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martedì 25 marzo 2008

Don Gelmini: Chiesto rinvio giudizio.

Nessun avviso ufficiale ancora giunto ai difensori del sacerdote.
(Ansa) La Procura di Terni avrebbe chiesto il rinvio a giudizio di don Gelmini per presunti abusi sessuali su ex ospiti della Comunita' Incontro. Nessun avviso del provvedimento e' comunque finora giunto ai difensori del sacerdote. Riserbo assoluto anche da parte degli inquirenti, e nessun commento da parte dello stesso don Gelmini e dalla Comunita' Incontro di Amelia. Il sacerdote e la struttura hanno annunciato che intendono rimanere in silenzio finche' il provvedimento non sara' ufficiale.

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Patacche. Paola Concia: Boselli sa che non fu Veltroni a bloccare il registro delle Unioni civili.

(Apcom) "Capisco che siamo in campagna elettorale e l'esasperazione dei toni sembra d'obbligo. Ma Boselli sa bene che non fu Veltroni a vietare l'istituzione del registro delle Unioni civili a Roma". Lo afferma Anna Paola Concia, candidata alla Camera e portavoce del Tavolo omosessuali del Partito Democratico.

"Quella vicenda, purtroppo, è stata figlia di uno scontro politico. E come noi omosessuali sappiamo bene, quando i nostri temi diventano disputa politica non facciamo nessun passo avanti verso l'acquisizione di diritti fondamentali", aggiunge Concia.

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Tel Aviv. Gay palestinese potrà vivere con il proprio fidanzato israeliano.

(Agi) Storia d'amore intensa e alternativa con lieto fine (nonostante il teatro fosse tra i piu' pericolosi e ostili del mondo): dopo otto anni d'attesa, un gay palestinese ha ottenuto il permesso di vivere a Tel Aviv con il suo fidanzato israeliano. Il giovane ha 33 anni e vive nella zona di Jenin, in un ambiente -quello palestinese- poco favorevole alle relazioni omosessuali, tanto meno con partner israeliani. Steso un velo di segretezza sui nomi dei protagonisti, la storia e' stata raccontata dal quotidiano israeliano 'Yediot Ahronot'. Anni fa il palestinese aveva inviato un lettera al ministero dell'Interno per chiedere il permesso di trasferirsi in Israele e vivere con l'uomo -un ingegnere informatico 40enne- che e' il suo partner da otto anni. Ma secondo 'Yediot Ahronot', finora non aveva ricevuto alcuna risposta. Finche' l'omosessuale palestinese non ha deciso di scrivere direttamente al generale Yossef Mishlav, coordinatore militare in Cisgiordania e a Gaza, chiedendo un permesso speciale e temporaneo: la sua vita -spiegava nella lettera- era in pericolo dopo che la sua famiglia aveva scoperto la relazione omosessuale. Di solito e' praticamente impossibile per i palestinesi che vivono in Cisgiordania ottenere il permesso di viaggio in Israele. E invece, con un 'via libera' decisamente raro, il generale Mishlav gli ha consenti di raggiungere il fidanzato a Tel Aviv. Il giovane, che e' stato interrogato anche dallo Shin Beth sulle sue intenzioni, dovra' rinnovare l'autorizzazione ogni mese, in attesa del permesso definitivo del ministero dell'Interno. Nonostante la temporaneita' del permesso, la coppia sembra molto felice: "Sono malato di cuore e ho bisogno del mio partner accanto", ha spiegato al quotidiano israeliano, il giovane israeliano. Adesso i due vivranno insieme a Tel Aviv, la citta' mediorientale piu' tollerante con l'omosessualita', teatro ogni anno di una colorata e vivace sfilata dell''orgoglio gay'.

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Lina ci ricasca coi "lavori di mano", ancora sesso al Grande Fratello.

La dottoressa del «Grande Fratello», all'oscuro della polemica che la sta travolgendo fuori dalla casa, si è nuovamente lasciata andare con il cummenda Roberto Mercandalli. È successo stanotte, attorno alle 5: le immagini andate in onda su Mediaset Premium sono eloquenti.

(Ivan Roncalli - Tv sorrisi e canzoni) Lina Carcuro ci è «ricascata». La dottoressa del «Grande Fratello», all'oscuro della polemica che la sta travolgendo fuori dalla casa, si è nuovamente lasciata andare con il cummenda Roberto Mercandalli. È successo stanotte, attorno alle 5: le immagini andate in onda su Mediaset Premium sono eloquenti, così come le esclamazioni dei due, anche se il «GF» ha subito oscurato le telecamere. Il dibattito su queste «leggerezze» non tende a placarsi, dopo che la notizia lanciata da «Sorrisi» è rimbalzata su tutti i media: l'Ordine dei Medici di Napoli, al quale la concorrente è iscritta, intende discutere la sua condotta nel prossimo Consiglio direttivo. Ieri sera, durante la diretta del «Grande Fratello», la stessa Alessia Marcuzzi ha preso le difese di Lina, chiedendo all'Ordine di non sanzionarla perché bisogna considerare il contesto in cui si trova la ragazza. Nel frattempo ha preso posizione anche l'Aduc, l'Associazione degli utenti e dei consumatori, che in seguito a questo episodio ha sottolineato «la necessità di abolire le corporazioni come l'Ordine dei Medici», e anche l'Anpa, l'Associazione dei Giovani legali italiani, ha solidarizzato con Lina: «se l'Ordine la sanzionasse apparirebbe come una corporazione medievale». Il pubblico è diviso, e lo si scopre sfogliando i commenti su blog e siti internet. C'è chi dice che «l'Ordine dovrebbe occuparsi di malasanità e non del «"Grande Fratello"» e chi si schiera a favore del provvedimento «perché se hanno sospeso una professoressa, che gira video sexy fuori dal proprio lavoro, lo stesso vale per una dottoressa che compie certi gesti in pubblico». Non resta che attendere il verdetto dell'Ordine dei Medici, dopo che Mediaset avrà spedito a Napoli la videocassetta con l'accaduto.

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Coppie di Fatto, Gay e omossesuali sempre più riconosciuti in Europa. Legge o direttiva Ue?.

(Aprile online) Un lungo percorso, quello del riconoscimento delle coppie di fatto e degli omosessuali, partito dall'Olanda nell'aprile del 2001 con la normativa che consente a gay e lesbiche di sposarsi e anche di adottare dei figli.


Nel 2003 è stata la volta del Belgio con una legge che permette il matrimonio tra omosessuali, ma non l'adozione. E ancora: nel 2005, la Spagna di Zapatero ha approvato una legge che non solo legalizza il matrimonio omosessuale equiparandolo a quello tra eterosessuali, ma consente anche le adozioni. Sempre dal 2005 anche in Polonia vige una legge sul matrimonio gay. Ma il matrimonio non è l'unico modo per veder riconosciuta la propria unione sentimentale dallo Stato e a partire dal lontano 1989 la Danimarca, primo paese in assoluto in Europa, ha riconosciuto un'unione registrata tra omosessuali ufficializzata con una cerimonia civile.

Dopo 10 anni è arrivata anche la Francia che, nel 1999, con il Pacs (patto civile di solidarietà), ha approvato una soluzione che accomuna coppie dello stesso sesso, ma può anche riguardare unioni di fatto tra coppie di amici. Nel 2000 è stata la volta della Germania con una legge sulla 'vita in comune' tra gay. Nel 2002 la Corte costituzionale ha inoltre stabilito che i matrimoni tra omosessuali sono compatibili con la Costituzione e nel 2004 ai conviventi è stato riconosciuto il diritto di adozione congiunta. Sempre dal 2004 in Lussemburgo è in vigore la cosiddetta 'partnership registrata' applicabile a tutte le coppie che garantisce diritti simili, per quanto riguarda welfare e fisco, a quelli delle coppie sposate. Tre anni prima, in Portogallo sono state approvate due leggi che hanno disciplinato e le situazioni giuridiche della economia comume e delle 'Uniao de facto'.

Tornando del Nord Europa, in Svezia, il Parlamento ha approvato nel 1994 la legge che regolarizza la convivenza tra omosessuali e dove le coppie registrate, dal 2002, possono adottare bambini provenienti da altri paesi.
In Austria, dal 2005, le coppie gay possono firmare un accordo di unione alla presenza di un notaio. La Camera dei deputati della Repubblica Ceca, nel 2006, ha approvato una legge sulle unioni registrate per le persone dello stesso sesso. In Finlandia è in vigore dal 2002 una legge per le unioni civili che garantisce la maggiorparte dei diritti che acquisiscono le coppie eterosessuali che si sposano con il matrimonio civile. E' invece del 2005 il 'Civil Partnership Act', che riconosce alle coppie dello stesso sesso la possibilità di vincolarsi in un'unione registrata simile al matrimonio, ma, da un punto di vista giuridico, molto diverso.

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Sexy Shock un altro porno è possibile: “Fatti il tuo film porno”. Le ragazze del porno accanto.

Un tempo l'industria dell'hardcore e le femministe erano nemici giurati. Ma ora una nuova generazione di attiviste vuole colpire il nemico dall'interno.

(Cristina Petrucci - La Repubblica XL) La pornografia è la teoria, lo stupro è la pratica», dicevano le femministe negli anni 60 e 70. Da allora, però, molte cose sono cambiate. L’americana Annie Sprinkle, pornostar e femminista, è stata la prima a suggerire e a mettere in pratica l’idea che la liberazione delle donne potesse passare anche attraverso l’industria dell’hardcore. La sua amica e collega Candida Royalle, poi, ha fatto anche di più, creando nel 1980 Femme Productions, la prima compagnia che produce film erotici creati da e per le donne. Ora il loro messaggio, “Fatti il tuo film porno”, sta ispirando tutta una nuova generazione di artiste e attiviste del “grrl power” in Usa ed Europa. A cominciare da due ragazze spagnole. Águeda Bañón e María la cui missione è andare in giro per il mondo a tenere workshop sulla pornografia e il femminismo.

Le “aspiranti pornostar” imparano tecniche e pose da ripetere poi di fronte a una telecamera. Nulla a che vedere con quello che si trova nei film porno classici, ma neanche in quelli cosiddetti alternativi come l’italiano Mucchio Selvaggio, diretto da Matteo Swaitz dove, al di là dell’ambientazione underground e della presenza dei rapper Club Dogo e Truceklan e della suicide girl Violetta Beauregarde, si vedono gli stereotipi maschilisti e le scene tipiche dei prodotti più commerciali.

Per fortuna, però, qualcosa di nuovo si sta muovendo anche nel nostro paese: «Abbiamo deciso di riappropriarci di pratiche erotiche e sessuali che di solito vengono considerate offensive o pesanti per le donne», racconta Elena, proprietaria di Betty & Books, il primo sex shop aperto in Italia da un collettivo femminista, il Sexi Shock, nato all’interno del centro sociale TPO di Bologna. «La decisione di vendere dei sex toys viene proprio da questo percorso. Ci siamo accorte che al collettivo venivano donne che ci chiedevano oggettistica di vario genere, da qui la decisione di aprire un negozio. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non vengono ragazze o donne “alternative” ma proprio ragazze “normali”, soprattutto lesbiche giovanissime dai 18 ai 25 anni». Ai tradizionali sexy shop così poco invitanti, per non dire squallidi, si stanno dunque affiancando timidamente negozi “women friendly”, pensati appositamente per il pubblico del gentil sesso. Libri, giocattoli erotici, cataloghi d’arte, riviste internazionali, abbigliamento e accessori. Paradossalmente, vi si può trovare di tutto tranne i film porno: «Le nostre clienti ce li chiedono ma purtroppo il tipo di distribuzione che arriva in Italia è solo commerciale, da cui il porno al femminile è completamente escluso. Quindi non ne vendiamo perché non ci danno sufficienti garanzie contro lo sfruttamento delle ragazze o sull’uso dei preservativi».

Ancora una volta, la risposta è “Do It Yourself”: «A ottobre abbiamo inaugurato una serie di workshop chiamati ConSensuality per insegnare a giocare con gli oggetti che vendiamo e con la pornografia», ci spiega Elena. «La parola chiave è “safe sex”, sesso sicuro, sia per la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, ma soprattutto per scoprire quali sono le nostre reali fantasie e condividerle con il o la partner». Gli argomenti sono dei più vari, dal burlesque al bondage, dal fisting all’uso dei sex toys. L’idea è che qualsiasi fantasia sia legittima, a patto che vada di pari passo con la consensualità. «Per esempio, se si vuole fare del bondage (ovvero, l’arte di legare, nda), ci sono delle cose che bisogna sapere sulla circolazione sanguigna. Esplorando le fantasie relative all’atto di legare o essere legate, si lavora anche sul concetto di potere. Abbiamo dovuto fare un discorso lungo un’ora per spiegare che legare non è un gioco di potere e che c’è una netta separazione tra sadomaso, sessualità e bondage».

Tra tutte le insegnanti che hanno partecipato ai workshop, abbiamo incontrato Daniela Crocetti, un’italoamericana di 32 anni laureata in antropologia del corpo, queer performer, “mental masturbator” e che dal 1995 pratica fisting vaginale. A vederla così, con il faccino dolce e pulito e la voce appena percepibile, non diresti mai che si tratta dell’insegnante più richiesta.

«Quando parlo di fisting (letteralmente “fist” significa pugno) vaginale, percepisco che in quasi tutti gli ambienti questa pratica viene considerata hard, invece non si fa niente senza elaborare i rapporti tra le persone. Soprattutto il fisting non si fa se la persona non è davvero rilassata. Quindi, il primo passo è demistificare il fisting vaginale come una pratica violenta e imparare a farlo in maniera piacevole. Anche perché parlare di queste pratiche», continua Daniela, «permette di concentrarsi sulla sessualità delle donne e non sul fallo. Che si tratti di sesso etero o omo, l’obiettivo è sempre il piacere delle donne. E questo è un atto altamente politico, ma soprattutto è un modo per insegnare agli uomini a scopare bene».

Da Bologna ci trasferiamo a Roma, dove recentemente sono nati molti sex shop women-friendly, dal centralissimo MistyBeethoven, nel rione Monti al raffinato ZouZou che organizza per le sue clienti il “Sensual Date”. Si tratta di serate a domicilio stile “Signorine Avon” in cui tra uno spuntino afrodisiaco e la presentazione dei prodotti si potranno acquistare luxury sex toys, lingerie ricercate e creme che aumentano l’eccitazione femminile. Ma è la recente apertura di Tuba nel quartiere del Pigneto ad aver scosso la cattolicissima capitale. Già perché le ragazze del bazar dei desideri hanno aperto il loro negozio con dei finanziamenti pubblici scatenando le ire più conservatrici. Nell’ultimo anno, poi, anche i centri sociali della capitale si sono dedicati alla pornografia. Al Forte Prenestino, per esempio, in occasione dell’ultima edizione del festival Crack! Fumetti dirompenti, è stato organizzato un seminario di due giorni dedicato alla costruzione di oggetti erotici come vibratori e dildi. «La pornografia è un’industria come tutte le altre e quindi sottostà a quelle leggi, abbassamento della qualità dei prodotti e sfruttamento della manodopera. Sicuramente è un mercato che guarda principalmente al pubblico maschile, non nella sua componente hardcore, ma nella rapidità in cui si esauriscono le situazioni seduttive, nella trama dei film sempre poco ironici e molto gonfiati».

A parlare è Maria, una delle organizzatrici dei workshop che sono stati tenuti dalle spagnole del collettivo Bricolaje Sexual. «Facendo questi seminari ho capito che ci sarebbe un bel mercato femminile per la pornografia, a patto che la si faccia finita con i soliti stereotipi. Bisogna capire che le fantasie femminili sono hardcore come quelle maschili. Giochi di ruolo e situazioni limite sono eccitanti per noi come per i maschi. Questi workshop sono a misura di chi vi partecipa: una cosa che ti costruisci da sola è un pezzo unico fatto su misura, controlli la provenienza dei materiali che sono tutti riciclati. Ognuna di noi ha portato da casa vecchi elettrodomestici rotti che abbiamo smontato e poi usato per farci dei vibratori. Abbiamo unito competenze di tipo maschile come la saldatura, con i “classici” lavori femminili tipo ago, filo e latex».

Un modo, insomma, per giocare, conoscersi, costruire oggetti e produrre film tra donne con l’obiettivo di riprendere il controllo su un immaginario troppo sfruttato commercialmente e pensato solo per un pubblico maschile. Almeno, fino ad ora...

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