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sabato 1 dicembre 2007

Belpietro: Inclemenza sospetta per Clementina.

Clementina Forleo durante la puntata di Anno Zero di Michele Santoro, su rai Due, dedicata alla giustizia
L’Editoriale
(Panorama) Non mi sono mai piaciuti i giudici che vanno in tv. E ho sempre diffidato anche di quelli che sentenziano dalle pagine dei giornali invece che dalle aule dei tribunali. Dunque non posso dire di aver apprezzato gli interventi di Luigi De Magistris e Clementina Forleo ad Anno zero, la trasmissione di Michele Santoro. Avrei preferito che restassero a casa, a fare il loro mestiere, che è quello di servitori dello Stato e non di comparse televisive.

Ma non mi piacciono neppure le azioni disciplinari che si sono abbattute sul pm di Catanzaro e sul gip di Milano. Per ragioni diverse, i due sono stati deferiti al Consiglio superiore della magistratura e rischiano una sanzione. Intendiamoci: nulla di grave, al massimo un trasferimento. Ma è proprio questo il punto. Dagli anni Novanta in poi siamo abituati agli sconfinamenti delle toghe. Nel ‘94 Antonio Di Pietro e i suoi colleghi lanciarono un appello in tv contro una legge del governo Amato e per ottenerne la cancellazione minacciarono le dimissioni in blocco. Vari pm hanno emesso, con interviste e ordinanze, pesanti giudizi politici, ma nessuno è mai stato indotto a far le valigie, neppure per raggiungere l’ufficio accanto.

Ora si dà il caso che De Magistris indagasse sul presidente del Consiglio Romano Prodi e sul ministro della Giustizia Clemente Mastella, e che Forleo fosse alle prese con le famose intercettazioni telefoniche di Massimo D’Alema e Piero Fassino sul caso Unipol. Il sospetto che le azioni disciplinari siano un modo per chiudere vicende giudiziarie che imbarazzano l’attuale maggioranza di governo è dunque legittimo. È vero che a De Magistris è stata tolta l’inchiesta, con un provvedimento d’avocazione che ricorda la Prima repubblica, ed è pur vero che con un escamotage il Parlamento ha evitato a D’Alema di dover rispondere delle imbarazzanti telefonate con Giovanni Consorte, rinviando tutto a Bruxelles, ma i due magistrati non sembrano voler demordere: De Magistris insiste con altre inchieste, Forleo rilancia con le pressioni subite per il caso Unipol.

Le azioni contro i due però non mi stupiscono, ma anzi mi richiamano alla mente la storia di due donne con la toga che negli anni indagarono su affari e tangenti che ruotavano intorno al mondo della sinistra. Tiziana Parenti incappò nelle centinaia di milioni incassati da Primo Greganti, un funzionario del Pci, ma si scontrò con il suo capo, il procuratore Gerardo D’Ambrosio. Lei disse d’essere stata delegittimata, lasciò il pool e fu candidata da Forza Italia per una sola legislatura. D’Ambrosio oggi è senatore del Partito democratico. Ma ancor più interessante è la storia di Giuseppina Geremia, che si mise a ficcare il naso negli appalti per i treni ad alta velocità e aprì un fascicolo su una società fondata da Prodi. Dopo qualche tempo Geremia fu trasferita. Naturalmente ci fu qualche polemica, ma all’epoca Michele Santoro si occupava d’altro e Geremia non era il tipo che dà interviste o scrive sentenze sui giornali. L’inchiesta fu dunque archiviata.
Naturalmente accadrà la stessa cosa anche a quelle di Catanzaro e Milano. Così nessuno ci spiegherà se davvero vi sia qualcosa di penalmente rilevante nelle migliaia di intercettazioni telefoniche disposte da De Magistris, né perché le telefonate di D’Alema e dei furbetti del Botteghino siano rimaste quasi 2 anni nel cassetto. A proposito: ma i ritardi nelle indagini o le dimenticanze dei magistrati non meritano mai un’azione disciplinare?
maurizio.belpietro@mondadori.it

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