(Apcom) - Quando il successo costringe a vivere nell'ombra. E' il paradosso evidenziato dal New York Times, che oggi dedica il "profilo del sabato" a Roberto Saviano, lo scrittore campano diventato famoso con "Gomorra" - e da allora costretto nell'ombra - la sua opera prima pubblicata da Mondadori lo scorso anno, che in Italia ha venduto 750.000 copie. E ora disponibile anche nelle librerie degli Stati Uniti. Il New York Times lo ha incontrato nell'ufficio del suo editore, "con 3 poliziotti armati che lo aspettano fuori, e non lo lasciano mai solo". "Li ho sempre odiati", dice lo scrittore riferendosi ai camorristi. "E' un sentimento molto personale, non intellettuale: li odio perché hanno rovinato il mio Paese, costretto le persone a emigrare, ucciso persone oneste", 3.600 da quando è nato (1979), secondo i suoi calcoli: così Saviano comincia il racconto della sua battaglia alla camorra.
Il libro, superando qualsiasi aspettativa ottimistica, è diventato un caso nazionale, facendolo entrare nel mirino della malavita organizzata: in "Gomorra" fa i nomi di famiglie, capi, affiliati, assassini, vittime, con uno stile che il New York Times definisce "pasoliniano". "Ma il libro si è avvicinato troppo alla realtà per renderlo popolare, in un Paese che cerca costantemente di disfarsi dell'immagine che all'estero lo associa alla criminalità organizzata", riflette il giornalista che ha incontrato Saviano. "Nessuno mi perdonerà per quello che ho fatto", continua lo scrittore, che il quotidiano di New York definisce "una sorta di Salman Rushdie italiano" (Rushdie fu colpito in Iran da una fatwa che ne decretò la condanna a morte per la sua opera "I versetti satanici", ritenuta blasfema). "Ho dato risalto al mondo della criminalità. Ma anche le persone oneste mi odiano perché ne ho parlato.
Per loro, ho ridotto l'Italia alla realtà che ho descritto, come se la parte criminale fosse l'unica. Ma non credo di averlo fatto", dichiara lo scrittore. Umberto Eco, allo scoppio delle polemiche, disse che non bisognava "lasciarlo solo", e invitò lo Stato a intervenire, dopo che in alcune telefonate tra camorristi era emerso un "dibattito" sulla sorte da riservare a Saviano. Così la sua scorta, ora, non lo lascia mai solo. La sua popolarità, comunque, non sembra in calo, almeno nelle carceri: "Gomorra" sarebbe il libro più richiesto dai detenuti italiani.
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