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lunedì 26 novembre 2007

Il ritorno della salma del militare ucciso. Diliberto: "Non possiamo restare in eterno a Kabul".

Cosa rossa all´attacco: un vertice sul ritiro. Bertinotti: serve una riflessione.

Ma per Prodi "la missione non si discute". Veltroni: la pace non è ancora raggiunta.
Diliberto: siamo visti come una forza occupante. Ferrero: ripensare la nostra strategia.

(Giovanni Casadio - La Repubblica) «Qualcuno mi spiega perché continuiamo a stare ancora in Afghanistan?». Oliviero Diliberto non si limita al dolore e al cordoglio; a Prodi, a Parisi e a D´Alema chiede di indicare una data per il ritiro delle truppe italiane da Kabul e di darsi da fare per una svolta internazionale: «Non possiamo restare in eterno, o no? Siamo visti come forza d´occupazione». Non è solo il segretario del Pdci a fare pressing sul governo. Anche Rifondazione insiste per «una nuova strategia». La sinistra radicale esprime solidarietà alla famiglia del maresciallo morto da eroe, usa toni diversi ma punta a un vertice dell´Unione dove si discuta del ritiro dei militari italiani e della Conferenza internazionale di pace al cui tavolo possano sedere anche alcuni rappresentanti dei talebani.
Dopo il lutto insomma, è tempo di rivedere la posizione dell´Italia. Benché le parole del premier Prodi siano inequivocabili - «La missione non si discute» - uno dei punti-chiave nella convention della "Cosa rossa" (Prci, Pdci, Sinistra democratica e Verdi), l´8 e il 9 dicembre sarà proprio la missione afgana e il pacifismo. Lo stesso presidente della Camera, Fausto Bertinotti pur non volendo affrontare la questione («Non partecipo a discussioni politiche nel giorno di una tragedia»), ammette che «una riflessione» è indispensabile. Rincara il capogruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena: «Bisogna imboccare una strada diversa, è giusto che in questa giornata prevalgano il cordoglio e l´emozione ben sapendo però che il nostro eroico militare è rimasto vittima di un meccanismo di guerra. Il ministro degli Esteri, Massimo D´Alema chieda subito all´Onu un chiarimento. Il governo italiano è in ritardo». E il ministro Prc, Paolo Ferrero avverte: «Non possiamo non ripensare la modalità della nostra presenza in Afghanistan».
La "Cosa rossa" punta a una svolta strategica prima di febbraio, quando in Parlamento si dovrà votare sul rifinanziamento della missione afgana. Già le minoranze di Rifondazione annunciano un no "senza se e senza ma". Del resto, sono molti i parlamentari pacifisti i quali non sono più disposti a mediazioni: il numero dei "dissidenti" che nel febbraio scorso fecero scivolare il governo al Senato sulla politica estera, è aumentato. Paolo Cento, sottosegretario dei Verdi è perentorio: «Non si tratta di riaprire il tormentone sul ritiro, è che davvero non possiamo continuare a piangere i nostri soldati, là siamo in uno scenario di guerra». A ribadire che ci vuole un incontro di maggioranza sull´Afghanistan è anche Manuela Palermi, presidente dei senatori Pdci. L´Unione resta quindi divisa. Pd, Sdi-Radicali e Udeur non vogliono sentir parlare di ritorno a casa delle truppe italiane. «Gli eroi rafforzano la speranza in un traguardo di pace», ricorda Walter Veltroni. E il senatore a vita Cossiga provoca in un´interpellanza a Prodi: «Il governo ritiri il contingente».

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