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sabato 1 dicembre 2007

Svizzera, sieropositivi. "Lavorare è un modo di partecipare alla vita"

In Svizzera sono 25'000 le persone sieropositive ; circa 15'000 esercitano regolarmente un'attività lavorativa. Swissinfo ha incontrato una di loro.

(Daniele Mariani - Swissinfo) Sieropositivo da diversi anni, Helmut non ha praticamente mai smesso di lavorare. Le nuove terapie, apparse nella seconda metà degli anni novanta, gli hanno consentito una sorta di rinascita.
«Mi piace quello che faccio, è un modo di partecipare alla vita», ci dice Helmut.
Fisico di professione, Helmut vive ormai da 25 anni con la malattia. L'infezione da HIV gli è stata diagnosticata nel 1983. Helmut è uno dei sopravvissuti della prima generazione AIDS.
A parte un paio d'anni a cavallo tra il 1995 e il 1996, quando è stato colpito dalle prime malattie opportuniste (quelle patologie correlate all'AIDS) che lo hanno costretto per diversi mesi su un letto d'ospedale, ha però sempre lavorato.
«Quando si sono manifestati i primi problemi digestivi ho presentato un certificato medico per ridurre il tempo di lavoro. In un primo momento del 25%, poi del 50% e infine nel 1996 ho avuto un'incapacità di praticamente il 100%».

Discrezione
Il suo stato di salute non inganna nessuno : « Col passare dei mesi sono dimagrito molto, ho perso quasi 20 chili e sul mio viso e sul mio corpo sono apparsi i segni della malattia. Inoltre, prima di me un collega si era ammalato di AIDS e nel 1995 si è suicidato ».
I suoi colleghi danno però prova di grande discrezione e anche il suo superiore, quando va a trovarlo in ospedale, non gli domanda nulla.
A un certo punto, quando le sue condizioni di salute cominciano ad aggravarsi molto rapidamente, Helmut pensa di far capo all'Assicurazione invalidità (AI) e di abbandonare definitivamente il mondo del lavoro : «Ma poi mi sono chiesto ? Perché fare tutte le procedure per percepire l'AI quando tra due anni forse sarò morto?».

Rinascita
Le nuove terapie, apparse nella seconda metà degli anni '90, lo salvano. «È stata una sorta di rinascita», spiega. Helmut riprende rapidamente a lavorare al 100%.
Il suo datore di lavoro dà prova di un gran rispetto della sfera privata : «Il vantaggio di queste grandi multinazionali – spiega Helmut – è che hanno una 'diversity policy' (politica di rispetto della differenza, ndr) molto sviluppata».
Coi suoi colleghi Helmut preferisce non dilungarsi troppo sulla sua malattia : «Non penso sia necessario parlare con tutti ; qualcuno che divorzia, ad esempio, non ha per forza voglia di condividerlo con i suoi colleghi».Ancora oggi, del resto, Helmut non sa se i suoi superiori sono al corrente della sua malattia. «La gente è forse molto più rispettosa di quello che in generale si pensa», afferma.

Effetti secondari
I primi anni non sono sempre facili, in particolare a causa degli effetti secondari delle numerose medicine. «All'inizio era sempre meglio avere con sé un paio di indumenti intimi di ricambio», spiega.
Oggi le cose vanno molto meglio. Gli effetti secondari sono quasi tutti scomparsi, a parte una neuropatia nei piedi che causa a volte una sensazione di disequilibrio.
Rimane poi il problema di quando si viaggia e di tutta la panoplia di medicinali che bisogna portare con sé. Helmut però relativizza : «È un po' come quando si hanno delle lenti a contatto». Inoltre, alcuni paesi – ad esempio gli Stati Uniti – rifiutano il visto d'entrata a una persona sieropositiva.

Un problema reale
Helmut, che fa pure parte di un'associazione omosessuale, sa che il suo percorso non è comune a tutti i malati di AIDS : «Il problema legato al mondo del lavoro è reale; quando si presenta un curriculum vitae sul quale figurano uno o due anni durante I quali non si è lavorato non è sempre facile riuscire a trovare un impiego».
«Probabilmente, però, questo problema è in diminuzione», spiega. Un'analisi confermata anche dall'Aiuto AIDS Svizzero, secondo cui rispetto al passato oggi sono molte le persone sieropositive integrate nel mondo del lavoro.
Tuttavia le difficoltà non sono poche: Aiuto AIDS Svizzero menziona, ad esempio, i problemi con la cassa pensione, l'assicurazione di indennità giornaliera in caso di malattia, le violazioni della protezione dei dati, il mobbing e anche casi di licenziamento abusivo.

Sensibilizzare
Helmut, da parte sua, da ormai diversi anni cerca di sensibilizzare i giovani a questa malattia e ai problemi a cui vanno incontro le persone sieropositive. Spesso testimonia davanti a delle classi nel quadro del «Progetto scuola realtà di vita +», portato avanti da un'associazione di Neuchâtel.
Dopo la sua «rinascita», Helmut si è detto che doveva «condividere con gli altri quello che stava vivendo», che doveva «far vedere ai giovani cosa vuol dire essere sieropositivo e soprattutto mostrare loro che vale la pena proteggersi».
Una sensibilizzazione certamente necessaria in un momento in cui l'AIDS fa probabilmente sempre meno paura, anche se ogni tanto Helmut ha dei dubbi: «A volte mi dico che testimoniare può essere controproducente. In fondo cosa vedono i giovani ? Una persona che è sì sieropositiva, ma che in fondo vive e lavora come tutti...».
Certo, che vive e lavora come tutti. Del resto anche per Helmut è ormai quasi tempo di pensare alla pensione. Mancano sette anni : «Forse continuerò a lavorare come consulente, oppure farò come un amico che all'inizio diceva di voler fare la stessa cosa, ma che dopo tre mesi trascorsi a navigare sui canali in Olanda si è detto : ma chi me lo fa fare di ricominciare a lavorare?».

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