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sabato 29 dicembre 2007

Il pontificato a "due facce" di Benedetto XVI. Attacco cattolico al Papa.

Morte del secolarismo e altre storie.

(Korazym.org) Analisi di un pontificato, che se per un verso mostra netto un orientamento al recupero del ruolo della fede nella società attraverso il dialogo e la chiarezza, d’altra parte ha il volto sfigurato da distorsioni e travisamenti.

Terzo Natale per il pontificato di Benedetto XVI. Terzo, nutrito consuntivo per chi dall’elezione del cardinale Ratzinger al soglio di Pietro racconta e si spinge a intuire il magistero del papa teologo. Intuire, perché capire fino ad avere in tasca la complessità di un pontificato o, peggio, almanaccare, non è dato a nessuno. Tanto più che una buona dose di prudenza la suggerisce la percezione di una certa, sensibile incongruità tra le linee magisteriali riconducibili al pontefice e le mosse portate a segno da alcuni ambienti che gli ruotano attorno.

Spiazzando pronostici e analisi, Benedetto XVI e collaboratori disegnano a più riprese e per vie diverse un pontificato multiforme e complesso. Che ben poco ha della prevedibilità lasciata intravedere dal nodo iniziale della ragionevolezza della fede. Proprio quando sembra che siano i mali del mondo occidentale e post-ideologizzato il solo cruccio del pontefice - tanto da lasciare insinuare il dubbio di una sostanziale debolezza interlocutoria o di disattenzione nei confronti delle Chiese più povere - ecco arrivare il successo del viaggio in Brasile. Sul fronte dell’Estremo Oriente, suscita imbarazzo il parziale silenzio sulla questione birmana (presumibilmente mirato a non compromettere la già precaria situazione dei cattolici in quell’area), ma è indubitabile la vittoria di un sottile, insperato spiraglio di dialogo strappato alle autorità cinesi dell’Associazione Patriottica.

Con il rilancio della messa di San Pio V, Benedetto XVI rinfocola le speranze delle frange più tradizionaliste e impomatate del mondo cattolico, eppure a Loreto conquista con informale naturalezza una valle popolata da 500mila ragazzi. La lectio magistralis di Regensburg lo aveva marchiato della responsabilità di un imperdonabile, epocale errore diplomatico con il mondo islamico, ma è cronaca di questi giorni l’apertura al dialogo da parte di 138 esponenti musulmani. E il direttore della Sala stampa della Santa Sede, p. Federico Lombardi, parla al Tg1 di “passi avanti molto significativi” e del consolidamento di “una voce comune nel mondo musulmano molto responsabile” e “desiderosa di manifestare un impegno ampio e forte per la pace nel mondo”.

Un’erma bifronte, suo malgrado, questo pontificato, che se per un verso mostra netto un orientamento al recupero del ruolo della fede nella società attraverso il dialogo e la chiarezza, d’altra parte ha il volto sfigurato da distorsioni e travisamenti. Che anziché aprire spazi di autentica apertura nel confronto, prestano il fianco a rigidi barricamenti nell’ideologia e a logiche di contrapposizione. Anche – nessuno si scandalizzi – nel mondo cattolico. Valga per tutti un esempio: il numero esorbitante di circostanze in cui del tutto a sproposito e ovunque - dagli interventi accademici più improvvisati ai blog di fans irriducibili – si finisce per citare in giudizio il secolarismo, indefinita e variopinta bandiera di tutti i mali. Il vizio è quello di ogni epoca e di un’umanità mai immune dalla paura: si oggettiva il male e lo si stigmatizza in un grande leviatano per non doverlo cercare al proprio interno.

Così oggi il tanto temuto secolarismo: quello che Benedetto XVI opportunamente e con pertinenza descrive nelle forme di una mentalità razionalistica capace di mutilare le speranze dell’uomo contemporaneo, spesso finisce per approdare alla coscienza pubblica nel terreno di una totale confusione. E lì, caduto nell’ignoranza delle premesse storiche e filosofiche, mescolato al minestrone del “non c’è più religione” e del “ce l’hanno tutti con noi”, muore alla riflessione critica. Per non produrre altro che soluzioni ingenue e facili giudizi, dove non addirittura chiusure degne dei tempi di caccia alle streghe. Storia ironica di un papa onesto e gentile, amante di una fede ragionevole e annunciatore di speranza. E di un pontificato, eletto sempre più a vessillo da chi all’apertura fiduciosa preferisce gli spazi angusti della conservazione.

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