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sabato 29 dicembre 2007

Terapie riparative. Cantelmi: "Quanto e' stato raccontato dal giornalista di Liberazione e' falso e ne rispondera' in sede giudiziaria".

(Dire) Nessuno pretende di 'curare' i giovani gay: offriamo quello che viene offerto da tutti gli psichiatri e psicologi rispettando il codice deontologico e i valori del paziente". Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, docente di psicologia all'Universita' gregoriana e fondatore dell'Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici risponde cosi' all'inchiesta pubblicata nei giorni scorsi su 'Liberazione' e realizzata dal giornalista che si e' finto gay, per sei mesi, per sondare se anche in Italia, come negli Usa, si diffonde la 'terapia riparativa' dei gruppi legati alla Chiesa e lanciata da Joseph Nicolosi, psicologo clinico che vanta 500 casi di gay 'trattati'.

"Quanto e' stato raccontato dal giornalista di Liberazione- sottolinea Cantelmi- e' falso e ne rispondera' in sede giudiziaria, anche se, purtroppo, e' stato strumentalizzato da altri. E invito il presidente dell'Arcigay Aurelio Mancuso a passare una settimana con me, per seguire tutto quello che facciamo e capire come lo facciamo". Nessuno, spiega lo psichiatra cattolico, "viene forzato a cambiare l'orientamento sessuale. Chi chiede una terapia e non mette in discussione l'omosessualita', non viene forzato in alcun modo". Se qualcuno invece, prosegue Cantelmi, "non si riconosce come omosessuale e non vuole esserlo ha il diritto di approfondire questo problema e di ricevere un percorso psicoterapeutico adeguato".

Ma anche questo non e' detto che porti a dei cambiamenti: "Noi cerchiamo di aiutare il giovane a capire le origini sulla sua sofferenza- sottolinea lo specialista- e a trovare risposte, non c'e' una terapia specifica sull'omosessualita' Il giornalista, racconta Cantelmi, "si e' finto gay e si e' sottoposto ai test, ma si tratta di test di personalita' diffusi in tutto il mondo, il Mmpi-2, (Minnesota multiphasic personality inventory), e il Rorschach. Gli si e' detto che aveva una serie di problemi e gli e' stata proposta una normale psicoterapia cognitivo-comportamentale". Eppure, lamenta Cantelmi, "nessuno ha pensato di verificare il servizio che poi il giornalista ha fatto. E' stato preso per buono". Io, spiega lo psichiatra, "visito centinaia di persone, non esistono pressioni, il fatto e' che non tutti gli omosessuali si riconoscono nel modello gay, cosi' come molti che hanno esperienze omosessuali di fatto non lo sono. E vanno aiutati a capire sino in fondo la propria conflittualita'. La terapia mette in discussione tutti i comportamenti, questo puo' succedere anche rispetto a quelli omosessuali". Ma che ne pensa Cantelmi delle teorie di Joseph Nicolosi? "Mi sembrano molto americane, semplicistiche di fatto.

Piu' volte, come psichiatri cattolici, abbiamo ritenuto la sua posizione troppo riduttiva". Ma e' giusto, per lo psicoterapeuta, "rispettare sempre il codice di valori dei nostri pazienti, e rispettare anche i valori degli omosessuali credenti. Questo deve essere molto chiaro per tutti. Invece molte volte le terapie sono mortificanti, soprattutto nei confronti dei credenti".

Conclude Cantelmi: "Non si parte con il pregiudizio, noi rispettiamo il desiderio del paziente, ma spesso capita che non ci sia rispetto per pazienti che hanno codici diversi". E, tiene inoltre a sottolineare in conclusione lo psichiatra, "non c'e' nulla di clandestino, non c'e' nessun circuito italiano del 'sesso deviato', ne' alcun collegamento nostro con la chiesa cattolica. Non ci sono, in definitiva, teorie 'vetero-complottiste'".

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I gay: noi «malati»? La Binetti è nazista.

Protesta contro l'esponente teodem: il Pd prenda le distanze da queste idee. La senatrice e la «psicoterapia» per omosessuali: penso a chi è fragile.

(Gian Guido Vecchi - Corriere della Sera) La nota dell'Arcigay arriva nel pomeriggio, l'accusa non è mai stata così pesante: «La senatrice Binetti sostiene idee identiche al nazismo, al fascismo e a tutti i regimi dittatoriali di destra e di sinistra che hanno internato e ucciso centinaia di migliaia d'omosessuali, senza che ciò provochi scandalo e presa di distanza da parte d'alcun esponente del Pd; il passo successivo si chiama collaborazionismo ». Lei, la senatrice «teodem» che di professione è neuropsichiatra, a caldo mormora: «Nazista a me? Guardi, io non muoverei un dito per far male a nessuno, non sopporto le discriminazioni né mi preoccupa chi scarica su di me la sua aggressività. Piuttosto mi preoccupano le persone più fragili, che magari vorrebbero andare in psicoterapia. Non vorrei che rinunciassero perché sennò ti prendono per malato o ti fanno il lavaggio del cervello: non è così». Eppure il problema è questo: l'idea che gli omosessuali siano dei «malati». Walter Veltroni ha scritto due giorni fa alla Stampa
che l'idea di Paola Binetti, cioè il «ridurre l'omosessualità a una patologia», è «sbagliata». Lei ha confermato di avere «un'esperienza decennale di omosessuali che si fanno curare ». E l'Arcigay ora dà l'ultimatum al Pd: «Il movimento lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) non può ritenere un serio interlocutore un partito che non ha messo alla porta una senatrice», Paola Binetti, la quale «orgogliosamente propaganda e agisce affinché le persone lgbt siano discriminate e curate ».
Fin qui parrebbe tutto chiaro. Non fosse che la neuropsichiatra dice che no, la faccenda non sta proprio così: «L'unica cosa che desidero, a questo punto, è che si capisca bene ciò che penso. Io non parlo mai dell'omosessualità come un fatto in sé, ma delle persone che in quanto tali meritano la massima considerazione e rispetto, tanto più che capisco il loro disagio: proprio perché in certi contesti l'ambiente non li accoglie o li rifiuta». Ecco, appunto... «Ma io lo so benissimo! Gli omosessuali, come tutti, possono andare incontro ad ansia, sofferenza, depressione, e il disagio sociale o interiore può renderle più accentuate. In questo senso possono desiderare una psicoterapia, come chiunque di noi».
Se un eterosessuale si rivolge a uno psicologo, però, non si dice che è malato in quanto eterosessuale, no? «Certo. Ma io non sto dicendo che l'omosessuale va in terapia per non esserlo più: magari arriva ad accettare la propria omosessualità. Lo scopo della terapia è di mettere una persona in condizione di vivere serenamente con se stessa e gli altri. Conosco diversi psicologi omosessuali che hanno creato gruppi di psicoterapia per aiutare chi ha condiviso la loro sofferenza ». Ma l'omosessualità, per la senatrice, è una malattia o no? «Si è omosessuali per tante ragioni diverse. Non parliamo di una classe di soggetti tutti uguali. Chi è omosessuale per così dire "strutturale" lo resterà tutta la vita. Per altri può essere stata una risposta a contesti esterni. Problemi troppo seri perché li si possa banalizzare».
Lo stesso discorso, dice, vale per le terapie, come quella «riparativa » e contestatissima di Joseph Nicolosi: «Ha un fondamento scientifico nella misura in cui considero l'orizzonte dell'omosessualità assai variegato. Nessuna terapia va bene per tutti. Ci sono situazioni e storie diverse ». Insomma, per Binetti dipende dai singoli casi. «E comunque nessuno, mai, può essere curato se non lo vuole. È sorprendente che mi sia trovata spesso ad essere discriminata in modo violento da alcuni che si impegnano giustamente a difendere il loro diritto a non essere discriminati. Io esprimo una posizione scientifica, punto. Mi si può obiettare. Ma quando dico che un omosessuale può aver bisogno di psicoterapia per stare meglio con se stesso, non lo sto offendendo. L'aiuto è ciò che di più umano ci sia. Tutto qui».

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Nuovo caso di pedofilia: abusi su un disabile di quattordici anni, agli arresti operaio pakistano.

(Il Brescia) All’inizio aveva attirato il ragazzino disabile, suo vicino di casa, con l’inganno: gli aveva dato spago, si era fermato a chiacchierare con lui a lungo, lo aveva fatto giocare. Ma nel giro di alcuni mesi il doppio gioco di un operaio di nazionalità pakistana è venuto a galla: l’aggancio era finalizzato, il divertimento col tempo era stato sostituito con l’assoggettamento psicologico e con lo stupro. Lui 50 anni, il ragazzino 14. L’uomo, H.N. - operaio in un fabbrica della provincia e moglie e figli rimpatriati - ora è stato reso inoffensivo: gli agenti della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Brescia lo hanno arrestato con l’accusa di violenza sessuale aggravata dall’età della vittima, un minorenne per di più con un grave handicap psico-fisico.
L’arresto reso noto ieri risale a qualche giorno prima di Natale: una liberazione per la famiglia del piccolo.

A far scoppiare il caso un educatore sociale che ha saputo captare il disagio dell’adolescente. Alla vista dell’uomo il ragazzino si irrigidiva, piangeva, cercava di scappare. E lui, preoccupato e insospettito, si è sforzato di cogliere alcune parole di sfogo.
L’inchiesta avviata dal pm Marco Dioni non ha tardato a dare riscontri: appostamenti, pedinamenti e foto hanno confermato il peggiore dei quadri sospettati.
Gli abusi avvenivano in casa dell’operaio. E lì si sono concentrate le indagini. Il risultato agghiacciante: lì avvenivano i palpeggiamenti e le violenze sessuali. Tanto che il minore, appena 14enne, aveva maturato una tale sudditanza psicologica nei confronti del pakistano, che gli creava una vera e propria paralisi fisica. Ogni volta avrebbe voluto scappare, ma restava impalato, bloccato. Uno choc che si ripeteva anche dopo gli abusi del pakistano, tanto che il suo aguzzino, una volta sfogato le sue voglie,lo cacciava materialmente da casa spingendolo via. Ciò, naturalmente, - come è emerso da ambienti della Procura - ha favorito la reiterazione degli abusi sessuali e le violenze psicologiche nel tempo.
Una volta chiusa la porta l’operaio pakistano restava solo con il quattordicenne: da anni, infatti, la moglie e i figli sono rientrati a Karachi, sia per la nostalgia della patria, sia per allontanarsi da lui, lasciandogli l’appartamento. Le attenzioni scattavano, puntuali, in camera da letto e in salotto dopo una sorta di corteggiamento. Il ragazzino non veniva picchiato, ma costretto a subire i suoi sfoghi, mascherati all’inizio anche da carezze.

Atteggiamento che non sorprende Giuseppe Magnarapa, neuropsichiatra.
«Rientra perfettamente nella norma», ha precisato lo specialista, «La maggior parte dei pedofili, infatti, non sono violenti. Mimetizzano la loro inclinazione. È per questo che la pedofilia non è sempre sinonimo di violenza sui bambini. Anzi spesso nasce come una spontanea inclinazione verso i bambini. Il fenomeno, però, non va mai sottovalutato. Può precipitare ed esplodere al contrario proprio in eccessi di violenza, in gravi devianze. Che non hanno necessariamente all’origine un disagio sessuale, specie nei soggetti più giovani. È per questo che ritengo giusto che si intervenga, e severamente, pure nei 'semplici’ casi di pedopornografia online. I soggetti interessati, infatti, che nascondono comunque un vojeurismo perverso, una volta segnalati possono essere avviati a terapie precoci. Che quasi sempre ridimensionano le potenzialità di depravazione. A volte basta un medico».

L’educatore nel caso del 14enne disabile ha fatto il suo dovere fino in fondo. L’operaio pakistano da una settimana è rinchiuso in isolamento a Canton Mombello. Per la sua vittima ora comincia il cammino per superare l’incubo.

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Punire gli omofobi?

(Flavia Amabile - La Stampa) Solo chi ha scritto quella pasticciata norma sull'antiomofobia sa davvero se l'errore che conteneva era un calcolo voluto o una svista madornale di tecnici poco addentro ai trattati dell'Ue e alle loro ratifiche. In ogni caso, questo è certo: il 2007 non sarà l'anno in cui l'Italia avrà delle norme antiomofobia. In Francia e in Belgio chi discrimina o compie atti di violenza contro gli omosessuali viene punito, l'Unione Europea nel gennaio 2006 ha raccomandato a tutti i Paesi membri di fare altrettanto ma in Italia se ne riparlerà solo a febbraio. Forse.

Scrivo forse perché il fronte cattolico è agguerrito e non intende cedere. Le norme ora sono tornate all'interno del provvedimento sullo stalking in discussione in Parlamento, quel che accadrà lo si vedrà. L'unica speranza è che un tema così forte e determinante non venga approvato per caso. Che cosa ha in meno l'omofobia rispetto all'aborto o alla fecondazione artificiale o a tutti i grandi temi etici che attraversano la nostra società per entrare da una porta secondaria, come un ladro, come se ci si vergognasse? E sarebbe un passo in avanti come si augurano coloro che sostengono le norme antiomofobia un via libera senza un (più o meno) serio dibattito in Parlamento fra frizzi e lazzi della Lega ma anche fra i bizantinismi degli eredi della dc e le spinte in avanti della sinistra?

Dal febbraio 2005 in Francia esiste l' Alta autorità contro le discriminazioni prevista da una che contiene anche un dispositivo di lotta contro il sessismo e l' omofobia, considerati alla stessa stregua del razzismo. La legge ha previsto un inasprimento delle pene (un anno di prigione e 45.000 euro di multa) per ingiurie e diffamazioni sessiste od omofobe, allineandole, in sostanza, a quelle previste per casi di razzismo e di antisemitismo.

In Italia contro l'omofobia per il momento abbiamo un numero verde.
E i dati sulle chiamate arrivate tra il marzo 2006 e ilsettembre 2007 possono servire a capire se da Milano a Palermo c'è bisogno o meno di norme per punire le violenze contro gli omosessuali. Il 12% delle telefonate arrivano da minorenni che denunciano discriminazioni e violenze in casa o in famiglia. Il 34% ha meno di 24 anni e hanno problemi in casa, a scuola o anche difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. Le discriminazioni sono un po' meno presenti solo nei grandi centri, per il resto sono diffuse in tutt'Italia, da nord a sud, dalla privincia alle periferie delle città. Quasi uno su due denuncia violenze e discriminazioni a scuola, uno su tre ha problemi in famiglia che si risolvono con allontanamento da casa, terapie, limitazioni della libertà. E c'è anche chi viene sottoposto a pratiche esorcistiche per essere liberato dal demone dell'omosessualità....

E allora c'è bisogno o no di punire chi è violento con gli omosessuali?

Vignetta 'Omofobia' - Copyright Blog Diritto di cronaca

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Il pontificato a "due facce" di Benedetto XVI. Attacco cattolico al Papa.

Morte del secolarismo e altre storie.

(Korazym.org) Analisi di un pontificato, che se per un verso mostra netto un orientamento al recupero del ruolo della fede nella società attraverso il dialogo e la chiarezza, d’altra parte ha il volto sfigurato da distorsioni e travisamenti.

Terzo Natale per il pontificato di Benedetto XVI. Terzo, nutrito consuntivo per chi dall’elezione del cardinale Ratzinger al soglio di Pietro racconta e si spinge a intuire il magistero del papa teologo. Intuire, perché capire fino ad avere in tasca la complessità di un pontificato o, peggio, almanaccare, non è dato a nessuno. Tanto più che una buona dose di prudenza la suggerisce la percezione di una certa, sensibile incongruità tra le linee magisteriali riconducibili al pontefice e le mosse portate a segno da alcuni ambienti che gli ruotano attorno.

Spiazzando pronostici e analisi, Benedetto XVI e collaboratori disegnano a più riprese e per vie diverse un pontificato multiforme e complesso. Che ben poco ha della prevedibilità lasciata intravedere dal nodo iniziale della ragionevolezza della fede. Proprio quando sembra che siano i mali del mondo occidentale e post-ideologizzato il solo cruccio del pontefice - tanto da lasciare insinuare il dubbio di una sostanziale debolezza interlocutoria o di disattenzione nei confronti delle Chiese più povere - ecco arrivare il successo del viaggio in Brasile. Sul fronte dell’Estremo Oriente, suscita imbarazzo il parziale silenzio sulla questione birmana (presumibilmente mirato a non compromettere la già precaria situazione dei cattolici in quell’area), ma è indubitabile la vittoria di un sottile, insperato spiraglio di dialogo strappato alle autorità cinesi dell’Associazione Patriottica.

Con il rilancio della messa di San Pio V, Benedetto XVI rinfocola le speranze delle frange più tradizionaliste e impomatate del mondo cattolico, eppure a Loreto conquista con informale naturalezza una valle popolata da 500mila ragazzi. La lectio magistralis di Regensburg lo aveva marchiato della responsabilità di un imperdonabile, epocale errore diplomatico con il mondo islamico, ma è cronaca di questi giorni l’apertura al dialogo da parte di 138 esponenti musulmani. E il direttore della Sala stampa della Santa Sede, p. Federico Lombardi, parla al Tg1 di “passi avanti molto significativi” e del consolidamento di “una voce comune nel mondo musulmano molto responsabile” e “desiderosa di manifestare un impegno ampio e forte per la pace nel mondo”.

Un’erma bifronte, suo malgrado, questo pontificato, che se per un verso mostra netto un orientamento al recupero del ruolo della fede nella società attraverso il dialogo e la chiarezza, d’altra parte ha il volto sfigurato da distorsioni e travisamenti. Che anziché aprire spazi di autentica apertura nel confronto, prestano il fianco a rigidi barricamenti nell’ideologia e a logiche di contrapposizione. Anche – nessuno si scandalizzi – nel mondo cattolico. Valga per tutti un esempio: il numero esorbitante di circostanze in cui del tutto a sproposito e ovunque - dagli interventi accademici più improvvisati ai blog di fans irriducibili – si finisce per citare in giudizio il secolarismo, indefinita e variopinta bandiera di tutti i mali. Il vizio è quello di ogni epoca e di un’umanità mai immune dalla paura: si oggettiva il male e lo si stigmatizza in un grande leviatano per non doverlo cercare al proprio interno.

Così oggi il tanto temuto secolarismo: quello che Benedetto XVI opportunamente e con pertinenza descrive nelle forme di una mentalità razionalistica capace di mutilare le speranze dell’uomo contemporaneo, spesso finisce per approdare alla coscienza pubblica nel terreno di una totale confusione. E lì, caduto nell’ignoranza delle premesse storiche e filosofiche, mescolato al minestrone del “non c’è più religione” e del “ce l’hanno tutti con noi”, muore alla riflessione critica. Per non produrre altro che soluzioni ingenue e facili giudizi, dove non addirittura chiusure degne dei tempi di caccia alle streghe. Storia ironica di un papa onesto e gentile, amante di una fede ragionevole e annunciatore di speranza. E di un pontificato, eletto sempre più a vessillo da chi all’apertura fiduciosa preferisce gli spazi angusti della conservazione.

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Il Piddì tra delusioni laiche e furori clericali. Il Vaticano, l'anomalia italiana e la "questione cattolica".

(Rina Gagliardi - Liberazione) Sulla fondamentale questione della laicità - che poi coincide per larghissima parte con quella della natura dello Stato e dei diritti civili "indisponibili" - il Partito Democratico rischia di giocarsi molta della sua credibilità (e aggiungiamo: delle sue potenzialità democratiche). Lo attestano l'ancora scottante "caso Binetti" (chiamiamolo così), ma anche il dibattito che ne è già seguito e che è destinato a seguirne. Lo dimostrano il disagio evidente che serpeggia nelle file dei militanti, oltre che dei dirigenti, dei deputati e dei senatori ulivisti. Ora, su La Stampa di ieri, Walter Veltroni assume (finalmente?) una posizione chiara: le tesi binettiane sull'omosessualità, assimilate tout court a una malattia da curare, sono "sbagliate e pericolose", dice il leader del Pd. E lo stesso leader ribadisce l'impegno del maggior partito italiano a portare fino in fondo la legge sulle unioni civili, del resto prevista dal programma originario dell'Unione senza alcuna discriminazione nei confronti dell'orientamento sessuale delle persone. Bene, vien da dire. E' pur vero che Veltroni non ha nulla da dire sul mancato voto di fiducia al governo, nonchè sulla ardita architettura di giustificazioni teologiche che la senatrice Binetti ha poi diffuso tramite Il Foglio . E' altrettanto vero, però, che l'impegno laico assunto dal massimo livello del Pd sembra "correttivo" anche della recente (e sconcertante) vicenda romana, nel corso della quale proprio il Pd ha impedito un sostanziale passo in avanti su un diritto civico che, nel comune sentire, ha ormai assunto un carattere "basico". Ma forse la riflessione deve cominciare - o ricominciare - proprio da qui. E lo faremo attraverso un paio di domande, nient'affatto retoriche.

Primo. E' sensato che il Partito Democratico, nato nel 2007 con grandi ambizioni ideali e politiche, rischi di essere, in tema di laicità, un partito assai più arretrato di quel che fu la Democrazia Cristiana? Sembrerebbe un fatto alquanto "illogico", per quanto sappiamo bene che la storia non si è mai basata, in realtà, su un progresso lineare - così come appare quasi una bizzarria che, se il parlamento attuale dovesse legiferare oggi sul divorzio, trentasette anni dopo l'approvazione effettiva della Fortuna-Baslini, nessuna legge divorzista avrebbe la possibilità di passare. Secondo Alfredo Reichlin (che scrive un impegnato articolo su l'Unità di ieri) queste apparenti stravaganze e queste sostanziali regressioni sono il frutto della crisi della politica, e degli sconvolgimenti profondi indotti dalla globalizzazione, che ha macinato "identità" e "consuetudini culturali" profonde, e in conseguenza ha consentito alla religioni la possibilità di occupare un inedito spazio pubblico. Si può convenire, certo, che i processi intervenuti in questi ultimi due decenni hanno drammaticamente indebolito alcuni fondamentali "caposaldi" della sinistra e delle sue battaglie: la disgregazione sociale e culturale che avanza, il mercato mondiale assunto come principio sovraordinatore di tutto, comprese le relazioni interpersonali, la drammatica condizione di insicurezza e di paura che vivono i popoli e i cittadini hanno determinato un vuoto gigantesco, fatto soprattutto di negazione del futuro, nel quale l'ideologia religiosa si è inserita con forza, anzi con prepotenza, riproponendo assolutismi, dogmatismi, certezze, ahimè, a buon mercato. Si può perfino aggiungere che, a tutto questo, ha contribuito anche una coscienza laica debole, troppo spesso incline, appunto, a un "pensiero debole" o debolmente relativistico. Ma, se questo è il complesso orizzonte con il quale bisogna misurarsi senza alcuna iattanza, non è di questo che in verità oggi stiamo discutendo - ma di qualcosa di molto più "semplice" e, se mi è consentito, di molto più pedestre. La globalizzazione ha certo dispiegato i suoi effetti devastanti anche in Paesi come la Spagna, la Francia, la Germania, così come la crisi della politica è fenomeno europeo, e anzi mondiale. Ma in tutti questi luoghi, a noi vicinissimi, i diritti civili su cui l'Italia sta arrancando costituiscono un dato più che acquisito - sono una "normalità" che nessuno mette in discussione, e se mai, come è noto, ci sono Paesi come la cattolicissima Spagna che sono andati ben oltre Pacs, Dico e Cus. E in quale altra regione d'Europa ogni volta che si propone un tema così detto "eticamente sensibile" ci si deve misurare con tanta intensità con le ultime dichiarazioni del Papa, o del cardinal Bertone, o delle alte gerarchie ecclesiastiche?

La risposta, dunque, è anche e soprattutto un'altra: l'"anomalia" italiana, dove ha sede la Chiesa Cattolica (per altro istituzione ecumenica e non certo nazionale) e dove oggi - oggi in specie - la Chiesa stessa ha scelto di concentrare non il suo magistero spirituale, ma il suo interventismo politico - laico, laicissimo, terrestre - e la sua forza di condizionamento. Privilegiando, a differenza del precedente pontificato certo nient'affatto definibile come progressista, i temi "morali" a quelli della pace e della guerra, prediletti dal "reazionario" Karol Woytjla. E archiviando, nella sostanza, la grande rivoluzione del Concilio Vaticano II.
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Seconda domanda: ma perchè questo interventismo politico ha tanta e tale efficacia? Certo, al fondo, per molte delle ragioni sopra ricordate. Ma anche per una ragione che vale la pena di discutere: la scelta del Partito Democratico nel suo insieme (non solo cioè della sua componente cattolica) di considerare come interlocutore privilegiato il potere Vaticano.
Secondo una delle (non buone) tradizioni del Pci, anzi, il rapporto con le alte gerarchie ecclesiastiche (scusate la brutalità: con quelli che comandano nella Chiesa) coincide tout court (ed anzi la esaurisce) con la "questione cattolica". Prova ne sia la formula, secondo noi del tutto fuorviante, che oramai ha ripreso a circolare: quella che divide il mondo in "laici e cattolici" (lo fa anche Alfredo Reichlin nell'articolo citato). Come dire: da una parte i non credenti, gli agnostici, o gli atei, che sarebbero i laici; dall'altra, tutti coloro che professano una fede, e quella cattolica specialmente, che alla laicità non sono ancora pervenuti. Se questa fosse la partizione reale a cui attenersi, certo, non resterebbe altro - ad un partito come il Pd - che lavorare ad un nuovo difficile "compromesso storico", o meglio storico-spirituale, alla ricerca di una sintesi, assai improba, tra queste due distinte e lontane Weltanschaung . Ma non è vero che questa è la partizione giusta e reale: la divisione reale passa (mi si scusi se mi ripeto) tra laici e clericali, tra i sostenitori della laicità dello Stato, qualunque sia la loro fede d'appartenenza, e i nuovi fondamentalisti religiosi, che pretendono di regolare le leggi dello Stato italiano secondo le loro convinzioni. Non occorre, insomma, essere miscredente per essere laico - come avrebbe potuto la Dc, se no, essere un partito sostanzialmente laico? Non è necessario, viceversa, essere iscritti alla Uaar per praticare la tolleranza democratica e il rispetto di ogni condizione diversa dalla propria. Appunto: non solo la gran parte dei cattolici italiani ha maturato una coscienza laica, ma quello che chiamiamo "mondo cattolico" è abitato da convinzioni e pratiche molto diverse tra loro - e spesso molto lontane dal neotemporalismo ruinian-ratzingeriano.

Se si assumesse quest'ottica, la si smetterebbe, chissà, di porsi dilemmi insolubili: per esempio, tra la necessità del rigore laico nell'iniziativa legislativa, ma anche nella dimensione etico-morale, e la necessità, che anche noi riteniamo essenziale, del confrontodialogo con il mondo cattolico, nel suo insieme, nelle sue articolazioni, nelle sue sensibilità.

Anche e proprio sulle questioni morali, la dottrina della Chiesa è stata, nella storia, di straordinaria duttilità. Qualche esempio? Tommaso d'Acquino, che non era proprio un passante nella realtà ecclesiale, considerava l'aborto lecito fino ai primi quaranta giorni di gravidanza, in quanto era al quarantesimo giorno per i maschi (e assai di più per le femmine) che l'anima faceva il suo ingresso nel corpo - e, come è noto, è stato comunque molti secoli dopo che il Vaticano ha dichiarato l'illeceità dell'aborto, segno che per quasi due millenni l'ha ritenuto non condannabile. Il celibato ecclesiastico risale, come norma rigida, alla Controriforma - si dia un'occhiata ai costumi non precisamente casti dei pontefici, dei cardinali e di gran parte dei prelati fino al Rinascimento compreso. Il culto della famiglia così detta "naturale" ha, a sua volta, una codificazione ancora più recente, così come l'ossessione omofobica - e non ha alcun fondamento evangelico (quando sua madre, Maria, andò a cercarlo con i suoi fratelli, non rispose forse Gesù, indicando i suoi compagni di apostolato, "questi sono i miei fratelli?" E quante volte ha ricordato di esser venuto su questa terra per dividere il padre dalla madre, il fratello dal fratello, il figlio dai genitori?). Infine, per arrivare ai nostri giorni, quanti sono nella realtà i cattolici (a cominciare da Pier Ferdinando Casini) che rifiutano l'indissolubilità del matrimonio e accettano il divorzio?

Solo per dire che ieri come oggi la morale cattolica è molto spesso un elastico (contrariamente a quel che accade ad alcuni di noi, non credenti e kantiani), e che anche con questa umana elasticità, in buona o in cattiva fede che sia, va esercitato il confronto. Solo per ribadire che il punto di riferimento esclusivo dei laici, credenti o non credenti che siano, non può esser costituito dalle gerarchie dei potenti, ma deve coinvolgere tutti, da Ratzinger a don Ciotti, anche sì, per costruire il solo spazio comune possibile: quello che contamina fecondamente le identità più diverse, senza consentire a nessuna sopraffazioni, privilegi, spazi precostituiti, rendite di posizione. Questo ci permettiamo di dire anche ai dirigenti del Partito Democratico, se vogliono davvero costruire, come dice Reichlin, "un partito della nazione" e non una post-Dc che oscilla tra delusioni laiche e furori clericali.

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Bacio lesbo tra le sorelle Cruz. Nel video del fratello Eduardo.

(TGCom) Che fossero unite si sapeva, ma non al punto da lanciarsi in bacio lesbo. Monica e Penelope Cruz danno scandalo nel video rock del fratello Eduardo "Cosas que contar". Le due sorelline doppiano un film porno fino ad immedesimarsi nelle protagoniste, rimanendo in lingerie e lanciandosi in baci saffici. Cosa non si fa per rilanciare la carriera dell'adorato fratello visto che il primo disco solista è in circolazione già da un anno...

Il video inizia con Eduardo in macchina con un impresario che lo incoraggia: "E' una buona occasione per te". Cosa andranno a fare? Il mistero è presto svelato: i due arrivano alla casa di produzione "Sweet Films", il nome è già un programma. Eduardo scopre che lì si producono e si doppiano film hard. Nella sala di doppiaggio ci sono due ragazze, Monica e Penelope, che fanno il loro "lavoro" ansimando e pronunciando parole inequivocabili. Nel frattempo Penelope si fa la manicure e Monica gusta un lecca lecca rosso.

Eduardo imbraccia una chitarra e inizia a cantare "Cosas que contar", che così diventa la colonna sonora del film pornografico. All'improvviso poi tutti e tre vengono catapultati come per magia dentro il film a luci rosse. Il cantante suona a bordo piscina mentre passano davanti i protagonisti e le protagoniste della pellicola, le due sorelle stanno al suo fianco con un costume rosso sexy dimenandosi in coreografie e suonano la chitarra elettrica.

Al termine del video vengono trasmesse le scene che hanno fatto discutere. In alcuni fotogrammi Monica e Penelope rimangono in lingerie nera e si baciano come fossero fidanzate. Una trovata "piccante" che cercherà di risollevare la carriera del fratellino Eduardo visto che il suo album "Cosas que contar" è uscito in America Latina lo scorso anno e non sta riscuotendo il successo sperato. Sono proprio 'affari di famiglia'.
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L'Armata Russa di San Pietroburgo sbarca agli Auditorium di Roma e Milano.

(Ansa) Nell'ambito della tournee europea 2007-2008, tornano in Italia coro, balletto e orchestra dell'Armata Russa di San Pietroburgo, l'1 e il 2 gennaio all'auditorium Parco della Musica. Sul palco oltre cento artisti, costumi folcloristici, strumenti tradizionali, un imponente coro di voci maschili ed esibizioni acrobatiche. Il 6 gennaio alle 21 il complesso artistico si esibirà all'Auditorium di Milano.

Il programma e' un dinamico amalgama di musica militare tradizionale - ''Occhi neri'', ''Kalinka'', ''Due file'' -, canzoni popolari e danze che rievocano la vita agreste, amori e battaglie, come la ''Danza ucraina'', la ''Danza dei marinai'' e la ''Danza dei cosacchi''.

Il concerto trae origine dall'insieme di cori e danze nati nel corso dei due conflitti mondiali del XX secolo per alleviare le fatiche dei militari russi al fronte. Diretta da Valerio Tcanchenko, l'orchestra costituisce una delle principali ambasciatrici del folclore e dell'arte vocale dell'ex Unione Sovietica. Informazioni: Auditorium di Roma www.auditorium.com -Tel. 06.80241281. Auditorium di Milano www.lavedri.org - Tel. 02 83389. 201/202/203.

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Milano. Via Sammartini: le famiglie si riappropiano dei palazzi dei "viados".

(Simona Mapelli - Milano 02) Che la zona adiacente alla Stazione Centrale non fosse proprio un posto raccomandabile non era certo un segreto.

Che un amministratore di condominio si sia da solo rimboccato le maniche per ripulire dal racket della droga e della prostituzione un'intera via, mentre il Comune lo stava a guardare senza alzare un dito...bè, ci piacerebbe poter dire che non ce lo saremmo mai aspettati, in realtà non era un segreto nemmeno questo.

Per fortuna esiste ancora chi non demorde all'indifferenza della politica e se crede in qualcosa va avanti. I risultati, alla fine, pagano sempre.

E' successo in via Sammartini al civico numero 33, dove tempo, troppo tempo, un via vai di loschi figuri e clienti abituali aveva preso possesso dell'intera palazzina per scopi non proprio leciti. Sesso a pagamento, appunto, all'interno degli appartamenti e, perchè no, un po' di droga in entrata e in uscita.

Peccato che oltre a sfruttatori, spacciatori, prostitute di ogni genere e preferenza sessuale, nello stesso stabile abitassero anche quattro rispettabili famiglie, costrette a convivere ogni giorno con l'indecenza.

Un anno e mezzo fa ecco la luce in fondo al tunnel, Federico Citarella prende in mano la situazione amministrativa della palazzina e dopo l'orrore iniziale parte all'attacco. Chilometri di lettere ad autorità, prefetto, comandate dei vigili, della polizia e tutte le figure possibili e immaginabili che dovrebbero intervenire difronte all'illegalità dilagante e a un problema sicurezza così evidente per i cittadini. Invece, il silenzio. O risposte ancora più inquietanti come la mancanza di mezzi per intervenire. La soluzione a questo punto poteva venire solo dal buon senso dei residenti.

Per quanto ingiusto hanno messo mano ai propri risparmi per poter alzare un portone di ingresso blindato e installare le telecamere a circuito chiuso. Non è stata certo una passeggiata, ma piano piano i criminali hanno traslocato e le famiglie sono tornate in via Sammartini 33. E dato che di buon senso stavamo parlando, chi ne ha e lo so usare non poteva fermarsi a un semplice paliativo - come invece il Comune avrebbe fatto - così si è messa in moto la macchine delle iniziative.

Con il contributo della Regione Lombardia due piani sono stati adibiti ad uffici dove si tengono corsi per diventare segretarie, prossimamente un'assemblea di quartiere al teatro Sales solleverà l'attenzione sul progetto di condominio orizzontale: un consorzio di tutti gli stabili che si affacciano alla Stazione Centrale per migliorare la qualità della vita nella zona.

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Il velo: un simbolo che unisce (e divide) arte, eros e sacralità.

(Panorama) In un luogo come un ex filatoio di seta, diventato splendido spazio espositivo, cosa ci poteva esser di più attinente che una mostra sul velo? Tessuto di impalpabilità e purezza come il velo delle spose, trama pesante e oscura, se si pensa al burqa, o mantello di blu celestiale sul capo della nostre Madonne classiche, fascinosa eleganza del sari indiano. Un viaggio nella storia di questo indumento così strettamente legato alla femminilità è quello che ci offre la mostra Il Velo nel Filatoio di Caraglio, in provincia di Cuneo, aperta fino al 24 febbraio 2008.

La rassegna è curata da Andrea Busto, e ha un catalogo, pubblicato da Silvana editoriale, che riporta oltre agli interventi più strettamente critici testimonianze di Khaled Fouad Allam, Elena Loewenthal, Igor Man, Younis Tawfik e suor Giuliana Galli.
Un solo indumento, un accumularsi di riflessioni, storiche, politiche, religiose, antropologiche, soprattutto oggi nella controversa disputa sul chador, visto da un lato come strumento di repressione della donna nel mondo islamico, dall’altro proposto come scelta consapevole di valori, in un’epoca di crisi della laicità. Un semplice impalpabile velo fa da spartiacque fra culture e modi di vivere, come il velario di un sipario divide il pubblico dallo spettacolo, ed è proprio dal valore metaforico del velo che inizia la mostra sviluppata in sette sezioni, sette come i teli lievi di tulle che lentamente sfila Salomè nella sua danza davanti ad Erode, tessuti di inconsistente trasparenza che racchiudono il cuore dell’eros.
Dalla prima sezione, dedicata alla tecnica della velatura, quel sovrapporsi di strati del colore per permettere all’occhio di percepire una finta omogeneità cromatica del quadro, si passa alla Memoria e alla traccia che si lascia su un velo, come quello della Sacra Sindone. Il sudario in questo caso s-vela tracce di corpi e di dolore. Christian Boltanski imprime su teli, mediante proiezioni, i volti degli ebrei morti nei campi di concentramento tedeschi e polacchi. Janieta Eyre si avvolge in un lino macchiato e abbandonato su un tavolo, pronto per la dissezione di una lezione di anatomia.
Dalle tracce organiche di morte su telo, al velo da sposa: puro pizzo quello del matrimonio di Grace Kelly; velo candido nei riti religiosi della comunione e del noviziato. Si passa poi alle immagini dell’iraniana Shirin Neshat, fotografa che vive tra New York e il suo paese. La sua donna dal corpo velato, fa sentire come lì sotto quel telo non ci sia solo uno stereotipo femminile, ma un corpo di carne sensibile, al di là del diaframma dei pregiudizi.
Il velo come Soglia di attraversamento è quello proposto da Gonzalez-Torres poco tempo prima di morire di Aids: una tenda di perline, gocce di sangue che uniscono i due spazi nei riflessi.
Nella successiva sezione, dedicata ad Eros e Thanatos, amore e morte sono avviluppati nella foto di Isadora Duncan danzante sul Partenone, seminuda e velata. Le due ultime sezioni Occidentalismi e orientalismi e il Velo globale ci fanno viaggiare nell’esotismo visto con gli occhi dell’Occidente: dall’acquaforte di Picasso Conquistatore e donna marocchina del 1970, a Senza titolo (Burqa) del 1999 di Luisa Valentini, una scultura in lattice, cotone su un manichino metallico: un tappeto più che una donna. Dal grottesco all’arabesco.

LA GALLERY

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Minogue-Williams, rinascita nel 2008. Kylie prepara il tour, Robbie l'album.

(TGCom) Sarà un anno speciale quello che verrà per Kylie Minogue e Robbie Williams, che hanno duettato insieme nel 2000 in "Kids". L'artista australiana, dopo aver pubblicato il disco "X", sta già pensando al nuovo tour che sarà "molto diverso rispetto al precedente Showgirl", ha assicurato. Alla riscossa Robbie Williams che sta incidendo il nuovo cd su cui punta molto dopo il flop di "Rudebox". Il titolo provvisorio dovrebbe essere "Let's Swing Again".

Kylie smentisce così le voci che erano circolate circa la sua volontà di non iniziare la tournée per non affaticarsi in seguito alle cure che ha dovuto sostenere per combattere il cancro. La popstar, che nel 2008 festeggerà i suoi primi 40 anni, sarà anche in Europa per qualche data. "Stiamo mettendo su uno show che vorrei fosse innovativo e rivoluzionario non solo per me ma anche per i miei fan. - ha detto Kylie, come riportato da femalefirst.co.uk - Il mix di suoni che ho sperimentato con il mio album X mi consentirà di spingermi un po' più in là sia con la band che con lo show che vorrei fosse frizzante, esilarante e qualcosa di mai visto".

Il 2008 per Robbie Williams sarà molto importante. Il successo ottenuto dai Take That, tornati insieme senza di lui e stabilmente in testa alle classifiche internazionali, non sarebbe andato giù a Robbie, che si è rimesso al lavoro di buona lena e assicura di aver scritto "le canzoni più belle della sua carriera".

"E' tempo di reclamare la sua corona - svela una fonte ai siti americani - e per farlo Robbie uscirà con un disco che giudica già il migliore di tutti quelli che ha mai pubblica Robbie è certo che il nuovo disco porterà quelle hit che sono mancate negli ultimi anni: ci sarà anche un brano che riuscirà a ripetere il successo di brani come Angels", ha concluso la fonte. L'artista di "Feel" si è liberato del maxicontratto con la Emi ed è quindi pronto a tornare ai fasti di un tempo.

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A 70 anni lotto per mio nuoro.

(Delia Vaccarello - L'Unità) Lottare a settant'anni. Ha iniziato presto Rita De Santis, oggi neopresidentessa dell'associazione dei genitori degli omosessuali (Agedo). Ha iniziato quando si è separata dal marito. «Avevo cinque figli, uno di pochi mesi, gli altri di sette, undici, dodici, quindici. Chiesi al giudice della separazione che i figli dovevano essere affidati tutti a un coniuge. Mio marito non li voleva. E così diventai capofamiglia di un nucleo di cinque maschi». Rita De Santis (Nella foto ultima a destra, da sx Alberti, Vaccarello, Quaranta) è di origine molisana, tre figli sono nati in Calabria, uno a Chieti, e un altro a Napoli. Ma dopo il divorzio decide di andare al Nord. «Parto per mettere una distanza da Napoli e ricominciare con i miei cinque ragazzi. Scelgo il Nord immaginando che per loro sarebbe stato meno difficile trovare lavoro. E in qualità di insegnante di filosofia, con specializzazione in filosofia delle Scienze, chiedo il trasferimento. Ottengo un posto in provincia di Brescia».
La lettera. Per tenere unita la famiglia prende la strada più difficile e ricca: il dialogo. «Ho sempre preferito il dialogo al comando. Eravamo alla fine degli Settanta, il terrorismo e la diffusione delle droghe erano trappole in cui i ragazzi potevano cadere. Decido di parlare in ogni occasione per creare quei legami che avrebbero resistito a ogni minaccia». Ci riesce, i figli crescono uniti. In casa si parla anche di emozioni, di sessualità, nonché di cultura e di politica. Lottare a settant'anni. Ha iniziato presto Rita De Santis, oggi neopresidentessa dell'associazione dei genitori degli omosessuali (Agedo). Ha iniziato quando si è separata dal marito. Alla vigilia dei diciotto anni, il figlio Francesco, undicenne al momento della separazione tra i genitori, le scrive una lettera. «Mi sono innamorato, ho paura che questo mi divida dai miei fratelli, che loro possano non capire». Poi Rita conoscerà il compagno di suo figlio, e vorrà dargli la dignità del nome. Per tutti sarà "il nuoro". . Poi, con la lettera in mano, Rita si ferma. Rilegge una volta, due. Riflette. Finché capisce. Denis è il nome di un ragazzo. Si apre allora dentro di lei il sentiero del rammarico, quella fitta di specialissimo dolore che può colpire i genitori. «Abbiamo sempre parlato di tutto e io non mi sono accorta di nulla, non ho avuto nessuna intuizione. Ma dov'ero io mentre mio figlio soffriva? Rifletto ancora. La società non ci istruisce. Per noi i figli sono tutti etero, fino a quando l'omosessualità non ci tocca direttamente. Allora li chiamiamo diversi. Ma non c'è nessuna diversità, nessuna enormità. È amore e basta». Rita De Santis è sempre stata di sinistra. Ma quando combatte il pregiudizio sui «diversi», si riferisce ai tanti che ancora, anche a sinistra, vedono gli omosessuali come una «categoria» a parte e non come cittadini senza diritti. «Il diritto per me è sacrosanto. Votai per l'aborto all'epoca del referendum, per fornire a chi lo volesse un diritto di scelta. Ma nella mia vita non ho mai scelto l'aborto. Adoro i bambini, non avrei potuto rinunciare a nessuno dei miei cinque».
Il dialogo. Parla con quel quinto «disperato», e lo rassicura. «Riunirò i tuoi fratelli, non temere. Nella nostra famiglia non cambierà nulla». Rita Riflette. «Il coming out di Francesco non era rivolto a me, sapeva che da me sarebbe stato accolto, ma era rivolto alla famiglia, lui non voleva nessuna spaccatura. Allora parlo con i miei quattro, li trovo un po' perplessi, presi da quel disorientamento che io non mi ero permessa, perché l'amore di mamma non mi dava scampo». Francesco intanto va a vivere in Liguria, e poi si trasferisce a Londra. Rapito dalla passione degli arei, ottiene un lavoro alla British Airways. E torna a casa con il suo nuovo amore, Robert. Rita prepara i suoi ragazzi. E intanto pensa: come lo presenterò in famiglia? Cosa dirò alla nuora dell'altro figlio, alla mamma di lei? Chi sarà per loro Robert?
Un posto in famiglia. «La nostra è una famiglia allargata. Il mio secondo figlio ha sposato una donna che aveva due figli, che a loro volta si sono già sposati. La figlia del mio primo ragazzo ha sposato un giovane albanese. Siamo una di quelle famiglie che cambiano. Ma non cambia il desiderio di essere uniti». Robert e Francesco esprimono il loro amore. «Mi colpisce la delicatezza di Robert, non rincasa mai senza un fiore di campo, petali che poi ho trovato nei libri, sopravvissuti a tutto. Quando si salutano hanno sempre uno sguardo dolce, una carezza». Rita comprende che la relazione non è solo sessuale, come la parola «omosessuale» impropriamente suggerisce. E la filosofa che è in lei, la donna che ama le nascite, commossa dai modi di Robert la spinge a coniare un nome: Il nuoro.
Il nome. «Nella mia famiglia avevano tutti una collocazione, persino il patrigno, Robert invece non aveva un nome, oltre a quello di battesimo. E da qui nasce una mancanza. Se non sei nominabile, non esisti in società. Non tanto nel rapporto a due, ma nella famiglia più allargata che è già una società. Allora lo chiamai dinanzi a tutti: mio nuoro». Rita scrive un libro sul nuoro (vedi scheda sotto). Poi Robert e Francesco si separano. E per qualche tempo di Robert Rita non sa nulla. Finché arriva una telefonata. Un interprete l'invita a un incontro con i genitori di lui. Robert è morto, ma nel testamento ha lasciato le sue volontà: desidera che «Il nuoro» venga pubblicato. Il libro vede la luce. Attraverso quelle pagine Rita e Robert continuano a parlare, questa volta al mondo. «Quando nel ‘96 vado a Milano per saggiare la distribuzione del libro, incontro Paola Dall'Orto ed entro in Agedo». Paola Dall'Orto ha fondato e presieduto l'associazione con coraggio e illuminazione. Di recente, arrivato il momento di cedere il testimone, non può, insieme agli altri, non pensare a Rita.
La Speranza. «Entrare in Agedo per me ha voluto dire la speranza. Oggi dico ai nostri parlamentari: ho cinque figli, perché quattro devono essere di serie A e uno di serie B? Non mi rivolgo ai preti, anche se vorrei tanto dialogare con loro, poiché non condividiamo lo stesso principio. Mi rivolgo ai rappresentanti dello Stato Laico di cui sono cittadina». Rita dialoga, e riflette. «Noi dovremmo avere un nuovo vocabolario per nominare le famiglie che cambiano. Anche per le cosiddette ragazze madri non c'è ancora un nome. Non avere nome significa non avere valore sociale. Vuol dire andare a scuola e non poter parlare del partner del proprio genitore se si tratta di omosex, anche se è un uomo tanto amato». Francesco stringe una relazione con un uomo, Andrew, che ha due figli, negli stessi mesi nascono una nipotina di Francesco e un bimbo figlio del figlio di Andrew. «Francesco ha comperato a entrambi i neonati un tappetino a forma di tartaruga, su cui distendersi e giocare. Lo stesso dono. Sono uniti dalla piccola tartaruga, segno dell'amore di Francesco. Ma chi è Francesco per il nipote di Andrew? Nessuno». Perché nasca un essere alla vita sociale degli affetti ci vuole un nome. Il diritto al nome è il diritto al posto in famiglia. «Voglio che l'Agedo si rafforzi, che si tessa una grande maglia tra tutte le associazioni che lottano per i diritti negati», dice Rita. E sa che lottare per il nome è lottare per il nuoro.
Per quel mandato che Robert le ha lasciato in eredità. «Rita, ti prego, dialoga con il mondo. In nome dei tanti amori senza nome». In nome di Robert.

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Poliamor. Nuova battaglia di civiltà?

(Innoxius) Che dire, temo che anche questo cosiddetto poliamor finirà per diventare agli occhi delle sette ego-libertarie una battaglia di libertà, di civiltà e di laicità. Certo, occorrerà pure che lo Stato assistenzialista legalizzi questo nuovo stravagante avanzamento della società, che faccia diventare normale questa "naturale" tendenza, no? Che vogliamo fare altrimenti, i soliti oscurantisti retrogradi indottrinati dal clero cattolico che fanno rimanere l'Italia indietro rispetto a cotanto progresso? E come potrebbe chiamarsi un eventuale tipo di contratto per queste nuove convivenze, Pams (patto multiplo di solidarietà)?

Non c'è niente da fare, è la sconfitta dell'etica, dell'etica umana, prima di qualunque etica religiosa. Spero che gli amici libertari riescano a capirlo: si sta andando alla legalizzazione di qualunque trasgressione, ben sapendo che accettata una trasgressione, ne nascerà un'altra. E' così che va in pezzi, per esempio (e non ditemi che non c'è un nesso logico perché c'è eccome), la scuola italiana, con questa incontrollata trasgressione del bullismo, per giunta pubblicizzata in diretta dagli schermi di You Tube. E, c'è da crederci, finiremo con la distruzione della società, dell'ordine, del kosmos, per finire in un totale caos. Manca soltanto che si dia il via anche qui, come già fatto nei Paesi Bassi, al partito dei pedofili; ma magari diranno che l'hanno fatto anche per la causa di qualche sacerdote, così con la mazziata ci becchiamo pure la beffa...

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Chiesa e Pd. Bertone a Veltroni: "Il Pd non mortifichi i cattolici".

(La Stampa) Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ha chiesto, in un recente incontro con Walter Veltroni, che «i cattolici non siano mortificati» nel Partito democratico. Lo rivela lo stesso porporato in un’intervista a "Famiglia cristiana" (che uscirà il 6 gennaio) nella quale giudica un «incidente di percorso» l’inserimento di una norma antiomofobia nel decreto sulla sicurezza. Con Veltroni, spiega il "primo ministro" del Papa, «ho auspicato che i cattolici non siano mortificati nel nascente Partito democratico e che ci si ispiri alla tradizione dei grandi partiti popolari, che avevano un saldo ancoraggio nei principi morali della convivenza sociale».

Quanto al più generale tema dei cosiddetti "valori non negoziabili", Bertone afferma: «È stato un anno molto impegnativo per i cattolici italiani. L’ultimo, diciamo, incidente di percorso è stato l’inserimento di una norma antiomofobia nel decreto sulla sicurezza, argomento del tutto diverso. La posizione della Chiesa non è partigiana, ma corrisponde al diritto naturale. Il partito comunista di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, non avrebbe mai approvato le derive che si profilano oggi. Grandi intellettuali comunisti e socialisti che ho conosciuto personalmente avevano una visione laica ma morale, cioè credevano in un progetto morale ed etico autentico».

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Sesso e incontri nel web. Dagli appuntamenti online delusioni e speranze come da quelli reali.

(Reuters) I siti di incontri online rinnovano le speranze delle donne per quanto riguarda amore e sesso ma possono riservare delusioni molto simili a quelle della vita sentimentale reale.
E' quanto rivela una recente ricerca canadese.
Susan Frohlick, docente di antropologia all'università di Manitoba a Winnipeg, ha detto che le donne che ha intervistato ottengono un senso di maggior responsabilità dalle esperienze di amore online.
Tuttavia le intervistate dimostrano anche chiaramente di volere ancora che sia l'uomo a fare il primo passo.
"Le donne pensano che sia uno strumento utile entrare nel mondo degli appuntamenti online, che sia sicuro e che ciò permetta loro di essere un po' più coraggiose di quanto non sarebbero in un incontro faccia a faccia", ha detto Frohlick a proposito della ricerca che ha cercato di capire come le donne over 30 considerano il mondo degli incontri online.
"Ma allo stesso tempo, devono fare i conti anche con la frustrazione per il fatto che a quanto pare Internet non è poi così diverso dal classico incontro di persona", ha spiegato.
Tra le lamentele, il fatto che la maggior parte degli uomini cerca donne molto più giovani ma anche il fatto che ci sono uomini che "ritoccano" il proprio aspetto, mentono sulla loro condizione o che dimostrano scarso interesse nel far decollare la relazione anche al di fuori di Internet, secondo quanto riferito dalla docente.
"Non c'è molta differenza tra il mondo virtuale e quello reale", spiega Linda, 33 anni, professionista di Toronto.
"E' triste e frustrante allo stesso modo".

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Coppie di fatto: la patata bollente dei Dico scotta ancora nel 2008.

Piazza Farnese, a Roma, piena per la manifestazione a sostegno del disegno di legge sui Dico | Ansa
(Panorama) Non piacevano i Pacs (i Patti Civili di Solidarietà: leggi qui e qui), la prima ipotesi di regolamentazione delle coppie di fatto. Sgraditi anche i Dico (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi), contro cui si era sollevata la crociata del popolo del Family day del 12 maggio scorso. Dispersi tra i faldoni delle proposte di legge del Parlamento anche i Cus, ovvero i contratti di unione solidale, secondo il testo presentato dal presidente della commissione Giustizia del Senato Cesare Salvi (Sinistra Democratica), dovrebbero tornare alla ribalta nei primi mesi del 2008. Di fatto, finisce il 2007 e l’Italia ancora non riesce a dotarsi di una legge che regolamenti diritti e doveri delle coppie conviventi, non dello stesso sesso.

E non è detto che ci riesca nemmeno l’anno prossimo, almeno sentendo gli umori di maggioranza e opposizione, di cui si fa portavoce il ministro della Famiglia, Rosy Bindi: “I Cus, contratti di unione solidale, non troveranno la maggioranza in Parlamento, anche a causa di alcuni profili incostituzionali”. E non c’entra il risentimento della Bindi, che con la collega Barbara Pollastrini aveva buttato giù, l’8 febbraio scorso, il disegno di legge sui Dico ora sostituito dal testo Salvi. L’analisi è squisitamente politica: “Il Governo ha fatto il suo dovere, ma il Parlamento è sovrano”. Una lettura che non lascia scampo alle interpretazioni: da Palazzo Chigi il diktat è di “lavarsene le mani”, in modo che il disegno di legge (osteggiato dal Vaticano, dall’opposizione e da ampie fette cattoliche della maggioranza: i teodem confluiti nel Pd e i Mastellani del Campanile) non metta a repentaglio il già traballante esecutivo. Basta sentire il ministro della Giustizia, a proposito della clamorosa bocciatura al comune di Roma del registro per le unioni civili, per averne conferma: “La sinistra voleva dare uno schiaffo al Vaticano e pure ai cattolici ma non c’è riuscita. Erano in gioco dei valori, i nostri valori e dunque era necessario tenere il punto come abbiamo già fatto in Parlamento”.
Argomento buono per scaldare gli animi in campagna elettorale, i Cus (o Dico che dir si voglia) sono diventati un tema scomodo quando si è trattato di trovare maggioranze e convergenze attorno a una proposta in grado di superare gli attuali schieramenti parlamentari. Le ultime notizie che si hanno sulla proposta risalgono a inizio dicembre, quando i Cus di Salvi hanno superato lo scoglio del comitato ristretto della Commissione Giustizia e dei 1500 emendamenti. E nonostante le associazioni di omosessuali, i socialisti di Boselli, i radicali di Bonino, Sd, Rc, Pcdi, Verdi, una parte consistente del Pd abbiano già cantato vittoria, l’iter è ancora lungo e travagliato. Secondo lo stesso presidente Salvi: “È ragionevole prevedere che il Senato esaminerà i Cus all’inizio di febbraio”. E allora se ne vedranno delle belle: la maggioranza sui diritti dei conviventi rischia palesemente il divorzio. Esattamente come lo ha rischiato sui capitoli della Finanziaria, del pacchetto sicurezza e della riforma del welfare. Con la differenza che, arrivando in Aula dopo la verifica d’inizio anno chiesta a Prodi dalla Sinistra-Arcobaleno, e con la manciata di voti di vantaggio che il premier vanta a Palazzo Madama, il Prof. non potrà più lavarsene le mani e sperare nel senso di responsabilità degli alleati di sinistra.

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Gay village per Capodanno "esplode" all'Alpheus.

(Tuzone) Lo staff del Gay Village di Roma ha organizzato una mega festa per festeggiare come si deve il Capodanno. La festa si svolge presso la discoteca Alpheus, a partire dalle 9 di sera fino alle 9 del giorno dopo. Di vario livello le offerte per l’ingresso: prevendita Formula Deluxe da 22,00 € con l’ingresso in discoteca + spettacoli vari + torrone + panettone/pandoro; prevendita Formula Exclusive da 100,00€ contiene fino ad esaurimento posti con cenone nel privèe con lo spettacolo streep tease e musica dal vivo + ingresso in discoteca + prosecco + panettone/pandoro + torrone a volontà; ingresso al botteghino 30,00 € con ingresso in discoteca + spettacoli vari + prosecco + panettone/pandoro + torrone a volontà. Per tutti i guisti e tasche. L’ Alpheus live music e discoteque è uno spazio diverso, multiforme. Sei sale di varie dimensioni, cinque bar, giardino anche d’inverno, l’Alpheus è grande negli spazi e nelle possibilità: 3.000 mq divisi in sale e zone alternative, separabili o integrabili, con una capacità globale di 2500 persone. Gli spazi si trasformano, si integrano, vivono a seconda degli eventi che ospitano: un sistema di pareti a scomparsa e porte scorrevoli e la molteplicità degli ingressi permettono di utilizzare la dimensione più adatta. La musica, non solo live, spazia nelle molteplici sonorità caratterizzando di volta in volta le diverse manifestazioni che vi si svolgono. Gli eventi più importanti che il locale ospita sono Gorgeous, il gay party più esclusivo di Roma, durante il sabato sera; i concerti e i Djs di Radio Rock, il Venerdì; concerti rock, etnica, popolare, jazz, metal, dark e gothic, il giovedì e la domenica; tango argentino e milonga, la domenica; M-Artelive, la manifestazione studentesca più importante di ITALIA, che abbraccia tutte le forme artistiche, il martedì; teatro e jazz il mercoledì; festival di percussioni e danze africane; concorsi e rassegne per musicisti emergenti; saggi delle principali scuole di musica romane.

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Esorcisti, stregoni e cartomanti - Il mondo sommerso dei guaritori di gay.

Nessuna strada è rimasta inesplorata, nessun rimedio è stato sottovalutato pur di trovare una via d'uscita, pur di far tornare i "malati" alla normalità: l'eterosessualità, ovviamente.

(Davide Vari - Liberazione) Guaritori, taumaturghi, stregoni e sedicenti psicologi. Sono tanti, tantissimi i presunti guaritori di gay. E tante, tantissime le persone che hanno subito pratiche e terapie più o meno stregonesche per guarire dalla propria omosessualità. Elettroshock, esorcismi, psicoterapie, farmacoterapie: nessuna strada è rimasta inesplorata, nessun rimedio è stato sottovalutato pur di trovare una via d'uscita, pur di tornare a vivere una vita sessuale "normale". E qual è questa normalità? L'eterosessualità ovviamente.

Su tutte la storia di un ragazzo nato e vissuto in un piccolo borgo campano - la storia è ripresa dal bellissimo blog "Vecchi Froci, Cronache di vita a tarda età, eventualmente gay" - che dopo tanto indugiare decide di rivelare alla famiglia la propria omosessualità. A quel punto il padre lo porta subito dalla psicologa, una brava psicologa che cerca di lavorare sulle paure e i pregiudizi dei genitori. Loro, delusi, non si arrendono e decidono di provare con uno psichiatra nella speranza di trovare qualche difetto organico che giustifichi quella strana malattia. Ma il ragazzo è fortunato - poteva andargli davvero male - anche lo psichiatra cerca di convincere i genitori che quel figlio è normale, normale come tutti gi altri.

Ma il papà non molla e porta quel figlio degenere e vizioso da un prete che consiglia due cose: il suo corso per il recupero degli omosessuali - «perché noi sappiamo come riportarli sui binari giusti» - e un esorcismo. Come si possa arrivare a queste situazioni limite ben più diffuse di quanto si creda, lo spiega bene lo psichiatra Vittorio Lingiardi nel suo libro "Citizen gay".

Insomma, storia antica quella dei guaritori di gay. Sembrava una moda statunitense e invece abbiamo scoperto che queste pratiche di guarigione sono arrivate anche in Italia, come sa bene il movimento Lgbtq e come ha scritto su questo stesso giornale Aurelio Mancuso, presidente dell'Arcigay. Lo schema è sempre lo stesso: un gruppo di psicologi che propone la terapia di guarigione, il sostegno più o meno esplicito delle organizzazioni cattoliche e la rete di associazioni di familiari e amici.

Una di queste è l'associazione "Agapo, Associazione Genitori e Amici di Persone Omosessuali" (www.agapo.net). Un gruppo di "filantropi" che non considera l'omosessualità una malattia - questo non lo ammetterà mai nessuno pubblicamente - ma che comunque rivendica il diritto di provare a riorientare la sessualità dei devianti: «Riteniamo abbastanza irrilevante la questione se l'omosessualità sia o meno una malattia - c'è scritto nella home page del sito - ma non possiamo negare la sofferenza di molte persone con questa condizione psicologica e crediamo che nessuno abbia il diritto di negare a queste persone il diritto di essere aiutate». Aiutate per un motivo molto semplice: la società non accoglie gli omosessuali ma li emargina provocando loro sofferenza e solitudine. Quindi, è meglio - più economico e pratico - guarire il gay piuttosto che lavorare sulla discriminazioni che si generano nella pancia del nostro Paese.

Comunque l'associazione Agapo non ha dubbi: malato non sei, ma in ogni caso noi ti offriamo una terapia di guarigione. Ed è proprio questo il lavoro più grande di queste associazioni: mantenere un filo di ambiguità tale da non essere smascherati nella loro omofobia e nello stesso tempo proporre una via di "salvezza" al malcapitato di turno: «Siamo un gruppo di genitori con figli omosessuali - c'è scritto sempre nel sito di Agapo - Abbiamo dovuto constatare che dal momento che i nostri figli sono entrati nei "circuiti" del mondo gay, si è aperta, o si è allargata, una profonda spaccatura all'interno della propria personalità». E cosa debbano fare questi benedetti figli per essere finalmente rispettati Agapo lo ha ben chiaro: devono guarire; ri-orientare la propria omosessualità e guarire. «E' significativo che etimologicamente sessualità derivi dal latino secus, che significa tagliare, separare, attinente a ciò che distingue l'uomo dalla donna». Tutto il resto è sbagliato. Sbagliato per tanti buoni motivi che gli omosessuali, in quanto preda delle proprie insane pulsioni ignorano: «Nell'amore tra due persone dello stesso genere molto facilmente la ricerca del diverso perde il suo senso e l'amore finisce in delusione»; «due persone dello stesso sesso non sono fisicamente complementari e pertanto non possono avere un rapporto d'amore completo. Nei casi in cui si ignori questo fatto - come in determinati casi nei rapporti tra uomo e uomo - ciò è spesso all'origine di malattie infettive, logorazioni fisiche e mutamenti della personalità non desiderati».

E chi c'è dietro queste pratiche terapuetiche? Tra gli altri il dr. Bruto Maria Bruti, psicoterapeuta e medico dentista odontoiatra. Proprio così, medico dentista e anche odontoiatra. In confronto il professor Cantelmi, quello della terapia riparativa, è Sigmund Freud. Ecco, il dr. Bruti è convinto - e lo scrive sulla rivista "Cristianità" - che i rapporti omosessuali producono infelicità: «vengono ridotti a una prestazione, fruiti con modalità simili a quelle ossessive e con comportamenti sostanzialmente masturbatori». E gli omosessuali, da parte loro sono «alienati» e «più esposti all'Hiv anche con l'uso del preservativo». Ma soprattutto, di omosessualità si può guarire: «Dalla letteratura scientifica si ricava che circa un terzo dei pazienti omosessuali, che si sottopongono a un'idonea terapia riparativa, guarisce». Solo solo alcuni esempi di un mondo sommerso di cui, di tanto in tanto, affiora qualche traccia, qualche brandello pestilenziale.

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Insulti e silenzi: un brutto anno per la comunità gay.

Quanto affermato dalla senatrice Paola Binetti prima di Natale, relativamente all’inchiesta del giornalista di Liberazione che, dichiarando ad un prete la propria omosessualità è stato invitato e condotto a farsi curare, non può cadere nel dimenticatoio.

(Cristina Alicata - L'Unità) Dalle pagine di un giornale, la senatrice difendeva Cantelmi, presidente dell’associazione psicologi e terapisti cattolici, associazione che, in Italia, cura l’omosessualità e in cui era finito anche il reporter, affermando che egli svolge un ottimo lavoro, che l’omosessualità è uscita dalle malattie dell’Oms perché la lobby gay è potente e che le indicazioni terapeutiche affermano il contrario, cioè che gli omosessuali sono malati.

La censura mediatica intorno ad un reportage che avrebbe dovuto finire non solo su qualche pagina di giornale, ma persino nei titoli delle televisioni, ha fatto sì che anche le gravissime dichiarazioni di una senatrice della Repubblica, le ennesime, non avessero risonanza. Non mi sembra questo uno di quei casi per cui per non dare pubblicità a colui a cui si vuole ribattere, non si debba rispondere.

Mi aspetto che il ministro della Salute contraddica con forza queste aberrazioni che non trovano davvero alcun riscontro medico. Sarebbe anche opportuno verificare l’esistenza di queste strutture mediche e denunciarle pubblicamente, alla stregua di quanto si è fatto con le attività di Vanna Marchi, attività che approfittano di pregiudizi e dell’ignoranza di tante famiglie che non sanno gestire un figlio adolescente omosessuale, e lo portano in cura. E mi aspetto che l’Ordine dei medici espella Paola Binetti e insieme a lei tutti i medici implicati in questa brutta storia.

Aveva ragione qualcuno che nei giorni scorsi affermava che il problema della laicità del Pd non è Paola Binetti, ma il Pd stesso. C’è un limite a tutto: mi aspetto che il segretario del partito della Binetti, questo Partito Democratico che si richiama ai valori della Costituzione, prenda provvedimenti. La gravità e grettezza delle affermazioni di una senatrice della Repubblica nel resto d’Europa sarebbe confinato a qualche partito folcloristico di estrema destra. Sappiamo bene che cacciare Paola Binetti, significa, con molta probabilità, fare cadere il governo. Ma ci sono dei principi che non sono negoziabili. Se domani un senatore del Pd si alza a dire che gli ebrei sono una razza inferiore o che i neri non possono prendere l’autobus, lo teniamo perché al Senato altrimenti andiamo sotto?

Mi aspetto che il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di Capodanno, si ricordi della delusione della comunità omosessuale dell’anno 2007, in buona parte causata ed aggravata dalle offese di questa senatrice, perché solo le istituzioni possono difenderci da questa discriminazione che oltre ad essere sociale, spesso è anche familiare, difesa che non può che passare per il riconoscimento delle nostre famiglie, e per una buona legge, che comprenda il reato di opinione, contro l’omofobia e la transofobia. Non dimenticando che il vero nodo della laicità è proprio la questione omosessuale, questione su cui si misura la vera forza dello Stato.

Ogni silenzio, ogni tatticismo, ogni imbarazzo su questo argomento, rende ognuno di noi responsabile dei suicidi di tanti adolescenti, ultima la piccola Loredana qualche giorno fa. Ci rende responsabili delle molte aggressioni che la comunità subisce in adolescenza come in vecchiaia.

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La Befana regala una calza, al Bioparco.

befana al bioparco(06 blog) Anche quest’anno la vecchina più famosa e generosa, la befana, a cavallo della sua scopa porterà tanti dolcetti, sorprese (ma anche carbone) ai più piccoli. Anzi in occasione del 6 gennaio, la Befana in persona regalerà a tutti i bambini in visita al Bioparco una calza. Dalle 9.30 un gruppo di animatori mascherati da animali, insieme alla Befana, accoglierà i bambini all’ingresso del giardino zoologico e li divertirà con giochi, quiz e storie.

Poi, dalle 12.00 elle 15.00 nella Sala degli Elefanti si svolgerà un concerto di musica per bambini e adulti a cura della Lotta’s Band con esibizioni intervallate da animazione. Alla fine, ci sarà il momento più atteso dai piccoli ospiti: la consegna delle calze a tutti i bambini.

Le attività sono comprese nel prezzo del biglietto di ingresso del Bioparco. Se stampate questa pagina avrete, però, uno sconto di 2 euro per l’acquisto di un biglietto intero. Per informazioni contattate il numero 063608211.

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Un pornocrack scagliato contro Facebook.

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Bellezze: Thiago Alves.


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Terapie "riparative" e omosessualità. Parla la presidente dell'Ordine degli psicologi del Lazio.

Zaccaria: «La terapia riparativa non esiste. L'ordine interverrà».

(Liberazione) Marialori Zaccaria, presidente dell'ordine degli psicologi del Lazio e membro del consiglio nazionale, ha appreso con sgomento l'esistenza delle pratiche terapeutiche per "guarire dall'omosessualità". «Leggendo l'inchiesta di Liberazione emerge uno spaccato che va contro il codice deontologico della nostra professione». Ed ancora: «Arriveremo fino in fondo a questa storia e accerteremo eventuali responsabilità di colleghi psicologi». Insomma una presa di distanza netta e decisa nei confronti di chi applica terapie medioevali.

Dottoressa Zaccaria, a quanto pare ci sono suoi colleghi che vanno in giro a guarire dall'omosessualità. Che ne pensa?
Prima di tutto ci tengo a sottolineare il fatto che il professor Cantelmi è uno psichiatra e non uno psicologo.

E sulla terapia riparativa? Che validità scientifica ha?
Le terapie riparative non esistono. E' come se un eterosessuale seguisse corsi terapeutici per diventare omosessuale. L'articolo 4 del nostro codice disciplinare parla chiaro: lo psicologo deve rispettare il diritto del paziente astenendosi dall'imporre il proprio codice di valori. Insomma, non deve esserci alcuna discriminazione in base alla religione, l'etnia, l'estrazione sociale, lo stato socio-economico, il sesso, l'orientamento sessuale e la disabilità.
C'è chi sta chiedendo interrogazioni parlamentari per chiedere l'espulsione degli psicologi coinvolti. Come ordine farete qualcosa?
Accerteremo senz'altro eventuali responsabilità.

A quante pare le terapie riparative hanno molti "pazienti", come spiega questo fenomeno?
Purtroppo le persone che hanno un diverso orientamento sessuale vivono ancora tante discriminazioni sociali. Una discriminazione che di per sè crea disagio. Quindi chi ha difficoltà pensa di risolvere le cose rivolgendosi a chi promette strane guarigioni. Voglio però ribadire che la "terapia riparativa" dell'omosessualità non esiste. Già un secolo fa Freud sosteneva che l'omosessualità non è una malattia. Chi dice il contrario dice una falsità scientifica e noi interverremo con una segnalazione alla commissione deontologica. Nello stesso tempo è evidente che bisogna organizzare eventi informativi e formativi adeguati.

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Rocco Siffredi, ecco il reality. Le giornate dell'ex divo hard su Fox.

(TGCom) Un reality su Rocco Siffredi. La vita quotidiana dell'ex divo dell'hard messa a nudo dall'occhio delle telecamere. Dal suo entourage non arrivano conferme, ma la notizia circola da giorni: Rocco Siffredi è in trattative con Fox America per realizzare un programma tv che racconti le sue giornate. Non è dato sapere ancora quando verrà trasmesso su Fox America.

Dal 1984 ha fatto la storia del porno: 1300 i flim hard che lo hanno visto protagonista. Rocco Siffredi ha fatto sesso con circa tremila partner sul set, dichiarando anche a Le Iene che la sua scena più lunga è durata "otto ore". Ha lavorato con le più belle e celebrate dive del porno: da Cicciolina ad Anita Blond, da Simona Valli a Barbarella.
Nel 2004 ha detto basta. Aveva annunciato che a 40 avrebbe smesso e Rocco è stato di parola. Ora si dedica soltanto alla regia, dove sta ottenendo numerosi riconoscimenti e grande successo dal suo fedele pubblico.
Niente più nudo, al massimo una passeggiata in slip a bordo piscina, nel famosissimo e censurato spot delle patatine, dove le sue parole ricche di doppisensi fecero arrabbiare il Moige, che ottenne lo stop di una delle pubblicità più apprezzate dai giovani. Già nel 2006 si era ventilata una sua partecipazione all'Isola dei Famosi. Siffredi era entusiasta di affrontare l'avventura da naufrago, ma poi non se ne fece nulla.

Nello stesso anno, è uscita un'autobiografia: Io, Rocco. Centottanta pagine per raccontare che cosa provava e chi era il giovane Siffredi, mentre faceva la storia del porno.
Ultimamente l'ex attore hard ha deciso di lanciarsi nella moda: gli abiti della Rocco Rocks saranno presentati il 9 gennaio a Firenze, in occasione di Pitti Uomo.
Attualmente è sposato con un'ex collega ungherese, dalla quale ha avuto due figli, di 11 e 8 anni. Recentemente Siffredi ha dichiarato in un'intervista: "Sogno di diventare un uomo normale. Uno che non pensa al sesso femminile appena apre gli occhi la mattina". Per scoprire se ci riuscirà, basterà seguirlo su Fox.

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Gb: Kylie Minogue e Sir Ian McKellen tra i 972 decorati dalla Regina.

(Agi) La popstar australiana Kylie Minogue, Sir Ian McKellen, il Gandalf del 'Signore degli anelli' e il genetista scozzese Ian Wilnut, padre della pecora "Dolly" sono i nomi piu' noti della lista dei 972 sudditi di Sua Maesta' che domani riceveranno una decorazione da Elisabetta II. La Minogue potra' fregiarsi del titolo di 'Officer of the Order of the British Empire' (OBE), lo stesso ottenuto dai Beatles nel 1965, un vero e proprio scandalo all'epoca per l'estabilishment britannico con tanti generali e ambasciatori che restituirono l'ambita medaglia Sir Ian McKellen sara' 'Companion of Honour', un ordine che premia risultati eccezionali ottenuti nel campo delle arti, scienze, politica e dell'industria di cui fanno parte solo 65 persone in tutto il Commonwealth. McKellen, 68 anni, grande interprete shakespeariano, difensore della causa gay ha ottenuto l'ambito riconoscimento per "gli eccezionali risultati come attore e anche per il suo impegno a sostegno della causa della diversità" Wilmut, infine, da domani otterra' l'ambitissimo 'cavalierato' ('knighthood', nulla a che vedere con l'italico e inflazionatissimo titolo di cavaliere), che gli consentira' di fregiarsi del titolo di Sir. Le decorazioni e le onorificenze sono concesse dalla regina ma i nomi sono decisi dal primo ministro e questa sara' la prima di Gordon Brown.

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Amici di Maria. Per la prima volta parla Formica: “Io gay? Chiedetemelo”.


(River-blog) Eva 3000 sta seguendo da tempo le vicende della scuola di Amici, cercando di “scavare” dietro all’immagine che i ragazzi presentano alle telecamere. Dopo che un suo giornalista ha intervistato, in esclusiva, le mamme di Francesco Mariottini e quella di Mattia de Salve, è stata la volta di Luca Barbagallo, che fatto un mezzo coming out. Adesso è la volta di Sebastiano Formica che, per la prima volta (e, aggiungo io, non senza qualche difficoltà e bastone tra le ruote…), ha accettato di parlare della sfida persa e del suo presunto innamoramento verso Francesco Mariottini.

Sul prossimo numero di Eva3000, in edicola lunedì 31 dicembre - e che River anticipa in parte ora -, in un pezzo dal titolo “L’ira degli esclusi“, alla domanda “ma tu sei gay?”, Formica risponde: “Chi vuole saperlo, me lo chieda“, salvo poi aggiungere che “a Siracusa certe cose destano preoccupazione e in Italia, se un attore si dichiara, può avere problemi sul lavoro“. Quanto ad un innamoramento verso Mariottini (Cassandra, durante una lezione di recitazione sbottò, rivolta a Sebastiano: “Io e te amiamo la stessa persona”), Formica dice: “Non lo amo. E’ solo un grande amico“. Sulle polemiche che hanno accompagnato la sua uscita dalla scuola (secondo alcuni dettate dal fatto che Cassandra avesse implicitamente dichiarato la sua omosessualità), Formica glissa: “Se così fosse, sarebbe gravissimo. Non si può mandare via uno perché è gay“. Sempre su Eva, inoltre, parla anche Mattia de Salve, ballerino 18enne recentemente eliminato: “In quella trasmissione - dice - vanno avanti solo le persone che fanno polemica“.

Per quanto ne so io, se c’è una cosa che manda in bestia gli autori sono i ragazzi eliminati che, una volta usciti, sputano nel piatto da cui hanno mangiato.

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