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giovedì 1 novembre 2007

Altolà della Turco: «Per i farmacisti impossibile l’obiezione».

(L'Unità) La “pillola del giorno dopo” e i farmaci che inducono l’aborto sono «medicine legali» e non possono essere negate. Il ministro della Sanità Livia Turco, nelle interviste apparse questa mattina su alcuni quotidiani, accoglie le parole pronunciate ieri da Papa Benedetto XVI a favore di una «obiezione di coscienza dei farmacisti» come «una riflessione di tipo pastorale, fa però notare che «quando si parla di legge la sovranità appartiene al Parlamento». «È giusto che richiami i giovani a una sessualità matura e responsabile», dice il ministro Turco. Ma aggiunge non è accettabile il monito ai farmacisti «a opporsi con l’obiezione di coscienza sulla pillola del giorno dopo», la Ru486. «I farmaci prescritti dal medico devono essere disponibili, non possono essere negati», precisa ancora. «La legge non prevede l’obiezione di coscienza dei farmacisti e credo - sostiene la Turco - che le norme siano sagge». Sarebbe infatti impossibile stabilire su quali farmaci si possa applicare l’obiezione di coscienza. E se dovesse passare questo principio si scatenerebbe, da parte delle persone, una caccia selvaggia alle farmacie dove non lavorano farmacisti obiettori. Con un evidente intromissione nelle regole del mercato, oltre che in contravvenzione della legge. Tra l’altro - precisa il ministro - non esistono farmaci che incentivano l’aborto e l’eutanasia nella farmacopea ufficiale.L’Agenzia europea del farmaco, - spiega ancora il ministro - assieme alle strutture pubbliche degli Stati membri della Ue, autorizzano la prescrizione ed il consumo di prodotti sottoposti a rigorose validazioni scientifiche e cliniche. Non mi risulta che l’Agenzia europea (Emea) abbia mai autorizzato farmaci che abbiano scopi immorali.

«C’è una cosa che questo Paese dovrebbe imparare - sottolinea Turco - Non è possibile che ogni volta che il Papa parla succeda un terremoto«. Il ministro poi esprime condivisione sull’educazione alla sessualità posta da Ratzinger, «ma da qui - afferma - all’obiezione di coscienza dei farmacisti ce ne corre».
Quanto alla Ru486, non ancora registrate e commercializzata in Italia, Livia Turco riferisce che non c’è ancora stata una richiesta da parte di un’azienda e che se avverrà sarà «in base alle regole del commercio dei farmaci in Europa non per scelta politica». «Spero che il dibattito che ne seguirà sia sereno», conclude.

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Anche l'America ha il suo Beppe Grillo.

(L'Occidentale) All’inizio non l’ha preso sul serio nessuno. D’altronde si tratta di un comico. Ma da quando, la settimana scorsa, un sondaggio Rasmussen gli ha attribuito il 13 per cento dei consensi in una ipotetica sfida a tre con Clinton e Giuliani, la candidatura di Stephen Colbert non è più considerata soltanto uno scherzo.

Nato a Washington 43 anni fa, ma cresciuto in South Carolina, cattolico di origini irlandesi, sposato con tre figli, Stephen Colbert è il protagonista del Colbert Report, un popolare talk show che va in onda sul canale via cavo Comedy Central. Vincitore di tre Emmy (gli Oscar della tv americana), Colbert, prima di “mettersi in proprio”, ha collaborato alla serie cult Strangers with candy. E’ stato inoltre consulente di MTV ed ha lavorato come autore di testi al Saturday Night Live. Il suo spettacolo satirico è una parodia dei talk show condotti da personalità molto forti come il conservatore Bill O’ Reilly della Fox News. Amante dei romanzi di Tolkien e dei giochi di ruolo tipo Dungeons & Dragons, Colbert, che odia visceralmente gli orsi, ha una faccia di bronzo e una dialettica da fare invidia ai più navigati oratori politici. E proprio sul versante politico si è specializzato negli ultimi anni con corrispondenze graffianti dai centri del potere washingtoniano.

Colbert non risparmia nessuno: politici repubblicani e democratici, giornalisti e protagonisti del media system. E, ovviamente, il presidente. Il 29 aprile del 2006, prende parte come intrattenitore alla cena di gala per i corrispondenti dalla Casa Bianca. Nel suo intervento, pronunciato a pochi metri da Bush, Colbert punzecchia tanto il presidente quanto i giornalisti del White House Corp. Un’irriverenza che non entusiasma l’uditorio. Entusiasta, invece, è la risposta del pubblico americano. Nella prima puntata dopo il discorso, lo share del suo Colbert Report incrementa del 37 per cento. Non solo, sei mesi dopo la serata di gala, l’opinionista del New York Times, Frank Rich, definisce il discorso di Colbert un passaggio chiave (“defining moment”) nelle elezioni di mezzo termine per il rinnovo parziale del Congresso.

La discesa in campo di Stephen Colbert è stata studiata a tavolino con una precisione da far invidia alle macchine elettorali dei supercandidati Hillary, Obama e Giuliani. Il 7 ottobre, esce nelle librerie il libro satirico di Colbert I Am America (And So Can You!). Una settimana dopo, il 14 ottobre, l’editorialista del New York Times, Maureen Dowd, cede la sua rubrica per un giorno a Colbert, che dichiara di essere disposto a candidarsi presidente per la cifra di 15 milioni di dollari. Il 15 ottobre, Colbert appare allo show di Larry King sulla CNN e gigioneggia sulla sua candidatura. Passa un altro giorno ed è al Daily Show di Jon Stewart. Qui sostiene di prendere in seria considerazione la possibilità di candidarsi alla Casa Bianca. “Ma – sottolinea tra le risate – se mi decido, farò l’annuncio in uno show ben più prestigioso di questo”. Passano solo 15 minuti e Colbert dichiara nel suo Colbert Show che il dado è tratto: si candida alla presidenza. Il comico annuncia, però, che correrà solo nel suo Stato, la South Carolina. Per quale partito? Per il partito Repubblicano e per quello Democratico. Quando gli chiedono il perché di questa scelta, Colbert ha la battuta pronta: “Così, sono sicuro di perdere due volte”.

Ciò che sembrava una boutade si è trasformata ben presto in una “cosa” con la quale devono confrontarsi i candidati “veri”. La dimostrazione più clamorosa viene da Internet. Appena annunciata la candidatura, un ragazzino dell’Alabama, Raj Vachlani, dà vita al gruppo “Un milione per Stephen Colbert”, ospitato sull’aggregatore web Facebook. I risultati sono da studi universitari: in una settimana il Colbert group supera il milione di adesioni, alla media di 83 nuovi membri ogni minuto. Per avere un termine di paragone, a Barack Obama sono serviti 8 mesi per raccogliere 380 mila adesioni ad un gruppo simile. Colbert ci prende gusto ed anche i suoi sostenitori. Il 28 ottobre ha preso il via il suo tour elettorale in South Carolina. Il sindaco della città di Columbia, Bob Coble, gli ha donato le chiavi della città e lui, di fronte a centinaia di supporter, ha preso l’impegno a “distruggere” il confinante Stato della Georgia qualora venga eletto. Parole accolte con un fragoroso applauso e grida di approvazione.

Ancora più politicamente scorretta la ricetta di Colbert sul tema chiave dell’immigrazione. “Anche se sono stati gli immigrati a costruire questa nazione”, ha affermato, “adesso questa nazione è ben costruita, perciò gli immigrati vanno cacciati via. Ai confini, dobbiamo costruire dei fossati con dei fiumi di fuoco, controllati da coccodrilli a prova di fiamme”. Ma dove potrà arrivare Stephen Colbert? Secondo James Poniewozik del settimanale Time, il comico è comunque una persona responsabile e dunque non giocherà il ruolo di “guastafeste” nella campagna presidenziale. Per questo, oltre che per ragioni pratiche, secondo Poniewozik, Colbert limiterà i suoi sforzi alla South Carolina. Comunque vada, ci sarà da ridere. E intanto, aspettando l’Air Force One, la Virgin America ha annunciato che, in suo onore, chiamerà uno dei suoi aerei Air Colbert.

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L'uomo privato: Da domani nelle sale.

(Cineblog) Esce domani, 2 novembre, il film italiano L’uomo privato, thriller di Emidio Greco con Tommaso Ragno, Myriam Catania, Giulio Pampiglione, Mia Benedetta, Ennio Coltorti, Mariangela D’Abbraccio, Vanessa Gravina, Vanni Materassi, Catherine Spaak e presentato al Roma Film Fest 2007.

Di che parla? Vediamo: c’è un professore universitario di 40 anni con tutte le doti necessarie per affascinare le donne. Ma, e c’è un ma, il tipo è chiuso in una bolla di vetro, rifiuta l’esterno, i rapporti con gli altri e tutti i sentimenti. Anche quelli di (e verso) Silvia, una giovane donna innamorata di lui. Finché un giorno il colpo di scena: un suo studente si suicida e lascia un biglietto con il nome ed il numero di telefono del professore…


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Omofobia: Fuscagni (FI ), su manifesto si esprima il Corecom.

(Agi) "Il manifesto con il neonato gay e' vera comunicazione istituzionale? Si esprima il Corecom (organo di governo, garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in ambito regionale) ." La richiesta e' stata formalizzata in Commissione Cultura del Consiglio regionale della Toscana da Stefania Fuscagni, Consigliere regionale di Forza Italia, che aggiunge "La questione del manifesto del neonato con il braccialetto con scritto non il suo nome ma "omosessuale" ha due aspetti: uno e' culturale e l'altro strettamente legato al ruolo della comunicazione istituzionale della Regione. "Culturalmente parlando - dichiara la Consigliera azzurra - e' chiaro a tutti che siamo di fronte ad un manifesto che lancia 2 messaggi: 'gay si nasce' e soprattutto che 'i gay si riconoscono fin dalla nascita'". Per la Fuscagni "su cio' si e' gia' detto molto. C'e' tuttavia un altro punto che e' bene approfondire ed e' legato al ruolo e alle forme della comunicazione istituzionale che non e' pubblicita', non e' propaganda, non e' e non deve essere il lancio di un messaggio sensazionale. Siamo convinti che la comunicazione istituzionale abbia la funzione di rappresentare l'Istituzione, maggioranza e opposizione, e pensiamo che l'uso che si e' tentati sempre piu' spesso di fare, fino all'emblematico caso del bambino in questione, debba essere rivisto radicalmente per evitare impropri slittamenti verso una comunicazione di tipo commerciale". Per questa ragione "ho chiesto - ha concluso - che il Corecom, la cui funzione e' quella di monitorare la qualita' e la correttezza comunicativa, si esprima su questo manifesto e indichi criteri certi per evitare l'uso improprio della comunicazione istituzionale spesso utilizzata, come in questo caso, per lanciare messaggi stupefacenti, artificialmente equivoci". (AGI)

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Clooney disposto a tutto per la parte dell'eroe di cartoon.

Dopo aver vinto il ballottaggio col collega Mark Wahlberg la star ha abbandonato le riprese del film di Joe Carnahan 'White jazz', pur di vestire i panni del soldato di fanteria che ha fatto impazzire i bambini americani.

George Clooney interpreterà G.I. Joe nel nuovo film sul mitico personaggio dei fumetti e dei cartoni animati nato negli anni Sessanta. Per interpretare il ruolo dell'eroe, creato dal genio di David Breger per le riviste dell'esercito americano durante la seconda guerra mondiale, la star di Hollywood ha fatto l'impossibile.

Dopo aver vinto il ballottaggio col collega Mark Wahlberg,
anch'egli fortemente interessato al ruolo, secondo 'moviehole.net' Clooney avrebbe anche abbandonato le riprese del film di Joe Carnahan «White jazz», pur di vestire i panni del soldato di fanteria che ha fatto impazzire i bambini americani. Una fonte citata dal sito ha confermato: «Solo per un film come questo Clooney avrebbe rinunciato a impegni presi in precedenza».

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Festival dell'inchiesta/ Oliviero Beha presenta il suo film su Pasolini: "L'Italia di oggi non è diversa da quella che lui denunciava".

(Ivan Vadori - Affari Italiani) Al via il primo Festival dell’inchiesta giornalistica. Dopo il successo di Pordenonelegge.it, la cittadina friulana diventa la capitale di un festival che vuole affrontare le varietà di un genere d'informazione necessario e sempre più attuale, che spazia fra i vari mezzi di informazione, dal cinema alla televisione, dalla fotografia alla carta stampata, dalla radio ai nuovi media.
La manifestazione è particolarmente incentrata sulla rassegna cinematografica e sulle proiezioni di documentari d’inchiesta con una ricca programmazione per il pubblico.
Tra gli autorevoli relatori scorriamo nomi come Enrico Deaglio, Riccardo Iacona, Giulietto Chiesa, Giovanni Minoli, Marco Travaglio, Gianni Bisiach, Corradino Mineo e tanti altri.
I protagonisti del Festival sono autori che hanno fatto del giornalismo investigativo la propria scuola di pensiero. Ricerca della notizia con vera passione e senso etico. Oltre alle proiezioni, le cinque giornate proporranno incontri, dibattiti, conferenze, sessioni sulla storia dell’investigazione a mezzo stampa.

Da evidenziare la prima nazionale di “Volevoesserepasolini.com”, in scena giovedì 1° novembre al Teatro Verdi di Pordenone. Dello spettacolo è autore e protagonista il poliedrico giornalista Oliviero Beha.
“Con la mia commedia – racconta Beha ad Affari - intendo raccontare quello che è stato il genio di Pier Paolo Pasolini, la sua denuncia della società di 30 anni fa. Diversi aspetti politici e culturali del tempo non si discostano dalla situazione attuale dell’Italia.”

Qual è il tuo pensiero del nostro Paese oggi?
“Io metto in scena il mio malessere per una degenerazione che ha decisamente oltrepassato il concetto pasolininano di mutazione antropologica: allora lui lo trasfigurava poeticamente, oggi è la didascalia di ogni tipo di cronaca quotidiana”.

Perché hai scelto Pasolini?
“Ritengo che sia una dei più grandi intellettuali che il nostro paese possa vantare. Lui aveva visto giusto e lontano: questo ci accomuna. Ho una profonda ammirazione per la sua persona, per la sua forza di pensiero; ancora oggi è inaccettabile che il suo omicidio sia un caso irrisolto”.

Perché denunciare attraverso il teatro?
“Da sempre il teatro è umanamente il più profondo mezzo di comunicazione dell’uomo, è la fotocopia della vita stessa. Il teatro racconta il vero. Poi per me è anche una necessità: dire che Beha è censurato è un eufemismo. Io voglio solo raccontare con serietà i fatti come ho sempre fatto da giornalista, del resto sono il clandestino più noto in circolazione”.

Cosa ti aspetti di suscitare nello spettatore?
“Una maggiore attenzione per l’educazione delle generazioni future e un 'rigurgito' di dignità della vita umana”.

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Governo: I dubbi di "Liberazione". Perchè restiamo con Prodi?

Non sacrificare nostra esistenza per paura che torni Berlusconi.

(Apcom) - "Vale la pena di restare in questo governo? O più precisamente: cosa è che obbliga la sinistra a restare dentro un'alleanza che in nessun modo la rispetta?". Sono le domande 'proibite' che Liberazione, organo di Rifondazione comunista, pone alla sinistra, all'indomani di una in riunione di redazione piuttosto "accesa". Scrive oggi il direttore Piero Sansonetti che tutti i redattori del quotidiano hanno espresso "forti dubbi" sull'opportunità di rimanere nell'esecutivo.

I motivi, elencati da Sansonetti, sono vari: dalle annose questioni circa il mancato rispetto di alcuni impegni assunti nel programma dell'Unione (i Pacs e il superamento della legge 30, tra le altre cose), alle spaccature più recenti: la bocciatura della commissione d'inchiesta sui fatti del G8 di Genova, l'annuncio di Dini che avverte Prodi che non voterà gli articoli della Finanziaria voluti dal Prc sui precari nella pubblica amministrazione. E, da ultimo, la mossa di Walter Veltroni, accusato di aver fatto contro i rumeni delle dichiarazioni "oggettivamente razziste", che chiede e ottiene misure più severe contro l'emergenza criminale. "Il governo - accusa Liberazione - prende atto delle indicazioni di Veltroni (che evidentemente è diventato un premier aggiunto con il potere di convocare il consiglio dei ministri) si riunisce d'urgenza per decidere come attuare nuove misure repressive, che aggirino le leggi europee e che sospendano lo stato di diritto almeno in alcune sue parti. Chissà come mai - chiede polemicamente Sansonetti - il governo non ha trovato invece che fosse un'emergenza, e richiedesse una riunione urgente, il fatto che in Calabria un bambino di 12 anni è morto, e poteva essere salvato, perché non è arrivata l'ambulanza?".

Per tutte queste cose, spiega Sansonetti, è necessario chiedersi se "vale la pena di restare in questo Governo". E' vero, ammette, "che in questo clima il ritorno al governo di una destra forte è rivitalizzata dalla sconfitta del centrosinistra potrebbe essere devastante". E, tuttavia, "comincio a dubitare che sull'altare di questa cruda e crudelissima verità si possa sacrificare la nostra esistenza". Oltretutto, conclude, "da un lato i centristi dell'Unione ci intimano disciplina e lealtà all'alleanza. Dall'altro, il loro leader (vale Veltroni per tutti) avverte che alle prossime elezioni intende rompere questa alleanza. Questo non è un elemento nuovo, che deve modificare le nostre valutazioni degli ultimi mesi?".

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Aldo Busi su "Dagospia".

LUCI E CULI DELLA RIBALTA. DEDICATO A CHI PER I MORTI NON CI SARA’ PIÙ E ANCORA NON LO SA CREDI DI AVERE A CHE FARE CON UN UOMO, INVECE È SOLO UN MARCHIO DELL’ARCIGAY.

DEDICATO A CHI PER I MORTI NON CI SARA’ PIÙ E ANCORA NON LO SA.
Aldo Busi per Dagospia - 29.10.2007

Sono rientrato da Roma mercoledì 24 e, a parte due volte per fare le spese e la seconda perché mi ero dimenticato i marroni, non sono mai uscito da casa. Sono rimasto infilato sotto le coperte decine e decine di ore senza neppure scendere in cucina, allungando la mano per l’acqua e le sigarette sul comodino, guardando la televisione quando mi risvegliavo per potermi riaddormentare al più presto. Ho letto qualche altra fiaba dei fratelli Grimm, soprattutto “Cappuccetto Rosso” in originale, “Rotkäppchen”, perché non mi convinceva la traduzione italiana, in cui il personaggio è sempre contrassegnato dal femminile, allorché, a parte le prime cinque righe, è per l’appunto “das Rotkäppchen” fino alla fine, cioè neutro, il che andrebbe reso col maschile del copricapo e non più col genere di chi lo porta in testa. Poi mi sono gingillato, nel dormiveglia più dolce della terra e delle piume di oca nana, con una possibile trasposizione per Rai Uno.

Personaggi e interpreti: la Mamma, Flavia Prodi; Cappuccetto Rosso, Sircana; la Nonna, il cardinal Bertone (non dimentichiamo le superiori e salvifiche finalità della rete); il Cacciatore, Borghezio; il Lupo... già, il Lupo. Oggi il Lupo dovrebbe essere un mutante biondo, stare appoggiato a un lampione finto Liberty intento a farsi la manicure agli artigli e essere un’allegoria del trans brasiliano con un filo di slip ad altezza di finestrino, una chimera di quelle che mettono negli annunci “Relazioni sociali” dei giornali esche tipo, “Aaaaa nuova in città, trans de Bahia femminilissima, completissima, sesta, grosso giocattolone per mi amore”... e poi mi sono sparato alcune fiabe di Luigi Capuana, senza particolare entusiasmo, pirite bagnata, anche se la lingua è curiosa, canterina, una specie di fraseggio musicale insolito nei nostri paludatissimi marpioni dalla penna clericale, intonacata nel latinorum anche quando devono stendere la lista della serva; e non capisco tanto clamore critico attorno a Propp per il suo trattato del 1928, “Morfologia della fiaba”, sulle funzioni immutabili dei personaggi e delle figure retoriche ricorrenti – tabù, incantesimi, agnizioni, liberazioni dal maleficio ecc. -; quando hai letto alcune decine di migliaia di libri non c’è mai saggio che possa rivelarti qualcosa che non sai da sempre e che è così banale che non lo hai mai neppure formalizzato in un pensiero specifico, pensiero o, meglio, intuizione a modo suo già ben articolata senza essere mai stata espressa che soggiace insieme a tutti gli altri pensieri di carattere sistematico, ovvero filologico e filosofico e linguistico e sociologico e storiografico e “ideologico” e, in una parola, comparativo attraverso cui leggi un testo, apprezzandolo o no soprattutto in base all’anno in cui è stato reso pubblico (non me ne fregherà mai niente di leggere un romanzo scritto oggi ambientato nell’Ottocento, anche se di sicuro è scritto di gran lunga meglio e con più cura di uno di Balzac, che però ha il diritto di mandarmi in estasi anche per i suoi strafalcioni). Ricordo che quando arrivai a metà del superbamente tradotto Meridiano Mondadori dedicato a Schopenhauer pensai, “E allora?”. Stessa cosa con quella manciata di “Dialoghi” di Platone che ho compulsato vincendo lo snobismo di saperne infinitamente di più se non li leggi affatto, studiati, in verità, quasi solo per il piacere di fargli le pulci (lo stesso “Simposio” è un inno demagogico all’entre-nous elitario di sodomiti misogini, Socrate crede di dissertare d’amore, e con lui quella femme savante di Diotima, in effetti getta le basi istituzionali per il plagio di massa e l’asservimento delle menti dei più giovani e indifesi, una vera e propria fucina di Velini abbindolati, gli scaltri, con la promessa che prenderlo su per la caverna dai più anziani giova al book da presentare ai produttori e a una sicura carriera di tronista tra gli scanni del Senato); e non capirò mai il successo dei philosophes francesi, Foucault in testa e escludendo l’eccelso Ariès, che ci hanno tartassato l’amorproprio per cinquant’anni – bisognava pur studiarli, anche se di gran lunga meno interessanti e coraggiosi dei maestri della Scuola di Francoforte, solo apparentemente più all’acqua di rose, e ai quali i provinciali ancora non perdonano di scrivere chiaro nero su bianco. E’ un po’ come con i “Cantos”: per apprezzare Pound devi essere Pound e disprezzare intanto la plebea superfluità di capirci qualcosa, e allora in culo! Poi mi sono rimesso a dormire senza mai essere riuscito a dare a qualcuno la parte del Lupo. – la Finocchiaro no, non la puoi truccare oltre... e struccandola un po’? Mah!

Poi scrivo una lettera alla mia amica Emilia di Rapallo, una minuta farmacista che aveva negozio a Uscio dove io andavo alla Colonia Arnaldi e che produceva da sé tisane, creme di bellezza, sali per pediluvi, shampoo, collutori per smettere di fumare e contro l’afta buccale, digestivi, e che era sempre a buco ritto a raccogliere erbe e tuberi e bacche su per i monti dove io andavo a camminare cantando a squarciagola “La notte è piccola per noi” delle gemelle Kessler, in parte in falsetto per farle tutte e due ma, soprattutto, per immobilizzare eventuali cinghiali nella macchia; siamo stati a fare il bagno tante volte insieme a Santa Margherita e a Portofino, era così carina nella sua pettinatura alla Doris Day, e così gentile, partecipe, sperimentale, non finiva un intruglio che lo faceva testare a me, ero sempre lucido come un peltro lustrato col Sidol, aveva una vocina da fringuello alla fiera dei balocchi, e non sarà pesata di più, indossava bikini giallo sparato, portava il trentasei di scarpe, il trentasei! le dicevo sempre, “Emilia, e quando inventi una cremina per le classiche trentasei pieghette del buco del culo affinché possano ritornare una accanto all’altra e non stiano sempre così spampanate in giro?”, e si portava una mano alla bocca e rideva inebriata, dal cestino estraeva susine e pesche dalla polpa bianca dei suoi alberi e tovaglioli di lino color avorio ossidato con le cappe a uncinetto di sua nonna, siamo stati anche a ballare il Latino alla Rotonda di Rapallo un paio di volte, una volta anche con sua mamma, dallo sguardo di una felicità addolorata che mi stringeva il cuore, indossava tubini di stretch rosso ciliegia e verde smeraldo su tacchi tredici con fibbia in velluto cremisi e oro, oro autentico, non placcato oro, Emilia, voglio dire, non la mamma, addolorata non perché la sua Emilia non si sposava ma perché non poteva avere figli a causa del diabete ereditario; be’, recita la letterina: “Montichiari 26.10.2007 Cara Emilia, ben tornati dalla luna di miele russa! Che gioia mi ha dato la tua lettera con la foto del tuo sposo gigante! Siccome adesso sto indagando nelle fiabe dei fratelli Grimm, di La Fontaine, di Andersen ogni volta che mi imbatto in una fata penso a te, e nella mia fantasia ti trucco e ti abbiglio a seconda delle sue caratteristiche, e tu le hai sempre tutte, dai piedini alle manine – sai, stanno tutte su un palmo di mano, talune hanno le alucce, come la fata Campanellino che accompagna Peter Pan e che è un concentrato di femminilità vuoi alata vuoi terra terra. Ovviamente, per via degli “intrugli”, sei nei miei pensieri anche quando devo visualizzare una strega che mesta e rimesta nel paiolo alla ricerca dell’elisir di lunga vita... anche se una cosa del genere, insieme a quello dell’eterna gioventù, è più roba da clienti che per noi, i bellissimi così.

Dunque ti sei sposata, dopo anni e anni di vita nel peccato... Io non pecco più da secoli, lavoro molto, senza particolare entusiasmo e, purtroppo, ho smesso di scrivere. Dico purtroppo perché non so come impiegare il tempo, a parte sbattermi in maniera fittizia per poter poi poltrire a letto – dormire è il mio hobby preferito, l’unico momento della giornata che mi strappi un vero sorriso di soddisfazione di me e del fatto di essere umano, con l’aggiunta del privilegio economico di poter mettermi a letto quando voglio e per tutto il tempo che voglio. Ho rinunciato a essere curioso di ciò che accade fuori dalla mia testa, non accade mai niente in questo paese di bigotti neurovegetativi, almeno nei miei sogni trovo qualcosa di imprevedibile che mi diletta oltre misura, anche perché mi ricordo parecchio di quanto elabora la mia mente onirica. Chiudermi a chiave in camera è tuttora l’unico modo di non sentirmi solo.

Sai, sono ritornato alla Colonia Arnaldi un anno fa, un’impiegata aveva tanto insistito al telefono, tutto era rinnovato, tutto era di nuovo pimpante, nessun lavoro più in corso, e così ho prenotato dieci giorni; all’arrivo, di notte, mi sembra di vedere strani svolazzi di tessuti qui e là nel parco, ma non ci faccio molto caso; l’indomani, svegliato alle sette e mezza dai trapani del muratore proprio sotto la mia finestra, mi affaccio e vedo dei tricolori sopra le fronde; mah, penso, sta’ a vedere che sono volati lì a causa del vento e non si è avuto ancora il tempo di appoggiare una scala e di tirarli giù; scendo, esco dal Belvedere e... eccomi aggredito da grappoli di bandiere tricolori sparse qui e là nel parco, appese ai muri, occhieggianti tra le aiuole, non capisco che voglia dire, a parte l’inno occulto a Forza Italia e alla trimurti Dio/Patria/Famiglia; corro in direzione, chiedo spiegazioni, il nuovo direttore cerca di tergiversare con una spiegazione più strampalata dell’altra, l’anniversario della Colonia (di due anni prima...), un consesso di medici, “arredo del territorio”, chiedo di parlare col nuovo proprietario – un tracagnotto baffuto che trasuda sugna, un’omelia vivente al colesterolo e alla cirrosi epatica, la cui foto, a fianco di Bobby Solo, troneggia sopra il bancone -, cercano di contattarlo, mi raccontano una balla (non è in sede, allorché l’avevo appena sbirciato su per le scale del bar, senza ancora sapere che era lui), e allora detto il mio ultimatum: o via le bandiere o via Busi. Via Busi: ho pagato la nottata e me ne sono andato.

Ora ti lascio i miei numeri di telefono nuovi (ho dovuto cambiarli per via delle solite intimidazioni e chiamate anonime e profferte amorose a perdere ecc., giusto al telefono me lo promettono, dal vivo se lo tengono loro proprio come ce l’avessero davvero).

Un forte abbraccio a te, a tua madre e a tuo marito, chiamami appena puoi, io sono spesso a Roma, se passate di là fammelo sapere, posso trovarvi un rimasuglio di dolce vita.”. Ho preso una busta, in cima all’intestazione ho scritto “Alla Regina delle Fate” e l’ho messa sopra la boulle di Delatte in attesa di farla impostare, era una vita che non se ne vedeva una lì sopra, ne scriverò dieci all’anno; comunque ricevere posta è ben più odioso che spedirla, ci sono buste da cui riconosco all’istante chi mi scrive e che non apro nemmeno, non sono diverse dalla marea di depliant e di inviti a mostre e di cataloghi di vini e orologi e macchine sportive e paradisi di vacanza che inondano la sacca del postino destinato alla mia strada, tutti cercano di vendermi qualcosa, magari se stessi, e quanto alle donne, uno tsunami di donne, che implorano, mi duole dirlo, di essere prese gratis, le vampire.

Più invecchio, più l’etichetta “narrativa” mi infastidisce, più ancora di “romanzo”, se applicato a opere di Letteratura della modernità; non sono solo etichette riduttive, sono fuorvianti: sarà mica narrativa o romanzo “Vita standard di un venditore provvisorio di collant” o, più modestamente, “Alla ricerca del tempo perduto”! Purtroppo, per quanti sforzi abbia fatto, non sono ancora riuscito a far accettare la distinzione tra scrittore e autore: l’autore scrive narrativa, scrive romanzi, fiabe, gialli, polizieschi, inchieste giornalistiche o di costume e anche saggistica e poesia (Dante, Villon, Ungaretti, Caproni possono aspirare a essere considerati scrittori, che scrivano in rima o no non ha nessuna importanza, Milton, Montale, Rebora sono tutt’al più dei poeti, Goethe è un letterato come pochi, ma letterato resta, che scriva romanzi o poesia, come Leopardi, Manzoni, Carducci), un autore scrive libri etero, libri gay, libri sentimentali, libri per il single o per la coppia, libri per l’infanzia – ma non Andersen, che è uno scrittore tout court -, scrive cioè libri funzionali alla psicolabilità dell’acquirente di cartacei del momento, lo scrittore no. Lo scrittore scrive Letteratura, e non ha un destinatario reperibile e individuabile subito, non deve propinargli e fargli sapere un “come va a finire” per essere letto. Tu puoi parlare del testo di uno scrittore per ore e ore elencando personaggi e situazioni e ambienti senza né intaccarne l’interesse eventualmente suscitato né dire la parola definitiva che ne renderà ormai superflua la lettura, mentre se ti viene raccontata la trama fino in fondo o anche solo l’argomento del cartaceo di un autore poi non hai più voglia di prenderlo in mano; puoi leggere mille saggi su “Casanova di se stessi” e tutti insieme non ti lasceranno più vergine alla lettura che se lo prendessi in mano senza neppure sapere cos’è e chi l’ha scritto, mentre basta un accenno in più a un cartaceo di Dan Brown o Follett o di uno scribacchino sodale di Veltroni o di Bertinotti e sei sovrastato dalla noia al solo pensiero di poterlo anche leggere con i tuoi occhi. Ecco: l’opera di uno scrittore ognuno se la legge con i propri occhi, semmai, le risme di carta di un autore si leggono con gli occhi della massa per la quale sono state acconciate e immesse sul mercato. Ho visto Umberto Eco in un qualche marchettificio televisivo alcuni giorni fa, faceva promozione al suo ennesimo saggio al brodo di giuggiole, ha parlato di sicuro per più di quindici minuti senza dire, beato lui, niente e, al solito, facendo battute alle quali, credendole spiritose, reagiva innanzitutto lui con una risatina, per andare sul sicuro quanto alla giusta ricezione da semantizzare tra l’inclito pubblico. Era ovvio, ma così ovvio che se io lo fossi solo la metà della metà o i miei lettori verrebbero a incendiare me e le mie carte col lanciafiamme o, dato il povero paese in cui mi trovo a esprimermi, avrei finalmente il successo che mi merito grazie alla torma di non lettori che accalappierei – mentre, dato che non ce l’ho così, mi merito fino in fondo di averlo in pieno non avendolo proprio.

Ieri, infine, mi sono deciso a uscire dal letto e nel tardo pomeriggio sono andato alla Splash, una sauna di Desenzano del Garda che vanta una piscina lunga 25 metri dove non entra mai nessuno. Ci saranno stati un trecento uomini del genere gay e domenicale, dovevano essere tutti intenti a darsi da fare nelle zone riservate perché nemmeno nella sauna finlandese c’era anima viva. Be’ ho fatto i miei quindici minuti regolari di sauna secca in completa solitudine e poi, rimpiangendo di non potermi servire del bagno a vapore per non turbare il mio olfatto sottoponendolo alla prova dell’odor di glicine e di merdina fluidificata, le mie solite dieci vasche più una ventina di minuti di ginnastica in acqua e me ne sono andato a prendere un caffè e a fumarmi una sigaretta, dopo aver cercato invano di masturbarmi guardando un porno, ancora meno eccitante del porno mentale che deambulava sperduto nelle sue carni drogate dal mercatino dell’omo standard. Mi ha fatto pena vedere giovani con un’evidente erezione di origine farmacologica in bella vista sotto l’asciugamano, e dico farmacologica perché non si può andare in giro col cazzo eretto senza ragione, per niente, per tutti quei minuti e, suppongo, per tutte quelle ore: sono i forzati del Viagra, dai diciotto in su; mi è capitato più di una volta di trovare nel mio armadietto resti di contenitore di pastiglie con su nomi strani, “cia”... “cia”... un nome così. E’ risaputo che il consumo di droghe impazza fra i gay come fra tutti gli altri ghettizzati del divertimento limite, e l’impressione è che i cazzi stiano dritti per ore e che nessuno abbia mai un minuto per una sana eiaculazione di una volta, non comunque a tempo e non necessariamente quando è attesa e non grazie o a causa di un partner o almeno di una svista. Si inculano e pippano esattamente con la stessa solerzia con cui passano otto ore alla catena di un qualche montaggio dal lunedì al venerdì sotto gli occhi del caporeparto, è un dovere identitario, devono far vedere di essere bravi e efficienti e al passo coi tempi, mentre il macchinario gira a vuoto o produce comunque merce stupida per istupiditi dalla sindrome dell’apparire. Ho parlato con uno che fumava anche lui fuori, si è un po’ offeso perché non mi ricordavo di lui, è uno della mia età, io gli ho chiesto che marca di tinta usa, visto che aveva un dito di rosso tiziano che gli colava oltre la frangetta sbarazzina sulle rughe della fronte, dice che mi conosce dall’ottanta, che abbiamo tenuto banco svariate volte al bar della City, un’altra sauna, a Verona, mi ha intenerito quel suo ricordare di aver tenuto banco addirittura con me, non si accontentava di essere stato uno degli spettatori di un mio giocosissimo comizio improvvisato, era talmente rintronato che gliel’ho lasciato credere. Mi ha poi fatto notare che di tante volte che mi aveva visto in giro mai una volta che fossi con qualcuno, non nel senso che ero arrivato con qualcuno ma che nemmeno stavo in quel dato momento con qualcuno incontrato lì sul posto, o solo o attorniato da una folla, secondo lui, di adoratori. “Già, adorano me e se lo fanno allargare da un altro”, ho detto. Intanto, i fumatori erano diventati un gruppetto; abbiamo parlato un po’, io stavo sul vago, ma neanche tanto, mi stuzzicava, sicuro che gli avrei fatto da spalla io, gli ho lasciato evacuare alcune stronzatine né carne né pesce e poi ho detto la verità: “Gli uomini mi fanno schifo, mi fanno così schifo politicamente che non mi piace neanche l’odore di uomo, è da anni e anni che mi sforzo di trovarne uno che non mi faccia vomitare all’istante, ho una sessualità troppo sofisticata, vulnerabile, appartengo a un’altra epoca geologica, ho fatto il mio tempo, per mia fortuna, non è stato facile per me riuscirci, e poi il sesso è morto, è roba da secolo scorso, non lo fanno più neanche le donne e gli uomini, figurati te i culi, basta guardarsi attorno... fino a che io ho avuto quarant’anni gli organi sessuali non erano tesserati, tu credi di avere a che fare con un uomo e invece hai a che fare con un marchio dell’Arcigay, un istituto che ormai definirlo fascista è dire poco, non per niente è emanato dall’alto della sinistra di potere... dimmi te se è mai possibile che un adulto per entrare in un locale debba piegarsi a un tesseramento per essere autorizzato a piegarsi alla pecorina, non succede in nessun altro paese occidentale, in Spagna c’è il divieto di accesso ai minori di sedici anni e morta lì... ma sì, basta guardarsi attorno qui, non credo che tra i trecento e passa che sono qui adesso ce ne saranno più di quattro che oggi scopano come si usava scopare ai miei tempi, scopicchiano davanti o di dietro, si fanno le seghine con due dita e dopo un po’ che te lo succhiano gli devi ricordare che non è la canna del gas e tanto meno quella dell’ossigeno, scopicchiano secondo i guizzi mattoidi suscitatigli dalla ricetta di psicofarmaci che si sono fatti prescrivere o che si fanno dare dal loro pusher di riferimento, il solito assessore fidato, ma se gli metti sotto il naso una piadina con salsiccia forse sono più contenti e col sangue alla testa per qualcosa. I più, se non sono preti che danno falsi nomi per l’iscrizione Arci, sono sposati, quindici euro e si fanno la loro sudata sborratina, è anche una questione economica, un risparmio, sfogo è e sfogo rimane, mica entra in gioco un po’ d’amicizia, di allegria, di conversazione che non sia finta come loro, con una donna non te la cavi con meno di centocinquanta se vuoi un po’ di contorno sociale, di illusione di sentirti anche figo oltre che quel paio di coglioni negati a nessuno, le mogli fanno finta di niente, il bilancio famigliare non ne risente, è l’unica cosa che conta, e se questi invertiti delle feste raccomandate prendono uno scolo, visto che le scopano non più di una volta al semestre, hanno tutto il tempo di curarselo e niente ha mai una qualche conseguenza. In società gli uomini che desiderano altri uomini sono scomparsi, un certo tipo di sguardo per strada è finito, tabù, tu non sai le reazioni sanguinarie che può avere uno guardato un certo modo oggi, e magari è un frocio marcio che chatta su Gaydar otto ore a notte. Non si deve dare a vedere niente in pubblico, e poiché tutti sono omosessuali, nessuno è più omosessuale. A forza di niente di qui e niente di là e prestazioni sessuali da niente dentro cordoni sanitari come questo qua, però, diventano anche dei niente loro. Il posto è importante nel sesso, è il posto che fa l’avventura, mica chi ci incontri, in un posto super diventa super anche una schiappa come te e, volendo, come me. Vuoi mettere i posti di una volta, l’adrenalina che faceva pompare il midollo, il decadimento mica è una roba legata solo all’età, fatto sta che quei luoghi non ci sono più e non posso saperlo se mi sbaglio, ma non credo, perché non ho rimpianti né voglie tardive, ah i cinema, i treni, gli argini dei fiumi, i confessionali, i parcheggi... io mi sono inculato tutti i camionisti da Trieste a Aosta, perchè ci tenevo, e poi mi sembrava un controsenso erotico circuire un maschione al volante di un tir per farmi inculare da lui, me ne facevo un punto d’onore e di buone creanze... be’, vuoi mettere l’odore di frittata e di aglio e di cherosene di una cabina col lettino dietro con lo spray ascellare del Gabbana che inali qui dentro? Adesso, nessun rischio, nessun slancio, nessun risultato. Ah, il sesso virtuale... be’, di sicuro la coca esisteva anche allora, ma nessuno, nessuno di quegli uomini di quei posti ne ha fatto mai uso, io poi, figurati, sono contrario anche all’aspirina contro il mal di testa... e non parlo per me, io non sono arrabbiato e livoroso perché nessuno scopa mai con me, non si può scopare un mito vivente, anch’io ho mandato in bianco Nureiev, perdita d’anonimato perdita di tiratura, ma io me ne frego, io ho fatto fare il mio giro alla mia ruota quando era il mio momento, io constato, è una sessualità al rantolo in generale, è tutta una sovrastruttura, sostanza scarsina, e poi basta parlare con i cosiddetti giovani... togligli il sesso, ma non i loro tatuaggi, i loro piercing, il loro braccialetto di rafia, e la mamma sempre e poi, ovvio, la loro dose di tiramisù da naso e Dio. Ma sai che ci sono ancora finocchi che vanno a messa al giorno d’oggi e che votano Lega Nord e Alleanza Nazionale e Forza Italia e Ulivo e Rifondazione Comunista per via di quei due baciapile di Guadagno in Luxuria contraria all’Ici per la Chiesa e Vendola sempre a carretta di qualche reverendissimo monsignore? Anzi, sono i più. E non c’hai mai fatto caso ai musi lunghi che hanno ‘sti qui quando si rivestono e vanno via dalla sauna con la coda tra le gambe? All’infinita tristezza e servitù infinita che emanano? Hanno lavorato una settimana, sono venuti qui... e tutti con la certezza di portare via molto di più di quello che ci avrebbero portato... i miti, i sogni, le frustrazioni, le proiezioni, le belle ma inconsolabili vigliaccherie del furbone cattolico... e sono infelici, avviliti, vinti, sia se hanno sborrato sia se non hanno sborrato, e davanti hanno un’altra settimana in cui non succederà niente a parte quello che non è già successo la settimana prima. E poi, e l’attivo e il passivo, e che cosa ti piace fare... un inferno scontato, una lagna che lo farebbe andar giù anche alla Rosy... E’ già tanto se anche questa settimana sono riusciti a rimandare il suicidio...”. I fumatori hanno spento le sigarette alla svelta e sono scemati via a capo chino in un silenzio di frati dopo il vespro. Picchiarmi non potevano di certo, e darsi di staffile davanti a tutti nemmeno.

Nel rimontare in auto ho pensato con sollievo che non dovrò più avere meno età di quella che ho, che sono finalmente vecchio anch’io, e che, se c’è un po’ di giustizia almeno biologica, mi tocca vivere meno anni di un trentenne.

Ho acceso un’ombra di riscaldamento, mi faccio un paio di caldarroste e poi ritorno a coricarmi come piace a me, sul fianco sinistro, il braccio sinistro attorno al collo e la mano destra sotto il cuscino a attutire l’eccessiva morbidezza del cuscino.

Mi piacerebbe, un giorno che sarà, venir ritrovato così, con questa specie di sorriso al bacio fra le mani a alucce come un amorino del Mattaccio.


da “L’inconsapevole saggezza del prezzemolo”, un diario senza pretese, tanto per sgranchirmi le nocche.

Letteratura a titolo gratuito, può essere ripreso da qualsivoglia sito e blog ma non può essere stampato in volume che contempli fini commerciali - può, per fare un esempio, essere ripreso tale e quale in una tesi di laurea ma solo se resta in stretto ambito accademico.

Dagospia 31 Ottobre 2007

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I Vicerè. Appuntamenti e trailers.

(Michele Serra - La Repubblica) Si riparla dei “Vicerè” (il romanzo di De Roberto e il film che ne ha tratto Roberto Faenza) e se ne riparla molto a proposito. Lo ha fatto ieri Mario Pirani su questo giornale, domandandosi se il film sia stato escluso dalla Festa del cinema di Roma per la sua potente vena anticlericale. Lo ha fatto domenica l’ottimo “Per un pugno di libri” (Rai tre) sottolineando la grandezza del libro di De Roberto, poco studiato a scuola pur essendo uno dei pochi veri classici della nostra letteratura.

Al dubbio che libro e film paghino pegno a causa del ruolo eticamente ottundente che assegnano alla Chiesa nella storia italiana, aggiungiamone un altro. La tesi del romanzo, svolta con amarissima efficacia, è che al di là delle debolezze e delle miserie di questa o quella classe dirigente, la ragione profonda del nostro ritardo civile risieda nel cinismo trasformista del corpo sociale preso nel suo insieme (“Franza o Spagna purché se magna”, dice l’adagio). Non la Casta, ma uno spirito pubblico compromissorio, vile e arrivista svolge il ruolo del “cattivo”: già nel 1894. E questa è una tesi molto impopolare in un Paese che ama collezionare capri espiatori piuttosto che guardarsi dentro. Il dubbio è dunque che “i Viceré” abbia vita difficile non tanto perché anticlericale, quanto perché antitaliano. O meglio: troppo dolorosamente italiano.






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Martedì 6 novembre, alle ore 17.00, presso l’Oratorio dei Benedettini – Università di Catania, in occasione dell'uscita nelle sale del film “I Vicerè” di Roberto Faenza prevista per il prossimo 9 novembre, si svolgerà un incontro con gli studenti. Saranno presenti il regista, la produttrice Elda Ferri, gli attori Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca, Larissa Volpentesta. Interverranno il prof. Enrico Iachello, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, il prof. Antonio Di Grado, Ordinario di Letteratura Italiana e il prof. Fernando Gioviale, Ordinario di Storia del Teatro e dello Spettacolo e di Storia e critica del Cinema. Ingresso libero.
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Mercoledì 7 novembre, alle ore 18.30, presso il Cinema Modernissimo di Napoli, via Cisterna dell’Olio, 49/59, in occasione dell'uscita nelle sale del film “I Vicerè” di Roberto Faenza prevista per il prossimo 9 novembre, il regista, la produttrice Elda Ferri, gli attori protagonisti
Alessandro Preziosi e Lando Buzzanca, il prof. Antonio Saccone (Università di Napoli “Federico II”) incontreranno il pubblico durante la presentazione della pubblicazione della sceneggiatura del film, corredata da una prefazione di Faenza, interviste esclusive a Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca e Cristiana Capotondi, un saggio di Margherita Ganeri e da un prezioso inserto fotografico (Gremese Editore) e della riedizione del grande classico di Federico De Roberto da parte delle Edizioni E/O in un volume arricchito da un’introduzione di Roberto Faenza, un
intervento di Antonio Di Grado e foto del film. Ingresso libero.
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Giovedì 8 novembre, alle ore 19.00, presso la Libreria Feltrinelli di Bari, via Melo da Bari, 117, in occasione dell'uscita nelle sale del film “I Vicerè” di Roberto Faenza prevista per il prossimo 9 novembre, il regista, attori del cast, il prof. Ettore Catalano (Università di Bari) e Vito Attolini (La Gazzetta del Mezzogiorno) incontreranno il pubblico durante la presentazione della pubblicazione della sceneggiatura del film, corredata da una prefazione di Faenza, interviste
esclusive a Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca e Cristiana Capotondi, un saggio di Margherita Ganeri e da un prezioso inserto fotografico (Gremese Editore) e della riedizione del grande classico di Federico De Roberto da parte delle Edizioni E/O in un volume arricchito da un’introduzione di Roberto Faenza, un intervento di Antonio Di Grado e foto del film. Ingresso libero.

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Distribuito un questionario sul mondo omosessuale in Toscana.

E' stato distribuito a tutti gli operatori.
L'ennesima inutile spesa per accattivarsi l'elettorato gay in fuga dal centrosinistra.


(Il Tirreno) «Pensa che i pazienti possano sentirsi a disagio se nella loro stanza è ricoverato anche una o un transessuale?». E ancora: «Nel tuo reparto ha i mai visto prendere in giro una persona a causa del suo orientamento sessuale?». Sono solo due delle quindici domande delle quali si compone un questionario che è stato distribuito nella mattinata di ieri al personale di nove reparti dell’ospedale Versilia.

Un questionario - rigorosamente anonimo - che arriva su indicazione della regione toscana, che ha molto puntato sulla campagna di sensibilizzazione nei confronti del mondo “Lgbt”, vale a dire lesbiche, gay, bisessuale e transgender.

Proprio nell’ambito di questo progetto, infatti, è nato il manifesto della polemica con il neonato omosessuale. E sempre all’interno di questa campagna di sensibilizzazione e tolleranza sono stati stanziati anche 100mila euro tutti dedicati al mondo della sanità.

Fra le iniziative messe in campo c’è anche il questionario che, a dirla tutta, qualche perplessità all’interno del mondo medico le ha destate. Colpisce, infatti, il fatto che siano stati stampati e spediti moduli anche a reparti come pediatria e, soprattutto, diagnostica per immagini, dove l’analisi o il semplice scambio di informazioni sulle tendenze sessuali dei pazienti sembra assai difficile.

Il questionario, da parte sua, scende assai nel dettaglio: oltre ai quesiti ricordati in precedenza, infatti, viene scandagliata anche l’atteggiamento dell’operatore nei confronti dei non eterosessuali. E allora si domanda, fra l’altro, se l’omosessualità viene ritenuta “una condizione patologica”, “una scelta della persona”, “una nevrosi su base familiare indotta”, “una variante naturale della sessualità umana” o “un’anomalia genetica recessiva”. Oppure si chiede di indicare quali siano gli accorgimenti necessari con le persone omosessuali o transessuali. Un’iniziativa che a qualcuno ha fatto storcere il naso perché ritenuta inutilmente dispendiosa. Ma anche un’iniziativa che può effettivamente risultare utile, soprattutto nel caso che il sondaggio indichi la presenza di reali pregiudizi, che il gruppo di lavoro costituito all’interno dell’azienda si dovrà incaricare di estirpare.

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Beckham: "Aderire a Scientology? Cruise non ha mai cercato di convincermi".

(online@quotidiano.net) David Beckham 'rispetta' Scientology ma non ha, almeno per ora, intenzione di diventare un adepto della setta che riunisce tante star di Hollywood, tra cui il suo caro amico Tom Cruise e la moglie Kate Holmes. "Rispetto la loro religione, quello che fanno e quello in cui credono, ma Tom e Kate non mi hanno mai forzato o obbligato a far parte di Scientology e non perchè non vi sia confidenza; al contrario, la nostra amicizia è così forte che nulla potrebbe comprometterla", ha detto il fuoriclasse.

Sono stati proprio i Cruise ad aiutare i Becks nel momento del bisogno, quando sbarcarono a Los Angeles senza un posto 'dove dormire'. Fu infatti proprio l'amico Tom a sciogliere gli ultimi dubbi di David sulla squadra dei Los Angeles Galaxy, dove il calciatore approdò lo scorso luglio. "Tom e Kate sono magnifici, mi affascina il loro ottimismo ed io e Victoria dobbiamo essergli grati", ha aggiunto Beckham. Ma i Becks hanno molti amici ad Hollywood e tra quelli già inseparabili figurano anche Jennifer Lopez e suo marito Marc Anthony: "Parliamo di tutto, anche delle fesserie sentendoci tre o quattro volte al giorno", ha concluso il calciatore.

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Il partito unico della Cdl.

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Frate chiedeva "pizzo" per annullare nozze.

Un detective reclutato dal alcune vittime ha incastrato il religioso. Il religioso è stato allontanato dal Tribunale ecclesiatico marchigiano che ha sede a Fermo.

(Il Corriere della Sera) È accusato di aver intascato tangenti per favorire le pratiche di annullamento dei matrimoni. Per questo un frate appartenente all'ordine dei Missionari della Fede è stato allontanato dal Tribunale ecclesiastico marchigiano, che ha sede a Fermo. A incastrarlo è stato un investigatore privato, reclutato da alcune delle persone cui il religioso aveva chiesto denaro - qualche migliaio di euro per ciascuna pratica - fingendo di essere un marito in attesa di separazione. La vicenda è riportata giovedì dal quotidiano Qn-il Resto del Carlino. A carico del frate il detective ha raccolto prove registrando e filmando con una telecamera nascosta le trattative sul "pizzo". A quel punto il frate è stato allontanato dall'incarico.

«AL LIMITE DELLA BLASFEMIA» - Prima di approdare a Fermo, l'uomo aveva prestato servizio presso il Vicariato di Roma, dove pare si fosse reso protagonista di fatti analoghi. «È un episodio deprecabile - ha commentato il presidente del Tribunale ecclesiastico marchigiano monsignor Vinicio Albanesi - che getta fango su un meccanismo sano e una struttura che in passato è stata portata ad esempio per la sua efficienza. Al di là dell'aspetto legale, quanto commesso da questo religioso è al limite della blasfemia».

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Nazisti: La notte dei Thyssen.

Un castello in Austria. Una contessa. Ospiti nazisti. Prigionieri ebrei. Poi la strage. Ecco perché dopo 52 anni un giornalista inglese svela la storia nascosta di una grande famiglia.

(Wlodek Goldkorn - L'Espresso) È tutto vero. Il massacro c'è stato. È accaduto durante la festa che la contessa Margit von Thyssen Bornemisza ha dato per i suoi ospiti al castello di Rechnitz il 24 marzo 1945. Presumo, dagli indizi piuttosto forti, che lei era lì, mentre si sparava ai prigionieri, ma non ho le prove materiali, i testimoni oculari non sono più tra i vivi...

David R. L. Litchfield
nel passato si è occupato di riviste glamour. Assieme al celebre fotografo David Bailey pubblicava a Londra il patinatissimo 'Ritz'. Poi, all'improvviso gli è capitata tra le mani una delle più raccapriccianti storie del secolo scorso. La storia, che sembra scritta apposta per illustrare che cosa è il male metafisico, un male assoluto, senza alcuna ragione né razionalità, è quella di una festa danzante in un castello al confine tra l'Austria e l'Ungheria, dove vengono uccisi quasi 200 ebrei, ammazzati per divertire la castellana e i suoi amanti. La Seconda guerra mondiale ha tramandato molte vicende di assassini di massa, compiuti per eseguire ordini malvagi. E basti pensare ad Auschwitz, dove uomini e donne delle SS mandavano ogni giorno persone alle camere a gas e poi la sera e nel weekend andavano a divertirsi nella baita sulla riva del fiume Sola. È accaduto qualcosa di simile anche con gli uomini del Battaglione 101 che massacravano gli ebrei in Polonia (descritti nel libro di Christopher Browning, 'Uomini comuni'). Qui la storia è diversa: il massacro è il culmine estetico di una festa dei dannati che dopo ore di balli, bevute, seduzioni, si danno al piacere di uccidere per uccidere, e poi tornano a ballare, bere e sedurre.

Questa storia di 52 anni fa era nota, ma ha scosso le coscienze e ha provocato una vera discussione solo in questi giorni, perché se ne è parlato sulla 'Frankfurter Allgemeine Zeitung

'. Dice a 'L'espresso' Litchfield, che assieme alla moglie Caroline Schmitz (che lo ha aiutato nelle ricerche) abita nell'Isola di Wight: "Ho cominciato questo lavoro nel 1992 per ragioni commerciali. La famiglia von Thyssen mi ha commissionato un libro che avrebbe celebrato la loro dinastia. Poi ho fatto le mie scoperte". È nato così 'The Thyssen Art Macabre', pubblicato a febbraio scorso a Londra, e dedicato appunto alla famiglia Thyssen, gotha del jet set e giganti dell'acciaio, e che ha posseduto la più grande collezione privata dell'arte del mondo, ceduta allo Stato spagnolo dal barone Heini von Thyssen Bornemisza, negli anni Novanta.

Ma torniamo a quella notte. Lo scenario è quello di 'Götterdämmerung', il crepuscolo degli dei. Mancano poco più di sei settimane alla resa del Terzo Reich. L'Armata rossa si sta avvicinando ai confini dell'Austria, a Rechnitz. Nella follia dei capi del nazismo, decine di migliaia di ebrei ungheresi vengono portati, in una 'marcia della morte' verso Ovest, verso l'Austria, per costruire la 'Ostwall', il vallo orientale: Hitler pensa di poter fermare l'avanzata dei sovietici. Molti di quegli ebrei muoiono strada facendo, alcune centinaia, finiscono a Rechnitz. Secondo Litchfield, 600 di loro sono alloggiati "in condizioni disumane nei sotterranei del castello". Il castello, a sua volta, è abitato da Margit von Thyssen Bornemisza, sposata con il conte Ivan Batthyány. "Margit", racconta Litchfield, "era una donna sessualmente molto attiva, e poi le piaceva moltissimo andare a caccia". Sono due caratteristiche che hanno a che fare, spiega, con ciò che è successo quella notte. Al castello Margit non è sola. La dimora è requisita dalle SS, "ma la famiglia Thyssen, dalla Svizzera, dove vive il padre Heinrich e il fratello piccolo di Margit, Heini, contribuisce al suo mantenimento". E a Rechnitz ospite fisso è Joachim Oldenburg, iscritto al partito nazista e funzionario della Thyssengas, azienda di famiglia e una specie di curatore di Margit. "In realtà è il suo compagno di caccia e di letto", precisa Litchfield. L'altro personaggio chiave è il locale boss della Gestapo, Franz Podezin. Anche Podezin è compagno di letto dell'irrequieta contessa.

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Nasce il Liceo anti-stress tra yoga e niente compiti.

(www.tulife.it/) L’idea gli è venuta un paio di anni fa, quando quattro ragazzi di Needham, sobborgo “bene” di Boston, si sono suicidati. Da allora Paul Richards, giovane preside del liceo del quartiere, si è dato da fare per combattere l’ansia, lo stress e la depressione fra gli adolescenti. È nato così il primo, discusso, liceo anti-stress. La filosofia di base di questa scuola è che bisogna prendere tutto con calma e senza tragedie. “Uno dei nostri obiettivi - ha detto il preside - è aiutare i ragazzi a essere più corazzati di fronte ai possibili insuccessi: se una volta prendono un 6 non è mica un dramma”. Richards ha poi raccontato che al suo arrivo è rimasto colpito da come i suoi giovani allievi fossero ossessionati da compiti in classe, voti e necessità di costruire super credenziali per essere ammessi nelle università “di serie A”. Così ha proceduto con una serie di provvedimenti “unici” nel suo genere: niente compit nel week end o durante le vacanze; lezione di yoga obbligatoria, ingresso in classe ritardato per dormire di più… e via di questo passo.

Ma non tutti credono che una scuola senza ansie possa essere anche buona
. E infatti il povero Richards ha ricevuto lettere di insulti da ogni angolo degli States. Il dirigente scolastico ha anche dovuto far fronte a un mezzo ammutinamento dei suoi professori. “Per finire il piano di studi il tempo stringe - dicono i docenti - invece così il rigore accademico va a farsi friggere”. Di sicuro, però, i ragazzi se la passano meglio.

Da: www.city.corriere.it

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Parat-issima vs Art-issima: match d’arte a Torino.

Valentina Montresor e Francesca Pavese - Titolo del progetto artistico: ArtCode - Titolo dell'opera: ArtCode 2769812046009

(Panorama) Il mese di novembre a Torino è dedicato all’arte contemporanea, arte che va in mostra e in fiera: oltre alla fermente attività delle grandi istituzioni (ossia il Castello di Rivoli, GAM Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte e la più recente Fondazione Merz) dal 9 all’11 novembre torna per il quattordicesimo anno Art-issima, una delle più grandi mostre mercato europee. I fini sono commerciali, ma l’attenzione è dichiaratamente dedicata ai giovani artisti: un fitto stuolo di curatori e critici hanno scelto le 131 gallerie (metà italiane e metà straniere), che a loro volta hanno scelto i loro pupilli da presentare a collezionisti, appassionati e curiosi provenienti da tutta l’Italia.

Ad Artissima fa il verso in modo eccelso Parat-issima, un evento parallelo creato da Parassito, l’associazione paraculturale che “combatte la paranoia e la paralisi” perché “l’arte è anche quella dei parartisti nei paraspazi”. Pochi soldi, pochi nomi e niente Lingotto: Parat-issima quest’anno (la mostra è itinerante ed è al suo terzo anno di vita) riesce ad avere a disposizione le Ex-Carceri Le Nuove, location dismessa e poco conosciuta dove dal 9 all’11 novembre esporranno giovani artisti e creativi italiani e non solo.

Vittorio Scheni

Si tratta di giovani fotografi, pittori, scultori che usano l’arte per raccontare e raccontarsi e che sono quindi sempre alla ricerca di una vetrina. E non possono lamentarsi: lo spazio è enorme e unico. Un bel passo avanti per un evento che due anni fa ha visto la luce in un appartamento in ristrutturazione di Via Po, con 7 artisti e ben 300 visitatori in una sola sera. Per esporre a Parat-issima bastano 25 euro e l’ingresso al pubblico (dalle 18.00 alle 24.00) è gratuito (mentre ad Art-issima i costi sono decisamente superiori per spettatori, galleristi e acquirenti).

Il video

Paratissima

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Ricordiamo Pasolini.

Uccellacci e uccellini.

(negrosky blog) Nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini venne ucciso in maniera brutale sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia, vicino a Roma: battuto a colpi di bastone, venne travolto ripetutamente con la sua auto. Il cadavere massacrato venne ritrovato da una donna alle 6 e 30 circa. Sarà l’amico Ninetto Davoli a riconoscerlo. Lo stesso Ninetto Davoli protagonista, insieme al grande Totò, di questa indimenticabile scena tratta dal film “Uccellacci e uccellini del 1965.

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La lunga strada dell'HIV .

Storia naturale del virus - Il virus sarebbe circolato "inosservato" negli Stati Uniti per almeno dodici anni.

(Le Scienze) Un gruppo internazionale di ricercatori dell'Università dell'Arizona, del Centro per la genetica antica dell'Università di Copenaghen, dell'Università di Edimburgo e dei CDC di Atlanta ha condotto una ricerca di genetica molecolare dal quale risulterebbe che il virus dell'HIV sarebbe passato dall'Africa (dove avrebbe fatto la sua prima comparsa negli anni trenta) ad Haiti intorno alla metà degli anni sessanta, per diffondersi solo successivamente negli Stati Uniti e quindi nel resto del mondo.

Tom Gilbert - primo firmatario di un articolo apparso sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) in cui viene descritta la ricerca - e colleghi hanno sviluppato un modello dei movimenti e dei tempi di diffusione del gruppo M, sottotipo B del virus dell'HIV - il ceppo predominante al di fuori dei paesi dell'Africa sub-sahariana - basata sull'analisi genetica computerizzata di campioni ricavati dai più vecchi pazienti colpiti da AIDS.

I ricercatori hanno analizzato infatti il sangue di cinque dei primi pazienti identificati negli Stati Uniti come affetti dalla sindrome da immunodeficienza acquisita, che erano da poco immigrati da Haiti, confrontandoli con campioni di altri 117 pazienti di altre nazioni di tutto il mondo.

Secondo i ricercatori, i ceppi haitiani hanno formato il "tronco" dell'albero genetico di questa famiglia di virus con una certezza del 99,8 per cento.

Il percorso seguito dal virus fin dalle sue origini africane è stato oggetto di un lungo dibattito, ma secondo gli autori la spiegazione più semplice è che il virus sia arrivato dapprima ad Haiti (presumibilmente nel 1966) e che successivamente, attraverso un singolo evento di contagio, abbia iniziato a circolare negli Stati Uniti intorno al 1969. I risultati dei ricercatori sembrano quindi indicare che l'HIV-1 sia circolato negli Stati Uniti per almeno 12 anni prima di essere identificato. (gg)

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Michael Horta, il making of del servizio fotografico.

Eccovi alcune foto del servizio fotografico. di Michael Horta sul sito "Terra".



Ed ecco il "dietro le quinte" del servizio fotografico di Michael Horta per il sito "Terra" di novembre. Al solito terra non ha mai deluso la sua audience presentando il meglio della bellezza maschile e anche con Horta ha fatto centro.

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Nuovo allarme HIV: anche una bassa carica virale trasmette l’infezione.

E questa volta la notizia arriva da una fonte autorevole: lo studio è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences" secondo cui la mutazione è dovuta ad una naturale evoluzione del virus che cerca di rendere più efficace la trasmissione interumana.


(Elisabetta Coppola - clicMedicina) È stato osservato infatti che all'epidemia di AIDS possono contribuire anche i soggetti con cariche virali più basse di quelle fino ad ora considerate come limite minimo di trasmissibilità, ed a questo si aggiungerebbero fattori genetici virali non ancora ben identificati in grado di modulare la gravità dell'infezione. Queste ipotesi evoluzionistiche meritano certamente ulteriori indagini, così come ammesso dagli stessi autori, ma se verificate, il fenomeno della "virulenza adattabile" avrebbe importanti conseguenze pratiche per l'attuazione di interventi di salute pubblici.

Un aiuto potrebbe arrivare dalla circoncisione, cioè l’asportazione del prepuzio, mentre il glande rimane perennemente scoperto. La circoncisione di massa quale strumento per la riduzione della trasmissione, infatti, potrebbe modificare il rapporto esistente fra carica virale e trasmissione del virus. L'asportazione del prepuzio avrebbe una doppia finalità: da una parte rimuovere uno strato di epidermide con cellule molto vulnerabili all'infezione, e dall'altra permettere al glande di sviluppare, negli anni, una pelle più spessa meno sensibile alle infezioni. Pertanto un soggetto circonciso avrebbe minori possibilità di essere contagiato da soggetti con basse cariche virali. Studi effettuati in Africa (precisamente in Uganda, Kenya e Ruanda) hanno dimostrato che la circoncisione è un valido strumento per ridurre la trasmissione dell'HIV. I numeri parlano chiaro poiché dai dati emersi fin’ora, in Kenya le infezioni si sono ridotte dal 53% ed in Uganda del 48%, e secondo l'agenzia dell'Onu Unaids, questa procedura potrebbe evitare 5,7 milioni di nuove infezioni e 3 milioni di morti nei prossimi 20 anni nella regione Ruandese.

Ma poiché la cautela non è mai troppa non bisogna dimenticare che il preservativo rimane indispensabile per proteggersi dal virus, anche per i soggetti circoncisi, e che l'arma più efficace è quella di evitare rapporti sessuali a rischio.

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Usa: 11 mln per gay morto in Iraq .

Condannati attivisti chiesa battista, disturbarono funerali.

(Ansa) Una giuria di Baltimora ha ordinato ad una chiesa del Kansas di pagare quasi 11 mln di dlr ai familiari di un soldato gay ucciso in Iraq. Attivisti della Westboro Baptist Church si erano presentati l'anno scorso al funerale del marine Matthew Snyder urlando che 'la sua morte era stata voluta da Dio per punire l'America' per la sua tolleranza verso gli omosessuali.

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Al voto, ma come?

Un sondaggio commissionato da “Repubblica” rivela che il 57% degli intervistati vorrebbero tornare alle urne. Rimane però il problema legato alla legge elettorale, e l’incertezza di vecchie e nuove alleanze tutte da verificare. E se il Pd accarezza l’idea di correre in solitudine, i numeri non sembrano favorirlo nell’operazione. L’impasse del centrodestra, il futuro prossimo della sinistra.

(Emiliano Sbaraglia - aprileonline.info) Il sondaggio -Secondo un rilevamento Demos-Eurisko, sembra dunque che oltre la metà degli italiani (il 57%), sarebbe più che favorevole al ritorno al voto in caso di caduta del governo. Un dato, a ben guardare, indicativo soltanto parzialmente, considerando come scontata questo tipo di preferenza da parte dell’elettorato di centrodestra (73%).
Del sondaggio, un elemento di particolare interesse rappresenta l’orientamento degli elettori del neonato Pd, che vorrebbero confermato il patto con le forze della sinistra cosiddetta “radicale”, e con l’Italia dei Valori di Di Pietro. Viene da chiedersi, dopo quanto accaduto con la bocciatura della Commissione d’inchiesta per i fatti di Genova durante il G8, se molti di quegli stessi, interpellati a poche ore di distanza, continuino a pensarla allo stesso modo nei confronti del partito dell’ex pm. Più difficile invece (e questo era facilmente comprensibile), l’accettazione di una eventuale rinnovata alleanza con l’Udeur, a tal punto che circa il 50% degli intervistati, pur respingendo l’ipotesi di una “grande coalizione”, vedrebbe con favore un’intesa con l’Udc di Casini. Segnale, questo, di un naturale (s)bilanciamento del Pd verso l’area moderata del novello soggetto politico.

Tralasciando quella piccola componente che immagina intese ancora più larghe, quanto a dir poco ardite (l’8% aprirebbe a Forza Italia (!), il 3% alla Lega Nord), il 38% sarebbe disponibile a sostenere una competizione elettorale in solitaria. Entra in gioco a questo punto la strategia-Veltroni, e non solo la sua.

Il Pd -“Il voto anticipato sarebbe irresponsabile”. Parte da qui il ragionamento del leader del Pd durante l’ultimo incontro con deputati e senatori “democratici-Ulivo”; e la questione della legge elettorale, più volte ripresa anche dal Capo dello Stato, diviene dirimente al momento di scegliere come giungere a elezioni anticipate. I vari “modelli” proposti, infatti, da quello tedesco a quello spagnolo, passando per il francese, determinerebbero inevitabilmente orientamenti politici diversi a seconda dei casi. E l’ipotesi di una corsa individuale del Pd, finalizzata a contrattare poi con i papabili alleati, forte della forza dei numeri, seppure supportata dal 37% ufficialmente dichiarato da Veltroni, in realtà sembra percorribile sino a un certo punto: i dati reali segnalerebbero in effetti percentuali attorno al 28% (fonte Piepoli), il che vorrebbe dire meno della somma dei voti ottenuti da Ds e Margherita alle ultime elezioni (31% circa).

Il centrodestra -In questa selva di numeri e probabili (o improbabili) tatticismi, l’attuale opposizione non dorme anch’essa sonni tranquilli.
Al di là delle dichiarazioni convenzionali, che pure denotano alcune frizioni tra il binomio Berlusconi-Fini, non ultima quella riguardante proprio la formazione di un partito unico, nella Cdl l’impressione è che in ogni caso non si remi nella stessa direzione, trasportati da obiettivi tra loro ben poco convergenti.
Oltre al 57% di italiani di cui sopra, non è un segreto che l’italiano più propenso a sciogliere le Camere per tornare al voto sia il Cavaliere. Il motivo potrebbe essere facile da intuire.
Il pressing di Gianfranco Fini per sostituirlo alla leadership del centrodestra, alimentato anche dalla recente manifestazione a Roma del suo partito, induce a pensare che prima si voti, più la candidatura del capo di Forza Italia resti al sicuro. La formazione di un “Partito della Libertà”, orientato a rispondere alla novità politica rappresentata dal Pd, comporterebbe invece l’aumento delle possibilità di Fini di porsi a capo di questa nuova formazione, per completare quella sensazione di “rinnovamento” che si vorrebbe proporre all’elettorato. Ma per coordinare un’operazione del genere ci vuole tempo, e lo stesso Fini appare piuttosto incerto nello spingere o meno sull’acceleratore in tal senso. Berlusconi, da parte sua, avendo un partito che tuttora registra da solo percentuali di preferenza superiori al 28% stimato per il Pd, aggiunge a suo vantaggio un altro motivo affinché tutto cambi affinché nulla cambi.

La sinistra -Tornando alle indicazioni offerte dal sondaggio, per uno strano paradosso i più “conservatori” dell’attuale situazione politica sembrano essere proprio gli elettori della sinistra di governo, la maggior parte dei quali vorrebbero mantenere l’attuale alleanza, anche qui con la sostituzione tra Udeur-Udc. E se dalla Costituente socialista arrivano le parole di Gavino Angius con l’avvertimento al Pd di fare attenzione ai numeri, che per l’ex diessino non regalerebbero più di un 25% ai democratici di Veltroni, nell’area composta dal “cartello dei quattro”, Prc-Pdci-Verdi-Sd, gli Stati generali della sinistra dovrebbero dar vita a una federazione di partiti ancora da definire ma da compiere entro la fine dell’anno, per farsi trovare pronti in caso di voto anticipato. Ma anche in questo caso siamo ancora di fronte all’incertezza del come realizzare concretamente questo passaggio (certo di non poca rilevanza) e del come porsi nel quadro politico appena descritto.

La corsa al voto, nei fatti, alla fine potrebbe rivelarsi non così salvifica. Allo stesso tempo, l’alternativa di un governo in costante affanno, sfibrato da un’alleanza troppo ampia quanto necessaria dopo la famosa “porcata”, e quotidianamente messa alla prova da quella tendenza tutta italiota al “particulare” di guicciardiana memoria, non può produrre altro oltre una irreversibile agonia.

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Milano: Jesus Christ Superstar: la recensione,

(Silvia Arosio - Milano 2.0) Finalmente, ieri sera, sono riuscita ad andare a vedere il musical Jesus Christ Superstar della Compagnia della Rancia , tanto amato dai miei lettori, che hanno sempre lasciato commenti entusiasti.

Beh, devo proprio dare loro ragione.
Una grande produzione, secondo me la migliore degli ultimi spettacoli della Rancia, superiore anche a Sweet Charity, Cabaret o The Producers.
Oltre venti artisti sul palco, scelti non tra i nomi già famosi, ma solo per la bravura e la presenza scenica.
Andrebbero citati uno per uno. Il Jesus - Simone Sibillano (già in Il Conte di Montecristo e negli A4M ) ha una voce straordinaria: passa dai bassi ben modulati ai favolosi acuti alla Bee Gees (uno dei primi Jesus italiani fu Paride Acacia, che ora è un Bee Gees nella Febbre del Sabato sera ) e ci dà un'interpretazione attoriale molto sentita.
Carismatico il Giuda di Edoardo Luttazzi, la voce fuori dal coro, il polemico ed intenso "nemico", caricato di una responsabilità più grande di lui.
Bravissima Valentina Gullace come Maddalena (cliccate per sentire l'intervista): con la voce che ha e l'età giovanissima potrebbe davvero sfondare nel musical ed interpretare diversi ruoli importanti.
Una nota di merito a tutto il resto del cast, su cui spicca Luca Notari (cliccate per l'intervista riguardo gli A4M) , l'amico Pietro, con una voce più dolce degli altri due cantanti citati e una grande intensità interpretativa.
Ottime le scelte registiche di Fabrizio Angelini (supportato da Gianfranco Vergoni).

In particolare, degni di nota il tavolo da riunione di Caifa ed Anna che sul finale, quando Giuda vive il suo tormento interiore, diventa specchio deformante dell'anima, occhio dell'umanità, lente di ingrandimento di Dio, puntato obliquo sul corpo straziato da dentro del traditore fatale.
Ottima la scena della crocifissione: i due rami/nastri bianchi che dal terreno scaturiscono per arrivare al cielo e martirizzare Jesus sono l'efficace simbolo dell'unione terra-aldilà.
Veniamo alla nota più inquietante. Le canzoni tradotte in italiano: molti si chiedevano "ci staranno"?

Certamente sì. Nonostante abbia perso qualche parola per la musica a tratti preponderante, devo dire che i testi calzano perfettamente con le note e le citazioni bibliche ("Ho sete", "Perdonali perché non sanno quello che fanno"...) danno al pubblico italiano quel brivido in più, che già si sentiva nell'inglese.
Le scene di Gabriele Moreschi, i costumi di Pamela De Santi e il disegno luci di Maneli e Diliberto sono efficaci: l'attualizzazione della storia, con tanto di prostitute dell'est e Vu Cumprà, ci fanno sentire la vicenda ancora più vicino e ci fa domandare: che faremmo noi, oggi, se tornasse davvero il Messia? Lo riconosceremmo tra i falsi miti?
L'orchestra dal vivo, solo parzialmente camuffata sullo sfondo, valorizza ancora di più lo spettacolo, che vi consiglio di non perdere.
Dopo gli applausi, il giro nel back stage per me è d'obbligo: a conferma dell'interpretazione molto sentita, tutti gli attori mi hanno confessato di commuoversi sul palco e di restare scossi a lungo dopo lo show.
Bravi, davvero, tutti quanti. Spero di poter intervistare ancora qualcuno di loro: seguiteci.

Subito dopo Milano, il tour andrà a Roma, al Teatro Brancaccio , dal 27 novembre e poi proseguirà successivamente, toccando molte altre città italiane.

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