprete di sentimenti universali. Convinto che "se la risata e le lacrime sono le caratteristiche dell'umanità, tutte le culture sono immerse nella nostra disciplina". Il più grande mimo del teatro contemporaneo se n'è andato a 84 anni. Lo ha annunciato la famiglia. E' stato lui a portare l'arte della pantomima al suo più alto livello, grazie al personaggio di Bip, il "Pierrot del XX secolo", che lo rese celebre.
Marceau nasce il 22 marzo del 1923 a Strasburgo con il nome di Marcel Mangel, che cambia poi in Marceau per nascondere, durante la guerra, le sue origini ebree. Partecipa alla Resistenza e, alla fine del conflitto, frequenta i corsi della Scuola di arti figurative di Limoges. Col passare degli anni cresce l'interesse per il teatro. E' allievo di Charles Dullin, debutta sulle scene con Volpone, al Teatro Sarah Bernardt. La svolta, dopo l'incontro nel 1946, a Parigi, con il mimo Etienne Decroux, che sarà il suo maestro.

Lavora con diverse compagnie fino alla metà degli anni Sessanta, quando passa al "one man show". In quegli anni nasce il personaggio di Bip: Marceau raccontava che l'idea gli era venuta dopo aver visto il celebre film di Marcel Carné Les Enfants du Paradis, che la "maschera" di Bip - il viso bianco, gli occhi truccati, il costume - era ispirata a quella di Baptiste-Barrault, mentre il nome aveva origine dal Pip delle Great Exprectations di Charles Dickens. Senza dimenticare gli apporti mutuati da Pierrot, Charlot, Buster Keaton e altri giganti del muto.
Oltre quaranta le pantomime del personaggio, da Bip dans une soirée mondaine, a Bip dans le metro, da Bip se suicide a Bip matador, Bip soldat, Bip charlatan per cirane solo alcune. E' grazie al malinconico clown col fiore rosso appassito sul cappello che lui, e la sua arte, diventano celebri. L'apparenza fragile, stralunata, unita alla grande vivacità sono la chiave del successo che porta alla rinascita l'arte della pantomima influenzata dalla Commedia dell'Arte, dopo decenni di declino.
Dal 1969 al 1971 Marceau è l'animatore della Scuola internazionale del mimo, e nel 1978 crea, a Parigi, la Scuola internazionale del mimodramma. Il suo sogno di avere di nuovo una compagnia, più volte fallito, si realizza più tardi, nel 1992, con la Nouvelle Compagnie de Mimodrame Marcel Marceau, con la quale propone, fra gli altri, Le manteau, Une soir à l'Eden e Le chapeau melon, omaggio alla bombetta di Chaplin.
Numerosi i riconoscimenti. Oltre alle lauree ad honorem di alcune università americane, ha ricevuto anche la Legion d'Onore e il titolo di Grand'ufficiale al merito dello Stato francese, consegnatogli nel 1998 dall'allora presidente Jacques Chirac. Scrittore, poeta, pittore, illustratore, celebre in tutto il mondo, ha prestato la sua arte anche al cinema lavorando, fra gli altri film, anche in Paganini, di Klaus Kinski, in Shanks, di William Castle, in Barbarella di Roger Vadim, in Silent Movie, ovvero L'ultima follia di Mel Brooks, film muto in cui è lui a pronunciare l'unica parola: "No".

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Documento/DICO E CUS: È LA CHIESA LA MAGGIOR NEMICA DEL RICONOSCIMENTO DELLE UNIONI DI FATTO

(IMG Press) L'ampio dibattito scaturito prima coi DiCo e poi coi Cus, ha posto la chiesa come la maggior "nemica" del riconoscimento delle unioni di fatto, sia quelle eterosessuali che, in particolar modo, quelle omosessuali. Quello che forse non si è mai analizzato abbastanza sono le reali motivazioni, i fondamenti sui quali si basa il no del Vaticano. Il nostro compito oggi è quello di cercare di andare a fondo su questi principi. In tutta la Bibbia, ad iniziare dal Vecchio Testamento, l'uomo è essenzialmente denotato nella sua natura come un essere che si realizza attraverso il "rapporto con": in primis con il Creatore, Dio, e poi con l'"altro" essere umano (Eva): "l'uomo è immagine piena e completa di Dio nella coppia", da qui si evince che l'uomo è creato per l'amore. Il matrimonio è simbolo del rapporto d'amore libero e reciproco che Dio offre all'uomo, sia come singolo che come popolo. Successivamente questo concetto è ripreso anche da Gesù, la vita eterna nel Regno è simboleggiata da una eterna festa di nozze. Dio è rivelato come "comunità" cioè come una "famiglia" trinitaria, in una comunione profonda e piena di persona distinte ma indissolubilmente unite nell'amore reciproco. Il matrimonio cristiano è quindi visto come icona della trinità della chiesa nel mondo. Tre sono le fondamentali vocazioni: matrimonio, ministero, consacrazione religiosa, ognuna di queste è messa in diretta relazione con Gesù Cristo: Cristo sposo, Cristo pastore, Cristo povero casto ed obbediente, in ogni vocazione si da tutto e per sempre. L'amore sponsale (e la realtà familiare che successivamente si viene a creare) è il simbolo/segno fondamentale e costitutivo del rapporto con Dio e della stessa Chiesa. Ogni forma di comunità cristiana (la famiglia, il presbiterio di sacerdoti, la comunità di vergini), deve realizzare una reale vita di famiglia secondo il modello trinitario. Il celibato e la consacrazione verginale non devono essere visti come una rinuncia, bensì come una vera realizzazione, seppure diversa, di sponsalità, di paternità e di famiglia. Gesù porta il rapporto di coppia alla massima espressività - umanizzante e divinizzante - e lo "trascende": il matrimonio cristiano rivela al mondo il disegno di Dio sull'uomo e sulla donna, sulla loro fecondità e nell'eterno (per sempre). La famiglia è quindi fondata sul sacramento del matrimonio che corrisponde al disegno di Dio fin dalla Creazione come trae dal Vangelo di Matteo (19,4). Questa in sostanza è la derivazione teologica del significato del matrimonio per la chiesa, ma basta questo per "difendere" l'istituto e il patto matrimoniale da una società completamente trasformata?
Oggi il punto di vista della chiesa è sostanzialmente uno solo e molto semplice, l'unica unione accettata è quella eterosessuale che si concretizza attraverso il rituale del matrimonio religioso. Da qui un impegno morale, civile e di fede che si deve protrarre per tutta la vita. L'istituto che deriva dal matrimonio si definisce "famiglia".
I primi importanti sintomi del cambiamento della società nostrana nei confronti del matrimonio si hanno già negli anni '70 con i referendum sul divorzio e sull'aborto, contrariamente a quanto si pensava (e che pensava la chiesa), gli italiani si dimostrano favorevoli, è un duro colpo per la gerarchia cattolica: fede e società non vanno più a braccetto e la chiesa si rende conto di non aver più una così forte influenza sulla vita degli italiani. E' in atto un rapido cambiamento, la società vive il benessere economico, cadono numerosi tabù, comincia il confronto con le altre nazioni europee e quella statunitense, i cittadini si sentono più liberi in tutto e per tutto, è un periodo che segue di poco gli anni della contestazione giovanile, nonché gli anni delle manifestazioni di piazza delle donne che vogliono la loro emancipazione.
Incassati questi colpi, un po' alla volta il tutto sembra rientrare nei binari dell'accettazione e della normalità, ma la chiesa non è immobile spettatrice e analizza l'evoluzione e i cambiamenti della famiglia comprendendo che questo istituto cardine della società comincia a scricchiolare. Ancor prima della polemica DiCo-Cus, tra il 1999 e il 2000, il Pontificio Consiglio per la Famiglia organizza una serie di riunioni di studio a cui hanno partecipato numerose ed eminenti personalità, nonché prestigiosi esperti di tutto il mondo. Il fine di questi incontri è quello di analizzare un fenomeno che si stava allargando a macchia d'olio all'interno della società italiana, le unioni civili e "la conseguente disaffezione per la stabilità del matrimonio che ne deriva". Questi incontri si rivolgono soprattutto ai "pastori di anime" ovvero ai sacerdoti e al loro ruolo fondamentale di guide dei cristiani. Riprendendo e citando i Vangeli, si ribadisce che nel Regno di Dio non può essere seminato altro seme di quello della verità già iscritta nel cuore umano, l'unica capace di "produrre frutto con la perseveranza" (Luca 8,15); una verità che si fa misericordia, comprensione e invito a riconoscere in Gesù la "luce del mondo" (Giovanni 8,12) e la forza che libera dai vincoli del male. Attraverso il matrimonio, che è un sacramento e come tale assume una carica di sacralità molto alta, deriva un'immensa ricchezza di grazia. Ma che cos'è un sacramento? Nella su definizione classica significa "segno efficace della Grazia": segno, cioè rito visibile identificabile nel tempo e nello spazio; efficace, che produce veramente col suo stesso essere compiuto, la cosa che significa. L'efficacia del segno nei sacramenti, è garantita dal fatto che essi sono azioni dello stesso Cristo. Ricollegandoci a quanto detto in precedenza, il matrimonio tra due persone è indissolubile ed è come il patto coniugale originario voluto da Dio, il matrimonio della Creazione, un segno permanente dell'unione di Cristo con la Chiesa, diventando così un sacramento della Nuova Alleanza. Il trascorrere dei secoli ha fatto in modo che le nazioni abbiano potuto raggiungere un grado di saggezza (e di umanità) che ha loro permesso di riconoscere l'esistenza e la missione fondamentale e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio. La famiglia è un bene necessario e insostituibile per tutta la società, essa ha un vero e proprio diritto in giustizia, a essere riconosciuta, protetta e promossa dall'insieme della società.
Da qui capisce bene la base del pensiero cristiano, se non c'è il matrimonio non c'è famiglia e viceversa, qualsiasi altra forma di convivenza diversa non da origine a nessuna famiglia, pertanto la nascita di queste unioni e il loro riconoscimento è quindi un grave danno per la famiglia stessa. Questo si evince anche dalla nota diffusa il 28 marzo di quest'anno dalla CEI (la Conferenza Episcopale Italiana, l'assemblea permanente dei vescovi italiani) attraverso le parole del suo presidente monsignor Bagnasco, "la legalizzazione delle unioni di fatto è inaccettabile sul piano di principio e pericolosa sul piano sociale ed educativo". Le coppie di fatto sarebbero dunque un pericolo per la famiglia. La chiesa si pone come paladina in difesa della famiglia, si ritiene unica custode di verità e sapienza che le deriva direttamente dal Vangelo, responsabile di illuminare la coscienza dei credenti, affinché riescano a trovare il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell'uomo e della società nell'impegno quotidiano personale e sociale, e di offrire ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune. Il Vaticano è stato spesso accusato di entrare un po' troppo nel merito degli affari politici del paese, sempre attraverso la CEI egli risponde sostenendo che "non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a noi". Non solo Bagnasco ma anche il papa stesso si rivolge direttamente ai cattolici italiani impegnati in politica, Ratzinger afferma che essi hanno una responsabilità sociale molto importante e nel momento in cui decidono e legiferano, devono far appello ai valori fondati nella natura umana (ossia quelli cristiani), tra i quali rientra appunto la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Se questi cristiani fossero a favore della legge o partecipassero alla loro stesura, sarebbero incoerenti. In poche parole, il politico cristiano non può essere favorevole alle unioni di fatto perché va contro i dettami della chiesa stessa a cui fa riferimento. Analizziamo ora un altro importantissimo aspetto che va direttamente ad inserirsi nella polemica contro le unioni civili, il sesso. La chiesa nel corso dei secoli non ha mai cambiato la sua posizione nei confronti di questo argomento, verso il sesso ha sempre nutrito una sorta di "odio teologico" con un conseguente pregiudizio morale, per citare Pareto, "la stretta relazione fra sessualità e peccato è una caratteristica mai perduta nella religione cristiana". Da qui sono sorte numerose polemiche più o meno recenti: il divieto assoluto dei rapporti prima del matrimonio e l'uso degli anticoncezionali; non sono consentiti i rapporti all'interno del matrimonio non ai fini procreativi e, non per ultimo, l'omosessualità. Secondo alcuni oppositori della chiesa in tema sessuale, il matrimonio è considerato come un ripiego alla fragilità umana, lo stesso San Paolo diceva "è meglio prender moglie che ardere" altrimenti l'ideale sarebbe la castità e l'astinenza. Queste voci sono rafforzate dal fatto che il matrimonio come sacramento, contrariamente a quanto si può pensare, è cosa tardiva nella tradizione cattolica, esso infatti fu reso obbligatorio dal Concilio di Trento, nel XIII secolo, ben 1300 anni dopo Cristo. La tradizione quindi è relativamente recente, 700 anni su 2000 di storia cristiana. Sempre secondo questa corrente, alla fine quello che ne risulta è che l'unico fine del matrimonio sarebbe la procreazione, il semplice fine biologico e naturalistico poiché nemmeno ai coniugi è consentito avere rapporti per altro scopo, sarebbe peccato. La "demonizzazione del sesso" nella chiesa cattolica è una posizione molto diversa rispetto ad altre religioni, alcune addirittura lo ritualizzano, in altre invece nel momento del rapporto invocazione il Dio stesso. Se gli alti vertici vaticanisti non vedono di buon occhio le unioni civili eterosessuali, ancor meno digeriscono il fatto che possano essere riconosciute quelle omosessuali. Perché? Come si difendono i vescovi e la curia dalle accuse di omofobia che spesso sono state loro affibbiate? La chiesa risponde che non c'è distinzione a partire dall'orientamento sessuale di una persona, non esistono né eterosessuali né omosessuali, solamente le persone che sono figlie di Dio. Il ragionamento è su di una base completamente diversa, bisogna distinguere tra orientamento, inclinazione, tendenza omosessuale e atti compiuti. L'orientamento e la tendenza sono qualcosa di oggettivamente disordinati, un disordine interiore che una persona porta dentro di sé; sono gli atti e il comportamento omosessuale che sono invece oggetto di colpa morale. Quello che comunque la chiesa non accetta fermamente, è che l'omosessualità sia una caratteristica che nasce con l'individuo. A priori nessuno è condannato, l'invito è quello di distinguere il grado di colpevolezza, non è possibile generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio, ogni persona è un caso a sé e porta una storia che può rendere più o meno grave la propria colpa personale (ad esempio l'ambiente in cui cresce una persona, se durante l'infanzia ha subito dei traumi, o ancora, se è una scelta libera). Tuttavia essa rimane ferma sull'insegnamento di Gesù "crescete e moltiplicatevi" (e qui si ritorna a quanto detto sopra sul matrimonio cristiano - eterosessuale - che rivela al mondo il disegno di Dio) e questo lo si legge direttamente da Catechismo della Chiesa Cattolica "l'omosessualità costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione". E ancora "le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana". Il cattolico quindi può anche essere omosessuale, a patto però che non ne commetta gli atti e resta comunque il fatto che esso ha un disagio interiore altrimenti non sarebbe lesbica o gay. Ma l'articolo che forse più di tutti è il riassunto del pensiero ecclesiastico sull'unione omosessuale è il 2357 "- gli atti omosessuali - Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.".

Alla prossima puntata.


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L'Isola dei Famosi sta distruggendo flora e fauna in Honduras: ecco le prove.

Incredibile queste lettera inviata a Dagospia dal giornalista Giovanni Audifreddi di Vanity Fair! Si tratta di una risposta ad un'altra lettera pubblicata sul sito di D'Agostino. Leggete con attenzione, scoprirete che L'Isola dei Famosi di Simona Ventura sta distruggendo l'arcipelago di Cayo Cochinos, dove soggiornano vip, non vip, troupe e via dicendo.

"Egregio signor Carlo Costanzia,

sono Giovanni Audiffredi. Le scrivo, previa autorizzazione del direttore di “Vanity Fair”, Luca Dini, in merito alla sua lettera rivolta a Dagosia, riguardante il reportage sull’Isola dei famosi 5 da me redatto in Honduras. Da subito ci tengo a fornirle la mia mail personale, gaudiffredi@condenast.it, in modo che lei possa agevolmente contattarmi evitando che qualcuno creda che siamo entrambi a caccia di notorietà on line.

Detto questo vorrei aggiungere in premessa che dalla prima edizione dell’Isola dei Famosi ho seguito tutte le puntate del programma, una ventina dietro le quinte negli studi Rai di Milano, che sono stato 15 giorni a Santo Domingo durante la terza edizione, che per una settimana ho lavorato in loco a stretto contatto con la produzione del reality show, che ne ho seguito le fasi di elaborazione, selezione e messa in onda dei contenuti, che conosco personalmente una buon numero tra autori, cameraman e tecnici vari, che da anni lavorano all’Isola, che in questi quasi cinque anni del programma ho parlato più volte con Simona Ventura, Giorgio Gori patron di Magnolia, Francesco Pucci, direttore esecutivo dell’Isola, Antonio Marano, direttore di Rai Due, senza contare i tanti concorrenti italiani che si sono avvicendati.

E, infine, sono stato una settimana in Honduras nell’arcipelago di Cayo Cochinos. Ecco, non sono proprio un esperto, ma credo di poter dire, senza aver fatto il concorrente, che qualcosa sull’Isola la conosco anch’io. Rispetto il suo punto di vista maturato in un’esperienza di gioco, ma temo che lei sia male informato. Al contrario io, da 15 anni a questa parte, sono abituato a verificare in loco l’attendibilità delle notizie che fornisco ai lettori, senza esprimere mai pareri personali, ma sottoponendo esclusivamente fatti circostanziati raccolti attraverso un semplice, ma laborioso, lavoro di ricerca e di cronaca.

Primo: non è affatto vero che un responsabile della Fondazione che gestisce la tutela ambientale, si chiama Honduras Coral Reef Found, è sempre presente in loco durante le riprese. Per esempio quando ci sono stato io, e stavano già girando del materiale per i promo tv, non c’era. Era reperibile telefonicamente, ma non in loco. Le troupe erano scortate da dei militari di leva.

Secondo: lei afferma che su Cayo Paloma, il set principale dell’Isola, non c’è alcun santuario di uccelli marini. Certo, ci sono i famosi e i pennuti se la battono. Ma sei lei si fosse preso la briga di leggere il Plan de Manejo del Monumento National Marino Arcipelago Cayos Cochinos (il regolamento valido fino al 2009) redatto dalla Fondazione e dal WWF, (le fornisco il sito internet dove lo può consultare: (www.opwall.com/Library/Honduras/Honduras%20Marine/Management/Cayos%20Cochinos%20Management%20Plan.pdf) saprebbe che a pagina 19 si parla delle 69 specie rare di uccelli, tra cui la paloma coroniblanca, che dà il nome al Cayo dove lei giocava, che popolano quelle isole, che vi fanno sosta durante le migrazioni e che hanno bisogno di cinguettare soli soletti, altrimenti perdono la bussola.

Terzo: lei dice che questa non è epoca di riproduzione delle tartarughe Careya. Sbaglia. Terminano di riprodursi ad ottobre. Lei dice che non ne ha mai vista una. Vale quello che le ho detto per gli uccelli. Le parrà strano ma sei lei è sulla spiaggia, la tartaruga disdegna la sua compagnia. Lei dice che probabilmente Cayo Paloma non è luogo di deposizione delle uova. Sbaglia ancora. Vada a pagina 17 del protocollo che le ho indicato prima. Ci troverà una bella piantina del WWF. Le tartarughe sono segnate con un’icona. E stanno su Cayo Paloma e su molte altre spiagge dell’arcipelago.

Quarto: lei afferma di credere, secondo la sua esperienza diretta, che “la Fondazione e il governo dell’Honduras stiano facendo le cose molto bene”. Ma come fa a dirlo? Perché ha trovato la spiaggia pulita? Esiste una legge dell’Honduras, la 114 del 2003 suddivisa in due protocolli, A e B, la può facilmente legger proprio sul sito della Fondazione (www.cayoscochinos.org) che enumera tutto ciò che si può fare e quello che non si può fare sulle Isole. Facilmente si renderà conto che, per esempio, accendere il fuoco che lei e gli altri concorrenti avete tentato di fare con fortune alterne, non si può fare. Per quanto riguarda la fossa biologica, se vuole le posso mostrare la fotografia che immortala la latrina costruita su Cayo Paloma, che non sembra proprio un bell’esempio di compatibilità ambientale.

Quinto: lei dice che i cavi sottomarini tirati dalla produzione per la messa in onda non rovinano i preziosi e rari coralli. Peccato che Adami Cubas, responsabile del Ministero dell’Ambiente dell’Honduras, a Vanity Fair abbia dichiarato: «È vero, sono stati fatti dei danni. L’impatto sulla natura dei famosi, e di tutto ciò che gira loro intorno, è stato forte. Ne hanno risentito la vegetazione, i coralli, la fauna marina».

E poi abbia fatto espressamente riferimento ai cavi sottomarini che grattano i coralli. Infine, lei dice che non c’è traffico di barche. Beh, io ne ho contate otto, con motori fuoribordo da 200 cavalli, in due ore. Deve sapere che c’è un limite di velocità, 4 nodi, che viene sistematicamente violato, in primis dai motoscafi della Fondazione. Vede caro signor Costanzia, tutte le precisazioni che le ho fornito, nel tentativo, spero convincente, di dimostrare a lei e ai lettori che non racconto balle, sono in realtà quisquilie.

Ciò che conta è che Caoys Cochinos è un Monumento Naturale e che se Magnolia non avesse pagato il Ministero dell’ambiente (che poi a sua volta avrebbe girato del denaro alla Fondazione) per avere il permesso di trasformare alcune isole in set tv, lei non avrebbe mai potuto mettere piede lì. Sarebbe andato a Cayo Mayor, forse a Cayo Menor, sicuramente a Chachahuate dalla popolazione autoctona Garifuna, ma è escluso che avrebbe fatto il naufrago a Cayo Palma, dove, fino al 2006, c’era l’assoluto divieto di sbarco da parte della Fondazione.

Ciò che conta non è fare attenzione a non rovinare l’ambiente, ma non essere presenti in quell’ambiente che non è in grado di sopportare nessuna pressione. Sulla questione dei Garifuna, poi, la rimando alla sconfinata documentazione fornita da Ong, associazioni etniche e governative che denunciano da anni, a caro prezzo (hanno subito anche degli attentati personali) la situazione di palese discriminazione che viene adottata nei confronti di questa minoranza.

In proposito nel 2006 è stata fatta anche un’interrogazione parlamentare in Italia. Caduta nel vuoto. Io non sono un ambientalista radicale. A dire il vero quella santa donna di mia moglie mi rimprovera che gratto poco il gatto di casa. Però credo che se mi mettessi a fare la metà delle cose che avete fatto voi nella Riserva Naturale Arcipelago della Maddalena, dovrei vedermela giustamente con la Forestale e la Guardia Costiera. Il nostro Governo non ha grandi finanziamenti per il patrimonio forestale e ambientale in generale, ma non è ancora costretto a svenderlo per tentare di salvarne un pezzetto. L’Honduras sì.

In conclusione mi permetto, per la prima volta, un’annotazione personale per rispondere anche ad altre sollecitazioni ricevute dopo la pubblicazione del reportage. Io non ho nulla contro Simona Ventura, alla quale ho fatto in bocca a lupo di cuore per il programma. Non ho nulla di personale contro Giorgio Gori o contro Antonio Marano. E nemmeno contro Francesco Pucci, con il quale spesso mi sono fatto grasse risate. Non ho nulla contro il format Isola dei Famosi che spesso mi ha divertito. Questo, però, non mi ha impedito di fare il mio lavoro di semplice cronaca. La mia idea, visto che la Ventura ha improntato l’edizione nel segno della reciproca tolleranza di pensiero, è che il programma sia solo fuori posto, perché si svolge in una location inadeguata ad ospitarlo. E questa è una verità difficilmente controvertibile.

Giovanni Audiffredi

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La retorica (falsa) della miss bella dentro

(Stefano Zecchi - Il Giornale) "Stiamo per archiviare anche Miss Italia 2007. Si dice che l'intramontabile attenzione suscitata dal concorso sia dovuta al fatto che esso rispecchia la società in cui viviamo. Insomma, nella sfilata delle belle d'Italia si ritroverebbe tutta l'Italia dei nostri giorni. Mi pare esagerato, comunque sbagliata l'idea che l'interesse per il concorso dipenda dalla sua capacità di parlare di noi. Ciò che invece si esalta, senza tanti se e ma, è la bellezza. Non si dovrebbe dimenticare che all'origine della nostra civiltà c'è un mito sulla bellezza, un mito che ci racconta di un curioso concorso di bellezza bandito tra gli dei dell'Olimpo. Paride si trova nel difficile ruolo di giudicare chi è la più bella tra Minerva, Giunone e Venere, tre divinità potentissime che però volevano avere qualcosa in più: essere la più bella. Ecco che, fin dalle origini, la bellezza si impone con la sua forza seduttrice, con la sua energia creativa, mai lascia indifferenti, sempre suscita desideri e passioni, sollecita azioni e riflessioni.
Quello che invece può considerarsi il primo concorso di bellezza dell'era moderna, per il clamore e la curiosità che aveva suscitato, si svolse ad Atlantic City nel 1921. Miss America era un'allegra sfilata di belle ragazze in costume da bagno con lo scopo di attirare e divertire i turisti che, tra un whisky e un bicchiere di birra, sentenziavano chi era la più bella. Il concorso fece notizia ed ebbe più fortuna del previsto. Gli organizzatori erano, anno dopo anno, sempre più criticati per le allusioni erotiche delle sfilate finché, nel 1928, furono costretti a chiudere il concorso. Nel 1935 fu riaperto, e non solo non fu più sospeso, ma divenne un esempio da imitare.
I concorsi di allora, come quello che terminerà tra breve a casa nostra, sottintendono una percezione del bello concreto e autentico, non esaltano un ideale astratto di bellezza da privilegiare. E infatti, ieri come oggi, le ragazze che vengono premiate sono sempre molto diverse tra loro, alte, piccole, magre, prosperose, bionde, brune. Non esiste il «tipo» bello di femminilità, esiste la bellezza, ed è semplicemente questa ad essere premiata. Certo, adesso con molta ipocrisia nel concorso di Miss Italia si interrogano le ragazze per capire se sanno parlare, se conoscono la storia, se hanno un cuore. È quella stessa ipocrisia che fa dire di una donna palesemente brutta: «Però è bella dentro». Sarà bella dentro, però fuori, purtroppo per lei, rimane brutta. Invece è proprio con questi concorsi che diventa di dominio pubblico l'idea, al di là di ogni ipocrisia, che la bellezza del corpo possiede una sua autonomia, indipendente sia da qualsiasi valore morale o intellettuale, sia dalla classe sociale a cui appartiene la donna. La bellezza fisica, dunque, non è appannaggio della ricchezza né di una vita proba e onesta. Una donna immorale, oppure oca, se ha un corpo bello, è bella.
l cinema, la televisione diffondono, poi, l'idea (o l'illusione) che le persone belle potranno un giorno avere successo e denaro, lasciando anche credere che la bellezza sia la prima e fondamentale lettera di raccomandazione.
Il mondo va così, e allora noi ci indigniamo se una ragazza sogna di fare la Velina. Forse dovrebbe sognare di fare la commessa in un grande magazzino? Se ha cultura desidererà altre cose, ma mai sottovaluterà le possibilità del suo corpo... Se è bello. C'è, comunque, anche un'idea di bellezza che non riguarda una visione effimera del mondo, è quella che la filosofia e la teologia hanno studiato come testimonianza del vero e del bene. Ma, per fortuna, questo concetto di bello, nonostante tutta la buona volontà di Mike, è lasciato in pace dai suoi quiz."



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Un'inchiesta europea sulla discriminazione.

C’è tempo fino alla fine di settembre per partecipare a un sondaggio della Commissione Europea sulle discriminazioni in Europa.

L’Unione Europea, con due direttive, la 2000/43/CE e la 2000/78/CE proibisce diverse forme di discriminazione e tutela i cittadini più deboli. In base alla prima norma quadro datori di lavoro, fornitori di servizi sociali e sanitari, scuole e istituti di formazione, commercianti, ristoratori, discoteche e persone che vendono e affittano alloggi al pubblico non possono discriminare le persone a causa della loro razza o origine etnica.
D’altra parte la seconda direttiva vieta la discriminazione per motivi di disabilità, età, religione o credo e orientamento sessuale. Tale normativa si applica solo al lavoro e alla formazione.
Adesso su questo tema la Commissione Europea chiede il parere dei cittadini: non serve molto tempo per compilare e spedire il questionario.

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Si annuncia una diaspora gay nel centrosinistra. Arcigay: Alle prossime elezioni faremo pesare tutti i nostri voti.

Ogni volta che marciamo riempiamo le piazze ma politica ci ignora.

(Apcom) - Si è concluso oggi a Bologna il consiglio nazionale di Arcigay che ha discusso e deliberato la strategia politica della associazione che dovrà tenere nei prossimi mesi.

Partendo da una considerazione di fondo che ci impone diverse responsabilità nei confronti del popolo lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender): il Pride del 16 giugno che ha visto la partecipazione di un milione di persone è segno che nel paese esiste una maggioranza laica e secolarizzata. Le tre ore di corteo e il numero di persone presenti in piazza San Giovanni hanno di gran lunga battuto il family day di Pezzotta & Roccella. Tutto ciò è frutto di un non facile lavoro unitario, dentro il movimento lgbt, organizzato con mezzi di gran lunga inferiori all'altra manifestazione.

"Nonostante quella piazza sia stata straordinariamente partecipata il mondo politico - denuncia l'Arcigay -la ignora costantemente. Ciò è causa dell'apertura di un conflitto sociale fra Arcigay e governo e l'intera rappresentanza politica parlamentare, che sarà portato avanti con azioni nuove e coinvolgenti su più fronti".

Sul terreno sociale, "stiamo preparando a breve - si legge nel documento finale - un incontro nazionale contro l'omofobia a Treviso, un importante evento nazionale di dialogo e di denuncia delle indebite ingerenze del Vaticano sulla vita civile e sociale del nostro paese, la preparazione di mostre d'arte e cultura omosessuale, la preparazione del Pride Bologna 2008 attraverso centinaia di iniziative locali tematiche"


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Milano e hinterland: I mercatini della domenica: "Vecchi libri in piazza"

(Milano 2.0) Nuova domenica, nuovo appuntamento con la rubrica del nostro collaboratore Leonardo sui mercatini della domenica. Iniziamo con il solito riassunto delle puntate precedenti, poi passiamo all'affascinante mercatino "Vecchi libri in piazza".

- La Casbah di San Donato (tutte le domeniche) - Festival Park di viale Puglie (tutte le domeniche) - Il Borsino (tutte le domeniche) - Le Pulci di Portobello (tutte le domeniche) - Mercatino di Bollate (tutte le domeniche) - Fiera di Sinigaglia (tutti i sabato) - Antiquari al Lido (seconda domenica del mese) - Mercatino agricolo di Cesano Boscone (seconda domenica del mese) - Pulci e... non solo di Buccinasco (seconda domenica del mese) - Mercatino di Corsico (terza domenica del mese) - Mercatino di Brera (terza domenica del mese) - Pulci e... non solo (quarta domenica del mese) - Mercatino di Buccinasco (quinta domenica del mese) - Mercatino dei Navigli (ultima domenica del mese)

"Nel suo genere questo è il mercatino più grande d'Europa" ci dice Sergio Malavasi dell'associazione Maremagnum librorum, titolare insieme al fratello Maurizio della libreria antiquaria Malavasi di Milano.
"Vecchi libri in piazza" è un mercatino che si svolge dalle ore 10,00 alle 17,00 tutte le seconde domeniche di ogni mese, escluso luglio e agosto, sotto i portici di piazza Diaz, a due passi dal Duomo di Milano.
Secondo le informazioni forniteci da Sergio Malavasi "l'idea di questo mercatino è nata visitando a Londra una mostra al coperto di libri. Tornato a Milano mi sono messo all'opera per creare con scadenze fisse mensili un punto d'incontro per la promozione del libro e della lettura".
Nasce così nel 1995 questo mercatino di libri che oggi vede la partecipazione di circa 100 espositori librai provenienti da Napoli, dalle Marche, dal Piemonte, dal Veneto.
Negli ultimi anni si sono aggiunti alcuni espositori provenienti dalla Francia e, purtroppo, spiega Sergio Malavasi "non abbiamo potuto accogliere la richiesta di adesione da parte di alcuni librai svizzeri perchè il regolamento comunale, a cui dobbiamo attenerci, li considera extracomunitari".
Il numero dei visitatori stimato dagli organizzatori è di circa diecimila persone al giorno; c'è da crederci, visto che quando siamo arrivati noi, verso le ore 10,00, la presenza era già numerosa. E' affascinante passeggiare sotto i portici fra le bancarelle che espongono libri antichi, rari, di pregio, edizioni esaurite e fuori catalogo.
Come al solito abbiamo chiesto alcuni pareri ai visitatori; crediamo possa valere per tutti l'opinine di Sandro che ci ha detto: "Vedete quelle mani febbrili che toccano e sfogliano i libri e quegli occhi che penetrano scritte e immagini dei libri? Ecco quelle si chiamano passioni che sprigionano emozioni e questo è un luogo ideale per viverle".
Vogliamo aggiungere di non farvi intimorire nè dalle alte quotazioni che raggiungono alcune edizioni nè dagli altisonanti nomi di incalliti bibliofili, ad esempio Umberto Eco, che frequentano questo mercato; noi visitandolo abbiamo avuto l'impressione che sia un posto dove chiunque può trovare e comprare qualcosa, può scoprire le meraviglie della carta stampata, può toccare, curiosare e ottenere spiegazioni dagli espositori che abbiamo trovato molto disponibili.
Vale la pena visitare questo luogo "Del furore di possedere i libri", come recita il titolo di una pubblicazione fuori commercio edita dalla Libreria Malavasi, con interventi scritti di Umberto Eco, Giampiero Mughini e Giuseppe Pontiggia.
Per concludere vi segnaliamo un grande parcheggio a pagamento proprio in Piazza Diaz (e i bar della zona sono aperti).

Chi desidera avere maggiori informazioni o fosse interessato a partecipare come espositore può rivolgersi a: Associazione Mare Magnum Librorum Via S. Tecla n. 4 - 20122 Milano - Telefono 02-45470721 E-mail:malavasi@maremagnum.com

Un'ultima considerazione: quando si legge qualche articolo su questo mercatino dei libri sembra quasi che sia un'esclusiva dei bibliofili o di chi ha il portafoglio gonfio. Gli articoli scrivono che è frequentato da Eco, Fabio Fazio, Dell'Utri, Diliberto.
Per me, dice Leonardo, bisognerebbe sfatare questo mito: ci sono proposte per tutti e per tutte le tasche. Le persone che lo visitano sono per lo più semplici appassionati o curiosi. E' vero, ci sono delle edizioni costosissime che pochi si possono permettere, ma il discorso non vale per la maggior parte dei libri esposti.

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«Ingoialo o sei checca», grave ragazzino

(Corriere della Sera) Undicenne del Canavese ha rischiato di morire per avere ingerito un galleggiante da pesca. Lo avevano «sfidato» i suoi compagni.

TORINO - «Se non ingoi sei una checca». Così, secondo quanto riferito dal Tg2, è stato apostrofato con cattiveria e minacce un bambino piemontese di 11 anni, che è stato costretto ad ingoiare un galleggiante per la pesca e che ha corso il rischio di morire. Sull'episodio, accaduto in una scuola media del Canavese due giorni fa, è stata aperta un'indagine interna per accertare se si tratti di bullismo o di un incidente accaduto durante un gioco.

LA VICENDA - Lo studente era stato trasportato in ospedale ed era stato dimesso con sei giorni di prognosi e la prescrizione di un farmaco antiacido per alleviargli eventuali dolori di stomaco. Verrà comunque tenuto sotto controllo. Secondo quanto è stato riportato dalle pagine locali del quotidiano La Stampa, i genitori sostengono che il ragazzo sia stato sfidato dai compagni di scuola a ingoiare quell'oggetto per dimostrare di essere un uomo. Alcuni studenti riferiscono, invece, che si è trattato di un gioco, in cui il ragazzino avrebbe ingoiato per errore il galleggiante, senza che altri glielo avessero suggerito. Altri galleggianti simili, di tipo fosforescente, erano in possesso di numerosi altri studenti che li avevano acquistati nel negozio di caccia e pesca del padre di uno di loro. L'oggetto in questione aveva attirato l'attenzione della scolaresca tanto da diventare il passatempo preferito nei momenti liberi.

PIANO ANTI-OMOFOBIA - «Il ricordo - dice Franco Grillini, deputato della Sinistra democratica e presidente onorario dell'Arcigay - va al ragazzo di 16 anni di Torino che si è suicidato gettandosi dalla finestra perchè i compagni lo prendevano pesantemente in giro per la sua presunta omosessualità. Che il bullismo sia un problema serio è sotto gli occhi di tutti. Occorre rapidamente approntare un piano di lotta all' omofobia in ambito scolastico assieme alle organizzazioni omosessuali, capace di affermare una cultura della convivenza e dell'accettazione della diversità come normalità».

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