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domenica 28 ottobre 2007

Auschwitz e la banalità del male.

(La cripta dei Cappuccini blog) Quando si pensa ai campi di concentramento il pensiero va innanzitutto alle vittime, e le immagini che ci scorrono davanti sono quelle delle camere a gas e dei corpi scheletriti gettati a centinaia nelle fosse comuni. Di quelli che stavano dall’altra parte, degli aguzzini, le immagini sono invece più vaghe. Ce li immaginiamo rigidi nelle loro tetre divise, impassibili di fronte allo spettacolo di morte che stavano portando avanti.

Il Museo dell’Olocausto a Washington sta cercando di rendere più completa la nostra memoria attraverso la pubblicazione di oltre cento fotografie appartenute all’ufficiale nazista Karl Höcker, aiutante del comandante del lager di Auschwitz. Queste foto ritraggono il personale del campo di concentramento non nelle note attività di oppressione e di sterminio, bensì durante momenti di svago e di serenità nella vita quotidiana. Vediamo così gli uomini delle Ss a tavola in momenti di relax, seduti su una sdraio a prendere il sole o a passeggio nei boschi con le giovani e belle ausiliarie del campo. Probabilmente sulla base delle dichiarazioni ex post dei gerarchi nazisti al processo di Norimberga, o di quelle di Eichmann al suo processo in Israele, ci immaginiamo che per poter eseguire la loro crudele e sistematica opera di sterminio le Ss dovessero crearsi delle giustificazioni morali o degli alibi. Al contrario, agli uomini i peggiori massacri riescono del tutto naturali, come andare in gita con le Helferinnen per i boschi polacchi; semmai le giustificazioni morali e gli alibi sono necessari invece per evitarli, i massacri. E’ certamente più consolante pensare ai carnefici come a delle persone inumane e perversamente crudeli nelle loro divise militari, in cui noi non ci riconosceremmo mai. In realtà – i tedeschi delle Ss come altri, a cominciare dagli italiani della “caccia al negro” nell’Etiopia del 1937 – erano persone comunissime, quasi banali nella loro indifferenza al male, e nelle quali chiunque potrebbe tranquillamente identificarsi. Le foto del Museo dell’Olocausto sono agghiaccianti perché ritraggono gli aguzzini come persone normali, tremendamente e spaventosamente normali.

[Alle foto di Höcker dedica un bel servizio l'ultimo numero del settimanale Internazionale, una delle poche cose leggibili attualmente in edicola]

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