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sabato 29 dicembre 2007

I gay: noi «malati»? La Binetti è nazista.

Protesta contro l'esponente teodem: il Pd prenda le distanze da queste idee. La senatrice e la «psicoterapia» per omosessuali: penso a chi è fragile.

(Gian Guido Vecchi - Corriere della Sera) La nota dell'Arcigay arriva nel pomeriggio, l'accusa non è mai stata così pesante: «La senatrice Binetti sostiene idee identiche al nazismo, al fascismo e a tutti i regimi dittatoriali di destra e di sinistra che hanno internato e ucciso centinaia di migliaia d'omosessuali, senza che ciò provochi scandalo e presa di distanza da parte d'alcun esponente del Pd; il passo successivo si chiama collaborazionismo ». Lei, la senatrice «teodem» che di professione è neuropsichiatra, a caldo mormora: «Nazista a me? Guardi, io non muoverei un dito per far male a nessuno, non sopporto le discriminazioni né mi preoccupa chi scarica su di me la sua aggressività. Piuttosto mi preoccupano le persone più fragili, che magari vorrebbero andare in psicoterapia. Non vorrei che rinunciassero perché sennò ti prendono per malato o ti fanno il lavaggio del cervello: non è così». Eppure il problema è questo: l'idea che gli omosessuali siano dei «malati». Walter Veltroni ha scritto due giorni fa alla Stampa
che l'idea di Paola Binetti, cioè il «ridurre l'omosessualità a una patologia», è «sbagliata». Lei ha confermato di avere «un'esperienza decennale di omosessuali che si fanno curare ». E l'Arcigay ora dà l'ultimatum al Pd: «Il movimento lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) non può ritenere un serio interlocutore un partito che non ha messo alla porta una senatrice», Paola Binetti, la quale «orgogliosamente propaganda e agisce affinché le persone lgbt siano discriminate e curate ».
Fin qui parrebbe tutto chiaro. Non fosse che la neuropsichiatra dice che no, la faccenda non sta proprio così: «L'unica cosa che desidero, a questo punto, è che si capisca bene ciò che penso. Io non parlo mai dell'omosessualità come un fatto in sé, ma delle persone che in quanto tali meritano la massima considerazione e rispetto, tanto più che capisco il loro disagio: proprio perché in certi contesti l'ambiente non li accoglie o li rifiuta». Ecco, appunto... «Ma io lo so benissimo! Gli omosessuali, come tutti, possono andare incontro ad ansia, sofferenza, depressione, e il disagio sociale o interiore può renderle più accentuate. In questo senso possono desiderare una psicoterapia, come chiunque di noi».
Se un eterosessuale si rivolge a uno psicologo, però, non si dice che è malato in quanto eterosessuale, no? «Certo. Ma io non sto dicendo che l'omosessuale va in terapia per non esserlo più: magari arriva ad accettare la propria omosessualità. Lo scopo della terapia è di mettere una persona in condizione di vivere serenamente con se stessa e gli altri. Conosco diversi psicologi omosessuali che hanno creato gruppi di psicoterapia per aiutare chi ha condiviso la loro sofferenza ». Ma l'omosessualità, per la senatrice, è una malattia o no? «Si è omosessuali per tante ragioni diverse. Non parliamo di una classe di soggetti tutti uguali. Chi è omosessuale per così dire "strutturale" lo resterà tutta la vita. Per altri può essere stata una risposta a contesti esterni. Problemi troppo seri perché li si possa banalizzare».
Lo stesso discorso, dice, vale per le terapie, come quella «riparativa » e contestatissima di Joseph Nicolosi: «Ha un fondamento scientifico nella misura in cui considero l'orizzonte dell'omosessualità assai variegato. Nessuna terapia va bene per tutti. Ci sono situazioni e storie diverse ». Insomma, per Binetti dipende dai singoli casi. «E comunque nessuno, mai, può essere curato se non lo vuole. È sorprendente che mi sia trovata spesso ad essere discriminata in modo violento da alcuni che si impegnano giustamente a difendere il loro diritto a non essere discriminati. Io esprimo una posizione scientifica, punto. Mi si può obiettare. Ma quando dico che un omosessuale può aver bisogno di psicoterapia per stare meglio con se stesso, non lo sto offendendo. L'aiuto è ciò che di più umano ci sia. Tutto qui».

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