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sabato 29 settembre 2007

In Iran non ci sono omosessuali...

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Ravasi: «Milano capitale di una moda porno chic».

(Il Giornale) Monsignor Gianfranco Ravasi, da poco nominato presidente del Pontificio Collegio della Cultura, si è congedato dalla «sua» Milano. E partendo per Roma non ha rinunciato a «bacchettare» la città nella quale ha trascorso 18 anni come Prefetto della Biblioteca Ambrosiana: «Milano è capitale solo della moda. Una moda esteticamente discutibile, al confine fra insulsaggine e vuoto, per la quale mi sembra azzeccata la definizione del lusso data dallo studioso Gilles Lipovetsky: un fenomeno porno chic. Essere oggi capitale di questa moda non mi sembra un gran risultato» ha detto Ravasi in un’intervista pubblicata dal settimanale Panorama, in edicola oggi. A chi gli chiede cosa manca a Milano per essere capitale della cultura, il Monsignore ha risposto: «Mancano i colpi d’ala del passato, la grande tradizione non sembra ancora aver trovato eredi adeguati al compito. Mi sembra che Milano riposi placidamente su un’amaca, mossa in modo poco percettibile dalla lieve brezza che deriva dalla sua tradizione».

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Serata hard per il "gay pentito" Alessandro Cecchi Paone.

(4minuti.it) C'è aria di guai per Alessandro Cecchi Paone, pizzicato da un paparazzo dela rivista "Di tutto" in un locale piuttosto equivoco alla vigilia della ua partenza per l'Honduras. Il conduttore è stato fotografato mentre palpeggia una modella legata a un palo da lap-dance, mettendole poi un bicchiere di vodka ghiacciata sui capezzoli. Insomma, una vera e propria inversione a U per il divulgatore scientifico, che si è professato gay fino a poco tempo fa, con dichiarazioni come: "Le due persone che mi eccitano di più eroticamente? I due fratelli Cannavaro".

Intanto, dall'Isola dei Famosi, Lisa Fusco dice: "Altro che gay! Mi è sempre intorno, dicendomi che ho un bel sedere. Una volta gli ho chiesto se era davvero omosessuale e mi ha risposto: 'Non si può mai dire'".

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Quel che si nasconde nella figura di Minosse.

(Il Manifesto 28 settembre 2007) "Anticipiamo il testo della conferenza che il restauratore della tomba di Giulio II e del Mosé michelangiolesco terrà oggi al Campidoglio. Vi si racconta della controversia circa l'identità nascosta nella figura del Giudizio Universale, riprodotta qui accanto. Un sonetto del tempo vi vide il figlio del papa

Antonio Forcellino
Una delle leggende più tenaci che Giorgio Vasari ci ha tramandato su Michelangelo Buonarroti riguarda la figura di Minosse dipinta ai piedi del Giudizio Universale nella cappella Sistina, tra il 1534 e il 1541. Secondo Vasari Michelangelo aveva dato al suo Minosse le sembianze di Biagio da Cesena, il maestro di palazzo di papa Paolo III, che accompagnando il pontefice in una visita al pittore, aveva criticato i troppi nudi presenti nel dipinto. Benché l'episodio non venga menzionato nella biografia di Ascanio Condivi, scritta sotto il controllo diretto di Michelangelo dopo la prima edizione delle Vite di Vasari, la leggenda ha resistito fino ai giorni nostri, a testimonianza eclatante della terribilità di Michelangelo, così insofferente alle critiche da risolversi a immortalare in una animalesca caricatura uno dei personaggi più influenti della corte pontificia.
Ma nella Biblioteca Vaticana è conservato un documento, di fatto considerabile ancora inedito, dal quale si apprende che l'identità nascosta nella figura di Minosse nulla avrebbe a che vedere con Biagio da Cesena. Quel documento è un sonetto anonimo, rubricato tra le Pasquinate diffuse a Roma nel 1544, ad appena tre anni dalla rivelazione al pubblico del Giudizio Universale: una fonte di prima mano, dunque, per comprendere tanto il clima in cui Michelangelo dipinse il suo capolavoro quanto la ricezione cui andò incontro.

La voce degli intellettuali
Contrariamente a quanto voleva la leggenda che degradò la sua voce a quella di una fonte popolare, Pasquino si faceva tramite di uno spirito critico assai spietato e assai diffuso, che filtrava le parole di intellettuali attivi e bene informati sugli affari della corte pontificia. Generalmente prendeva di mira principi e cardinali, ma negli anni che ci interessano era soprattutto la famiglia papale a ritrovarsi investita dalle sue parole. Il sonetto dedicato alla pittura del Giudizio testimonia quale fosse, già allora, l'importanza pubblica dell'affresco e quale la notorietà raggiunta da Michelangelo sulla scena sociale romana. Biagio da Cesena vi compare identificato come uno dei morti dipinti sulla parte inferiore del Giudizio, mentre la figura di Minosse viene letta come una allegoria dei sodomiti violenti.
Almeno la metà dei sonetti ingiuriosi scritti contro la famiglia papale denunciano i suoi componenti come degli stupratori, e a Roma nessuno poteva avere dubbi, al tempo, sul fatto che anche il sonetto di Pasquino alludesse a un personaggio di primo piano della famiglia di Paolo III, peraltro oggetto in quegli stessi giorni di accuse fin troppo esplicite. Quel personaggio era Pierluigi Farnese, il figlio primogenito del papa, responsabile di avere stuprato il giovane vescovo di Fano, Cosimo Gheri, provocandone la morte. Un episodio che l'umanista fiorentino Benedetto Varchi, peraltro omosessuale e accusato di pedofilia, trovò particolarmente difficile raccontare; quando si risolse a farlo, queste sono le parole che scelse: «Pierluigi cominciò, palpando e stazzonando il vescovo, a voler fare i più disonesti atti che con femmine far si possono e perché il vescovo tutto che fosse di poca e debolissima complessione si di natura, e si per l'astinenza che faceva si difendeva gagliardamente». Nonostante gli sforzi della corte papale per nascondere il delitto, la verità venne a galla e lo stesso Pasquino non la smetteva di insistere sull'argomento, tornando a farsi portavoce della indignazione che si era diffusa a Roma a causa della prepotenza della famiglia papale. Le sue accuse, sintetizzate nei versi di un secondo sonetto che dice «Perché il patron di castro Pierluigi/ squarciò il quaderno al pastorel di Fano», traducono in termini diretti e brutali le circostanze che la storia «alta» lasciava filtrare con estrema cautela, anche se nessuno a Roma dubitava ormai che l'orribile Minosse dell'Inferno michelangiolesco fosse la trasfigurazione di un sodomita violento, e che Pasquino lavorasse a consegnare i misfatti del figlio del papa alla massima pubblicità. Del resto, neppure il filologo Marucci, il primo a inserire, nel 1983, la versione integrale del sonetto in una raccolta di Pasquinate, ebbe mai dubbi sulla identificazione tra Minosse e Pierluigi Farnese. Detto questo, bisogna anche ammettere che, con ogni probabilità, Michelangelo non ebbe mai l'intenzione di alludere con il suo Minosse né a Biagio da Cesena né al figlio del papa, fatto che non rappresentò un deterrente per il furbo Pasquino, il quale colse in quella associazione l'opportunità di rendere l'infamia dei Farnese altrettanto eterna che la fama del dipinto. Ma mentre elaborava i versi con cui avrebbe legato la pittura più famosa del mondo al ricordo del delitto più odioso del tempo, non sembra avesse fatto altrettanti conti, però, con la raffinata macchina censoria della Chiesa, capace di cancellare in poco tempo e per sempre ogni traccia di quello e altri delitti.
Erano mesi drammatici, mesi nei quali il papa stava giocando una partita definitiva per l'avvenire della Chiesa cattolica e, fatto egoisticamente più importante ancora, per la propria famiglia. Stava per aprirsi, infatti, a Trento il Concilio Universale, che proprio sotto la scaltra guida di Paolo III, e di suo nipote il cardinale Alessandro, avrebbe chiuso ogni possibile confronto con le istanze di rinnovamento teologico provenienti dal nord, con la conseguenza di separare definitivamente l'Italia dalle regioni protestanti. Sempre a quel tempo, e per la precisione nell'agosto del 1545, suscitando uno scandalo più universale ancora di quello provocato dal Concilio appena avviato, il papa riuscì a staccare dallo stato della Chiesa due città fiorenti come Parma e Piacenza, allo scopo di creare il ducato di Pierluigi, suo figlio. La propaganda cattolica si rivelò abilissima nell'invalidare le denunce contro i Farnese, e riuscì a metterle a tacere sostenendo che veicolavano niente altro se non le invenzioni dei protestanti.
Se Pasquino aveva tentato nel 1544 di legare il misfatto di Pierluigi Farnese al dipinto del Giudizio Universale, sei anni dopo, con la pubblicazione delle Vite, Vasari provvide a rescindere quel legame, proponendo con il suo aneddoto l'identificazione di Minosse con Biagio da Cesena, il segretario di palazzo. Si sarebbero dovuti attendere gli inizi del secolo scorso perché il sonetto riaffiorasse negli scritti del massimo storico del papato Ludwig Von Pastor, che lo menzionò senza peraltro pubblicarlo.
Dopo di lui, un altro studioso, Deolecio Redig de Campos, nel 1944 esaminò il sonetto e vi trovò conferma all'aneddoto raccontato da Vasari, ma nemmeno lui lo pubblicò ritenendolo troppo licenzioso. Nessuno degli studiosi venuti dopo, tra quelli che si occuparono del Giudizio Universale e della sua ricezione, sembra avessero preso visione del sonetto. Tutti davano per scontata l'interpretazione di de Campos, che nel 1964 tornò ancora a occuparsi del sonetto arrivando a proporlo come conferma della tesi di Giorgio Vasari: vi vide dunque ribadito ciò che il sonetto con chiara evidenza esclude. Anche in questa occasione, tuttavia, i versi non vennero pubblicati, fatto davvero molto singolare se si pensa che tutti i documenti diretti e indiretti che riguardano Michelangelo erano stati via via resi pubblici e alcuni di essi esibiscono ben altre crudezze e oscenità di quelle contenute nei versi di Pasquino.

Una questione controversa
Torno a dire che è del tutto legittimo avanzare dubbi sul fatto che Michelangelo, dipingendo il serpente mentre morde in un gesto di evidente castrazione i genitali di Minosse, intendesse realmente alludere al misfatto di Pierluigi Farnese. Così come si può legittimamente discutere sul fatto che Pasquino mirasse, con il suo riferimento al «quaderno squarciato», a rappresentare il misfatto di Pierluigi Farnese. Resta tuttavia inequivocabile che furono in molti a Roma, nel 1544, a ritenere fondate l'una e l'altra allusione, soprattutto perché qualche mese dopo la diffusione di quel sonetto, Pierluigi Farnese - diventato duca di Parma e Piacenza - espropriò Michelangelo dei proventi di una dogana sul Po, assegnatigli da Paolo III per remunerarlo della pittura del Giudizio, e lo gettò così in un grande sconforto. Anche qui, una domanda è quanto meno opportuna: fu soltanto l'avidità del primogenito del papa a suggerirgli l'ennesima prepotenza, o fu l'irritazione per la vicenda sollevata dal furbo Pasquino? Quel che è certo è che Michelangelo ignorò tanto le critiche quanto le ritorsioni e in quello stesso anno si dedicò a dipingere nella Cappella Paolina, a pochi metri dal Giudizio, i suoi angeli ostinatamente nudi."

COSI' DISSERO I VERSI DI PASQUINO
Questo è il sonetto conservato nella Biblioteca Vaticana e datato al 1544, che si inseriscenel dibattito scatenato a Roma dal disvelamento del Giudizio Universale. Letto all'interno della produzione satirica apparsa sotto il nome di Pasquino, il riferimento a Pierluigi Farnese nella figura del Minosse avvolto dal serpente è esplicito.

Giuditio di michel Agnol fiorentino sonetto
o voi che riprendete, l, fiorentino
considerate un poco la pittura
vedrette che sta ben ogni figura
Nella capella di Giesù Divino
Sta Santa chaterina a capo chino
Nuda si come fecce la natura
E 'Altri Santti stanno con misura
A, mostrar, i lor culi a don Paulino:
Il coglion di cesena come Pazzo
Sta con li muorti per suo mal governo
Tutt'ascosto in'un certo cantonazzo
Un altro sta ligato nel inferno
Con'una serpe che li morde il cazzo
Per peccato di rompere il quaderno:
per questo In sempiterno
Cristo condanna, i bugironi, Al foco
E, star con una serp'Al tristo loco.

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Sandler: Se fossi gay, Non mi piacerebbe uno come me.

(Repubblica.it) Se fossi omosessuale non proverei alcuna attrazione per uno come me’. Parola di Adam Sandler che, dopo il suo ultimo film ‘Vi dichiaro marito e… marito’, nel quale interpreta un pompiere che si finge gay insieme a un suo collega per poter sottoscrivere un’assicurazione sulla vita, ha chiarito di non sentirsi un idolo per il mondo omosessuale.

‘Se posso aiutare in qualche modo l’universo gay in qualcuna delle sue battaglie, saro’ ben lieto di farlo — ha detto — ma non credo per questo di essere diventato un’icona del movimento. Sono solo un attore che ha avuto l’obiettivo di fare un film piacevole e che non offendesse nessunò. Scherzando poi sulle scene girate a letto con il suo partner nella pellicola, Kevin James, Sandler ha detto: ‘Non e’ stato male…Solo strano, non ero abituato.

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Un altro sguardo sull’omosessualità. Un rabbino racconta la sua esperienza .

Traduzione e lavoro redazionale curato da Roberto Pavan, segnalato da Newsletter Ecumenici.
Questo scritto è tratto da un più ampio articolo di Rabbi Harold Schulweis, rabbino presso la sinagoga Valley Beyth Shalom di Encino (California) appartenente al movimento conservatore, in cui racconta la sua esperienza con le persone omosessuali che gli hanno chiesto aiuto e di come egli abbia trovato le giuste risposte, per la loro accoglienza, all’interno della tradizione ebraica. Un punto di vista, il suo, molto diffuso nell'ebraismo conservatore ed in accordo con i principi del movimento ebraico riformato.

I Maestri dell’Era Talmudica dichiaravano che due scapoli potessero dormire sotto la stessa coltre poiché gli ebrei non sono sospettati di omosessualità. (Kiddushin 82/a). Forse che questi Maestri abbiano trattato l’omosessualità come un tempo noi [ebrei, n.d.T.] trattavamo la droga, l’alcolismo, gli abusi familiari, dichiarando che quelli “non erano problemi dell’ebraismo”? (…)

Molti anni fa la questione dell’omosessualità era per me di interesse puramente teorico. Sapevo che esistevano gli omosessuali ma personalmente non ne conoscevo neanche uno. Ovunque essi fossero, erano ben nascosti, fuori dalla vista e dal pensiero.

In questi ultimi anni, hanno perso il loro anonimato. Si sono rivolte a me persone in carne ed ossa, visibili ed udibili con volti, occhi, labbra. Sono usciti dalla disperazione delle loro vite appartate per rivelare loro stessi. Perché si sono rivolti a me? Io non sono un loro genitore. Ma i genitori sono le ultime persone con cui parlerebbero. Provano troppa vergogna e hanno paura.
Si sono rivolti a me perché sono un rabbino e perché rappresento l’etica e la legge ebraica.
Sono venuti da me perché qualcuno di loro mi ha sentito parlare di Dio, amore, compassione e giustizia, durante le mie lezioni o dal pulpito. Mi hanno sentito insegnare che il principio base del Giudaismo è il nostro credo che Dio ci ha creati nella Sua immagine divina.
Loro non si sentono affatto creati ad immagine di Dio. L’esatto opposto, credono che nessuno li consideri umani, normali, o riconosca la loro individualità. (…)

Sono venuti a trovarmi perché io sono un rabbino e loro sono ebrei. Ogni Yom Kippur ascoltano la stessa parte della Torah che santifica l’omofobia. È cantata al pomeriggio di Yom Kippur quando qualcuno risente dei mal di testa e dei disagi provocati dal giorno di digiuno.
Ma questo giovane uomo che in maniera ironica legge la Torah ha più di un’emicrania, e non per il digiuno.
È scritto: “E con un maschio non devi unirti come con una donna: è cosa abbominevole. Saranno fatti morire. Il loro sangue ricadrà su di loro.” È un crimine capitale punibile con la lapidazione – sekilah. (Levitico 18:22 e Levitico 20:13). Per questo giovane lettore, questa aliyah [salire a leggere la Torah – n.d.T.] non è una elevazione. Ma una disperazione.

Cosa vogliono da me? L’assoluzione? Una sicurezza? Protezione? Una voce ebraica? Cosa stabilisce la legge? Cosa dice l’ebraismo? Sono davanti non solo ad un testo di pochi versi ma ad esseri umani che conosco, insieme alle loro famiglie. Cerco la legge tra gli occhi delle persone che ho di fronte. Senza di loro, sarebbe molto più semplice giudicare. Ma il Talmud dice: “Devi giudicare in accordo con ciò che vedi con i tuoi occhi.” (Baba Bathra 43/a). (…)

La saggezza della Halacha mi dice di ascoltare il cuore di coloro che mi stanno di fronte. E il Talmud (Yoma 83) cita il verso (Libro dei Proverbi 14:10) “Il cuore conosce la sua propria amarezza e un estraneo non può condividerne la gioia.” Il verso è citato dai Maestri nel caso in cui ci siano persone ammalate a Yom Kippur. “Se una persona malata dice che deve mangiare e cento dottori dicono che non ne ha bisogno, noi dobbiamo ascoltare la persona. Perché il cuore conosce la sua amarezza.”

Quelli con cui parlo nel mio studio non hanno scelto il loro orientamento sessuale. La loro testimonianza è importante nell’ottica della Halacha. Per la legge ebraica, le attività che sono sotto pulsione o costrizione, anche se sono proibite, sono libere da disposizione. “Patur aval asur” [risolto anchese proibito – n.d.T].
Diciamo che ho promesso di fare una cosa ma non ci riesco a causa di una inondazione o una malattia, non sono punibile. La halacha riconosce che un’azione deve essere libera se è punibile e dietro a questa regola regna un’affermazione religiosa dalla Mishnah. “Ones Rachmana Patrey” – “il misericordioso libera dalla punizione colui che è forzato”. (Mishnah Nadarim 33)

Gli studiosi concordano che gli autori della Bibbia e del Talmud presero le loro posizioni sul tema dell’omosessualità sul presupposto che il comportamento omosessuale fosse un atto di libera scelta, che l’omosessaule agisse sia per rinnegare Dio, sia per opporsi alla legge, sia, come un prostituto sacro che usa il suo corpo, per servire un culto pagano.

La convinzione degli antichi sulla motivazione dell’omosessualità si basa su un errore di fatto. Una persona non può biasimare i maestri dei primi secoli per non aver conosciuto l’etimologia di omosessualità, o il carattere degli omosessuali dichiarati. I Maestri guidicavano le azioni con la conoscenza dei loro tempi. Ma ciò non esonera i rabbini del 21° secolo. Uno non può biasimare gli antichi Maestri per le loro posizioni sulla questione dell’omosessualità, nello stesso modo in cui però possono essere ripresi per la loro posizione sul sordomuto, il “cheresh”. Nel Talmud il “cheresh” cadde nella categoria di “shoteh” e di “katan”, una persona “non compos mentis” – qualcuno mentalmente inabile. Fino al 19° secolo gli halachisti sostenevano che un sordomuto non potesse fare da testimone, disporre di proprietà, essere contato nel minyan, affettuare un matrimonio o un divorzio. Il presupposto era chiaro. Dato che il “cheresh” non poteva comunicare, parlare o ascoltare, fu considerato “scemo”, una parola che originariamente voleva dire muto e che poi nel linguaggio colloquiale ha assunto il significato di stupido [la parola inglese è “dumb”=muto, stupido N.d.T]

Ma la legge tradizionale non è congelata. Quando Rabbi Simchah Bunem Sofer di Ungheria, in visita all’Istituto di Vienna per i Sordi e i Muti osservò i risultati dei suoi studenti, riconobbe che il “cheresh” era ben lontano dall’essere mentalmente inabile. E ai tempi nostri, Rabbi Isaac Halevi Herzog ha asserito che le leggi che proibivano ai sordomuti di partecipare ai riti e alla vita commerciale sono vane, e che oggi il “cheresh” può ovviamente partecipare pienamente alla vita religiosa. (…)

Sia sul piano morale che su quello halachico, è sbagliato estrarre uno o due versi dalla Torah, strappati del loro contesto storico e svuotati dalla conoscenza scientifica, e applicarli per punire persone innocenti che non possono negare i loro istinti, impulsi e attrazioni sessuali. Infliggere una punizione su un innocente vìola lo spirito e l’intento della legge ebraica. (…)

Per quelli che sono gli omosessuali dichiarati non c’è altra scelta che la negazione della loro vita sessuale. Questo significa per me negare loro l’espressione più profonda dell’amore. Che altro può essere detto ad una persona gay? Le opzioni sono “o nascosto o in convento”. Per loro non c’è altra alternativa che il celibato e l’astinenza sessuale.
Questa opinione è contraria all’affermazione della vita e della sessualità, cose basilari nel Giudaismo. Contrariamente alle filosofie stoiche, cristiane, e buddiste, anche il misticismo pietista medievale ebraico incoraggiava l’espressione sessuale. Le gioie della sessualità erano lodate come manifestazioni della creazione benevola di Dio. Dovrei rispondere ai desideri del loro cuore dicendo: “Vai in un monastero o in un convento?”

Sento poi dire inoltre che, se l’omosessualità viene tollerata, perché non accettare anche la poligamia, una pratica che non è neppure intimata nella Torah. Ma la monogamia non è una privazione dell’espressione sessuale. Se esiste una certa insoddisfazione, il divorzio ebraico offre sollievo. Ad ogni modo, la poligamia è un eccesso di scelta.
Neppure la proibizione dell’incesto o della bisessualità sono analoghe al caso omosessuale. Poiché queste contemplano delle alternative all’espressione sessuale. Per gli omosessuali non esiste espressione sessuale se non un’esistenza senza sesso in cui anche la masturbazione è proibita dalla halacha. Può un Dio benevolo creare un tale essere a Sua immagine, che è condannato alla sofferenza e alla frustrazione per tutta la vita?

Altri argomentano che lo scopo dell’unione e del matrimonio sia la procreazione; e che l’omosessualità è proibita perché nega la storia, nega il futuro e lo scopo del matrimonio. Non siamo stati mandati a moltiplicarci per riempire la terra? Anche questo argomento perde sostanza nella legge talmudica (Yebamoth 64/a) “Se un uomo prende una donna e vive con essa per 10 anni e non rimane gravida, egli non deve astenersi dal compito riproduttivo”. Di conseguenza, l’uomo è giustificato a divorziare e sposare un’altra donna dopo una decade di sterilità. Tuttavia, i rabbini potrebbero non sentire nel cuore di sciogliere tale unione. “Lo m’laah libam”. Tale divorzio potrebbe danneggiare un altro essere umano. Possono vivere insieme dato che lo scopo dell’unione non è solo la procreazione. La scopo dell’unione include la benedizione della convivenza e dell’amore che non sempre è finalizzato ad avere figli.

Inoltre, in un tempo in cui l’inseminazione artificiale e le adozioni esistono come scelte, un’unione omosessuale non rappresenta una barriera per instaurare una famiglia e crescere i figli. (…)

Mi hanno insegnato e credo che la legge ebraica non sia un manichino senza cuore ed anima. Neanche i più severi discepoli della halachah applicherebbero oggi la legge che chiede morte agli omosessuali. Chi ci ha chiamati a criminalizzare l’omosessualità?

La questione di fondo è morale, non testuale. Non possiamo, come ebrei di pensiero e di sentimento, basare il nostro giudizio su un verso o due della Bibbia. Esiste un intero corpus di testo religioso e di principi spirituali che forma la coscienza rabbinica. “Le strade della Torah sono strade di piacevolezza e tutti i suoi sentieri sono pace.” La Torah coltiva la coscienza ebraica. Ci ricorda che dobbiamo amare lo straniero e conoscere il suo cuore. Se non conosciamo il cuore, se non conosciamo l’umanità del paria, non conosciamo l’umanità di noi stessi. Finché non avremo scoperto lo straniero nel mezzo di noi stessi come “essere umano”, non scopriremo la nostra stessa umanità.

La comunità e il suo direttivo rabbinico hanno il potere di trasformare la terra in un paradiso o in un inferno. Su alcuni argomenti dei quali noi mortali abbiamo poco controllo. Abbiamo poco controllo sulle catastrofi naturali: terremoti, inondazioni, uragani, tornado. Ma ci sono catastrofi delle quali teniamo il controllo poiché noi le abbiamo create. La condanna pronunciata su una persona gay. Questa tragedia che abbiamo imposto sui nostri figli non è la volontà di Dio. È il nostro fare. La benedizione e la maledizione, vita e morte che ci vengono date sono scelta nostra. Non siamo costretti al silenzio.

La legge non è un mostro. La halachah ebraica non è stata istituita per rendere la vita miserabile. Al contrario, è stata fatta per esaltare la vita, per introdurre l’amore e la compassione e la tenerezza in un universo difficile e abrasivo. L’intera tradizione rabbinica è motivata nel rendere le vie della Torah piacevoli, gioiose e pacifiche. (…)

Focus su: l'ebraismo conservatore?

L'ebraismo conservatore, diffuso principalmente negli Stati Uniti rappresenta un punto di mediazione fra l’ebraismo ortodosso, maggioritario in Italia, e le correnti progressiste prevalenti in tutti gli altri paesi. Gli ebrei conservatori considerano che l'omosessuale non adempia ad uno dei Mitzvah (comandamenti). Ma esistono altri 612 Mitzvah nella legge di Mosè e per questo "non può considerare l'omosessuale ebreo diversamente da come considererebbe un ebreo che non sia completamente osservante in qualsiasi altra maniera". Di conseguenza l'ebraismo conservatore afferma che gli uomini e le donne omosessuali possono condurre la preghiera, avere una aliyah per leggere dalla Torah, e possono anche prestare servizio come educatori della gioventù e come insegnanti nelle scuole ebraiche» ( Robert Kaiser, Judaism and Homosexuality, 4 aprile 1999)

Per approfondire (sito esterno)

Vedi voce "omosessualità e ebraismo" su Wikipedia

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Campione d'Italia: Mostra gay, dietrofront del Casinò.

Dopo Milano, anche l’enclave decide di dire addio all’evento organizzato da Vittorio Sgarbi.
Il presidente della casa da gioco: "Avrebbe diviso il consiglio".


(Lorenzo Morandotti - Corriere di Como) Campione dice 'Vade retro' alla mostra 'Vade Retro', già clamorosamente bocciata dal sindaco di Milano, Letizia Moratti. Il Casinò dell'enclave ha detto definitivamente no, dopo gli entusiasmi della prima ora e le successive perplessità, alla mostra sull'arte omosessuale curata dal critico Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura del capoluogo lombardo. E questo «pur ritenendo l'evento di grande impatto mediatico per il rilancio del nuovo Casinò», come si leggeva ieri in uno scarno comunicato. Più dettagliata la spiegazione che ha dato in serata il presidente del Cda del Casinò, Mario Resca: «Sembrava fatta, avevamo previsto 60mila persone paganti. Ma abbiamo ritenuto di non mettere in imbarazzo il consiglio di amministrazione del Casinò, che si sarebbe diviso sull'argomento e invece deve rimanere coeso in questa fase di rilancio».
Resca non rinnega l'importanza della mostra. Dice: «il rapporto tra arte e omosessualità è di grande attualità. Il fatto che i media abbiano parlato molto della mostra ne determina l'importanza. Ma abbiamo rinunciato - non porterò la mozione alla prossima riunione dell'8 ottobre, l'ho già ritirata - perché voglio che il consiglio sia unito e che si responsabilizzi sull'ottenimento dei risultati». Quali gli obiettivi dunque' «Abbiamo bisogno - conclude Resca - di portare nel Casinò nuovi clienti e nuovi giocatori e abbiamo bisogno che tutta Campione diventi una capitale del divertimento. La provocatoria mostra di Sgarbi era un modo per iniziare. Non abbiamo ancora la fama per attrarre grandi mostre ma con Vittorio Sgarbi il rapporto rimane intatto: avremo in futuro altre occasioni per collaborare.
L'importante è che il Casinò si misuri con l'Europa: per me è un'azienda come un'altra che deve fare business, e ha bisogno di scrollarsi di dosso l'immagine del giocatore vecchio stampo tutto sigaro e azzardo, in stile Belle Époque e deve essere piuttosto sinonimo di divertimento a 360 gradi. Per questo Campione deve dotarsi di un grand hotel da 2-300 camere. Lanceremo una gara internazionale cui parteciperanno le catene alberghiere per realizzarlo». Deluso e amareggiato si dice Vittorio Sgarbi. «Campione ha dimostrato scarsa serietà e le motivazioni che ha addotto per la rinuncia sono risibili. Ero piuttosto perplesso sulla scelta dell'enclave, non mi sembrava in assoluto la sede più adatta. Poi l'ipotesi si è consolidata nel corso della trattativa e mi sembrava giunto un accordo di cui avevo preso atto. Adesso scopro che promettevano la pelle dell'orso senza averlo catturato. Rimango convinto invece che un luogo come il Casinò per rilanciarsi deve organizzare una mostra di grande impatto che ha fatto parlare molto di sé i media, proprio come questa.
Credo che 'Vade Retro' a Campione avrebbe messo nell'angolo Milano, che peraltro l'ha rifiutata. Ora Campione non potrà ottenere lo stesso risultato con una mostra di minore impatto. Eppure era come il cacio sui maccheroni. Un Casinò ha una intrinseca componente peccaminosa. A Campione non si può fare, a meno che non si voglia giocare sull'effetto di contrasto, una mostra del Beato Angelico».
Ora la mostra è contesa tra Firenze, Padova e Taormina, con la prima in pole position.

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Costituente Liberaldemocratica.

(Giovanidubbiosi.it) Il 29 settembre presso il Centro Congressi Cavour di Via Cavour 50/A a Roma, si è tenuta l'assemblea nazionale della Costituente Laica e Liberaldemocratica che ha visto coinvolti laici, liberali e repubblicani. L'assemblea è organizzata dal Forum per l'Unità dei Repubblicani e dalla Federazione dei Liberali e mira ad aggregare tutte le forze laiche che si riconoscono a livello europeo nell'Eldr mediante un programma di 10 riforme radicali. Riforme che si sostanziano in : riduzione degli sprechi nelle istituzioni puntando all'abolizione delle province (storica battaglia repubblicana) ed allo snellimento della Pubblica Amministrazione e riduzione della spesa pubblica; riforma della giustizia tale da garantire la certezza della pena, separazione delle carriere fra giudice e PM, depenalizzazione dei reati minori, costruzione di nuove carceri; reintroduzione del nucleare al fine di ridurre le importazioni di energia dall'estero e ridurre l'utilizzo di petrolio, incentivo all'utilizzo di biomasse attraverso il riciclo dei rifiuti; apertura immediata di nuove imprese riducendo la burocrazia connessa ad esse, introduzione di una normativa sul licenziamento libero connesso all'introduzione di ammortizzatori sociali per sostenere la mobilità del lavoratore, sgravi fiscali sulle assunzioni; rivalutazione della scuola pubblica e forti incentivi alla ricerca scientifica; abolizione dell'Irap, riduzione delle aliquote Irpef entro un valore massimo del 30%; rilancio delle battaglie sui diritti civili e riaffermazione della laicità dello Stato; rilancio degli Stati Uniti d'Europa e di un'Europe federata ed alleata agli USA. Mi pare che queste ragioni (che trovate illustrate al link http://www.noiragioniamo.it/index_file/Page473.htm) siano assolutamente condivisibili e da sostenere. La Costituente Laica e Liberaldemocratica fa il paio con la Costituente Liberalsocialista lanciata a Bertinoro da Lanfranco Turci alcuni mesi fa. Purtuttavia entrambe le Costituenti non si sbilanciano nel voler costruire un'alternativa comune all'attuale bipolarismo controriformista. Entrambe, insomma, non dichiarano apertamente la loro avversione all'Unione ed alla Cdl, ovvero ai due poli conservatori, bensì si dichiarano unicamente "distanti dal Partito Democratico e dalla Casa delle Libertà". La qual cosa mi appare assai limitata, soprattutto se le due Costituenti nascono unicamente per accordi elettoriali che si fermano alle sole elezioni europee o alle sole politiche. Diversamente, un progetto Liberaldemocratico-Repubblicano-Liberalsocialista (che aderisca in Europa tanto all'Eldr quanto al Pse contrapposto all'estrema sinistra, all'estrema destra ed ai Popolari) con le riforme di cui sopra: civili, europeiste, atlantiche, liberali e libertarie contrapposto alla conservazione italiana che vede unite l'Unione prodian-veltroniana (alleata ai Poteri Forti, alle banche ed ai comunisti) e una fantomatica Casa delle Libertà senza libertà (conservatrice nei diritti civili e in economia), sarebbe non solo auspicabile ma anche l'unica alternativa per l'alternanza a questo bipolarismo mediatico e ad un'antipolitica dilagante dovuta proprio al monopartitismo imperfetto Union-Cidiellino incapace di riformare il nostro Paese alla radice.

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Gay: Gentilini sarà interrogato dal PM.

Il procuratore Antonio Fojadelli ha annunciato ieri l’unificazione dei fascicoli aperti dopo l’arrivo delle denunce contro l’amministratore leghista.

(Sabrina Tomè - La Tribuna di Treviso) Giancarlo Gentilini verrà interrogato in Procura per le sue dichiarazioni sulla «pulizia etnica contro i gay». I magistrati sul cui tavolo sono arrivate le denunce per diffamazione e istigazione all’odio razziale contro il vicesindaco, intendo sentirlo a breve per valutare la fondatezza delle accuse contenute nelle querele giunte da tutt’Italia. Intanto il procuratore Antonio Fojadelli ha annunciato ieri mattina l’intenzione di riunire i diversi fascicoli aperti contro lo Sceriffo, quattro fino a questo momento, in un unico procedimento, che verrà seguito da un solo sostituto.

Dopo l’arrivo delle denunce, alcune per diffamazione e altre per istigazione all’odio razziale, la Procura ha iscritto il vicesindaco Giancarlo Gentilini nel registro degli indagati. E’ la seconda volta che l’esponente leghista finisce sotto inchiesta per razzismo: era già successo nel 2000 quando lo Sceriffo disse che gli extracomunitari dovevano essere vestiti da leprotti per far esercitare i cacciatori. All’epoca Gentilini giustificò la sua dichiarazione come una «battuta» fatta in privato: il tribunale gli diede ragione e venne assolto. Stavolta, però, la dichiarazione è stata resa all’emittente televisiva Rete Veneta e quindi pubblicamente. La Procura ha già acquisito le registrazioni video, mentre nelle prossime ore sentirà il vicesindaco per avere chiarimenti diretti sull’accaduto.

Intanto Gentilini ha commentato con durezza le denunce e l’apertura di un’inchiesta a suo carico da parte della magistratura.

«E’ una decisione assurda - ha dichiarato il vicesindaco - E’ vergognoso e tendenziale il parogone tra Gentilini e Hitler fatto dalle associazioni gay». Paragone che in effetti compare anche in un sito su Internet, gestito da un’associazione omosessuale di Roma.

«Gay e lesbiche sono sempre esistite - ha osservato ancora lo Sceriffo - ma io non voglio che facciano le loro effusioni sul territorio di Treviso, sono contrario al terrorismo amoroso. Terrorismo che fanno con gli ammiccamenti e gli avvicinamenti strategici».

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Usa, Senato approva la legge che include i gay nei reati d'intolleranza.

(Apcom) - Il Senato ha approvato ieri un'appendice alla legge federale sui reati di intolleranza che include tra i soggetti passivi di tali crimini anche gli gay e le lesbiche. Come riportato dal Washington Post, la legge risale al 1968 e punisce i reati commessi per motivi di intolleranza relativi alla razza, religione e nazionalità, ma fino ad oggi non garantiva alcuna tutela all'omosessualità. Con l'emendamento del Senato la definizione di crimini di intolleranza potrebbero dunque estendersi ulteriormente includendo il sesso di una persona, il suo orientamento e identità sessuale.

Il partito repubblicano ha dichiarato che cercherà di eliminare l'estensione in sede di negoziazione finale in Congresso, ma in caso di fallimento si rivolgerà al presidente George W. Bush esortandolo ad opporre il veto. Dall'altra parte, il partito democratico ha difeso il provvedimento, ricordando che è rivolto a combattere una forma di terrorismo, provocato dall'intolleranza nei confronti delle diversità.

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Nel ''Lexicon vaticano'' sull'omosessualità nulla di nuovo, ma solo affermazioni discutibili.

Articolo di Paolo Rigliano tratto da Viottoli n°11 del 9 giugno 2003

Questo volume è stato curato dal Pontificio consiglio per la famiglia per “chiarire le ambiguità attraverso una ricerca approfondita della verità, guidati dalla ragione e illuminati dalla fede, in totale obbedienza al magistero” (pag. 14). Quasi novecento pagine organizzate in 78 parole-chiave su vari temi, in particolare su sessualità, diritti delle donne, matrimoni, divorzi, unioni civili, diritti degli omosessuali. “L’omosessualità non è soggetto di diritti, poiché non ha alcun valore sociale… Resta un intrigo psichico che la società non può istituire socialmente…” (Lexicon, Dehoniane, pag. 696).“Un governo che decide l’instaurazione di un contratto tra omosessuali, che possono così beneficiare di vantaggi fiscali e sociali, non dirà che i miliardi devoluti a queste persone sono altrettanti miliardi rifiutati alla politica della famiglia” (ivi, pag. 175). Di seguito alcune considerazioni di Paolo Rigliano (psichiatra, responsabile di una struttura territoriale presso l'Ospedale "San Carlo" di Milano).

Alcune considerazioni sulla voce “Omosessualità e Omofobia” del Lexicon della Chiesa Cattolica, a firma di Tony Anatrella, definito “psicanalista e specialista in materia di psicologia clinica e sociale”. Il testo si basa su alcune assunzioni indiscusse, date per assodate.
L’omosessualità è una tendenza sessuale parziale, effetto di un conflitto psichico irrisolto, che risale al momento dello sviluppo psichico.
Essa non è di origine genetica. E’ invece una fissazione dovuta a molteplici ragioni, per cui il bambino si rifiuterebbe di identificarsi con il genitore dello stesso sesso: “Egli rischia di predisporsi a cercare, in seguito, presso le persone di sesso uguale al suo, delle caratteristiche immaginarie di forza e di potenza che paventava nel genitore di sesso identico”.

L’estensore dell’articolo chiama a comprovare queste affermazioni le sue stesse ricerche (non citate) e la sua pratica clinica. “La psicanalisi, secondo il pensiero di Freud, ha proposto una teoria generale dell’omosessualità che resta confermata dall’esperienza clinica. L’omosessualità è una fissazione acquisita dalla pulsione sessuale, che la mantiene nella sua economia originaria ed esprime un fallimento dell’esperienza edipica e una regressione a pulsioni e a fantasmi pregenitali”.

Gli omosessuali sono “immaturi affettivamente, si adagiano su un fondo depressivo, che può essere compensato da rivendicazioni narcisistiche, da un bisogno di presentarsi come vittime degli altri (...) da un bisogno costante di riconoscimento”.
E’ vero il legame evidenziato da Freud tra omosessualità e paranoia come: “contrattacco e rivincita contro la castrazione, legata al limite rappresentato dall’immagine del padre per il figlio e della madre per la figlia”. “L’omosessualità è vissuta come una compensazione narcisistica a frustrazioni che il soggetto si è via via inflitto”. Essa esprime “in forma inconscia una relazione femminile con il padre”. Cui si accompagnerebbe un risentimento verso il padre, in relazione con un’impossibile identificazione paterna.

L’omosessualità femminile non è simmetrica a quella maschile. Nelle lesbiche si ha “una massiccia identificazione con l’immagine del padre paradossalmente accompagnata da un sincero disgusto per l’immagine maschile, che comporta altresì una diffidenza e un rifiuto sessuale degli uomini”.

L’omosessualità è favorita da immagini parentali mal individualizzate sessualmente e da tutto ciò che nell’educazione o nella società sopprime la differenziazione sessuale: “è sempre nel fallimento dell’identificazione sessuale che si sviluppa l’omosessualità”.

L’omosessualità deve venir sublimata, “diventando la pulsione della sociabilità”, altrimenti “l’individuo si trincera in una condotta difensiva rispetto all’altro sesso e a ciò che esso rappresenta”. L’omosessualità è ansia, angoscia, narcisismo, impotenza ansiogena: è “un intrigo psichico che la società non può istituire socialmente”.

Essa è contraria al legame sociale, che può essere fondato solo sull’identità maschile e femminile. Se l’ omosessualità diviene soggetto di diritti, “si rovinano i fragili equilibri stabiliti dalla ragione nel corso dei secoli e si aprono le porte a un mondo incoerente”.
“Ora, l’omosessualità non rappresenta alcun valore sul piano sociale e non ha nessuna finalità; favorisce una deviazione dei segni di riferimento fondamentali”. Totalmente negativa è la prospettiva di famiglie omosessuali, che possano allevare bambini: questi sarebbero intesi “come il duplicato del proprio io da rifare”.

L’omofobia è l’arma di cui si serve la lobby omosessuale per propagandare e far approvare un difetto psichico contrario al legame sociale. Con questa accusa le organizzazioni omosessuali intendono colpevolizzare gli eterosessuali: “Ogni critica, ogni riflessione sull’omosessualità diventa quasi blasfema, assimilata a un delitto: il delitto di omofobia”.

Riflessioni

Nessuna delle tesi sovraesposte ha un minimo di fondamento scientifico: nessuna prova può essere addotta - e viene addotta - e mai l’Autore pone il suo discorso sotto la cautela del dubbio. Autentiche falsità vengono spacciate per vere.
Solo due esempi: 1) Freud viene citato a sproposito, come se il suo pensiero fosse unitario e non evolutivo, e non si citano le sue ultime e definitive posizioni, che smentirebbero le asserzioni dell’Autore. 2) Il processo che portò all’abolizione dell’omosessualità come patologia dal Manuale Diagnostico-Statistico è completamente falsificato: esso viene addebitato alla lobby gay, mentre furono gli omofobi a promuovere un referendum da cui uscirono sconfitti.

Il testo è scritto malissimo, con equiparazioni, salti logici e contraddizioni insopportabili. La terminologia è spesso incomprensibile: si accavallano affermazioni stentoree e oscure, nette nella loro vaghezza. E’ un calderone vago e confusivo che rivela solo la straordinaria tortuosità di chi l’ha concepito. Rivela, soprattutto, un’ignoranza sconcertante, contraria a tutte le acquisizioni degli ultimi decenni, non degli ultimi anni: per esempio, “l’identità è un dato di fatto”. Un guazzabuglio di piani e di livelli, di termini e di pseudoconcetti, affastellati senza ordine e discernimento. Tutto è fuorché un testo culturale scientificamente fondato: è una imposizione di fede manichea, intollerante, fondamentalista.

La ricostruzione dello sviluppo umano è quasi caricaturale e grottesca. Castrazione, identificazioni, pulsioni vengono affastellate alla rinfusa senza nessun ordine psicologico che possa anche solo essere pensato e verificato.
Di fatto, il testo non è analizzabile e criticabile in termini scientifici, perché non ha nulla di argomentato, non ha riferimenti verificabili a ricerche e risultati, non ha rimandi testuali, non ha una teoria di riferimento, non ci sono dati da confermare o smentire. Solo affermazioni dogmatiche e assai vecchie.

Affermazioni oracolari si alternano ad altre fantasiose (“Il bambino, come l’adolescente, passa anche per tappe di sovrainvestimento della propria persona, che viene qualificata di narcisista, di edipica, di identificazione, ma anche di bisessualità psichica, di accettazione della propria identità sessuale e di avvio verso l’eterosessualità. Precisiamo che la bisessualità psichica si verifica quando il soggetto interiorizza la differenza sessuale”). Costante è la confusione tra identità sessuale, identità di genere e orientamento affettivo e sessuale.

Certissima invece è la definizione dell’omosessualità come pura, estrema, inemendabile patologia: persino i tratti “positivi” degli omosessuali diventano controreazioni compensatorie della loro patologia costituzionale. A fondamento di questa confusione sta il concetto di identità sessuale: come se gli omosessuali non possedessero una identità completa e complessiva, dunque anche sessuale, e negassero l’identità maschile e femminile (senza specificare a quale livello avvenga siffatta negazione).

Quello che emerge è sempre l’ossessione cattolica per l’ordine naturale e divino in cui ogni piano dell’essere deve essere costretto: la logica è “o tutto o niente”.
Basta discostarsi da questo ordine per uscire fuori dalla natura, dal volere di Dio e dalla salute individuale e sociale. Allora si capisce che, affinché questa operazione persecutoria riesca, l’omosessualità deve essere definita come tendenza e pulsione sessuale, messa sullo stesso piano delle altre deviazioni, secondo la millenaria tradizione di squalifica, cui si allude demagogicamente: la pedofilia, il sadomasochismo, il libertinaggio, ecc.

E’ evidente nel testo un ricatto basato sul terrore: “Se si dà ascolto alla lobby gay, vedrete cosa succederà...”; e un tono da crociata, che vuole veicolare l’idea di essere sottoposti ad una minaccia, cui bisogna reagire in tutti i modi.
Si fabbrica opportunamente un nemico: l’ideologia di gender, di cui non viene fornita nessuna specificazione. E gli si addebita ogni nefandezza delirante: “Non è ragionevole pensare che si possa istituire l’omosessualità come ciò che è al tempo stesso la fonte della coppia e della famiglia”.

Ci si deve chiedere: quale argomento scientifico o sociale viene trattato in questi termini? Proprio questa ignoranza smaccata, questa volgarità diffusa in tutto il testo va interrogata: come mai la chiesa cattolica si affida a un personaggio di questa levatura per trattare un argomento così delicato, ancora tutto da indagare e pensare? Quale operazione si vuole condurre? Si vuole certamente ribadire, in termini che si presumono scientifici, la più netta, totale e assoluta condanna.
Si vuole confinare l’omosessualità nel novero delle malattie, anzi delle perversioni dello sviluppo: essa sarebbe pura deviazione sessuale, fissazione, regressione, immaturità, disordine sociale, antisocialità, infecondità. Nulla deve essere trascurato pur di negare, sempre e comunque, una possibilità di vita. E di amore: mai viene pronunciata la parola affettività, non è mai sfiorata l’idea che l’omosessualità possa essere produttiva di legame e di relazione. Fondamento di questa visione è, appunto, il pregiudizio che essa sia sinonimo di negazione del legame sociale.

Se da un punto di vista analitico, scientifico, psicologico, il valore del testo è meno di zero, esso è però importantissimo per quello che vuole introdurre: il concetto di omofobia come violenza perpetrata dagli omosessuali.
Ecco che allora si chiarisce l’impianto del testo: allo stesso modo dell’antisemitismo perpetrato dagli ebrei, anche l’ omofobia è “un argomento di malafede”, un’invenzione offensiva e ideologica creata ad arte dai gay per attaccare tutti quelli che non la pensano come loro. In realtà, essa è frutto dell’eterofobia, la paura tutta omosessuale dell’altro sesso. Nulla viene detto delle persecuzioni che gli omosessuali hanno subìto, anche a causa della chiesa.

Della persecuzione antiebraica il testo segue la logica, la dinamica e i criteri. La descrizione delle organizzazioni gay fa pensare al complotto, alla sovversione, all’infiltrazione e alla degenerazione nel corpo sano della società, di cui pagheranno le conseguenze i figli.
Il potere di persuasione, di condizionamento e di pressione di queste organizzazioni è illimitato, inquietante, subdolo, minaccioso. Tutti i normali devono guardarsene, tutti ne sono minacciati: l’omosessuale nega la differenza, la base dell’omosessualità essendo “la ricerca dello stesso e del simile”.

E’ incredibile la somiglianza logica, metodologica, psicologica di questo testo con i più osceni scritti della persecuzione antiebraica e con i documenti di ogni caccia alle streghe. Moltissima parte del documento è diretta a fomentare la paura e l’angoscia per la subdola operazione perpetrata dalla lobby militante contro il diritto, contro l’ antropologia e la natura.
Senza nessun limite, l’Autore usa autentiche mostruosità psicologiche (“L’omosessualità è vincolata al narcisismo e alle fasi primarie della sessualità infantile: amore per la propria immagine, identificazione col genitore dello stesso sesso, oppure controidentificazione, esitazione legata all’identità sessuale ecc.”) per suffragare la sua tesi della sovversione omosessuale, che è “un invito a regredire e a instaurare ciò che di più primitivo vi è nella realtà sessuale umana, vale a dire la sufficienza narcisistica e la chiusura sull’identico e sul simile che ispira il razzismo”.

Voilà, ecco raggiunto l’effetto desiderato: i gay come cospiratori e distruttori, corruttori e veri razzisti. Stabilito questo principio fondatore, si può ribadire che l’omosessualità non è fonte di diritti perché “l’orientamento sessuale di una persona non è una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica”.
E l’Autore cita - non casualmente è l’unica citazione di tutto il testo - un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede per avvalorare la sua tesi. Tale documento afferma che “includere l’orientamento omosessuale tra le considerazioni in base alle quali è illegale discriminare può facilmente indurre a considerare l’omosessualità come una fonte positiva dei diritti umani.... questo è tanto più nocivo in quanto non vi è alcun diritto all’omosessualità, la quale non dovrebbe costituire dunque il fondamento di rivendicazioni giuridiche”.

E’ questa la vera posta in gioco e l’autentico fine di questo testo: esemplare da un lato per nullità scientifica e falsità culturale, ma anche per la chiarezza dell’intento persecutorio: politico, culturale, istituzionale.
Tutto mira a sancire l’ impossibilità di considerare l’orientamento affettivo, sessuale e relazionale come diritto inalienabile dell’uomo, al fine di perpetuare una discriminazione che è tanto più plausibile in quanto si dà l’illusione di fondarla sulle certezze della scienza. Illuminante questo testo: alla miseria scientifica e culturale della chiesa cattolica su questo tema corrisponde un disegno lucidissimo e lungimirante.

Si avverte la sfida del pluralismo, della diversità, il processo di liberazione dalla morale più oscurantista e retriva, ma si presume di rispondervi, imponendo alla sfera politico- legislativa di restaurare l’ordine antico, sano, naturale, assoluto. Il fine è impedire che si esprima, anche in sede legislativa, la democrazia affettiva che oggi rappresenta (questo documento lo testimonia con forza) il vero, nuovo fronte della liberazione gay e lesbica. Cioé: semplicemente umana.

Bibliografia

Pontificio consiglio per la famiglia (a cura di), Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, Edizioni Dehoniane, Bologna 2003, 867 pp.

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Quante bugie sui preti.

(Maria Giovanna Maglie - Il Giornale) Smontata in pochi giorni a Bruxelles, nonostante la bella spinta arrivata da Roma perché si montasse un vero scandalo, la questione «Chiesa e fisco» torna annunciata con pompa, è solo l'inizio, scrivono, di una mega inchiesta, su La Repubblica. Dietro all'autore, ci sono i soliti, in specie il deputato radicale Maurizio Turco, e alle sue spalle, viste alcune dichiarazioni recenti, il ministro Emma Bonino, il sottosegretario Paolo Cento, Enrico Boselli, e via trasformando legittime critiche e convinzioni in bassa macelleria.

Perché, se non fosse così, fuorviare l'informazione dei lettori, usando termini scorretti, per esempio sovvenzione invece di rimborso? Se i cittadini italiani con le tasse sovvenzionano la Chiesa, vuol dire che dall'altra parte nessuno fa niente, se non approfittare; se la rimborsano, si intende che dall'altra parte i soldi sono già stati spesi. Non è la stessa cosa. Ma la confusione continua.
La Cei è l'assemblea dei vescovi italiani, è la Chiesa italiana, non è il Vaticano, che è un'entità a sé e uno Stato sovrano i rapporti con il quale sono governati da un Concordato. La Cei risponde allo Stato italiano, con il quale ha stipulato un'intesa, approvata dal Parlamento. La Cei ha le sue «finanze», il Vaticano ha conti separati. Non spiegarlo vuol dire indurre in un giudizio scorretto. Per fare un esempio, Marcinkus rappresentava il Vaticano, e Ruini è stato per vent'anni a capo della Cei, dunque la nomina di Ruini non c'entra con quanto era accaduto in Vaticano ai tempi dello scandalo Ior.
Buona parte delle critiche si appuntano sul famoso otto per mille, che i contribuenti possono destinare anche ad altre confessioni religiose, e che è nato come «rimborso» concordato dello Stato per i beni confiscati alla Chiesa, mentre prima l'Italia pagava direttamente i parroci, spendendo molto di più. Con una battuta, un caro amico prete che è il mio consigliere spirituale, dice: «Se non vogliono più versare una quota, che è libera e volontaria, ci ridiano le nostre proprietà, a cominciare dal Quirinale, che era l'abitazione del Papa, per arrivare al Parlamento, che era sede dei Tribunali, il Mons Citurius, il monte delle citazioni».

Lo stipendio degli insegnanti di religione è invece un costo reale, ma non spetta certo alla Chiesa cattolica decidere di modificare l'accordo. Però le convenzioni con le scuole, e soprattutto con gli ospedali, sono state stipulate perché la Chiesa in quel caso presta un servizio allo Stato.
Al Vaticano lo Stato italiano non dà denaro. I grandi eventi come il Giubileo sono stati di certo cofinanziati, ma per sostenere che l'Italia, e Roma, non ci abbia in ogni senso, dal turismo alle costruzioni al ritorno di immagine, guadagnato, ci vuole davvero una bella faccia tosta. Può darsi che in altri casi sia stato chiesto allo Stato un patrocinio, per esempio nell'ultimo incontro del papa con i giovani cattolici, ma è sicuramente piaciuto anche al Capo del governo farsi vedere vicino a Benedetto XVI a Loreto, davanti a tanta bella folla. Chiamiamoli costi pubblicitari, chiamiamolo uno spottone elettorale, e smettiamola di scandalizzarci.
Con grande sicurezza si dice che l'Italia è quella che paga di più i suoi preti, e non è vero. In Germania e in Svizzera lo Stato paga tutto lo stipendio ai preti, ed è molto più alto di quello dei preti italiani, anzi è più del doppio, e paga anche tutte le spese delle chiese, il mantenimento e la ristrutturazione, perché sono considerate beni artistici e quindi pubblici.
La quasi totalità dei soldi dell'otto per mille serve all'assistenza sociale, della quale è difficile negare al mondo cattolico il primato: cibo e alloggio ai poveri, ai drogati, assistenza domiciliare agli anziani, ai ragazzi che hanno problemi di inserimento sociale. Dovrebbero essere compito dello Stato o degli Enti locali, perciò diciamoci la verità, la Chiesa fa supplenza e fa risparmiare lo Stato! Se ci fosse anche questa voce in una Finanziaria, vogliamo scommettere che costerebbe almeno il doppio? Se gli scettici vogliono saperne di più, possono rivolgersi alla Caritas Italiana, che è propagazione della Cei, cioè la struttura in cui vanno a finire i fondi, basta farsi mostrare l'elenco dei progetti in tutto il mondo. Com'è che Don Liegro piace tanto ai fanatici della laicità, e Ruini, che gli ha sempre dato i soldi, è sospetto?

Infine, l'Ici, l'imposta sugli immobili, ovvero il pretesto iniziale del contendere, da Roma a Bruxelles, forse perché è stata una decisione del governo Berlusconi nella sua ultima finanziaria. La Chiesa non la paga solo per gli immobili nei quali si fa un'attività sociale e non commerciale, a meno di non voler iscrivere le mense della Caritas sulle pagine gialle alla voce ristoranti. Non è un privilegio riservato alla Chiesa Cattolica, come si finge che sia, riguarda le organizzazioni non profit, e gli edifici di ogni religione, che siano devoluti ad attività di culto o non di culto. Magari per locali dove non si predica il Corano ma l'odio contro gli italiani? Può darsi, ma su questa parte della decisione non si levano proteste del governo né dei talebani laici.
Dai conti che non tornano, Repubblica and company arrivano alla posizione politica della Chiesa, alla scarsa libertà, al prevalere del pensiero unico. Sarà perché Tarcisio Bertone ha detto che le tasse vanno pagate, ma devono essere giuste, sarà perché la figura e il progetto del nuovo papa spaventano? Sembra un'ingerenza, la stessa che rimproverano sempre alla Chiesa."

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Misex a Milano, un week-end all'insegna dell'erotismo.

(Milano 2.0) La citazione su Wikipedia, negli anni di Internet, non può che equivalere alla pubblica legittimazione come argomento di qualche interesse. Il fatto che Mi-sex (pur se scritto in maniera non proprio corretta) sia l’unica manifestazione erotica italiana ad aver ottenuto questa libera e disinteressata menzione, non fa che sottolineare la sua storia e il suo essere ormai una sorta di fenomeno di costume. Fortunatamente, soprattutto per il pubblico, Mi-sex continua a basare la propria esistenza sui fatti: una sede all’altezza, l’ormai consueto Centro Congressi MilanoFiori di Assago, sexy star poco conosciute e dive del porno, spettacoli appassionanti, novità dal mondo della produzione hard, attrazioni intriganti e shopping a tema assicurato.

In più, anche in questa edizione, sorprese e ospiti esclusivi. Gli orari sono quelli consueti, venerdì e sabato dalle 17.00 alle 02.00 e domenica dalle 15.00 alle 24.00, ma ci sono buone novità per il pubblico sul fronte dei prezzi: al biglietto ridotto per le donne (in aumento vertiginoso nelle ultime edizioni) e per i militari (categoria ormai in via di estinzione) si aggiunge quest’anno quello per i neo-maggiorenni, il pubblico ideale, nell’ovvio tripudio di ormoni, per una manifestazione a base di donne nude: tutti coloro che dimostreranno con un documento di aver compiuto i 18 anni nel corso del 2007, si vedranno aprire, a prezzo di saldo, le porte del sesso dal vivo. Vediamo insieme cosa si nasconde, cosa si nasconde “dietro la porta verde”. Continua...

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Parlamentari per un giorno e prendono la pensone.

(Franco Bechis - Italia Oggi) Ci sono quattro ex parlamentari della Repubblica italiana che ricevono dalle casse di camera e senato un assegno di 1.733 euro netti mensili, il cosiddetto vitalizio, che continueranno a ricevere finché resteranno in vita per avere lavorato un solo giorno. Anzi, forse un solo minuto. Tutti e quattro. Angelo Pezzana, Piero Craveri, Luca Boneschi e Renèée Andreani hanno conquistato la loro pensione semplicemente correndo nelle elezioni 1987 nelle liste radicali e dimettendosi il giorno stesso della loro proclamazione. L'unica cosa che hanno fatto è stata recarsi in tre a Montecitorio e uno a palazzo Madama il primo giorno di scuola. Hanno preso la parola e annunciato le dimissioni.

Ottenendo il vitalizio tutti e quattro non hanno avuto bisogno di versare una sola lira dell'epoca di contributi per ottenere quell'assegno a vita di 1.733 euro netti (più adeguamenti vari). All'epoca era in vigore infatti una sorta di assicurazione contro la chiusura anticipata della legislatura (accadeva spesso): i contributi sarebbero stati versati figurativamente a loro nome a spese della collettività. I quattro null'altro hanno da fare se non godersi la pensioncina integrativa. Che per altro non è l'unica loro corrisposta dalle casse pubbliche. Pezzana può aggiungervi il vitalizio di consigliere regionale, essendo stato eletto in Piemonte. Craveri, che nella vita «civile» fa anche il professore universitario, sedendo nel consiglio direttivo della Società napoletana di storia patria, è stato consigliere regionale della Campania oltre che consigliere comunale a Napoli durante la Prima repubblica.

Vivono, lavorano, si godono il meritato frutto delle loro fatiche e anche l'immeritata, ma sostanziosa, conseguenza dell'assoluto ozio. Intendiamoci, quel che è a loro assegnato non è in violazione della legge, anzi. Come si dice è legittimo, per quanto illogico. Ma segnala come la casta non sia un'invenzione dell'ultima ora. È assai antica, e ne ha combinate di cotte e di crude con leggi e leggine a proprio favore, eludendo invece quasi sempre le leggi che valevano per tutti gli altri. Si possono toccare queste assurdità?

A qualsiasi parlamentare voi rivolgeste questa domanda oggi, otterreste una sola risposta: «Le regole sono cambiate. Non potrebbe più accadere. Ma non si possono toccare diritti acquisiti». Beh, se i diritti sono di questo tipo, non solo si devono cambiare, ma proprio cancellare. Non per risanare i bilanci dello stato (anche se i costi della politica fossero zero, si tratterebbe di una goccia nel mare), ma per un minimo di senso della realtà. Tagliate quei vitalizi..."

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Manifestazione contro fascismo e omofobia a Napoli.

In seguito alle denunce presentate alla Questura di Napoli, in merito alle numerose e costanti aggressioni contro i gay, la comunità ha deciso di insorgere.

(Queer Blog) Parliamo dei fatti di piazza Bellini, storico luogo di ritrovo per la comunità glbt napoletana, dove da qualche mese accadono continue e crescenti aggressioni verbali e minacce da parte di un gruppo di giovani fascisti (esponenti del tifo organizzato legati ai Mastiffs) che operano al grido di “Via i gay da piazza Bellini”. I vari episodi di intolleranza hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Alla luce di tutto questo le associazioni I-Ken, Arcilesbica Napoli e il M.I.T. di Napoli hanno indetto una Manifestazione nazionale contro Omofobia, Transfobia e Camorra che si terrà domani, sabato 30 settembre. Un ponte sul Mediteranneo per la pace, la dignità e la solidarietà.

Appuntamento per tutta la comunità è domani alle 16.30 in piazza Municipio, a Napoli. La piazza, lo abbiamo più volte dimostrato, è un luogo importantissimo per far sentire la nostra voce, soprattutto quando, come in questo caso, tentano di tapparci la bocca. Domani la piazza sarà il luogo dove la società civile dimostrerà alle istituzioni quanto questi episodi facciano emergere la necessità di specifiche leggi antidiscriminazione. Per leggere le richieste e gli obiettivi della manifestazione continuate a leggere. Le info sono qui.

La manifestazione vuole richiamare l’attenzione di tutti i soggetti istituzionali affinchè s’impegnino sinergicamente nel promuovere una cultura delle differenze e della legalità, partendo dalla convinzione che la cultura omofobica e transfobica presenti in una comunità costituiscono indiscutibili indicatori di un più ampio stato di miseria culturale e degrado sociale. Saranno quattro le richieste dirette agli esponenti della politica locale e nazionale che pure presenzieranno in gran numero all’iniziativa patrocinata dal Comune di Napoli: una seria campagna di informazione sulle differenze, l’integrazione, e sull’omosessualità; uno sportello con un numero verde per facilitare le denunce e dare un sostegno concreto a quanti non hanno il coraggio di rivendicare i propri diritti o gli abusi; una seduta al tavolo per l’ordine e la sicurezza pubblica in pre-fettura, dedicato ai nuovi casi di omofobia; percorsi formativi nelle scuole della città.

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Libri/Poesiav gay: Dal fondo. La poesia dei marginali.

Pubblicato nel 1978 dall’editore Savelli, Dal fondo quando apparve fu un vero shock per la cultura “alta”, perché venivano raccolte, per la prima volta, le poesie dei “marginali”: poesie di tossici, di pazzi, di bambini, di donne emarginate, di omosessuali. Poesie bellissime, è inutile dirlo. Gli anni Settanta furono anche questo: un esplodere incredibile della poesia come strumento di rabbia sentimentale. Lo conferma, in qualche modo, l’epopea ormai mitica di Castelporziano. Le poesie di questi “marginali” sono attualissime, anche perché i marginali non sono scomparsi, anzi, aumentano, e spesso parlano con la voce della poesia. Le poesie di Dal fondo sono commoventi, struggenti, piene di rabbia e di sgomento.

L'autore

Carlo Bordini, narratore e poeta, collabora con “l’Unità”, “Poesia” e altre testate. Tra le sue opere le raccolte di poesia Mangiare (Empirìa), Polvere (Empirìa) e Pericolo (Manni), e i romanzi Pezzi di ricambio (Empirìa) e Manuale di autodistruzione (Fazi). Per Avagliano ha pubblicato Gustavo. Una malattia mentale (2006), e curato, con Andrea Di Consoli, l’antologia Renault 4 (2007).

Antonio Veneziani, poeta e saggista, collabora alle riviste “Blue” e “Left-Avvenimenti”. Tra le opere di poesia Torbida Innocenza (Barbablù), Shalom (Il Segnale), Brown Sugar (Castelvecchi), Vespasiani (Giano); tra le prose Fototessere del delirio urbano (Il Segnale), Cuori in fiamme (Inchiostro Blue). Con Riccardo Reim ha pubblicato i libri inchiesta I Mignotti (Mare Nero) e Porno Cuore (Coniglio Editore).


Dal Fondo
La poesia dei marginali

Prefazione di Emanuele Trevi
A cura di Carlo Bordini e Antonio Veneziani. Sezione donne a cura di Ivana Nigris ed Enza Troianelli

Pagine 192 - Prezzo € 13
ISBN 978-88-8309-231-2 - Anno
2007

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Preti gay, i segreti svelati in tv.

Un sacerdote: portando il colletto si attira tanto. Le confessioni nel programma di Ilaria D'Amico su La7: «Chat e incontri, non è peccato».
Appuntamenti anche a San Pietro.


(Lorenzo Salvia - Corriere della Sera) ROMA - I racconti: «Se penso al seminario o alla mia diocesi credo che gli omosessuali siano una buona parte». Le confessioni a cuore aperto: «Sono stato insieme con un ragazzo siciliano per un anno. Se due uomini si vogliono bene, non conta se porti la tonaca oppure no». Anche le avance, certo: «Portando il colletto si attira tanto. Tu faresti l'amore con me?». E le critiche alla Chiesa: «Con noi fa come l'esercito americano: io non ti chiedo niente, ma tu non devi dire niente. Copre, insabbia, ma così non cresce». Sono preti quelli che parlano. Preti gay, ripresi con una telecamera nascosta durante i loro incontri clandestini con un ragazzo conosciuto sulle chat line per omosessuali.

I FILMATI — Mezz'ora di filmati che andranno in onda lunedì prossimo durante Exit, il programma condotto da Ilaria D'Amico che riparte in prima serata su La7. Un'inchiesta su un mondo sommerso: nessun giudizio, solo la voglia di togliere il velo che copre un pezzo di realtà. Un lavoro partito con una mail arrivata in redazione. A scrivere era un ragazzo gay. Diceva di frequentare abitualmente le chat per omosessuali, di aver conosciuto così tanti preti, e poi anche di averli incontrati di persona. Quelli di Exit hanno documentato le fasi dell'aggancio sulla chat, registrato le telefonate fatte per mettersi d'accordo, e ripreso (con una telecamerina nascosta) gli appuntamenti clandestini.

IN UFFICIO — Volti non riconoscibili, voci camuffate, le immagini si fermano ad un certo punto perché l'obiettivo è raccontare non choccare. Non si nascondono i preti, anzi. Protetti dal nickname (il nome in codice che si utilizza per chattare) dicono subito di essere sacerdoti e non hanno problemi ad organizzare un appuntamento. Gli incontri filmati sono tre. Il primo prete è il più dolce: «Se ritornassi indietro, il sacerdote lo rifarei. Hai tante soddisfazioni, aiuti gli altri. (...) La prima esperienza con un uomo l'ho avuta dopo, 10 anni fa. Ma io sto bene con questa mia, tra virgolette, omosessualità». Il secondo è il più spavaldo: racconta di aver avuto un «centinaio» di incontri: «In seminario mi trattenevo per la paura di essere beccato, ma poi non mi sono più controllato». Dice anche che sui gay la «Chiesa è ipocrita perché pure in Vaticano ce ne sono tanti». Il terzo incontro è quello più duro. Appuntamento in Piazza San Pietro, si capisce che dall'altra parte non c'è un semplice parroco. Nell'aggancio sulla chat ha detto di avere tendenze sadomaso. I due si spostano in un ufficio lussuoso. Il ragazzo è un po' preoccupato e lui lo tranquillizza: «Se vuoi andare via non c'è problema». Poi il discorso finisce sull'atteggiamento della Chiesa: «Non ce l'ha con i gay ma — dice il prete — è contro il sesso prima del matrimonio. I gay non si possono sposare e quindi non devono avere rapporti». Nervosismo, nessuna traccia di quella serena voglia di intimità degli altri incontri. I due si avvicinano. «Stai per commettere un peccato davanti agli occhi di Dio», dice il ragazzo. «Io non lo sento come un peccato», risponde l'altro. E ancora. «Non ha senso che tu sia prete », «Qui finisce la nostra storia — risponde il sacerdote — hai troppe preclusioni. Ti metto sull'ascensore e se qualcuno ti ferma non dire nulla ».

LA CONFESSIONE — Dopo i tre filmati «rubati» c'è un prete gay che (anche lui volto oscurato e voce camuffata) accetta di raccontare la sua storia: il compagno trovato in seminario, un ragazzo che poi dirigerà il coro durante la sua ordinazione, «il giorno più bello della mia vita, mettevo insieme i miei due amori». Il rapporto durato tanti anni con un altro uomo «anche se poi la lontananza ci ha divisi ». Don Felice — nome di fantasia — accusa la Chiesa: «Ha paura che l'omosessuale sia anche pedofilo. Un errore. Se c'è pedofilia, che non dipende dall'omosessualità, si tratta di un reato. Ma la Chiesa, invece di dire, copre». E infine racconta le difficoltà di una vita come la sua: «Ci muoviamo come gli indiani in un mondo di cow boy, attenti a non essere impallinati. Ma io sono sereno con la mia coscienza. Dio è più grande del nostro cuore».

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Buoni propositi: Rapporti tra alcune realtà LGBT italiane ed Arcigay.

Consiglio nazionale Arcigay - Ordine del giorno.

Rapporti tra alcune realtà LGBT italiane ed Arcigay

Il Consiglio nazionale Arcigay ribadisce l'unitarietà dell'Associazione e la volontà di tutti i Comitati ad agire in piena solidarietà reciproca.

Consiglio nazionale Arcigay, 26 settembre 2007
Il rispetto della persona, la promozione dei diritti umani e della democrazia sono gli elementi fondanti di Arcigay a tutti i livelli.

L’ultimo Congresso nazionale ha ribadito l'intento di proseguire quel processo unitario tanto auspicato da gran parte della popolazione LGBT attraverso la realizzazione di azioni comuni nel pieno rispetto delle specificità e dei percorsi di ciascuna associazione LGBT locale e nazionale. Il risultato ottenuto attraverso questo forte impegno è stata la partecipazione di un milione di persone al Pride nazionale di Roma del 16 giugno scorso.

Ciò ha rafforzato ancora di più quell’idea di unità del movimento finalizzata non solo al riconoscimento del valore della sua storia, ma soprattutto all'affermazione della piena uguaglianza giuridica e della pari dignità che sta dando molti e positivi frutti in tante aree del paese.

D’altra parte rileviamo con rammarico come in questi ultimi mesi vi siano tentativi di delegittimazione e veri e propri attacchi politici contro Comitati provinciali Arcigay in varie città, prima tra tutte per la gravità politica e per le modalità inedite, Roma.

pertanto il Consiglio Nazionale

- dichiara la sua piena solidarietà a tutti i Comitati provinciali e in particolare al Comitato provinciale Arcigay Roma Gruppo ORA;

- ribadisce la volontà di tutti i Comitati ad agire in piena solidarietà reciproca;

- rileva come gli attacchi oggi in atto siano una delle miserie di un movimento che ancora una volta sembra non essere cosciente del ruolo storico che dovrebbe ricoprire, e incapace di rispettare le tante differenze di percorsi e pratiche che invece sono la sua ricchezza;

- sottolinea che Arcigay, nella pluralità delle sue articolazioni, è un soggetto unanime e coeso, il cui indirizzo politico generale viene discusso e deciso collegialmente dal Consiglio nazionale in cui si ritrova tutta l’associazione e che è rappresentato dal Presidente nazionale. Conseguentemente qualsiasi controversia riguardo le posizioni politiche di Arcigay investe l’intera associazione;

- ribadisce la ferma volontà di Arcigay di preservare un’unitarietà di azione politica con tutte le associazioni LGBT genuinamente disponibili ad un confronto rispettoso e costruttivo;

- invita tutti i Comitati provinciali a continuare nella loro azione politica territoriale e a seguitare ad essere protagonisti, nelle rispettive realtà, di un positivo rapporto con gli altri soggetti dl movimento LGBT nell’ottica dello spirito unitario.


Bologna, 23 settembre 2007
Ordine del giorno del Consiglio nazionale Arcigay
approvato all'unanimità

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Festa del Teatro a Milano dal 26 al 28 Ottobre 2007.

(Teatroespettacolo.org) Tre giorni di spettacoli, visite guidate, avvenimenti: da 0 a 3 euro.

Ritorna per la seconda edizione la Festa del Teatro - Teatri Aperti, dopo il grande successo dello scorso anno. La vasto offerta di spettacoli non sarà circoscritta solamente alle sale teatrali ma invaderà l'intera città. Ci saranno inoltre incontri, laboratori, proiezioni video, spettacoli per grandi e piccoli. Saranno coinvolti 45 Teatri di Milano, Monza, Sesto San Giovanni e Assago con 33 compagnie teatrali milanesi.

La Festa del Teatro sarà inaugurata da un happening spettacolare ad ingresso libero presso uno spazio nel centro di Milano a partire dalle 21.30 del 26 Ottobre.

Per informazioni: www.lombardiaspettacolo.it

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PD/ Veltroni: Si ai Cus, età pensionabile da allungare.

(Apcom) - Il candidato alla segreteria del Pd, Walter Veltroni, si dice d'accordo con la proposta avanzata in Commissione giustizia al Senato sui Cus (Contratto di unione solidale). "Io sono per questa strada - ha detto Veltroni intervenendo alla trasmissione 'Le invasioni barbariche' su La7 - sono diritti della coppia, anche degli omosessuali". Per il sindaco di Roma quella dei Cus "è una scelta che consente di riconoscere unioni diverse da famiglie tradizionali".

A proposito dell'età pensionabile, Veltroni ha osservato: "Sono assolutamente convinto che deve essere allungata". Infine, parlando della sua proposta sulle nomine in Rai, Veltroni ha ribadito: "E' necessario, non è facile, ma si deve fare. Che necessità c'è di avere un Consiglio di amministrazione della Rai che sia la stessa cosa della Commissione di Vigilanza? - ha concluso Veltroni - Scegliamo, con una società di cacciatori di teste, il migliore che c'è, mettiamolo per quattro anni alla Rai fuori da tutte le diatribe politiche".

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Angel

(Cinemagay.it) E' il primo film in costume di Ozon. La vicenda, quasi completamente etero, comprende anche una sottostoria lesbica che nel romanzo (di Elizabeth Taylor, edito in Italia da Neri Pozza) era molto più sviluppata. La protagonista Angel Deverell vive in una tranquilla cittadina inglese dei primi del novecento ma sogna una vita diversa. Suo padre è venuto a mancare quando era ancora piccola, la madre gestisce una piccola drogheria e la scuola è solo una noiosa costrizione: oltre che spiare dal cancello di Paradise House, la villa sfarzosa dove vive la famiglia più ricca della città, l'unico passatempo di Angel è la scrittura, in cui riversa la sua fervida immaginazione e quell'aspirazione al successo e all'amore che non sembra darle tregua. Quando l'editore londinese Théo Gilbright decide di pubblicarle un romanzo, la ragazza vede spalancarsi davanti a sé la vita che ha sempre desiderato: il pubblico le tributa da subito un grande successo e, malgrado il suo carattere testardo e capriccioso, anche l'alta società inglese decide di accoglierla a braccia aperte, folgorata dal fascino di una scrittrice tanto giovane e avvenente. Proprio durante una delle feste in suo onore, Angel conosce Nora Howe-Nevinson e suo fratello Esmé, un giovane pittore di talento che vive da bohèmien nei sobborghi di Londra: se la prima si offre con entusiasmo di farle da segretaria personale, Esmé finisce addirittura per sposarla, lasciando immaginare che metterà la testa a posto.
Tutti e tre si trasferiscono a Paradise House, che Angel ha acquistato dai vecchi padroni caduti in disgrazia e trasformato nella casa dei suoi sogni, grazie ai proventi che continuano ad assicurarle i suoi bestseller. La vita in comune sembra scorrere serena, ma a scompigliare tutto arriva lo scoppio improvviso della guerra: malgrado le suppliche della moglie affinché resti al suo fianco, Esmé si arruola e parte per il fronte. Da allora, le cose non saranno più le stesse a Paradise House, anche perché l'uomo nasconde un segreto che manderà in frantumi per sempre i sogni di Angel ... La vicenda lesbica è tutta nel personaggio di Nora che nutre una segreta passione per Angel. Nora nel romanzo era brutta e aveva anche i baffi, nel film appare invece assai più graziosa (ma tutti i personaggi del film sono straordinariamente affascinanti), cosa che non la rende solo un corpo e un'anima schiavi della sua passione, ma le dona anche un intrigante appeal. Mentre nel romanzo Nora mantiene il segreto sull'amante del fratello con lo scopo di tenersi vicina Angel, nel film alla fine confessa la verità, ma non subito dopo avere colto Esmé in fragrante adulterio. Improvvisamente Nora assume una dimensione tragica, diventa complice della sofferenza di Angel, dilaniata tra il suo desiderio per la ragazza e il legame con suo fratello...

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