banda http://blografando.splinder.com

giovedì 6 dicembre 2007

Amici, proteste sul day time (e sale la febbre da stage).

sfida gianluca conversano antonino(Tvblog) Guai a distrarsi un attimo con gli Amici più discussi della tv. Il programma, quest’anno, sta facendo parlare di sè più del solito (per essere ancora alle battute iniziali). In particolare, ci scrive un nostro lettore lamentando lo snaturamento subito dalla formula del day time, sempre più drogata dallo sbrodolamento dello speciale del sabato.

Il vero problema è la puntata del sabato. Gli anni passati durante questa puntata si svolgeva la sfida tra le squadre o cmq si cercava di dare spazio alle esibizioni. Adesso invece la puntata è sostanzialmente volta innanzitutto a marchette e pubblicità di ogni tipo (musical, cantanti e chi più ne ha più ne metta) e a litigi non tra alunni, però, ma tra professori!!! Il telespettatore che quindi il sabato spera di vedere qualche esibizione, si trova davanti questo sfacelo, con 15 minuti di esibizione su due ore di programma per poi sentirsi dire alle 16:00 che la sfida continua lunedì.

Innanzitutto, va detto che non tutti coloro che vedono la tv il sabato poi possono vederla il pomeriggio durante la settimana alle 16:10. E l’affezionatissimo che aspetta il lunedì, dopo aver visto un pezzo di sfida viene rimandato al martedì… e poi non ci crederete ma dal martedì viene rimandato al mercoledì!!! Cioè il sabato registrano la puntata per tutta la settimana! Ed è una vergogna e una presa in giro.

In effetti, il nostro lettore non ha tutti i torti. Se potevamo ammettere al lunedì una versione sabato-extended, vista la mancanza di materiale inedito relativo alle lezioni, l’idea di prolungare quest’andazzo sino al mercoledì è un po’ troppo. A questo va aggiunto “il brutto vizio” di monopolizzare giovedì e venerdì con una sfida in sospeso (come è accaduto quest’oggi a Gianluca Conversano), perché bisogna infarcire una puntata già di per sè lampo con promozioni di ogni tipo. Oggi è stato il turno di Federico Angelucci, che per promuovere il suo cd e l’immancabile A un passo dal sogno si è aggiudicato gran parte della diretta. Partendo dal presupposto che da mondo è mondo la televisione è fatta di tempi, da rispettare nel rispetto del telespettatore, non sarebbe l’ora di darsi una regolata?

Ridiamo nuovamente voce al nostro lettore stizzito, che prosegue nella sua più che condivisibile mail:

Per non parlare poi dei vari professori, che oramai hanno totalmente perso la loro obiettività e non fanno altro che pendere verso l’uno o l’altro studente o odiare questo o quell’altro studente.Sfide totalmente falsate : se c’è Susy già si sa che la Celentano le vota contro, e Garrison a favore; se c’è Francesco si sa che la Celentano lo fa vincere pure se sta fermo come un tronco; se c’è Marco si sa che la Di Michele lo fa perdere perchè oramai è una questione personale con Luca Jurman. Ma che tipo di educazione è questa??? Ahimè questo è lo specchio della società e della scuola italiana…

Nella puntata di sabato, la stessa Maria ha manifestato un certo disappunto, misto a scetticismo, nei confronti di una commissione sempre più autoreferenziale, nonchè palesemente acritica. Qualche suo intervento ha lasciato trasparire la paura di vedersi sfuggire un meccanismo di mano.

In più, quello che il sottoscritto contesta è il clima dispersivo che si respira in sala (e che ormai ai soli adepti di Sky Vivo è dato conoscere). Si dà il caso, infatti, che per sopperire alle lacune logistiche del corpo insegnanti, sempre più impegnato al di fuori della scuola, si attinga a risorse esterne a scopo tappabuchi. Delle serie, i ragazzi li teniamo impegnati con qualcosa di cui potranno fare a meno, mentre la dizione è andata a farsi friggere perchè la Mari deve andare in scena.

Qualunque studente passato o presente ammetterà che i supplenti, a scuola, sono sempre serviti a perdere la giornata. E’ un po’ questo che evoca la recluta di Klaus Davi, una sorta di surrogato accademico delle lezioni di carisma by Pamela Prati. Se quest’ultima, quantomeno, faceva partire lo stacco di coscia per dimostrare un suo perchè, Davi si erge ad esperto fenomenologico, spacciando le Spice Girls per cultura mediatica. E, soprattutto, la sua presenza serve più come vetrina a chi si mette in cattedra che ai saranno illusi del domani.

Ormai, i poveri Amici vengono trattati come se fossero dei celebrolesi, che nella vita inseguono ciecamente il successo senza sapere un fico secco. Ognuno si erge a maestro di vita, dall’ex Operazione Tonfo Luca Jurman che fa dare più fiato alla bocca che alle corde vocali al commissario esterno Pier Maria Cecchini, che dopo aver decretato l’eliminazione di Sebastiano si è talmente gasato da pretendere pure per lui uno stage.

Questa parola così abusata, e divenuta ormai sinonimo di fregatura per milioni di laureandi italiani, si è imposta persino più prepotentemente in un talent show. Ormai tutti fanno e seguono stages, per mascherare la vacuità di chi insegna senza essere diventato nessuno e di chi impara perchè probabilmente non lo diventerà mai. In fondo, è la dura legge di Cinecittà, che ti porta a dire sì con il capo se Tiziano Ferro ti chiama per nome o se Nicolas Vaporidis ti dà una lezione di vita…

Sphere: Related Content

Se Prodi cade? Bertinotti aspirante premier con il voto nel 2009.

Fausto Bertinotti, leader storico del Prc
(Panorama) A dispetto della voragine che si è creata tra Prc e Romano Prodi, non sarà Bertinotti il “killer” del governo. Fausto il rosso (ribattezzato “lo scorpione” dai prodiani, all’indomani dell’intervista sul fallmento del governo) sa che il Prof è al capolinea. E per questo si sta smarcando, spiegano in Transatlantico. Dove sono anche in molti però a pensare che, almeno per ora, non si prevede uno scenario simile a quello del ‘98, quando l’attuale presidente della Camera staccò la spina al primo governo del Professore, spalancando così le porte di Palazzo Chigi a Massimo D’Alema. Certo, per il Prc la misura è colma: dal welfare alle pensioni, dalla Finanziaria alla sicurezza, il premier si è sottoposto negli ultimi mesi ai diktat dei diniani, dei mastelliani, del duo Bordon-Manzione, facendo ingoiare grossi rospi alla sinistra. Che lamenta una perdita di seggi (Turigliatto e non solo) e di consensi nei sondaggi.

L’obiettivo dei rifondaroli, si sente dire a Montecitorio, è quello di creare un clima sempre più rovente nella coalizione al fine di arrivare all’implosione del governo subito dopo l’approvazione della Finanziaria, per poi far nascere un esecutivo istituzionale. Come testimonierebbe il contenuto della telefonata, molto tesa, tra presidente del Consiglio e presidente della Camera, di cui Panorama dà conto.
Insomma, Prc potrebbe fare, involontariamente, il gioco di Silvio Berlusconi che dà mesi, tra un tentativo di spallata e l’altro, va dicendo di avere pazienza e di aspettare che sia la maggioranza a implodere.
Ma a quando è fissata l’ora del botto? Gennaio (tra sciopero generale, pressioni della Confindustria, verifica chiesta dalla sinistra) potrebbe essere il mese decisivo. Ottimista per natura, Romano Prodi continuerà fino all’ultimo a mostrarsi tranquillo, ma il quadro politico per lui e l’Unione è a dir poco fosco.
E il dopo-Prodi? Questo è l’interrogativo principale. Il Cavaliere, in più di un’occasione, ha dichiarato che l’unica strada praticabile sono le elezioni anticipate. Ma tutto dipende dalla legge elettorale e dal dialogo con Walter Veltroni. In sostanza, se l’esecutivo dovesse cadere senza un’intesa tra il segretario del Pd e il Cavaliere, da Forza Italia partirebbe la richiesta immediata al Colle di tornare alle urne, anche con l’attuale Porcellum.
Al contrario, qualora il terremoto dovesse verificarsi a gennaio, dopo le feste, e il tempo avesse permesso a Veltroni e Berlusconi di stringere un patto sulla nuova legge elettorale, il leader dell’opposizione potrebbe anche prendere in considerazione l’idea di assecondare un governo istituzionale o del Presidente. Proprio con l’obiettivo di varare una riforma elettorale (senza però toccare le Costituzione) e poi votare nella primavera del 2009. A quel punto il nome del premier di transizione passerebbe in secondo piano, (e si vocifera che Bertinotti stesso aspirerebbe alla carica).

Quel che interessa al Cavaliere è avere il tempo necessario per radicare il nuovo partito del Popolo delle Libertà e prepararsi alla sfida con Veltroni. Il quale, oggi indebolito dall’appoggio a un premier “morente”, potrebbe sfruttare lo stesso tempo per rafforzare le proprie posizioni. Un calendario gradito al leader di Rifondazione, che finalmente libero della grisaglia istituzionale, tornerebbe a essere il Subcomandante Fausto, alla guida della Sinistra-L’Arcobaleno.

Sphere: Related Content

Maria Callas in mostra a Milano.

(Giulia Rebora - Milano 2.0) Uno sguardo contemporaneo sul mito di Maria Callas. Un evento ideato dall'Assessorato al Turismo, Marketing Territoriale e Identità, con la Camera Nazionale della Moda Italiana.

In commemorazione del 30° anniversario dalla scomparsa di Maria Callas, al Museo di Storia Contemporanea di Milano, si è svolta l'inaugurazione di una mostra-omaggio, ispirata al mito della grande artista.

Una mostra sulla Callas "eterna", attraverso l'influenza e il fascino che ha esercitato sulla moda di ieri, di cui è stata grande interprete, e di oggi, alla quale ancora è in grado di dare suggestioni.

Le più note griffe della moda italiana hanno dato il loro contributo al "mito Callas" realizzando un'interpretazione contemporanea del personaggio, come se ancora oggi esistesse e si potesse esprimere attraverso i loro abiti.

Ogni stilista ha dedicato a Maria Callas un vestito, in qualche modo "omaggio" alla donna o alla diva. Ogni abito sarà "messo in scena" in un gioco di rimandi a situazioni che ricordano la Callas reale, inserita in un contesto culturale, con un citazionismo raffinato e appena accennato.
---
Apertura mostra dal 6 dicembre 2007 al 20 gennaio 2008
Dal martedì alla domenica con orario 12,00 - 19,00
Ingresso gratuito - Via Sant'Andrea, 6 - 20121 Milano.
---

---

Sphere: Related Content

Kiefer Sutherland ubriaco alla guida: 48 giorni di carcere-

(Panorama) La star di 24, Kiefer Sutherland, è stata condannata a 48 giorni di carcere e il suo avvocato ha fatto sapere che l’attore intende scontare immediatamente il suo debito con la giustizia. La condanna è stata inflitta perché il protagonista di 24 era stato sorpreso ubriaco al volante quando era ancora soggetto alla libertà vigilata per un analogo caso di guida in stato di ebbrezza, avvenuto nel 2004.

Il videoAnsa con la notizia.

Sphere: Related Content

'Hanno ucciso Makwan''. Il 13 dicembre 2007 a Firenze preghiera ecumenica per non dimenticare.

(Gruppo Gionata) "L'hanno ucciso!", con queste parole, strozzate dalla commozione, siamo stati avvertiti telefonicamente che tutto era finito. Makwan, il 21enne iraniano condannato a morte in Iran per il reato di "lavat" (letteralmente, "sodomia") è stato giustiziato, nonostante la mobilitazione di tanti uomini e donne che hanno cercato di impedirlo. Ma di fronte a tanta violenza ci uniamo anche noi idealmente alle donne e agli uomini della REFO di Firenze che giovedì 13 dicembre 2007 alle ore 21 si riuniranno a Firenze presso il Centro comunitario Valdese di Via Manzoni per dare vita ad una preghiera ecumenica e per gridare "la nostra sete di giustizia, di amore e di compassione, perché non si dia più la morte nel nome dell'unico Dio dei cristiani, degli islamici e degli ebrei".

Makwan rappresenta una delle tante persone uccise in Iran solo perché omosessuali e di cui non sapremo mai né il nome, né conosceremo la storia. La sua è l'ultima di una lunga catena di morte, un vero e proprio olocausto, infatti dal 1979 ben 10.000 omosessuali sono stati giustiziati nella repubblica islamica iraniana. Ma si può essere uccisi solo perché omosessuali, per eseguire un imperativo morale, culturale o religioso?

Non possiamo credere che la vita di un uomo possa essere infranta nel nome di Dio. Non ce la facciamo a tacere, a dimenticare, a chiudere tutti e due gli occhi.

Anche Noi, di fronte a tanta violenza e all'assordante silenzio sia delle Chiese che delle istituzioni ci uniremo idealmente alle donne e agli uomini della REFO di Firenze che giovedì 13 dicembre 2007 alle ore 21 si riuniranno a FIRENZE presso il Centro comunitario Valdese di Via Manzoni per dare vita ad una preghiera ecumenica e per gridare "la nostra sete di giustizia, di amore e di compassione, perché non si dia più la morte nel nome dell'unico Dio dei cristiani, degli islamici e degli ebrei".

Noi ci saremo, alcuni col cuore, altri di persona, perché non vogliamo arrenderci di fronte al male, perché non vogliamo dimenticare.

Sphere: Related Content

Iris, cinema e teatro gratuiti sul digitale terrestre. C'è pure “Queer as folk”, lo sapevate?

Il segnale si è illuminato il 30 novembre, ed è nato Iris è il nuovo canale gratuito di Mediaset sul canale 25 del digitale terrestre, dedicato soprattutto a cinema e teatro.

Dice la direttrice dei programmi , Miriam Pisani: “Potrà contare su una library di oltre 1000 titoli di cinema ma anche sulle migliori produzioni di sit-com, telefilm, documentari. Una serata a settimana sarà dedicata a grandi piece teatrali italiane e una ai concerti di musica classica e lirica”.

Tra i primi titoli seriali di Iris si segnala “Queer as folk” serie tv mai vista sulla tv generalista e che narra la vita di tre omosessuali in una cittadina americana negli anni novanta. I films hanno una sola interruzione pubblicitaria.

La programmazione

Sphere: Related Content

De Giorgi peggio di D'Alema. Vergogna! Una campagna di boicottaggio contro Gay.it? E' un'idea ma a che serve?

(Il mio canto libero) Non bastavano gli attacchi concentrici dall'esterno: Veltroni ricevuto a Bertone che tenta di affossare il registro delle unioni civili a Roma, la solita senatrice Binetti che pensa di stare ai tempi dello Stato della Chiesa di Pio IX. D'Alema sulla via di Damasco che confonde matrimonio civile e religioso, mistifica sulla costituzione e democristianamente assomiglia sempre più alla parodia di se stesso.

Adesso a sparare sui nostri diritti ci pensano anche dei visibili (e risibili) esponenti del movimento.
Ecco quanto dichiara Alessio De Giorgi, gay toscano eletto all'assemblea nazionale del partito democratico e noto soprattutto per essere proprietario di gay.it
Dimostrando ancora una volta (il caso degli immigrati rumeni e non solo trattato sul portale gay in modo a dir poco razzista aveva già fatto balenare non pochi dubbi) la sua totale impreparazione culturale ad affrontare le tematiche dei diritti e l'appiattimento su posizioni sempre più integraliste e conservatrici.

"Di fronte alle dichiarazioni di Massimo D'Alema oggi sulla stampa leggo di reazioni scomposte nel movimento gay. Anche di persone che appartengono al mio stesso partito, come Sergio Lo Giudice, ex presidente nazionale di Arcigay ed oggi componente con me dell'Assemblea Nazionale del PD. Lo Giudice invita D'Alema a guardare alle democrazie europee e non a Teheran, come se tra la soluzione spagnola del matrimonio gay e le condanne a morte per omosessualità del regime iraniano non ci fossero mille sfumature di grigio: quelle del PACS francese, ad esempio, o della soluzione tedesca, o di tanti altri paesi che per il momento non se la sono sentita di optare per la piena parità giuridica delle coppie omosessuali. Credo che la posizione del vicepremier sia invece assolutamente condivisibile: oggi l'Italia non è pronta per il "matrimonio gay" e spingere in quella direzione, anche dall'interno del Partito Democratico, allontana solamente le soluzioni più ragionevoli dei DICO o dei CUS, perché radicalizza le posizioni. Di tutto abbiamo bisogno, fuorchè che trionfi il massimalismo nel movimento gay e lesbico e che questo trovi pure cassa di risonanza nel Partito Democratico."
A De Giorgi voglio ricordare che le posizioni massimaliste del movimento GLBT sono soltanto chiare e inequivocabili richieste di diritti ed uguaglianza, espresse con nettezza e compattezza solo da un anno a seguito dell'evidente fallimento del programma del centro-sinistra e persino della sua annacquatissima proposta di legge sui DICO.
Decenni di moderazione e di subalternità di Arcigay e di Gayleft non hanno portato a nulla, come dimostrano le affermazioni di D'Alema, che in un attimo calpestando gli omosessuali rinnega tutta la sua storia e la storia del nostro paese dimostrando di non conoscere nemmeno la costituzione, di non saper distinguere tra matrimonio religioso e civile e non capendo che la logica conseguenza di quello che dice è la cancellazione del nuovo diritto di famiglia, incluso divorzio, per non parlare dell'aborto che sicuramente offende ancora di più il sentimento religioso di alcuni cattolici) e di tutte quelle conquiste civili e di libertà che sono l'ultimo lascito del '68.
Se il prodotto di questa innegabile vicinanza e del lavoro all'interno dei di tanti omosessualiDS sono stati i catto-integralisti da avanspettacolo Veltroni e D'Alema evidentemente la moderazione non ha pagato e credo che molti autorevoli fautori di questa scelta dovrebbero quanto meno ammettere i propri errori (e dimettersi dalle varie cariche ricoperte) quando non riconoscere di avere venduto la causa del movimento alle ragioni politiche di un partito e di una carriera.
Mi riferisco anche al deputato Franco Grillini, oggi emigrato nel Partito Socialista ma eletto nelle fila DS, a Sergio Lo Giudice, presidente in pectore della commissione glbt presso il Ministero delle Pari Opportunità, alla ineffabile Paola Concia, che ancora ieri difendeva la posizione di Veltroni attaccando il movimento glbt romano sul registro delle unioni civili dalle pagine di La Repubblica (non solo non da una mano ma fa apparire il movimento diviso? grazie Concia!), ad Andrea Benedino che si straccia oggi le vesti per le parole del ministro degli esteri rivelando d'un colpo tutta la sua ininfluenza sulle posizioni del suo partito e dei suoi leader più riconoscibili...
Quanto al caro De Giorgi francamente farebbe meglio a ritornare a fare l'imprenditore a tempo pieno lasciando perdere le questioni di diritti per cui non ha alcuna preparazione.
Di unBerlusconi in salsa gaya non sentivamo certo il bisogno!
Ma visto che ha voluto mischiare le cose forse si dovrebbe assumere le responsabilità di quel che dice, scrive e fa.

Quindi voglio lanciare una CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO DI GAY.IT e dei suoi inserzionisti: Non visitare più il sito gay.it, i suoi accessori tipo me2, non rinnovare abbonamenti, non cliccare sui banner pubblicitari e non acquistare i prodotti segnalati. Forse se al ricco De Giorgi non interessano diritti e dignità potrebbe interessare l'allegerimento delle sue tasche!

Sphere: Related Content

GIUSTIZIATO IL GIOVANE GAY MAKWAN.

(Il mio canto libero) Riporto per intero il comunicato diramato dal gruppo EveryOne in merito alla terribile esecuzione del giovane iraniano! Non ci sono aprole per esprimere dolore e sconcerto. GRUPPO EVERYONE:

“DA UN CRIMINE DI STATO NASCE UN SIMBOLO MONDIALE CONTRO L’OMOFOBIA”.

MENTRE CONTINUA LA CAMPAGNA DEI CUORI LANCIATA DAL GRUPPO EVERYONE PER IMPEDIRE L’ASSASSINIO DEL VENTUNENNE IRANIANO MAKWAN MOLOUDZADEH, GIUNGE DA TEHERAN LA NOTIZIA DELLA SUA ESECUZIONE, AVVENUTA IERI MATTINA, SENZA CHE NEMMENO L’AVVOCATO E I FAMILIARI VENISSERO AVVERTITI.

Makwan Moloudzadeh aveva ventun anni ed è stato assassinato dai suoi aguzzini all’interno del carcere di Kermanshah, dov’era detenuto, in seguito alla condanna a morte per “lavat” (sodomia). Il ragazzo, secondo l’autorità giudiziaria iraniana, era infatti “colpevole” di aver amato un coetaneo all’età di 13 anni e di aver avuto con lui rapporti sessuali. L’esecuzione è avvenuta nel carcere succitato, nell’ovest dell’Iran, alle 5 del mattino (ora iraniana) di ieri 5 dicembre 2007, nel più totale silenzio di stampa, istituzioni e associazioni. Nemmeno l’avvocato, il padre e lo zio di Makwan – con cui il Gruppo EveryOne, che nelle ultime ore si era mobilitato a livello internazionale con la “campagna dei cuori” per la vita del giovane, è in stretto contatto – erano stati informati.

“Apprendiamo con immenso dolore la notizia” commentano i leader di EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. “Continuano ad arrivare centinaia di mail al minuto da tutto il mondo di sostegno alla campagna per Makwan, da parte di politici, attivisti e semplici cittadini, mentre la notizia della sua morte lascia incredulo il mondo, perché pochi giorni fa il ministro della Giustizia iraniano, l'Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi, aveva sospeso la condanna, manifestando l'intenzione di concedere la grazia”.

Il Gruppo EveryOne ricorderà Makwan e il suo martirio con un premio annuale ricorrente che verrà donato a chi si contraddistinguerà nella lotta a favore dei diritti umani e contro l’omofobia. Il Premio Makwan Moloudzadeh 2007 viene assegnato a Glenys Robinson, cittadina del Regno Unito che vive in Italia e che ha dimostrato particolari sensibilità e coraggio e ha cooperato in modo determinante per la liberazione di Pegah Emambakhsh. Da allora Glenys fa parte del Gruppo EveryOne e si impegna con ogni energia per i diritti umani.

“Deve sollevarsi una ferma protesta a livello internazionale che imputi ad Amadinejad e al suo Governo una condanna per crimini contro l’umanità” concludono i leader del Gruppo EveryOne “ma prima ancora deve nascere una potente rete mondiale che sia preparata a denunciare casi simili a questo intraprendendo azioni immediate che possano fermare le esecuzioni. Anche i Paesi democratici devono farsi un esame di coscienza e comprendere che la lotta contro l'omofobia inizia con il riconoscimento paritario delle unioni omosessuali, perché senza questo diritto fondamentale i gay e le lesbiche sono condannati all'emarginazione”.

Per il Gruppo EveryOne: Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau, Ahmad Rafat, Glenys Robinson, Arsham Parsi, Christos Papaioannou, Steed Gamero, Fabio Patronelli, Laura Todisco, Alessandro Matta.

Sphere: Related Content

Lo strabismo di Veltroni tra unioni civili e Vaticano.

Manifestazione a favore delle unioni civili a Roma | Ansa
(Panorama) Walter Veltroni da premier ombra predica bene. Ma da sindaco di Roma razzola male. Una situazione esemplificata un po’ di tempo fa da Francesco Cossiga con un divertente aforisma irripetibile.
Il tema è quello delle unioni civili: Veltroni, alcune settimane fa durante la trasmissione di Giuliano Ferrara, Otto e Mezzo, aveva “rimproverato” il governo per essersi speso sul tema delle unioni civili con queste parole: “Il tema delle unioni civili è uno di quelli che dovrebbe essere discusso in Parlamento”.
Ma quando la situazione è toccata a lui… In questi giorni a Roma è in discussione in consiglio comunale una delibera sulle unioni civili. Per la precisione, una proposta di iniziativa popolare portata avanti dai Radicali e dalla Rosa nel Pugno che il consiglio comunale, a norma di regolamento capitolino, deve discutere per decidere se istituire un registro delle unioni civili presso il Campidoglio. Nelle settimane scorse il capogruppo del Pd, Pino Battaglia, si era detto a favore. Poi, Veltroni è andato oltre Tevere. In udienza dal cardinale Tarcisio Bertone. E tutto è cambiato.

È stato scritto da varie parti che i due non hanno parlato della comune passione juventina, ma al prelato Veltroni avrebbe dato assicurazione che delle unioni civili non se ne sarebbe fatto nulla. Affermazioni mai smentite dal Campidoglio. Sta di fatto che dopo la visita in Vaticano la linea del Pd capitolino è mutata completamente. Nei corridoi della politica romana si dice che anche l’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli, sia sceso in campo per dire ai suoi nel consiglio comunale di frenare sulle unioni civili. La linea di Veltroni, per i suoi nemici, è pilatesca: vuole che la soluzione si trovi in Parlamento. Salvo avere bloccato il proprio consiglio comunale.
La posizione del sindaco è attaccata dal leader del Partito Socialista, Enrico Boselli, che a Panorama.it dice: “Il silenzio sulla delibera che riguarda le unioni civili a Roma, (proposta mesi fa dal consigliere socialista Gianluca Quadrana) è un’ulteriore prova del deficit di laicità del Partito democratico”. Per Boselli, Roma è in sedicesimo l’Italia: “La vicenda riflette in piccolo quanto sta avvenendo in Parlamento sul disegno di legge sulle coppie di fatto. Ancora una volta dobbiamo constatare che le pressioni dei cattolici integralisti e del Vaticano hanno la meglio sui diritti delle persone. Veltroni, pur disponendo di un’ampia maggioranza in Campidoglio, ha dismesso i suoi panni da sindaco per indossare quelli di segretario del Pd e di premier ombra, privilegiando alle richieste dei cittadini e al rispetto del programma, i colloqui con il cardinal Bertone. Restare muti di fronte alle grandi questioni che riguardano i diritti civili equivale a costruire un Partito democratico che guarda più oltretevere che oltreatlantico dove i democratici americani sono avanti anni luce sui temi fondamentali delle libertà civili”.

Un momento della manifestazione a favore delle unioni civili questa sera a piazza del Campidoglio | Ansa

Come ultima mediazione si è arrivati alla bozza Lucio D’Ubaldo (un assessore capitolino Pd di provenienza margheritina) che prevede un registro delle solidarietà civili, nel quale sarebbe possibile iscrivere tutti i conviventi della famiglia anagrafica. Una cosa che il Campidoglio già riconosce dal 1990 e che serve per stilare numerose graduatorie comunali. Insomma, una mediazione al ribasso.
Sempre in questi giorni due avvenimenti hanno intanto puntato ancor più i riflettori sulla vicenda. I Radicali, che sulla vicenda hanno fatto le barricate, hanno organizzato una fiaccolata (modesta nelle presenze) in Campidoglio. E la commissione Gustizia di palazzo Madama ha adottato il testo base sui Contratti di solidarietà (Cus). Adozione che ha prodotto ancora un caso di strabismo nel partito dell’Ulivo-tricolore: la capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro ha commentato parlando di “una legge seria”, mentre proprio Veltroni, in Senato per discutere di riforme, ha rilasciato un secco “no comment”.

Sphere: Related Content

D'Alema: Nessuna svolta clericale.

(Agi) "Mi dispiace che mi venga attribuita un'improvvisa svolta clericale". Lo dice il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, in un colloquio con l'Unita', in cui poi precisa: "Si polemizza con me quando nessuno, in Italia, propone i matrimoni gay? Io ho sempre difeso i diritti delle coppie omosessuali e non ho mai rinunciato alla laicita' dello Stato". D'Alema parla di una "polemica da cortile mediatico", il mio pensiero "e' stato presentato come un fotomontaggio, pezzi di un film messi insieme, ma fuori contesto. Una polemica senza ne' capo ne' coda".

Sphere: Related Content

Lettera di Paola Binetti ad Anna Paola Concia: D'accordo, mi metto in gioco. Con amicizia.

Cara Paola,

leggo la tua lettera nell’intervallo tra il lavoro in commissione e il lavoro in aula: troppo poco per rispondere con la profondità che meritano alle questioni che mi poni. Ci provo comunque, sapendo che su molte cose è possibile trovare condivisione, su altre ci sono differenze che né tu né io vogliamo ignorare, perché sono la nostra sfida culturale e personale. Sia tu che io speriamo di essere convincenti e persuasive, l’amicizia dissolve i pregiudizi, risolve le paure, ma non risparmia affatto la fatica del confronto.

Condivido il fatto che « … in Italia il dibattito sulle unioni civili e sui diritti degli omosessuali è farcito di ideologia, di volgarità, di strumentalizzazioni, di mancanza di rispetto». Capisco la tua affermazione:«faccio ormai fatica a stare dentro questa modalità». Il mio rispetto per gli altri, omosessuali inclusi, è un valore che tu ben conosci. Un rispetto che cresce in modo esponenziale quando mi trovo davanti alle ingiustizie, alla malattia, alla fragilità umana. Sono contraria a ogni discriminazione, sono contraria alle ideologie, soprattutto se involgarite da un dibattito sguaiato che offende altre sensibilità, altre visioni della vita, altre scelte. Tra ideali e ideologie c’è una bella differenza.

Mi dici: «Sulla vicenda di Roma sei intervenuta in modo ideologico, passando sopra la mia vita e quella di tante e tanti come me. Ti chiedo perché…. La culla della cristianità non deve essere un esempio di rispetto per tutti, di inclusione, di tolleranza, di accoglienza?» Affermare che Roma è il centro della cristianità per me non ha nulla di ideologico. È una realtà storica, viva, cui danno conferma la presenza del Santo Padre, e il governo della Chiesa universale, le università pontificie.

A Roma ci sono due tipi di Corpo diplomatico, le ambasciate di tutti in Paesi accreditate presso la Santa Sede. A Roma e da Roma nascono infinite iniziative sociali che raggiungono il mondo intero con un messaggio di pace e di speranza, grazie allo sforzo gigantesco di tutto un associazionismo cattolico che ancora oggi si riconosce nelle opere di misericordia materiali e spirituali. Nulla di ideologico. Amo questa città, che vorrei ogni giorno più fedele alla sua vocazione di carità profonda, concretizzata in gesti audaci e generosi, ma la vorrei fedele anche alla sua fede, di cui sono traccia indelebile le sue chiese. Roma accoglie persone di tutti i paesi, di tutte le razze, di tutte le fedi. Ma difende il suo carisma originario, una sua laicità fondativa che propone e fa assumere a tutti noi iniziative in cui la religiosità si materializza in spirito di servizio, in fatti concreti.

Nessuna discriminazione però se ricorda con chiarezza e semplicità che il matrimonio è uno e lo difende con fermezza e convinzione, incluso -a pieno titolo- il matrimonio civile. Nessuna discriminazione se intende difendere i diritti individuali di tutti, senza distinzioni. Sai bene che la formula giuridica che stiamo cercando con convinzione anche se per ora senza successo, è quella che dice: unicuique suuum…. evitando ingiustizie agli uni e agli altri, supportando il diritto di ognuno a scegliere e ad assumersi la responsabilità delle conseguenze. Al diritto di porsi come coppia di fatto, la responsabilità di vivere come coppia di fatto. Fermo restando però che nessuno può essere lasciato solo quando irrompono la malattia, l’abbandono, la morte.

Dici ancora: «Sono disponibile a mescolarmi e cercare la soluzione che risponda alle esigenze della mia vita, alla mia dignità. Sono disponibile a mettermi in gioco sapendo che questa battaglia non la voglio solo condurre, ma la voglio vincere». Anche io voglio mettermi in gioco, sono in gioco. La mia ricerca ha un obiettivo, non esclusivo ma prioritario, il dialogo, la pace, la comprensione, una reale e concreta amicizia.

(L'Unità)

Sphere: Related Content

Nuovo via per la legge sulle unioni civili.

Il voto in aula al Senato potrebbe arrivare a gennaio.

(La7) Approvato a maggioranza dalla Commissione Giustizia del Senato il testo base sui contratti di unione solidale. Intenzione del presidente della Commissione Cesare Salvi e' arrivare al voto sulle unioni civili a fine gennaio. Proprio ieri centinaia di persone hanno manifestato in piazza del Campidoglio con una fiaccolata a sostegno dell'istituzione del registro delle unioni civili nel comune di Roma. Il registro delle unioni civili esiste gia' in 20 comuni italiani. Una proposta popolare e' stata depositata anche nella capitale e proprio oggi scadono i termini previsti previsti per la discussione in consiglio comunale.
---

Sphere: Related Content

E' iniziata la campagna elettorale di De Giorgi. "D'Alema ha ragione, non vinca il radicalismo". L'opinione di Ivan Scalfarotto.

Oggi l'Italia non è pronta per il "matrimonio gay".

(GayNews) "Di fronte alle dichiarazioni di Massimo D'Alema oggi sulla stampa leggo di reazioni scomposte nel movimento gay. Anche di persone che appartengono al mio stesso partito, come Sergio Lo Giudice, ex presidente nazionale di Arcigay ed oggi componente con me dell'Assemblea Nazionale del PD. Lo Giudice invita D'Alema a guardare alle democrazie europee e non a Teheran, come se tra la soluzione spagnola del matrimonio gay e le condanne a morte per omosessualità del regime iraniano non ci fossero mille sfumature di grigio: quelle del PACS francese, ad esempio, o della soluzione tedesca, o di tanti altri paesi che per il momento non se la sono sentita di optare per la piena parità giuridica delle coppie omosessuali. Credo che la posizione del vicepremier sia invece assolutamente condivisibile: oggi l'Italia non è pronta per il "matrimonio gay" e spingere in quella direzione, anche dall'interno del Partito Democratico, allontana solamente le soluzioni più ragionevoli dei DICO o dei CUS, perchè radicalizza le posizioni. Di tutto abbiamo bisogno, fuorchè che trionfi il massimalismo nel movimento gay e lesbico e che questo trovi pure cassa di risonanza nel Partito Democratico."
---

Riponde Ivan Scalfarotto.
Incapaci, presuntuosi (e gay).
In una mailing list di maggiorenti del movimento gay nella quale mi trovo, probabilmente per errore, coinvolto si discute - e qualcuno gli dà pure ragione - delle dichiarazioni di D'Alema.
Questo il mio intervento, due minuti fa.
"Sia ben chiara una cosa. Nessuno qui dentro, o fuori di qui, ha il diritto di disporre dei diritti dei propri concittadini. Il diritto alla piena uguaglianza davanti alla legge e quello alla pari dignità in particolare.
Il fatto di essere gay e di fare politica non legittima alcuno di noi a rinunciare a nome di tutti ad alcun diritto, compreso il matrimonio e l'adozione di minori - riconosciuti in moltissimi paesi della cui civiltà giuridica non è lecito dubitare - per nessuno dei gay e delle lesbiche italiane. Se il sindacato siede al tavolo delle trattative e rinuncia per motivi tattici a taluno dei diritti dei lavoratori ha poi almeno il buon gusto di chiamare i lavoratori a referendum. Mi piacerebbe sapere sulla base di quale mandato ci si permette di stabilire a quali diritti, diritti indisponibili, di cittadinanza noi si possa rinuciare a nome di milioni di gay e lesbiche italiani. Nessuno ci ha dato un tale mandato e chi se lo arroga dovrebbe rendersi conto dell'abnormità e dell'arroganza del passo che compie. Io personalmente non ho concesso ad alcuno il diritto di rinunciare a nome mio al diritto di sposarmi e sarà bene che nessuno, qui dentro o fuori di qui, si permetta di rinunciare al mio pieno diritto di cittadinanza senza il mio esplicito consenso. Siamo la comunità GLBT con meno diritti dell'Europa occidentale e chi ha gestito la nostra immagine pubblica e ha fin qui trattato a nome della comunità dovrebbe constatare con onestà intellettuale il fallimento completo della propria linea politica e trarne le opportune conseguenze. L'unica posizione che siamo legittimati a portare avanti è quella dell'assoluta parità di diritti con tutti gli altri cittadini della Repubblica. E' un mandato che affonda le sue radici nella Costituzione, in svariate fonti giuridiche internazionali e in elementari considerazioni di civiltà giuridica. I diritti o ci sono o non ci sono, miei cari, tertium non datur. E noi in Italia non abbiamo uno straccio di diritto. Se Martin Luther King si fosse mosso con il nostro peloso e unilaterale realismo, oggi sarebbe vivo, grasso, con una bella carica pubblica e tutti i relativi benefit, ma i neri non sarebbero ancora ammessi nelle Università dell'Alabama.
Ivan

PS Niente di personale, naturalmente".

Sphere: Related Content

Lindsay Lohan: notte di sesso con Heath Ledger?

(Zapster) Lindsay Lohan avrebbe lasciato l'ex fidanzato Riley Giles poche ore dopo una "caldissima" notte di sesso con il collega Heath Ledger.

La notizia, che naturalmente non è stata confermata dai due diretti interessati, è apparsa sul magazine australiano NW: i due attori si sarebbero segretamente incontrati in una stanza di un hotel newyorchese dopo aver trascorto qualche ora in allegria in un club della città festeggiando insieme a conoscenti ed amici la festa Ringraziamento.

Ricordiamo che l'ex cow-boy di "Brokeback Mountain" è attualmente tra i single più ricercati di Hollywood dopo il recente stop alla relazione con l'ex fidanzata ed attrice Michelle Williams

Sphere: Related Content

Fibra: la mia verità sul mondo dello spettacolo. Parola di “Bugiardo".

(Panorama) La scena è sempre la stessa. Noi che raggiungiamo l’artista, nel caso specifico Fabri Fibra, in uno studio della casa discografica, la Universal, per parlare dell’uscita di un nuovo album.

Presentazioni e strette di mano. Siamo di Panorama.it, molto piacere… “Ah Panorama (sorride Fabri), vi devo tanto”.
Per via delle copertina di un anno e mezzo fa?
Sì, quella copertina mi ha aiutato in qualche modo.

C’era scritto “il suo primo disco”, nel senso che era il primo con una major.
Vero. Ma chissà quante persone avranno pensato “che culo questo, al disco d’esordio e già sbanca”. Non era però la prima esperienza in senso assoluto. Fabrizio Tarducci, ora Fabri Fibra, porta con sé la classica storia di chi, rischiando parecchio, ce l’ha fatta. Partito a 28 anni (ora ne ha 31) dalla sua Senigallia, nelle Marche, dove vendeva saponette per alberghi e, in pratica, lavorava in magazzino, passato per l’Inghilterra, dove si guadagnava il pane in una fabbrica di penne, è arrivato a Milano nel 2005 non avendo ancora un contratto in tasca. Erano i giorni dei provini con la Universal e di Applausi per Fibra (Guarda il video), il singolo che lo ha lanciato. Intanto, mentre aspettava la risposta della casa discografica, mandava curricula in giro. Il programma era di provare, se entro 6-7 mesi non ci fossero stati risultati, sarebbe tornato a casina. Poi, come dice lui stesso, “la gente mi ha premiato”.

Senta, lei dice di essere un “bugiardo” (così si intitola l’album, il quarto della sua carriera). Ma a noi sembra che dica un sacco di verità.
Quando sono arrivato a Milano e ho avuto successo con Tradimento (il disco precedente, ndr) e la successiva tournèe, ho avuto un blocco psicologico. Tutto quello che dicevo e che scrivevo era ascoltato da tutti.
C’è qualcosa che l’ha infastidita particolarmente?
La reazione della gente che ruota intorno al mondo dello spettacolo. Non sono mai stato considerato come persona. Nel momento in cui sono arrivato al primo posto in classifica tutti mi hanno cercato, ragazze comprese. Quando hai il successo tutti vogliono collaborare con te. E mi sono chiesto perché ora e non prima? Faccio un esempio, da piccolo ero grassissimo e le ragazze non mi cagavano. Le prime storie le ho avute a 18 anni. Adesso che 4 o 5 al giorno ti chiamo perché ti vogliono vedere, mi fa schifo. Ecco, queste sono le domande che mi sono fatto in questo disco. Se per i giovani d’oggi la missione è diventare famosi, per fare la vita del vip, siamo messi male. Quella vita lì è tutta finta. È la bugia più grossa che esista.
La società che descrivi è complicata.
Partecipiamo una sorta di Truman Show. I muri che ci circondano sono di cartone. Gli entusiasmi sono finti. E io ho detto che il mondo dello spettacolo è bugiardo. È bugiardo perché, per esempio, una ragazza può pensare di risolvere tutti i problemi facendo la velina. Poi con Vallettopoli ti accorgi che la velina è costretta a fare certe cose, a combinare i servizi fotografici. Devi stare attenta a stare sempre nella pagina del gossip.
Però, a volte, basta dire la verità e non essere bugiardi.
Non è così. Se tu fai la musica devi regalare dei sogni. Devi dire che l’amore è eterno, che stare con te è stato bellissimo. Se tu fai una musica di rottura, come la mia, non va bene. Io faccio incazzare la gente. Il brutto è che sono da solo. Prendiamo i Negramaro che sono quasi costretti a fare gli intellettuali. Sembra che abbiano riscritto la Divina Commedia. Tutto ciò è nauseante. Non vedo in circolazione uno specchio dei nostri tempi.
Dunque ciò che è prodotto dal mondo dello spettacolo è tutto falso?
Ma sai quanto si odiano gli artisti? Quanti problemi ci sono nei live. Voglio uscire prima io. Con quello non suono? La differenza è che io queste cose le dico, gli altri no. Fanno finta di volersi bene.
Una curiosità ce la toglie? Nel disco ha demolito un po’ di personaggi, tipo Laura Chiatti e dj Francesco (che non si chiama più così, ma Francesco Facchinetti). Qualcuno di loro si è fatto sentire per lamentarsi?
Secondo me sono tutti traumatizzati. Però non ci posso far niente se a Buona Domenica parlano sempre del fatto che la Gregoraci si sposerà con Briatore e vivrà in uno yacht lussuoso. E lo farà dopo tutto quello che abbiamo sentito su di lei. Io non giudico nessuno, dico solo che in Italia succedono queste cose qua.
Sei un bravo cronista allora.
Vero, infatti, nel disco dico che volevo fare il giornalista.
Magari di Panorama?
Non sarebbe male. Come la vedete?

Sphere: Related Content

Il gayrdiniere di Desperate. Sospetti omosex per Jesse Metcalfe.

(TGCom) I sospetti sulla sua omosessualità ci sono sempre stati. Il gossipparo più clikkato d'America, Perez Hilton, gli ha chiesto dal suo sito di non nascondersi più e di fare "coming out". E dopo aver partecipato al 15esimo compleanno del night londinese che si chiama, per l'appunto, "Gay", Jesse Metcalfe - il giardiniere John di Desperate Housewives, che ripartito su Raidue con la terza stagione, si è ritrovato al centro delle cronache...fucsia.

Ufficialmente, come riporta il quotidiano The Sun, era stato invitato in quanto fidanzato altalenante della bionda Nadine Coyle, della band all girl Girls Aloud che ha animato la serata. Tanto che c'era, Jesse ha ricevuto il premio del locale recante la scitta GAY in bella evidenza, pensando bene di mostrarlo orgoglioso, infischiandosene degli addetti ai livori e dei fotografi, al braccio di Nadine che i rumors hanno segnalato al suo fianco anche nel proseguio della serata. Per i/le fans di Metcalfe, ecco la sua tambureggiante biografia tratta da Gay.it. Jesse Eden Metcalfe (chiamato così perché proveniente dritto dritto dal Giardino dell'Eden, evidentemente) è nato il 9 dicembre 1978 in Connecticut.

E' famoso per il suo pollice verde che utilizza per tutto il tempo per lavorare le mutande di Gabrielle. Ma non occorre essere una mogliettina infelice per godere dei benefici effetti di Jesse sui vostri cespugli. Forse lui non ne è ancora consapevole, ma molti gay in tutti i paesi in cui viene trasmesso il telefilm stanno cercando l'occasione buona per chiedere a Jesse di impegnarsi nell'impollinazione. Improvvisamente tutti hanno scoperto erbacce nei propri giardini, e hanno deciso di piantare nuove specie nelle aiuole meno frequentate…Se i bicipiti di Jesse assomigliano a qualche specie, diremmo a delle sequoie piuttosto che a dei bonsai. Ma il giovane è in parte italiano, in parte francese, in parte portoghese e quindi il suo sangue mediterraneo gli ha donato un visino che è tutto un programma.

Tanto che Jesse è stato contattato anche per interpretare un adattamento del Ritratto di Dorian Gray che dovrebbe uscire il prossimo anno. Magari il suo ruolo nel classico di Oscar Wilde lo aiuterà a trovarsi a proprio agio anche tra le fronde maschili?A proposito di Wilde, a Jesse non manca la vanità: «Mi alleno cinque volte a settimana. Se sto tutto il tempo senza maglietta in televisione davanti a milioni di persone che mi guardano, voglio mostrarmi al meglio!» dice. Un'affermazione che denota grande sensibilità. Ma la vanità può portare qualche inconveniente: «Potrebbe essere difficile per me liberarmi dell'etichetta di bonazzo». Del suo personaggio John, Jesse dice: «E' molto ingenuo e idealista. Io sono un po' più cinico e ho molta più esperienza». Che tipo di esperienza? «Certamente non uscirei con qualcuna molto più giovane di me. E' frustrante essere con qualcuno che non ha la tua stessa esperienza di vita». Adolescenti, via dalle scatole, quindi!«Penso che le persone ne hanno abbastanza di vedermi come il tipico stallone - dice, non sapendo che ci sono molte curiosità ancora che vorremmo toglierci a riguardo - Ci sono un sacco di donne interessate a me, ma devo ancora capire se sono interessate per i giusti motivi». A questa affermazione vorremo rispondere: sveglia, Jesse! Non ci sono solo le donne nella vita!...
---

--

---

Sphere: Related Content

Mediaset televisione libera! Un post banale sulla banalità.

(Balena arenata) Ero lì nel mio candido lettino… quando sento dalla tv provenire delle strane parole. Inaspettate. Imprevedibili. C’è Mentana in tv che intervista Bonolis sul programma “Ciao Darwin”. Fin qui, niente di trascendentale. Ma la discussione, come dire, deraglia. Si può dire? Non saprei, ma è quello che hanno provato i miei neuroni mentre trasmettevano le informazioni dalla tv al cervello. Tv, cervello. Cervello Tv. Che stavo dicendo? Ah si. Sento Mentana che chiede a Bonolis se, secondo lui, una trasmissione del genere (ma di che genere?) avrebbe mai potuto funzionare sulla rai anzichè su mediaset. (che cazzo di domanda è? tutti si chiedono) Mentana si spiega. Una trasmissione così poco controllata, probabilmente non sarebbe sopravvissuta alla “censura”della televisione pubblica.

Su Mediaset invece si. Bonolis conferma, e continua dicendo che in effetti questi sono i vantaggi della televisione privata e commerciale. La libertà di poter affrontare argomenti scomodi. Io, dice Bonolis, non sono mai stato censurato. Eppure siamo una trasmissione piuttosto al confine della decenza. Ops si è confuso… ha detto “decenza” al posto di “banalità”. Abbiamo la possibilità di scontrarci con argomenti difficili(ops di nuovo, voleva dire “stereotipi”) di certo non facili da gestire.Cazzo!In effetti “belli contro brutti” “bionde contro more” “alti contro bassi” “magre contro formose” sono argomenti che danno fastidio…a me sicuramente si. Ed ecco che si comincia a parlare di Bonolis come di un intellettuale chiamato a gestire un programma di approfondimento. Impegna molto organizzare un programma così. “Ma ti pare facile trovare 50 donne che hanno la gioia di andare in tv a dire -guarda quanto so brutta!-. Erano fantastiche le brutte! Però ammazza quant’erano brutte!” Applauso del pubblico. Mentana accenna ad alcune scene particolarmente impegnative da mandare in tv. “Scene tanto pesanti, che davano fastidio a noi che guardavamo”. Partono alcuni spezzoni che hanno come protagonista un Califano particolarmente rincoglionito che dice assurdità. Dovrebbe trovare un elemento in comune fra l’attuale papa e Garibaldi. Dopo qualche volgarità e parecchie sciocchezze, ecco l’illuminazione “si chiamano tutti e due Giovanni!”. Complimenti Califano. Dimenticare il nome di quel personaggino di poca importanza… com’erano le camicie?blu cobalto? però confondersi sul germanico nome del pontefice… insomma. Infine, almeno alla fine di quello che ho avuto il coraggio di seguire, Bonolis da alcune previsioni sulle prossime puntate. L’ultima sarà: donne del nord contro donne del sud. Le rappresentanti? Paola Perego per il nord ed Elisabetta Gregoraci per il sud.

Elisabetta Gregoraci. La Gregoraci. Pare sia calabrese. E così, la brava donna, dopo aver dato un forte contributo alle equazioni DONNA=STUPIDA e DONNA+TETTE=MIGNOTTA aiuterà anche l’immagine delle procaci donne del sud.

Concludo questo inutile post con alcune brevi osservazioni. A casa mia la tv è spesso accesa su Ciao Darwin, perchè i miei amazing coinquilini hanno una certa, inspiegabile passione per il momento delle sfilate e l’apparizione di Madre Natura.

L’argomento più serio che ho visto discutere è stato quando gli etero si lamentavano dell’anormalità dei gay e le bianche dicevano alle nere di stare lontane dai loro uomini.

Pensiamoci un attimo, dov’è trasmesso il programma di Mentana? Mediaset? Proprio lì? Proprio lì.

La grande libertà di Mediaset. Mediaset ha sguinzagliato il trash. E le tette.

Sphere: Related Content

Marianne, da icona della cultura pop a porno-nonna in uno strip club.

La Faithfull è la carismatica protagonista di "Irina Palm", tragicommedia.
su una cinquantenne che diventa "mani di fata" in un locale sexy per curare il nipotino.
Sesso, sentimenti, umorismo e situazioni esplicite, in un film molto amato nei festival
La protagonista: "Anticonformista sì, ma io non farei mai quello che fa il mio personaggio..."

(Claudia Morgoglione La Repubblica) La potenza di un film, a volte, è già tutta racchiusa nella storia che racconta. E nel caso di Irina Palm bastano poche righe, per comprendere che non si tratta di una vicenda qualsiasi: la storia è quella di una cinquantenne con nipote malato che si trasforma in pornononna, presso un sex club di incontri erotici dal vivo. Con i clienti che impazziscono per le sue "mani di fata"; e con familiari e amici all'oscuro della doppia vita che conduce...

Insomma una storia sicuramente eccentrica, e naturalmente destinata a catturare l'attenzione degli spettatori. Se poi aggiungiamo che la protagonista assoluta è una star trasversale e carismatica come Marianne Faithfull, e che il film affronta situazioni in gran parte scabrose ed esplicite in tono leggero, si comprende il gradimento del pubblico. A cominciare da quello del Festival di Berlino, che ha tributato alla pellicola (diretta dal belga Sam Garbarski) una lunghissima standing ovation. Una ribalta a cui è seguita quella al Festival di Torino che si è da poco concluso.

Nato da un'idea dello sceneggiatore (e amico del regista) Philip Blasband, girato in lingua e in ambienti inglesi, in arrivo nelle nostre sale con distribuzione Teodora Film, Irina Palm racconta l'incredibile viaggio esistenzial-professionale della protagonista, Maggie (Faithfull). Vedova, cinquant'anni, la donna ha assoluta necessità di trovare soldi per curare il nipotino malato. Così, mentre cammina per le strade, si imbatte in un locale con la scritta "cercasi hostess": entra, con assoluta ingenuità, e si ritrova in un club a luci rosse. Qui fa la conoscenza del proprietario, Miki (Miki Manojlovic), che le offre un lavoro: non per esibirsi, vista l'età non più verde, ma come impiegata in attività "manuali" con i clienti. Che di lei non vedono il volto e il resto del corpo, grazie a un divisorio, ma solo, appunto, le mani.

Un'attività a cui Maggie si dedica con la diligenza middle-class che le è propria: e così, quasi suo malgrado, diventa richiestissima dalla clientela, una vera e propria "mani di fata", anzi, "la migliore mano destra di Londra": tanto che Miki le procura pure un nome d'arte all'altezza della sua bravura, ovvero Irina Palm. Le cose però si complicano quando i familiari, in particolare il figlio, cominciano a sospettare qualcosa: ma dopo una serie di peripezie lei stessa finisce per confessare la natura del suo lavoro alle amiche, nel corso di un tranquillo, inglesissimo spuntino a base di tè... Alla fine, però, la nostra eroina dimostrerà di aver avuto ragione.

Dunque una combinazione di umorismo, dramma, sesso e sentimenti (anche se con linguaggio e situazioni decisamente esplicite) e con un understatement che molto deve all'interpretazione della Faithfull. "Mi sono innamorato subito dell'idea - ha dichiarato il regista - volevo girare una tragicommedia politicamente scorretta". Ma trovare i finanziamenti non è stato affatto facile: "E' sempre la solita storia - ha spiegato ancora Garbarski - tutti cercano una sceneggiatura originale, ma quando salta fuori, tutti si spaventano".

Alla fine, però, la situazione si è sbloccata. Ed è a questo punto che è stata fatta la scelta più importante: quella della protagonista. Perché è alla ancora bella e carismatica Marianne, credibile nella parte di una cinquantenne ingenua e dimessa che è l'esatto contrario della sua biografia, che il film deve molto. Cantante di successo a metà anni Sessanta, musa e compagna di Mick Jagger in una delle più celebri e tumultuose relazioni della storia del rock, caduta e poi uscita dalla tossicodipendenza, rinata grazie a dischi raffinati, a interpretazioni teatrali e a qualche apparizione cinematografica (ad esempio in Marie-Antoinette di Sofia Coppola), la Faithfull è a tutt'oggi una delle poche, vere icone pop viventi.

Eppure, l'attrice qualcosa in comune con la sua Irina Palm l'ha trovata: "Entrambe - ha raccontato - condividiamo qualcosa di molto importante: l'amore per un figlio e un nipote. Amo molto mio figlio, come Maggie l'ho avuto quando avevo diciotto anni, e adoro i miei nipoti di dieci e tredici anni". Per il resto, comunque, la differenza col personaggio è totale: "Mi ha attratto il ruolo proprio perché è così diversa da me - ha confessato Marianne - non sono affatto convenzionale o conformista, è vero; ma non potrei mai essere disponibile a fare quello che fa lei...". Come a dire: trasgressioni e sperimentazioni sì, ma "mani di fata" in uno squallido club proprio no...
---

Sphere: Related Content

2008 di brindisi interrotti. Sarà un Capodanno col coprifuoco alcolico.

Brindisi di Capodanno | Ansa
(Panorama) Brindisi frettolosi il prossimo Capodanno: nei locali pubblici si potrà infatti festeggiare l’arrivo del 2008 con spumante e champagne, ma soltanto fino alle 2 di notte. Dopo, per legge, i gestori dovranno interrompere la somministrazione di bevande alcoliche.

Lo prevede il decreto, poi convertito in legge (160/2007), che vieta la vendita di alcolici dopo le 02.00 a tutti i titolari e gestori di locali “ove si svolgono, con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario, spettacoli o altre forme di intrattenimento, congiuntamente all’attività di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche”.
Scettici sulle nuove disposizioni i proprietari dei locali che, come sottolinea un’indagine di Winenews, mettono in guardia dalle possibili infrazioni alle regole. ‘’Questa legge favorisce gli abusivi” afferma Giancarlo Bornigia, proprietario del Piper e del Gilda, storiche discoteche romane. “Il divieto di vendere alcolici interessa solo i locali e le discoteche che hanno le licenze, mentre alle feste private (in gran parte abusive) si continuerà a bere come prima. Per non parlare di bar, ambulanti e supermarket che possono vendere alcolici a tutte le ore. Di questo passo saremo costretti a chiudere e a lasciare a case il personale'’.
Maggiore attenzione nei controlli viene chiesta anche dai rappresentanti della filiera del vino, preoccupati della “nuova” moda che i ragazzi hanno intrapreso per aggirare i divieti: lasciare in macchina, o comunque fuori dal locale, le bottiglie di alcolici.'’Questa legge, nata sull’onda di particolari emozioni legate a fatti di cronaca” sostiene Ottavio Cagiano, direttore di Federvini “non è stata forse pensata con sufficiente attenzione. E poi il Capodanno è una giornata particolare: sarebbe quantomeno strano pensare di interrompere drasticamente i brindisi ad un’ora prestabilita'’.

Ecco perché è alto il rischio che la proibizione venga aggirata facilmente: ‘’Ipotizzo il fatto” aggiunge Cagiano “che le persone siano indotte ad ordinare prima delle due nuove consumazioni per timore di restare con il bicchiere vuoto'’.
Ovviamente le restrizioni valgono anche fuori dai locali, nel dopo-cenone: la legge dell’ottobre scorso prevede infatti multe salate per chi guida in stato di ebbrezza e, nei casi piú gravi, l’arresto: basta superare la soglia di 0,5 grammi di alcol per litro di sangue per rischiare un’ammenda da 500 a 2.000 euro. La legge impone anche di esporre all’entrata, all’interno e all’uscita dei locali le tabelle con le quantità, espresse in centimetri cubici, delle bevande alcoliche piú comuni che determinano il superamento del tasso alcolemico per la guida in stato di ebbrezza, pena la chiusura del locale da 7 a 30 giorni.
Perció molti gestori di ristoranti, discoteche, pub hanno già ordinato etilometri da piazzare nel proprio locale. Oltre alle casse di analcolici…

Partecipa al FORUM

Sphere: Related Content

Essere gay negli States.

(Coast2coast) Ho appreso ieri di Alberto Ruggin (vedi qui per sapere chi è) e delle vergognose ed infami accuse che gli son state riservate (a questo link potete leggerle anche voi).

Con questo blog porto avanti (fra le altre cose) un'idea un po' machistica della vita: io la intendo così, ed è una cosa di cui non mi vergogno. Un conto è però essere un eterosessuale un po' smargiasso e guascone, un conto è essere un cretino omofobo. L'omofobia è un qualcosa che non sopporto, e da cui prendo le distanze in maniera assoluta. Ho così deciso di dedicare un post alla comunità LGBT degli Stati Uniti d'America, chissà che qualcuno di coloro che ha pensato quelle cose di Alberto non si chiarisca un po' le idee. Non c'è niente di "macho" nell'infangare qualcuno con false accuse perché vive la sua vita in maniera diversa da come la viviamo noi. E' solo stupidità, è vigliaccheria, non è machismo. Tra l'altro, è una mia personale opinione, e dunque lascia il tempo che trova, ma sono convinto che molti fra uomini e donne omofobi si sono commossi guardando "Brokeback Mountain" ed hanno riso come matti guardando la serie "Will & Grace". Quindi nel chiuso di casa vostra li accettate, ma in pubblico dovete mostrare di odiarli? Come la mettiamo? Passiamo al post di oggi.

A proposito di machismo (visto che ne ho parlato), le coppie dello stesso sesso sono aumentate notevolmente negli stati Usa più macho e potenzialmente più intolleranti, quelli del sud e del west. Il numero delle coppie che proclama l'omosessualità apertamente è salito a 780mila, quattro volte di più rispetto al 1990, afferma una ricerca dell'Università della California pubblicata qualche settimana fa. Una spiegazione può essere la migrazione della popolazione americana verso queste aree sommata ad una maggiore disponibilità ad ammettere nei sondaggi lo status di coppia gay.

E circa gli altri stati, invece? «Ma i quartieri gay sono passati di moda?», si chiedeva due settimane fa il New York Times. In effetti noti quartieri gay come Castro a San Francisco (bellissimo, tra l'altro), il West Village di New York, o West Hollywood stanno ormai diventando sempre più popolati da giovani famiglie etero, attratte dal loro clima eclettico, brioso e pacifico.

Recenti ricerche condotte negli Stati Uniti confermano questa tendenza e mettono in evidenza un fenomeno molto interessante. Le coppie gay sono aumentate del 30% rispetto al 2000, arrivando a quota 777 mila, ma questo aumento non è concentrato nelle solite poche aree e stati gay-friendly, come abbiamo visto poc'anzi. La società americana sta cambiando, si sta abituando alle diversità e i gay stanno uscendo dai ghetti, si sentono sempre più tranquilli e sereni a vivere in comunità tradizionali e più periferiche. D'altronde i gay sono anche spinti a cercare nuovi luoghi e spazi perché i loro quartieri, man mano che sono diventati più belli e appetibili per le nuove famiglie, hanno visto lievitare i prezzi e sono diventati sempre più inaccessibili. Se si analizzano i dati sulla distribuzione geografica dei gay negli USA e si confrontano con l'andamento dei prezzi degli immobili si può vedere che la presenza gay è un forte indicatore del potenziale economico di un quartiere. Lo conferma un recente articolo dello studioso Richard Florida presentato e commentato dalla CNN secondo cui nelle comunità ad alta concentrazione di gay si registra un consistente aumento del valore delle case.

Ancora una volta negli Stati Uniti lo studio e l'analisi delle demografiche gay consente di identificare, capire ed interpretare importanti cambiamenti sociali ed economici, e di trarne indicazioni per elaborare nuove politiche di sviluppo urbano e di integrazione sociale.

Sphere: Related Content

Sesso, genere e cultura degli anni ‘70. Intervista–incontro con Porpora Marcasciano a Ferrara.

(Estense.com) Stasera, presso il Centro Documentazione di via Terranova 12/b, Ferrara, alle ore 21 si terrà un incontro con modalità botta e risposta con Porpora Marcasciano, (nella foto) autrice del libro Antologaia. Sesso, genere e cultura degli anni ’70. Il libro propone una rivisitazione degli anni ’70, visti attraverso gli occhi di una militante ventenne del movimento gay.

“Ci sono tanti inizi, lo sono tutti quegli eventi della vita che ci emozionano e non ci lasciano indifferenti. Ogni inizio è racchiuso in un momento, in una situazione, in una volta! E quale migliore inizio se non C’era una volta?! C’era una volta in Italia, come in tante altre parti del mondo, una realtà un po’ diversa da quella che conosciamo o immaginiamo oggi, una realtà in cui trans, gay, lesbiche, donne e non solo rivoluzionavano la propria vita e di riflesso quella del mondo. Era una scena ancora tutta da inventare, prima che altri l’avessero inventata per noi: bisognava dare senso, forma e sostanza alla nostra liberazione”.

Da queste poche righe traspare la volontà dell’autrice di raccontare da una prospettiva diversa, attraverso una narrazione dei fatti, delle cose, delle idee e dei personaggi, un periodo storico effervescente in Italia: il periodo della contestazione, della battaglia per i diritti, della lotta per essere riconosciuti. A questa lotta hanno partecipato anche quelle persone vittime di discriminazione e indifferenza: lesbiche, gay, trans e donne, uniti nella speranza di poter cambiare la loro condizione, con il sogno di essere veramente liberi, rischiando in alcuni casi anche la vita.

L’incontro è organizzato dal Centro Documentazione Donna, dall’Arcilesbica e dall’Arcigay “ Circo Massimo”. Sarà presente l’autrice del libro, pronta a soddisfare le domande degli intervenuti.

Sphere: Related Content

Roma. Torna Strehler per raccontarci la magia del teatro.

(Pier Francesco Borgia - Il Giornale) Per tutta la vita Giorgio Strehler non ha fatto che dare corpo alla definizione che del teatro ci ha lasciato Novalis. «Il teatro - scriveva il pensatore tedesco - è l’attiva riflessione dell’uomo su se stesso». E il celebre regista, triestino di nascita e milanese d’elezione, ha usato il palcoscenico proprio per interrogarsi e interrogarci sull’ineluttabile trasformazione dell’uomo. Un interrogativo ancor più incisivo oggi se torniamo ad ammirare La storia della bambola abbandonata che Andrea Jonasson (per tanti lustri musa e compagna del regista) porterà al Valle il prossimo 12 dicembre. Si tratta di un testo particolare per due motivi: è l’unico lavoro interamente scritto e diretto da Strehler ed è l’unico che questi ha pensato per un pubblico di «piccoli uomini» e per un gruppo di attori in erba.

Una favola-laboratorio da utilizzare come specchio per capire come muta la nostra sensibilità e la nostra capacità di stupirci e stupire. Lo spettacolo è uno dei momenti salienti delle celebrazioni che l’Ente teatrale italiano dedica al regista, scomparso dieci anni fa, al suo teatro (il Piccolo di Milano - primo palcoscenico pubblico - che compie sessant’anni di attività) e a Luca Ronconi, che da nove anni guida lo stabile milanese.

Le iniziative si apriranno, domani (ndr. il 6 dicembre) alle ore 18 presso la Fiera di Roma, nell’ambito di «Più libri, più liberi», con la presentazione del volume Il tempo di una vita. Conversazione con Giorgio Strehler curato da Francesca Pini. Nelle pagine del libro viene raccolto materiale inedito che racconta il grande maestro di teatro ma anche l’uomo. La lunga vita di quello che è considerato «il teatro d’arte per tutti», sarà invece raccontata attraverso le foto, gli elementi di scena, i costumi e i video, raccolti nella mostra Fermare l’attimo, ospitata alla Casa dei Teatri dal 14 dicembre al 2 marzo.

Sempre a dicembre, a partire dal 12, il Valle ospiterà il già citato spettacolo diretto dalla Jonasson e Giuseppina Carutti che si avvale dei bambini di due scuole romane. Nell’ambito delle celebrazioni anche un concerto del maestro Riccardo Muti (il 18 dicembre sempre al Valle) con l’orchestra giovanile «Luigi Cherubini» nel Salve Regina di Porpora e nello Stabat Mater di Pergolesi. Il fondatore del Piccolo, che fu anche senatore nella X legislatura, sarà anche al centro di un convegno organizzato presso Palazzo Madama, il 21 gennaio 2008. Infine, il presente del Piccolo di Milano, verrà rappresentato da Inventato di sana pianta. Ovvero gli affari del barone Laborde diretto da Luca Ronconi (al Valle dall’11 al 24 febbraio) e dalla Trilogia della villeggiatura di Carlo Goldoni (dal 26 marzo al 13 aprile) con Toni Servillo.

Sphere: Related Content

L’omofobia fa comodo, soprattutto ai gay? Interessante tesi di Queerblog e fa pure un sondaggio.

(Querrblog) Il recente caso dell’omicidio di Gabriele Vescovini da parte del padre, con le relative dichiarazioni di Grillini e il solito tran tran di gente pronta a scandalizzarsi, porta in auge per l’ennesima volta il tipico atteggiamento di certi gay, che sono pronti a vedere l’omofobia ovunque.

Guarda caso, i fatti di cronaca sono strumentalizzati in questo senso sempre da personaggi provenienti dall’Arcigay o associazioni simili. Queste associazioni, infatti, sono nate per difendere giustamente i diritti dei gay ma, per sopravvivere, hanno bisogno di appellarsi a tutto pur di dimostrare l’omofobia latente e manifesta nella nostra società e, dunque, dimostrare la necessità dell’esistenza delle associazioni stesse.

Quindi ogni ragazzo gay ucciso è stato ucciso perché gay. Ogni ragazzo gay che si suicida si è suicidato perché gay. E così via. Anche se non ci sono prove dimostrabili che sia andata veramente in quel modo, si grida all’omofobia perché ciò fa comodo a chi deve la propria ragione di esistere all’omofobia.

Pensate a un mondo dove non esista l’omofobia. A cosa servirebbero Arcigay e compagnia bella? Proprio a un bel niente. Per questo è bene fomentare e allarmare oltre ogni misura, per far credere alla gente che loro sono lì per noi, per difendere i nostri diritti, per scovare l’odio anche negli angoli più remoti, per costruire una società più giusta ed equa. Ma c’è ancora dell’altro.

Al di là dell’ideologia associazionista, pensate seriamente a un mondo dove non ci sia più l’omofobia, dove due ragazzi o due ragazze che si baciano per strada non facciano più né caldo né freddo a nessuno, dove gay ed etero siano veramente equiparati su tutto, senza nessuna distinzione. Un paradiso, direte voi.

No, un inferno, dico io. Anche se nessuno lo ammetterebbe, a molti gay fa piacere sentirsi odiati, discriminati, additati, perché così si sentono protagonisti, si sentono investiti di un’identità per contrasto, per così dire. Grazie al mondo che li odia tanto, i gay possono assurgere al ruolo di vittime perenni.

Quando essere omosessuale non farà più notizia, quando nessuno farà più caso a noi, ho i miei dubbi che saremo felici e contenti. Più probabilmente, ci verrà una crisi isterica.
---
Sondaggio: L'omofobia fa comodo ai gay.

Sphere: Related Content