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sabato 23 agosto 2008

Stampa omofoba? L'Ansa non riferisce che un gay ha vinto una medaglia d'oro.

Questo articolo dell'onorevole del Pd Anna Paola Concia, il cui titolo è a nostro parere semplicemente vergognoso ("Questo è l’appello, firmato da me e da altri, che ha scatenato l’ira omofoba di Francesco Merlo su “la Repubblica” di oggi."), assieme all'articolo precedente a questo che informa della vittoria dell'atleta australiano Matthew Mitcham della medaglia d'oro nei tuffi, dove il cronista omette di scrivere che l'atleta è gay (ed è un omosessuale dichiarato, non vittima di un outing), ci ha spinti a credere che anche all'Ansa (agenzia che diramato il pezzo) ci sia una cricca di omofobi. Una gang che omette particolari importanti e significativi sulla vita dell'atleta e cioè che è omosessuale. Quindi dobbiamo credere che anche una buona notizia per lo sport e per il popolo Lgbt, in fondo sia un atto di omofobia? Ma, dannazione, dove stiamo andando a finire? E soprattutto dov'è il buon senso? Al monte dei pegni?
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Grande compostezza da parte della sorella dello steward: "Non mi interessa quel che scrivono i giornali su mio fratello".

"No ai funerali di stato".

(AdnKronos) E' difficile il riconoscimento della salma di Domenico Riso, lo steward palermitano dell'Air France morto nella tragedia aerea di Madrid mentre stava andando in vacanza alle Canarie. Ieri le due sorelle dell'assistente di volo sono volate in Spagna per sottoporsi al prelievo del Dna e riportare a casa il corpo del fratello. "Non aspetteremo i funerali di Stato - annuncia ai microfoni della Rai, Concetta Riso -. Non appena potremo porteremo Domenico a casa a Isola delle Femmine".

E sulla vita privata del fratello, finita sotto la lente d'ingradimento con le associazioni gay che polemizzano con i mass media accusati di "aver avvolto in una cortina fumogena tragicamente ridicola" la relazione omossessuale dello steward, Concetta replica: "Mio fratello era una persona riservata. In questo momento non ci interessa quello che scrivono i giornali. Ci interessa solo portare il suo corpo a casa per una degna sepoltura".

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Sesso tra gli scheletri in Ateneo. "Ho fotografato il prof nudo".

Torino, la Procura apre un'inchiesta.

(Cronaca qui) Lo scandalo a luci rosse esplode come una tempesta all’università. Mentre voci di corridoio rilanciano con forza l’idea che le molestie sessuali siano una triste consuetudine nei locali della storia scuola di specializzazione in medicina legale, i vertici dell’ateneo respingono con forza l’idea che un concorso possa essere stato truccato proprio in virtù di favori sessuali. E la Procura ha aperto un’inchiesta.

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Al via il Meeting di Rimini. Protagonisti l’uomo e la pace nel mondo.

Il Card. Angelo Bagnasco

(Panorama) Sarà il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ad aprire domani con la sua prolusione il 29 esimo Meeting dell’amicizia e dei popoli, tradizionale evento in programma a Rimini fino al 30 agosto e che segna la ripresa del dibattito politico, istituzionale ed economico del paese dopo la pausa estiva. “O protagonisti o nessuno” è il titolo scelto per quest’anno. L’obiettivo degli organizzatori è stimolare la riflessione delle migliaia di partecipanti e degli oltre 3 mila volontari sul concetto di persona: per vincere la tentazione all’omologazione che porta allo scetticismo ed al cinismo guardando alla libertà dell’uomo, anche dal punto di vista religioso.

“I protagonisti di cui vuol parlare il Meeting sono tutte quelle persone che prendono sul serio il problema della verità di se stessi, della propria soddisfazione e del proprio compimento, a prescindere dalla riuscita o dal successo in senso mondano. Come disse Giussani, ‘protagonismo è avere il proprio volto che è in tutta la storia e l’eternità unico e irripetibile’”, sottolinea a Panorama.it Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. “Per questo teniamo particolarmente al ciclo di incontri intitolato ‘Si può vivere così’ dove interverranno quelli che per noi sono protagonisti del nostro tempo, avendo innanzitutto ricercato la verità, e per questo avendo anche prodotto risultati socialmente interessanti, anche in situazioni proibitive: Marguerite Barankitse, premio internazionale Onu per i rifugiati, Rose Busingye, impegnata con le donne malate di Aids in Uganda, Salih Osman, premio Sacharov 2007 per il suo impegno tra e per i rifugiati del Darfur”.

Nutrita la rappresentanza di ministri: ne interverranno otto. Non ci sarà, invece, il presidente del Consiglio. Presenti, fra gli altri, anche il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, il commissario ai Trasporti, Antonio Tajani, e il “ministro degli Esteri” del Vaticano, l’arcivescovo Dominique Mamberti. Il 25 agosto, il ministro degli Esteri italiano Frattini ed il segretario della Lega Araba Moussa si confronteranno sulle prospettive di pace nel mondo insieme con il cardinale Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Il 26 agosto sarà la giornata del ministro della Giustizia Angelino Alfano ma anche dell’Arcivescovo di Mosca, Paolo Pezzi. Il 27 agosto ci saranno i ministri Giulio Tremonti e Altero Matteoli, oltre al sempre presente Giulio Andreotti.

Di educazione e scuola si parlerà, il 28 agosto, con il ministro Maristella Gelmini, ma sarà anche la giornata dedicata al confronto dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, cui prenderanno parte tra gli altri il capogruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri, Enrico Letta del Pd ed il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi. La kermesse riminese si concluderà il 30 agosto da un confronto tra i ministri degli Esteri di Andorra e San Marino sul ruolo dei piccoli Stati e dal presidente della Commissione Ue, Barroso, che parlerà di Darfur con il premio “Sacharov 2007″ Salih Osman (consulta il programma completo degli incontri).

“Il tema del protagonismo è stato scelto in continuità con i titoli dei due anni precedenti (verità e ragione), vale a dire, l’uomo che usa la ragione come finestra spalancata nella ricerca della verità ha come esito quello del suo protagonismo. Per sottolineare un altro esito del protagonismo, questa edizione, come le precedenti, non viene meno alla missione per cui è nato il Meeting: essere un contributo all’amicizia tra i popoli”, aggiunge Vittadini. “Il Meeting è un’occasione unica per mostrare come il principio di sussidiarietà, che sostiene l’iniziativa ‘dal basso’ come la sola in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni personali e sociali, può risolvere tanti dei problemi che affliggono l’Italia e il mondo intero in questo momento, a partire dalla crisi sociale ed economica. Gli impegni futuri della Fondazione proseguiranno su questa strada con le sue attività di ricerca, formazione e divulgazione di quei contenuti che, certamente, saranno proposti alla discussione anche dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà”.

Vittadini chiede infine un impegno preciso ai tanti ospti della manifestazione, “ricercare la verità è la forza della pace e lo sviluppo che non può che nascere da un amore all’uomo. Dopo la caduta del muro di Berlino ci si era illusi che magicamente venisse la pace o che bastasse la predominanza di una grande potenza per assicurare un ordine mondiale”, conclude a Panorama.it. “Tutto questo ormai è fallito. Occorre ricominciare umilmente dall’evidenza che la pace duratura nasce solo quando l’uomo accetta di vivere obbedendo al desiderio di verità, giustizia e bellezza che è nel suo cuore, come continua a ripetere anche questo Papa”.

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Arcigay vs Repubblica. Imbarazzante autodifesa di Mancuso. Il solito vittimismo per nascondere dei fallimenti?

ARCIGAY: REPUBBLICA PRENDE FISCHI PER FIASCHI.
Dura presa di posizione di Arcigay sull'editoriale di Repubblica. Vergognoso attacco ad Arcigay e a Franco Grillini sulla morte di Domenico Riso
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Siamo sinceri, un attacco alla nostra associazione così violento e al contempo arrampicato sugli specchi da parte di la Repubblica a firma di Francesco Merlo, non ce lo saremmo mai aspettati. Non tanto per l'astio che trapela nei nostri confronti, quanto per l'argomentazione populistica e confusa che stravolge completamente la realtà dei fatti e le nostre intenzioni. Certo - se la cultura progressista e liberale italiana di cui almeno teoricamente l'importante quotidiano si fa paladino mette in campo un'autodifesa di questo livello non si può che ritenerlo emblematico dell'arretratezza in cui sono sprofondati la politica, la cultura, il giornalismo italiano.

Da giorni la Repubblica definisce la tragica distruzione di un'intera famiglia omosessuale in quell'incidente, perita assieme a tante altre famiglie simili e diverse, come "la dimensione intima e privata dello steward italiano morto insieme ad un amico". L'omissione del vero rapporto tra quelle persone che oramai non ci sono più e la negazione di dare al loro affetto il nome che merita è riproposta con fredda ostentazione. Per sostenerla, proprio Merlo riduce gli affetti alla solita cantilena del non si fruga dentro le lenzuola di nessuno, accusando di ossessione chi da anni chiede invano proprio il riconoscimento della dimensione che vada al di là della sessualità, che effettivamente di fronte alla morte – ma anche di fronte ai problemi ed alla discriminazioni della vita quotidiana - diventa un dettaglio ininfluente.

Caro Merlo, sarebbe stato sufficiente verificare i fatti, avere pietà anche di quell'amore distrutto, fra le centinaia squartati da quelle lamiere, e parlare dell'unica vittima italiana proprio nei termini in cui stavano i fatti della sua vita. Invece si è praticata consapevole censura, perché quella famiglia non doveva esistere! Il resto delle affermazioni contenute nell'editoriale sono solamente una sequela d'insulti al ruolo e all'azione della più grande associazione nazionale gay e lesbica. La triste realtà è che il grande giornale non accetta una critica che coinvolge l'intero sistema di comunicazione italiana, che appena può cancella la cittadinanza e gli amori omosessuali perché li ritiene, come ci ricorda appunto Merlo, pura pratica sessuale a cui si nega sistematicamente il riconoscimento dell'affetto e della vita vissuta e a volte purtroppo spezzata insieme.

Respingiamo al mittente di aver strumentalizzato la morte di Domenico, e soprattutto di non aver voluto vedere l'immensità del dramma che ha colpito oltre 150 persone. Esprimiamo infine la nostra piena solidarietà a Franco Grillini, già presidente di Arcigay, che è volgarmente attaccato nell'editoriale, quasi come capro espiatorio di un comunicato, sottoscritto da molti leader gay e lesbiche italiane. Il cripto leghismo paventato nell'editoriale sta proprio nel negare che in questo stupendo e maledetto paese c'è ancora a sinistra l'idea che i gay e le lesbiche debbano vivere il loro orientamento sessuale in privato, non lamentarsi del fatto di essere considerati dei fantasmi sociali, la cui esistenza e realtà di vita viene taciuta nel nome di una eleganza di cui Merlo parla, ma di cui nelle sue parole non si trova traccia.

Aurelio Mancuso
Presidente nazionale Arcigay

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Archivio Vaticano. I Templari non erano eretici. Nessun cenno sulle accuse di omosessualità.

Filippo IV il Bello, Re di Francie, gran persecutore dei templari, in una immagine dell'epoca.

'Osservatore romano': "Processo per mettere mani su patrimonio".

I templari, l'ordine religioso-militare più potente del medioevo, sciolto da Papa Clemente V dopo che il re di Francia Filippo IV il Bello li aveva accusati di eresia, non erano affatto eretici. E' quanto emerge dall'Archivio Segreto Vaticano.

"Grazie a fortunati ritrovamenti di atti originali conservati presso l'Archivio Segreto Vaticano oggi - riferisce l''Osservatore romano' - sappiamo che la disciplina primitiva del Tempio, il suo spirito autentico, nel tempo si erano corrotti entrando in decadenza e lasciando aperta la porta alla diffusione del malcostume; ma i Templari non erano affatto diventati eretici in massa e il processo fu essenzialmente un mezzo per mettere le mani sul loro patrimonio, come del resto disse chiaramente Dante Alighieri nel canto XX del Purgatorio". Nessun cenno viene fatto circa le accuse di sodomia mosse al tempo nei confronti dei templari.

"Accade che gli appassionati, a volte persino gli storici di mestiere, subiscano il fascino della leggenda templare dimenticando di guardare con attenzione i documenti, quelli che contengono la verità", denuncia il quotidiano della Santa Sede, che ripropone un esempio di quei documenti: il testo di una preghiera "bellissima, commovente", che alcuni Templari composero durante i lunghi anni di prigionia nelle carceri di Filippo il Bello. "Fu letta durante il processo, ma gli storici non l'hanno mai valorizzata forse perché essi stessi sono incuriositi soprattutto dagli aspetti misteriosi, diciamo pure oscuri della vicenda". Secondo l''Osservatore romano', invece, "non c'è da stupirsi se poco più tardi, nel Concilio di Vienna del 1312, Papa Clemente V farà mettere agli atti che i Templari non erano eretici; e anche se costretto a chiudere l'ordine per evitare che Filippo il Bello aprisse uno scisma in seno alla Chiesa cattolica, chiarì espressamente che l'ordine del Tempio non poteva essere condannato".

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Prostituzione maschile. Le savonesi e il gigolò.

(Federico Biglieri - Il secolo XIX) La psiche femminile, in pratica quanto di più imperscrutabile esista nell’universo. Tanto contorta quanto adorabile. Soprattutto quando il discorso scivola su amore e sesso, le due facce della stessa medaglia: quella della seduzione.

Una statistica di qualche giorno fa ha sentenziato l’impennata delle “divise” (Polizia, Carabinieri e Aviazione su tutte) nei sogni proibiti del gentil sesso. La motivazione più diffusa: danno sicurezza.

In un momento particolare della società moderna dunque, dove è l’apparenza a dispensare felicità e autocompiacimento, si scopre che le donne risultano essere sempre più sole, alla disperata ricerca di protezione esterna. Disposte a tutto pur di ottenerla. Anche a pagare.

Quella dei gigolò infatti non è una realtà presente solo nei film di Richard Gere o nelle periferie chic della Milano bene. Anche distinte signore savonesi ricercano prestanti fusti per trascorrere una serata da principesse. Parola di Zac. «Ho una dozzina di clienti “fisse” nella provincia. Più alcune occasionali, quantificabili in una trentina all’anno. Tutte divise tra Savona città e il ponente, soprattutto Alassio e Albenga».

Zac è un ragazzo italotedesco di 33 anni. Arrivato in Italia ventenne e senza un soldo, ha iniziato subito a vendere il proprio corpo . «Ora, se mi va proprio male, mi entrano tremila euro al mese». Alto quasi un metro e novanta, carnagione scura, fisico asciutto e allenatissimo, Zac fa la spola tra Torino e Genova, dispensando piacere a signore di tutto il Nord-Ovest. «Di solito mi chiamano donne tra i 40 e i 60 anni, anche se mi è capitato più volte di incontrare over 70. Uno può pensare all’estetica, al sesso, al piacere carnale: nulla di tutto ciò. Le donne a me chiedono serate da “regine”, un po’ di ascolto e tanta tenerezza. Non cercano solo rapporti sessuali, ma antidoti alla solitudine».

Nulla di più lontano quindi dalla prostituzione femminile, con maschi ingordi che cercano piaceri immediati e a basso costo. «Ho vestiti alla moda, una Mercedes Slk e accessori di gran classe. Passo a prendere i miei “tesori” e poi ci spostiamo, per timore di essere scoperti: di solito verso ponente, Sanremo o Nizza. Frequentiamo ristoranti e locali ricercati, e se c’è la volontà di proseguire l’avventura sotto le lenzuola non noleggiamo certo una losca stanza di motel». Per questo la “tariffa” è così elevata. «Per meno di 150 euro non mi muovo. Poi dipende da cosa mi viene richiesto, dai luoghi che si visitano. Ci sono molte variabili».

Unica costante: la capacità di ascolto. «Spesso sono donne belle, ricche e colte. Ma trascurate dal marito, oppure “scottate” da una storia andata male. Donne che non potrebbero sopportare altri rifiuti, altre delusioni. A loro, io regalo un lieto fine». Molta psicologia dunque. Ma qualche episodio “spinto”, a un gigolò, sarà pur capitato. «Noto abitudini particolari, questo sì. Ad esempio, una signora teneva nella borsetta una cornice con la foto del marito, che prima di spogliarsi appoggiava sul comodino per fissarla durante il rapporto. Diffuse anche le “coincidenze simulate”, durante le quali mi fingo un fattorino o un postino che, casualmente, inizia a sedurre la signora che ha aperto la porta, alias la mia cliente. Ma anche queste ultime fanno parte del discorso sulla paura del rifiuto: imitare situazioni reali sapendo già che tutto finirà per il meglio».

Non è un lavoro (regolare), non è un hobby, non è la follia di un momento. «Per me è semplicemente un piacere. Adoro regalare alle donne quello che non trovano nella vita di tutti i giorni». E le donne savonesi cosa cercano più di tutto? Sorride. «Questo non lo posso dire».

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La Lettonia ribadisce: matrimonio solo tra un uomo e una donna.

Omosessualità: il Parlamento della Lettonia resiste alle pressioni UE.
Il Parlamento della Lettonia ha deciso di escludere dalla sua Legge Anti-Discriminazione il divieto di discriminazione in base all’orientamento sessuale. In risposta i rappresentanti dell’Associazione internazionale gay e lesbiche (ILGA) esigono che l’UE riveda l’ammissione della Lettonia all’Unione…

(Fatti sentire) Nonostante quanto stabilito da una normativa dell'Unione europea, il Parlamento della Lettonia ha deciso di escludere dalla sua Legge Anti-Discriminazione il divieto di discriminazione in base all'orientamento sessuale. I legislatori lettoni hanno rifiutato di mettere in atto tale normativa nonostante fosse fra le condizioni per l'acccesso della Lettonia all'Unione nel 2004.
In Lettonia il Disegno di legge Anti-Discriminazione fu presentato nel marzo 2004 allo scopo di adempiere ai requisiti imposti dall'UE per l'uguaglianza razziale e occupazionale, che comprendono un divieto esplicito della discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale. Ma diversi membri del partito al governo, i Cristiano-democratici, hanno chiesto la cancellazione della clausola sull'orientamento sessuale, definendo l'omosessualità come “peccaminosa” e “degenere”.
La Lettonia è l'unico stato dell'UE a non avere una normativa speci***** contro la discriminazione sul lavoro e nelle politiche di assegnazione di alloggi che faccia riferimento all'orientamento sessuale.
Quest'ultima mossa da parte del Parlamento lettone ha nuovamente suscitato le ire degli attivisti omosessuali. Nel dicembre 2005, il parlamento aveva approvato con una maggioranza schiacciante un emendamento costituzionale per proteggere la definizione tradizionale del matrimonio. Ai sensi del codice civile della Lettonia era già illegale il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso, ma adesso l'emendamento costituzionale afferma esplicitamente che il matrimonio può esistere solo fra un uomo e una donna.
I rappresentanti dell'Associazione internazionale gay e lesbiche (ILGA) esigono che l'UE riveda l'ammissione della Lettonia all'Unione e ha detto di sperare che la Commissione europea avrebbe fatto dei passi legali per assicurare che la legge venga applicata in pieno. La direttrice di ILGA-Europa, Patricia Prendiville ha dichiarato che «come stato membro dell'Ue la Lettonia si sta comportando in modo contraddittorio e mancante di rispetto per i principi di uguaglianza e di non-discriminazione concordati e confermati dai vari trattati UE». Riccardo Gottardi, Co-presidente dell'ILGA – Consiglio esecutivo per l'Europa ha detto: «crediamo sia giunto il momento di agire in modo concreto e serio perché tutti nell'Unione europea abbiano ben chiaro il fatto che l'omofobia e le altre forme di discriminazioni non sono accettate e saranno affrontate nella maniera più seria».
All'ILGA è stato più volte rifiutato dall'ONU l'accredito come ONG perché ammette fra i suoi membri i gruppi pedofili. Le linee guida dell'ONU per l'accredito delle ONG proibiscono anche alle ONG di procedere ad attacchi «motivati politicamente» contro gli stati membri dell'ONU. Gli attacchi dell'ILGA alla Lettonia probabilmente saranno visti come una violazione di questo divieto.
Il giorno prima della decisione del parlamento della Lettonia, l'UE aveva approvato una risoluzione per la lotta all'omofobia che prevederebbe delle sentenze contro fatti di omofobia, anti-semitismo e islamofobia. Nonostante la pressioni dagli attivisti omosessuali e dall'UE, i parlamentari della Latvia hanno considerato improbabile che venga reintrodotto o sostenuto il divieto di discriminazione in base all'orientamento sessuale. Il disegno di legge Anti-Discriminazione della Lettonia sarà votato in seconda lettura in autunno.

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La sindrome Lolita: ragazzi cresciuti troppo in fretta.

Io sono adolescente - Simone Beri

(Un’immagine della mostra Io sono adolescente )

(Panorama) Televisore acceso, Ipod nelle orecchie, computer collegato, palmare in funzione. “Claudio, quindici anni, sta facendo una ricerca per la scuola su internet. Arriva un messaggio sul telefonino a cui risponde immediatamente. Di lì a qualche minuto invierà a YouTube un video buffo girato in classe, visiterà alcuni blog e si connetterà a una chat dove parlerà con altri ragazzi di musica rap. Prima di andare a dormire, invierà alcune foto scattate con il telefonino su MySpace”.

Claudio è solo uno dei “ragazzi che crescono troppo in fretta” raccontati nell’ultimo libro dalla psicologa Anna Oliviero Ferraris. La sindrome Lolita, aldilà del riferimento letterale, è infatti un fenomeno trasversale. Coinvolge maschi e femmine, centri e periferie senza distinzioni di sorta. Così, storie simili a quella di Claudio, ne esistono a migliaia: piccole femme fatale e giovani latin lover in erba; tredicenni impaurite e ventenni pieni di complessi, e via proseguendo in un piccolo vortice che si trsforma spesso in psicodramma. Con simili premesse, inevitabile che i primi ad entrare in cortocircuito sono proprio i genitori.

La soluzione – suggerisce la Ferraris – nasce dal chiarimento di un equivoco: non è vero infatti che “la libertà delle persone coincide con il fruire di una meteora inesauribile di emozioni”. Il punto è che se è vero che “un’intelligenza senza emozione ci rende simili ad automi”, è altrettanto assodato che “un’emozione senza intelligenza ci lascia troppo esposti ai maghi della suggestione”. Più che i bambini e gli adolescenti, il vero problema riguarda dunque innanzitutto gli adulti, vittime, in queste come in altre circostanze, di una “generazione di transizione”. A loro, la possibilità di sciogliere l’arcano, che con il libro della Ferraris sembrerebbe più a portata di mano.

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La morte di Domenico Riso. Arcigay, Grillini, Benedino e Concia, i blogger non sono d'accordo con loro.

Outing post mortem.
(Tom) Riguardo alla faccenda dello steward morto sull’aereo a Madrid, sono completamente d’accordo con quello che scrive Francesco Merlo oggi su Repubblica, in questo pezzo in cui ne dice quattro all’Arcigay e a Franco Grillini.
L’unico motivo per cui i media da due giorni stanno parlando di Domenico Riso è perché è stato il solo italiano a morire su quell’aereo. Probabilmente era gay. E allora? Cambia qualcosa saperlo? E se i familari di Riso non volessero rendere pubbliche le sue preferenze sessuali, non ne hanno il diritto? E soprattutto, l’omofobia che diavolo c’azzecca?
In Italia ci sono tantissimi personaggi ben più noti del povero Riso che non vogliono dichiararsi, anche se poi praticamente “lo sanno tutti”. Perché accanirsi proprio in questo caso, e sventolare bandiere arcobaleno a sproposito? Arcigay non ha ben altri esempi di reale omofobia per cui indignarsi, e magari cercare anche di fare qualcosa in più per far passare uno straccio di legge a tutela degli omosessuali, di cui in questo Paese siamo tuttora vergognosamente privi?
O forse con la nostra morbosa curiosità per il privato delle persone stiamo arrivando a giustificare l’outing forzato, per giunta post mortem?

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Lo steward e l'Arcigay. Una vergognosa proposta di Aurelio Mancuso.

(Redazione) Aurelio Mancuso, Presidente di Arcigay ha inviato ai molti colonnelli del mondo Glbtq una lettera (piena di errori...!). Eccola, integrale.
Secondo noi la morte è un fatto privato, intimo, da non strumentalizzare qualunque e comunque siano le ragioni. Non si può utilizzare tutto quanto può essere riferito al mondo omosessuale per avere visibilità spacciandolo per un momento politico. Siamo sicuri che Domenico Riso ed il suo compagno cercassero tutta questa attenzione? Rispettiamoli e troviamo altre iniziative oer ricordarli.
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Alcun* di noi hanno inviato un comunicato incazzato sulla vicenda Domenico Riso, ma davvero è sufficiente un comunicato? Davvero dopo un’estate di violenze e discriminazioni su trans, gay, lesbiche ci possiamo limitare a questo?

Dovremo aspettare il prossimo Pride per arrabbiarci?

Io credo che la misura sia colma da tempo e questa vicenda di Domenico è se possibile la più emblematica! Si è voluto deliberatamente cancellare la sua vita (unica eccezione il Corriere della Sera) e si persevera, perché i servizi tv di stasera hanno semplicemente cancellato Domenico.

Allora possiamo continuare a guardare inermi?

Vi chiedo, al di là delle nostre differenti opinioni ed appartenenze è possibile dare un segnale forte in questi giorni tutte e tutti insieme? Oppure solo a me pare che se facciamo passare anche questa tra poco non avremo più la forza di reagire davvero a nulla?

Faccio una proposta semplice e diretta: il giorno dei funerali di Domenico in ogni città capoluogo di regione (ovvero dove ci sono le sedi regionali della Rai) e poi davanti alle sedi nazionali di Mediaset, la7, Repubblica, La Stampa, Il Giorno, e cosi via possiamo fare dei picchietti di protesta? (poi sui dettagli ci possiamo mettere naturalmente d’accordo)
Lo so che è estate e la gente è ancora via, ma riusciamo lo stesso a mobilitarci? Io penso che se lo vogliamo sì lo possiamo fare! E dovremmo davvero farlo, senza tante inutili domande e prudenze.
Sarebbe un segnale forte e diretto.

Non ho altro da dire, se non trasmettervi una personale rabbia, che al limite sfogherò andando anche da solo davanti ad una sede Rai o Mediaset a manifestare contro questa cappa che è calata sulle nostre vite.

Aurelio Mancuso.

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Pdl: scene da un patrimonio.

Silvio Berlusconi, Raffaele Lombardo e Gianfranco Fini

(Carlo Puca - Panorama) Lo Statuto, la costituente, la leadership. Ma i soldi, la vile pecunia? Ufficialmente la questione è marginale. Eppure se ne parla, eccome, tra i fondatori del Popolo delle libertà, il nascente partito unico composto dai due giganti Forza Italia e Alleanza nazionale e da nanetti vari (quel che resta di democristiani, socialisti, repubblicani, radicali e liberali di centrodestra, più il movimento di Alessandra Mussolini). E però, per dirla alla Shakespeare, “nulla può andare male se viene insieme ai soldi”. Già, ma i denari chi ce li mette?

Arriviamo così al paradossale. Secondo la bibbia del lusso, la rivista americana Forbes, Silvio Berlusconi è l’uomo più ricco d’Italia e il 51esimo nel mondo con un patrimonio pari a 11,8 miliardi di dollari. Ma con circa 110 milioni di euro di saldo negativo, il suo partito, Forza Italia, è il più indebitato d’Italia (se si escludono i 180 milioni dei Ds, partito ormai virtuale, perché confluito nel Pd). Al punto che il Cavaliere, per evitare il default, ha garantito al tesoriere Rocco Crimi fideiussioni personali per 75 milioni di euro. Inoltre, Forza Italia è priva di un quotidiano di partito, mentre la brambilliana Tv delle libertà ha chiuso i battenti da poco più di un mese. Né il partito possiede immobili: tutte le sedi dei 4 mila circoli sono in affitto. Nessuna esclusa.
Gianfranco Fini, invece, ha dichiarato per il 2007 un reddito di 147.814 euro, inferiore, per dire, a quello del leader comunista Fausto Bertinotti (233.195 euro). Eppure la sua creatura, Alleanza nazionale, non ha debiti. Anzi, ha chiuso il bilancio in pareggio e vanta proprietà immobiliari invidiabili: circa il 30 per cento delle 14 mila sezioni, più case e palazzi, talvolta di lusso, sparsi in tutta Italia. Stando al racconto del senatore Franco Pontone, segretario amministrativo di An, “le sedi sono nostre perché fino agli anni Novanta nessuno affittava locali al Movimento sociale ed eravamo costretti ad acquistare per poterci diffondere in modo capillare in tutta Italia”. Il risultato? An ha costituito una immobiliare che proprio a causa della fusione con Forza Italia sta catalogando le proprietà del partito. Sul mercato immobiliare, quello vero, non segnato a bilancio secondo i parametri del catasto, i beni di An valgono almeno mezzo miliardo di euro. Un tesoretto niente male.
Poi c’è il Secolo d’Italia, il quotidiano di partito. Il deputato bolognese Enzo Raisi ne ha rimesso a posto i conti su mandato di Fini. A Panorama dice: “Con la fusione, il giornale ha la grande occasione di diventare il quotidiano di opinione del centrodestra, sulla falsariga dello stile di Foglio e Riformista”. Non solo: “Vogliamo affiancare al giornale una casa editrice per produrre libri e dvd di area”. Ma il Secolo rimarrà in mano ad Alleanza nazionale? “In queste settimane stiamo ragionando su una struttura societaria capace di allargare l’area degli azionisti. Sia chiaro però: a nuovi azionisti devono corrispondere soldi freschi”. Soldi azzurri, s’intende.
Dunque, è vero che sulla carta il Pdl sembra cosa fatta e finita, con numeri da paura: un potenziale elettorale superiore al 40 per cento, un capitale umano di 400 mila iscritti, una forza parlamentare di 273 deputati e 147 senatori. Ma non tutto è risolto. Nella riunione del 9 settembre si metteranno nero su bianco le decisioni prese il 18 agosto, anzitutto il rapporto percentuale tra Forza Italia (70) e An (30) nella dirigenza del nuovo partito. Ma restano aperte questioni vitali come quella del reggente o del comitato di reggenti e del tesseramento. Secondo Fi basta il reggente, secondo Alleanza nazionale ci vuole il comitato. E ancora: se non c’è il tesseramento, non ci sarà mai congresso vero. An, Fini e tutti gli altri sarebbero così condannati alla subalternità, vita natural durante. Magari rimettendoci pure gli immobili.
Una ipotesi che fa sobbalzare la vedova di Giorgio Almirante, padre fondatore della destra italiana. Donna Assunta, dall’alto del suo piglio di proprietaria terriera, così commenta il prossimo matrimonio, del quale non vorrebbe essere “né sensale né madrina”. Dice: “Forza Italia arriva a mani nude, le uniche proprietà sono personali di Berlusconi. An invece porta tante belle proprietà ereditate dal Msi. Proprio bella questa: per una volta faremo noi la figura dei ricchi dinanzi al Cavaliere”.
E invece no, An si sta cautelando. O Berlusconi mette mano al portafogli secondo il criterio del 70-30 (70 euro Fi, 30 An) oppure, in vista della fusione dei bilanci, prevista per atto notarile nel 2011, Fini punta sulla strada già intrapresa dai Ds al momento di confluire nel Pd. Riparare, cioè, il patrimonio del partito in una fondazione. Manca soltanto un dettaglio non secondario: quale fondazione?
Fini già presiede Farefuturo. I più audaci tra i suoi collaboratori vorrebbero piazzare qui i beni postmissini; altri, più romantici, in una fondazione ex novo di vago sapore almirantiano. Si vedrà.
Certo è che la manovra economica ha sottinteso un valore politico. Quando Italo Bocchino, Ignazio La Russa e compagnia chiedono, fin da ora, che il successore di Berlusconi sia Fini, recitano un discorso di chiarezza ai vari aspiranti leader: o comandiamo noi o dopo Berlusconi rifacciamo Alleanza nazionale. I soldi ci sono, insieme a giornali e casa editrice. Libro e tesoretto, partito perfetto.

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Un autogol? L'Arcigay: perbenismo sullo steward morto.

La deputata del Pd Concia: quando riusciremo a chiamare le cose con il loro nome?
"Troppi silenzi sull'italiano e il compagno". Ma Galan: omofobia è parlarne.

(Gianni Fregonara - Il Corriere della Sera) Quali sono le parole per dirlo? Si doveva raccontare la storia personale di Domenico Riso (nella foto), lo steward siciliano morto nel disastro aereo di Madrid, insieme al suo compagno francese e al figlio di lui? I dettagli della nuova vita parigina, come riferita dal cugino dell'unica vittima italiana della sciagura, sono un fatto di cronaca o un'ingerenza inutile nella privacy di Riso, di Pierrick Charilas e di suo figlio Ethan?

Ad aprire il dibattito sono state le associazioni gay. Indignate non per i racconti ma per i silenzi e le omissioni sulla storia dello steward: «La vita di Domenico Riso è stata avvolta da una cortina di fumo tragicamente ridicola: quando questo Paese avrà il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome?», scrivono i vertici dell'Arcigay, in una nota firmata anche dalla parlamentare pd Paola Concia. E non solo. Si scandalizza per il motivo opposto il governatore del veneto Giancarlo Galan (Pdl), che considera «omofobo» mettere la lente sulla vita di Riso: «Sono ripugnanti le cronache pubblicate da alcuni giornali penosamente impegnate a dare il massimo risalto al fatto che Domenico Riso fosse in viaggio assieme al suo "compagno". Che pena per un giornalismo così scadente e morboso».

Le reti tv hanno scelto di non raccontare nulla. «E' tabù in Italia parlare di questo tipo di famiglie», si lamenta il radicale Sergio Ravasio, segretario dell'Associazione Certi Diritti. I giornali hanno usato diversi toni e termini: delicatezza, vista la situazione tragica? «Ipocrisia», accusa il presidente di gaynet Franco Grillini: «Amico del cuore», «un amico», hanno scritto i più. «Compagno», ha scritto il Corriere in prima pagina. La storia è stata anche ignorata o «omessa», da alcuni quotidiani. Quelli francesi che hanno dato la notizia della morte di Pierrick Charilas e di suo figlio Le Parisien e L'Équipe fanno un solo fugace cenno alla presenza di «un amico italiano, di cui non si hanno altre notizie»: per il resto raccontano il dolore dell'ex compagna di Charilas, che è una celebrità sportiva nazionale. Ecco che cosa ne pensano i lettori, che si sono divisi sulla scelta di raccontare la storia: «Il Corriere è stato l'unico giornale nazionale a trattare con rispetto la memoria di Riso descrivendo le persone con cui viaggiava come "il compagno e il figlio di tre anni" invece di nascondere la loro identità con formule generiche », scrive un lettore. «Ma come si possono scrivere certe cose sulla vita privata di una persona appena deceduta? Questa è informazione???», protesta un'altra mail. «Dopo la tragedia in Spagna, ho dovuto notate l'arretratezza del nostro Paese, il modo triste con cui alcune testate hanno cercato di evitare il discorso dell'omosessualità di Domenico», scrive un collega che lo ha conosciuto.

Angelo Pezzana, storico animatore della libreria Luxemburg di Torino, non getta la croce sui giornali. Sta scrivendo un libro in cui affronterà anche il tema della difficoltà di trovare le parole per definire «l'identità omosessuale»: «Senza un riconoscimento giuridico delle coppie gay non si riesce a codificare una realtà che sarebbe accettata in gran parte della società italiana. I termini usati dai giornali non sono tanto offensivi quanto indicativi dell'arretratezza linguistica del nostro Paese ». Pezzana ricorda infatti: «Persino nel mondo della moda non si riesce a definire senza ipocrisie il compagno di Valentino o l'identità di Armani, e per Versace si seppe del suo compagno solo dopo la morte...».

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Italiano morto a Madrid, l’Arcigay attacca la stampa.

(Il Secolo XIX) «I servizi tv e la rassegna stampa ci hanno indignato. La vita di Domenico Riso è stata avvolta da una cortina fumogena tragicamente ridicola. Quando un gay siciliano che è emigrato, si è costruito una vita nuova e una famiglia, potrà avere rispetto, almeno dopo morto?»: con queste parole, l’Arcigay ha contestato il modo in cui giornali e televisioni hanno trattato la storia dello steward morto nell’incidente aereo di Madrid.

«È dovere, per chi informa - ha affermato Aurelio Mancuso, presidente dell’associazione - dar econto di una storia che è stata bruscamente interrotta, e che propone una riflessione sulla condizione di milioni di gay e lesbiche in questo paese. Un tempo si chiamava omosessualità “l’amore che non osa dire il suo nome”, e oggi? Siamo ancora lì»?

«Vogliamo salutare a nostro modo Domenico - ha concluso Mancuso - cui ci sentiamo legati da un sentimento di fraternità. La sua breve vita testimonia la volontà di non rinunciare a se stesso, di combattere la sua battaglia per la felicità, che in questo Paese è ottusamente negata. Per lui e per tante altre persone, continueremo a lavorare affinché non sia mai più negata la realtà della famiglia omosessuale».

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Paranoie omofobe. Se lo steward morto diventa una bandiera gay.

Madrid, il movimento omosessuale accusa i media di ipocrisia. "Hanno censurato la relazione con il suo compagno francese".

(Francesco Merlo - La Repubblica) Siamo tutti omosessuali, e dunque ci spiace dire che l'omofobia, nella orribile morte del povero Domenico Riso, è un'ossessione sì, ma solo dell'Arcigay, che ha infatti accusato i media italiani di "avere censurato la relazione tra lo steward e il suo compagno francese". Ma noi siamo anche tutti eterosessuali.

E dunque ci spiace dire che solo ad un'Arcigay, che è ossessionata dall'idea e non è intelligente dei fatti, poteva venire in mente che in quel forno crematorio all'aeroporto di Madrid non c'erano 153 persone, ma solo due omosessuali dichiarati.

Tutto questo per dire che la sessualità, rispetto a quell'atroce tragedia, è un dettaglio insignificante, come essere milanisti o juventini. E dunque nessuno, e soprattutto l'Arcigay, che non lasceremo mai sola nelle sue battaglie contro le odiose discriminazioni, ha il diritto di strumentalizzare la dimensione intima e privata dello steward italiano morto insieme ad un amico, al proprio figlio di tre anni e ad altre 150 persone, sulle quali l'onorevole Grillini non ha però l'occhio impietrito dall'ossessione e dall'indecenza.

E infatti solo per quei due, per Domenico Riso e per il suo convivente, l'Arcigay trova necessario che "la completezza dell'informazione" frughi tra le lenzuola, e che la loro pulsione d'amore, che vale quanto tutte le altre pulsioni d'amore, sia sbandierata come una militanza, un drammone e una vertigine post mortem.

Ma che c'entrano le abitudini sessuali, le pratiche coniugali, le tradizioni, le convenzioni e gli umori con la morte in un disastro aereo? In base alla logica sessuocentrica dell'Arcigay, i giornali e le tv di un Paese come l'Italia, che ha le sue gravi rogne ma è ancora civile e sa tenere lontana la tragedia dalla farsa, avrebbero dovuto involgarirsi, come purtroppo ha fatto l'onorevole Grillini, e dunque indagare e raccontare - "senza ipocrisia" perbacco - quanti, tra i sessantenni a bordo usavano il viagra, e quanti avevano pratiche feticiste, e quanti erano i transessuali e i bisessuali, e ancore quante mogli e quanti mariti ha avuto ciascuna vittima, e quante erano le vergini e quanti i sodomiti...

Abbiamo, insomma, il fondato sospetto che l'onorevole Grillini sia - proprio lui - l'ossessionato dall'omofobia. È lui ad avere bisogno, sempre e comunque, del nemico per le sue usurate battaglie, al punto da andare fiero della sessualità di una vittima di un disastro aereo e di celebrarlo come un eroe della diversità, del pensiero laterale e dell'anticonformismo.

E c'è forse qualcosa di più. C'è un accenno rivelatore nell'indignazione di maniera dell'Arcigay, la quale si chiede: "Quando un gay siciliano che è emigrato, si è costruito una vita nuova e una famiglia, potrà avere rispetto, almeno dopo morto?". Noi che sappiamo pensare male, temiamo che in questa sottolineatura dell'emigrante siciliano, che solo a Parigi può liberare la propria sessualità, ci sia un avvitamento razzista, probabilmente inconsapevole. Grillini, insomma, non si rende conto che l'idea che un siciliano debba uscire per riuscire è un'idea criptoleghista, perché appunto i leghisti ritengono che i meridionali solo altrove possono avere opportunità, mentre la loro terra li condanna a un destino di dissipazione sociale e, nel caso dell'omosessuale, di infelicità e di disprezzo. Secondo l'Arcigay, Domenico, se fosse rimasto in Sicilia, avrebbe potuto solo nascondersi e dannarsi. A Parigi, invece: allegria, valori condivisi, fierezza... C'è insomma uno sguardo di degnazione verso la caverna del Sud, dove - malgrado Grillini e il suo bisogno di arcaismi da aggredire per continuare ad esistere - c'è ormai tutto il ventaglio della sessualità praticata, e anche nelle istituzioni, proprio come a Parigi.

Due parole infine sui giornali e sulle tv italiane che, a conferma di libertà, hanno deciso in maniera molto varia come e quanto tirare in ballo la scelte private e i pudori familiari di Domenico Riso. Ogni giornale, insomma, si comporta come crede, ciascuno ha la propria misura di eleganza, ciascuno ha i suoi titolisti e i suoi cronisti, e ciascuno fa ovviamente anche i suoi errori.

È legittimo criticare, ma la paranoia dell'omofobia, in questa Italia confusa, sta rischiando di trasformare l'Arcigay in una comunità di preti fondamentalisti al contrario, con lo sguardo tutto puntato sulle pratiche sessuali e con la stessa idea di società che ha Rocco Buttiglione, e magari anche con lo stesso Dio sessuomane. Qui in più c'è anche l'orrore di avere scambiato un camposanto in un campo di battaglia.
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Ndr. Veramente per completezza dell'informazione è solo l'Arcigay ed i suoi dintorni che hanno sollevato la polemica, gli altri non hanno neppure fatto una piega. Che siano ancora in ferie? A questo punto solo noi siamo stati in disaccordo con la vergognosa strumentalizzazione fomentata dall'ex on.le Franco Grillini e soci. Meno male che una testata autorevole come "La Repubblica" la pensa come noi. (La redazione)

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