E non è detto che ci riesca nemmeno l’anno prossimo, almeno sentendo gli umori di maggioranza e opposizione, di cui si fa portavoce il ministro della Famiglia, Rosy Bindi: “I Cus, contratti di unione solidale, non troveranno la maggioranza in Parlamento, anche a causa di alcuni profili incostituzionali”. E non c’entra il risentimento della Bindi, che con la collega Barbara Pollastrini aveva buttato giù, l’8 febbraio scorso, il disegno di legge sui Dico ora sostituito dal testo Salvi. L’analisi è squisitamente politica: “Il Governo ha fatto il suo dovere, ma il Parlamento è sovrano”. Una lettura che non lascia scampo alle interpretazioni: da Palazzo Chigi il diktat è di “lavarsene le mani”, in modo che il disegno di legge (osteggiato dal Vaticano, dall’opposizione e da ampie fette cattoliche della maggioranza: i teodem confluiti nel Pd e i Mastellani del Campanile) non metta a repentaglio il già traballante esecutivo. Basta sentire il ministro della Giustizia, a proposito della clamorosa bocciatura al comune di Roma del registro per le unioni civili, per averne conferma: “La sinistra voleva dare uno schiaffo al Vaticano e pure ai cattolici ma non c’è riuscita. Erano in gioco dei valori, i nostri valori e dunque era necessario tenere il punto come abbiamo già fatto in Parlamento”.
Argomento buono per scaldare gli animi in campagna elettorale, i Cus (o Dico che dir si voglia) sono diventati un tema scomodo quando si è trattato di trovare maggioranze e convergenze attorno a una proposta in grado di superare gli attuali schieramenti parlamentari. Le ultime notizie che si hanno sulla proposta risalgono a inizio dicembre, quando i Cus di Salvi hanno superato lo scoglio del comitato ristretto della Commissione Giustizia e dei 1500 emendamenti. E nonostante le associazioni di omosessuali, i socialisti di Boselli, i radicali di Bonino, Sd, Rc, Pcdi, Verdi, una parte consistente del Pd abbiano già cantato vittoria, l’iter è ancora lungo e travagliato. Secondo lo stesso presidente Salvi: “È ragionevole prevedere che il Senato esaminerà i Cus all’inizio di febbraio”. E allora se ne vedranno delle belle: la maggioranza sui diritti dei conviventi rischia palesemente il divorzio. Esattamente come lo ha rischiato sui capitoli della Finanziaria, del pacchetto sicurezza e della riforma del welfare. Con la differenza che, arrivando in Aula dopo la verifica d’inizio anno chiesta a Prodi dalla Sinistra-Arcobaleno, e con la manciata di voti di vantaggio che il premier vanta a Palazzo Madama, il Prof. non potrà più lavarsene le mani e sperare nel senso di responsabilità degli alleati di sinistra.
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