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sabato 29 dicembre 2007

Il Piddì tra delusioni laiche e furori clericali. Il Vaticano, l'anomalia italiana e la "questione cattolica".

(Rina Gagliardi - Liberazione) Sulla fondamentale questione della laicità - che poi coincide per larghissima parte con quella della natura dello Stato e dei diritti civili "indisponibili" - il Partito Democratico rischia di giocarsi molta della sua credibilità (e aggiungiamo: delle sue potenzialità democratiche). Lo attestano l'ancora scottante "caso Binetti" (chiamiamolo così), ma anche il dibattito che ne è già seguito e che è destinato a seguirne. Lo dimostrano il disagio evidente che serpeggia nelle file dei militanti, oltre che dei dirigenti, dei deputati e dei senatori ulivisti. Ora, su La Stampa di ieri, Walter Veltroni assume (finalmente?) una posizione chiara: le tesi binettiane sull'omosessualità, assimilate tout court a una malattia da curare, sono "sbagliate e pericolose", dice il leader del Pd. E lo stesso leader ribadisce l'impegno del maggior partito italiano a portare fino in fondo la legge sulle unioni civili, del resto prevista dal programma originario dell'Unione senza alcuna discriminazione nei confronti dell'orientamento sessuale delle persone. Bene, vien da dire. E' pur vero che Veltroni non ha nulla da dire sul mancato voto di fiducia al governo, nonchè sulla ardita architettura di giustificazioni teologiche che la senatrice Binetti ha poi diffuso tramite Il Foglio . E' altrettanto vero, però, che l'impegno laico assunto dal massimo livello del Pd sembra "correttivo" anche della recente (e sconcertante) vicenda romana, nel corso della quale proprio il Pd ha impedito un sostanziale passo in avanti su un diritto civico che, nel comune sentire, ha ormai assunto un carattere "basico". Ma forse la riflessione deve cominciare - o ricominciare - proprio da qui. E lo faremo attraverso un paio di domande, nient'affatto retoriche.

Primo. E' sensato che il Partito Democratico, nato nel 2007 con grandi ambizioni ideali e politiche, rischi di essere, in tema di laicità, un partito assai più arretrato di quel che fu la Democrazia Cristiana? Sembrerebbe un fatto alquanto "illogico", per quanto sappiamo bene che la storia non si è mai basata, in realtà, su un progresso lineare - così come appare quasi una bizzarria che, se il parlamento attuale dovesse legiferare oggi sul divorzio, trentasette anni dopo l'approvazione effettiva della Fortuna-Baslini, nessuna legge divorzista avrebbe la possibilità di passare. Secondo Alfredo Reichlin (che scrive un impegnato articolo su l'Unità di ieri) queste apparenti stravaganze e queste sostanziali regressioni sono il frutto della crisi della politica, e degli sconvolgimenti profondi indotti dalla globalizzazione, che ha macinato "identità" e "consuetudini culturali" profonde, e in conseguenza ha consentito alla religioni la possibilità di occupare un inedito spazio pubblico. Si può convenire, certo, che i processi intervenuti in questi ultimi due decenni hanno drammaticamente indebolito alcuni fondamentali "caposaldi" della sinistra e delle sue battaglie: la disgregazione sociale e culturale che avanza, il mercato mondiale assunto come principio sovraordinatore di tutto, comprese le relazioni interpersonali, la drammatica condizione di insicurezza e di paura che vivono i popoli e i cittadini hanno determinato un vuoto gigantesco, fatto soprattutto di negazione del futuro, nel quale l'ideologia religiosa si è inserita con forza, anzi con prepotenza, riproponendo assolutismi, dogmatismi, certezze, ahimè, a buon mercato. Si può perfino aggiungere che, a tutto questo, ha contribuito anche una coscienza laica debole, troppo spesso incline, appunto, a un "pensiero debole" o debolmente relativistico. Ma, se questo è il complesso orizzonte con il quale bisogna misurarsi senza alcuna iattanza, non è di questo che in verità oggi stiamo discutendo - ma di qualcosa di molto più "semplice" e, se mi è consentito, di molto più pedestre. La globalizzazione ha certo dispiegato i suoi effetti devastanti anche in Paesi come la Spagna, la Francia, la Germania, così come la crisi della politica è fenomeno europeo, e anzi mondiale. Ma in tutti questi luoghi, a noi vicinissimi, i diritti civili su cui l'Italia sta arrancando costituiscono un dato più che acquisito - sono una "normalità" che nessuno mette in discussione, e se mai, come è noto, ci sono Paesi come la cattolicissima Spagna che sono andati ben oltre Pacs, Dico e Cus. E in quale altra regione d'Europa ogni volta che si propone un tema così detto "eticamente sensibile" ci si deve misurare con tanta intensità con le ultime dichiarazioni del Papa, o del cardinal Bertone, o delle alte gerarchie ecclesiastiche?

La risposta, dunque, è anche e soprattutto un'altra: l'"anomalia" italiana, dove ha sede la Chiesa Cattolica (per altro istituzione ecumenica e non certo nazionale) e dove oggi - oggi in specie - la Chiesa stessa ha scelto di concentrare non il suo magistero spirituale, ma il suo interventismo politico - laico, laicissimo, terrestre - e la sua forza di condizionamento. Privilegiando, a differenza del precedente pontificato certo nient'affatto definibile come progressista, i temi "morali" a quelli della pace e della guerra, prediletti dal "reazionario" Karol Woytjla. E archiviando, nella sostanza, la grande rivoluzione del Concilio Vaticano II.
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Seconda domanda: ma perchè questo interventismo politico ha tanta e tale efficacia? Certo, al fondo, per molte delle ragioni sopra ricordate. Ma anche per una ragione che vale la pena di discutere: la scelta del Partito Democratico nel suo insieme (non solo cioè della sua componente cattolica) di considerare come interlocutore privilegiato il potere Vaticano.
Secondo una delle (non buone) tradizioni del Pci, anzi, il rapporto con le alte gerarchie ecclesiastiche (scusate la brutalità: con quelli che comandano nella Chiesa) coincide tout court (ed anzi la esaurisce) con la "questione cattolica". Prova ne sia la formula, secondo noi del tutto fuorviante, che oramai ha ripreso a circolare: quella che divide il mondo in "laici e cattolici" (lo fa anche Alfredo Reichlin nell'articolo citato). Come dire: da una parte i non credenti, gli agnostici, o gli atei, che sarebbero i laici; dall'altra, tutti coloro che professano una fede, e quella cattolica specialmente, che alla laicità non sono ancora pervenuti. Se questa fosse la partizione reale a cui attenersi, certo, non resterebbe altro - ad un partito come il Pd - che lavorare ad un nuovo difficile "compromesso storico", o meglio storico-spirituale, alla ricerca di una sintesi, assai improba, tra queste due distinte e lontane Weltanschaung . Ma non è vero che questa è la partizione giusta e reale: la divisione reale passa (mi si scusi se mi ripeto) tra laici e clericali, tra i sostenitori della laicità dello Stato, qualunque sia la loro fede d'appartenenza, e i nuovi fondamentalisti religiosi, che pretendono di regolare le leggi dello Stato italiano secondo le loro convinzioni. Non occorre, insomma, essere miscredente per essere laico - come avrebbe potuto la Dc, se no, essere un partito sostanzialmente laico? Non è necessario, viceversa, essere iscritti alla Uaar per praticare la tolleranza democratica e il rispetto di ogni condizione diversa dalla propria. Appunto: non solo la gran parte dei cattolici italiani ha maturato una coscienza laica, ma quello che chiamiamo "mondo cattolico" è abitato da convinzioni e pratiche molto diverse tra loro - e spesso molto lontane dal neotemporalismo ruinian-ratzingeriano.

Se si assumesse quest'ottica, la si smetterebbe, chissà, di porsi dilemmi insolubili: per esempio, tra la necessità del rigore laico nell'iniziativa legislativa, ma anche nella dimensione etico-morale, e la necessità, che anche noi riteniamo essenziale, del confrontodialogo con il mondo cattolico, nel suo insieme, nelle sue articolazioni, nelle sue sensibilità.

Anche e proprio sulle questioni morali, la dottrina della Chiesa è stata, nella storia, di straordinaria duttilità. Qualche esempio? Tommaso d'Acquino, che non era proprio un passante nella realtà ecclesiale, considerava l'aborto lecito fino ai primi quaranta giorni di gravidanza, in quanto era al quarantesimo giorno per i maschi (e assai di più per le femmine) che l'anima faceva il suo ingresso nel corpo - e, come è noto, è stato comunque molti secoli dopo che il Vaticano ha dichiarato l'illeceità dell'aborto, segno che per quasi due millenni l'ha ritenuto non condannabile. Il celibato ecclesiastico risale, come norma rigida, alla Controriforma - si dia un'occhiata ai costumi non precisamente casti dei pontefici, dei cardinali e di gran parte dei prelati fino al Rinascimento compreso. Il culto della famiglia così detta "naturale" ha, a sua volta, una codificazione ancora più recente, così come l'ossessione omofobica - e non ha alcun fondamento evangelico (quando sua madre, Maria, andò a cercarlo con i suoi fratelli, non rispose forse Gesù, indicando i suoi compagni di apostolato, "questi sono i miei fratelli?" E quante volte ha ricordato di esser venuto su questa terra per dividere il padre dalla madre, il fratello dal fratello, il figlio dai genitori?). Infine, per arrivare ai nostri giorni, quanti sono nella realtà i cattolici (a cominciare da Pier Ferdinando Casini) che rifiutano l'indissolubilità del matrimonio e accettano il divorzio?

Solo per dire che ieri come oggi la morale cattolica è molto spesso un elastico (contrariamente a quel che accade ad alcuni di noi, non credenti e kantiani), e che anche con questa umana elasticità, in buona o in cattiva fede che sia, va esercitato il confronto. Solo per ribadire che il punto di riferimento esclusivo dei laici, credenti o non credenti che siano, non può esser costituito dalle gerarchie dei potenti, ma deve coinvolgere tutti, da Ratzinger a don Ciotti, anche sì, per costruire il solo spazio comune possibile: quello che contamina fecondamente le identità più diverse, senza consentire a nessuna sopraffazioni, privilegi, spazi precostituiti, rendite di posizione. Questo ci permettiamo di dire anche ai dirigenti del Partito Democratico, se vogliono davvero costruire, come dice Reichlin, "un partito della nazione" e non una post-Dc che oscilla tra delusioni laiche e furori clericali.

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