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lunedì 26 novembre 2007

Gli antichi greci non vedevano i colori.

(Jacopo Fo) Parecchi studiosi sostengono che antichi greci come molti popoli, quando attraversarono il loro medesimo livello di sviluppo, non conoscevano i colori nel modo nel quale noi li intendiamo.

Omero nomina solo 4 colori in tutta l'Iliade e l'Odissea: bianco, il nero, il gialloverde e il porpora. Il giallo-verde però viene riferito a miele, linfa e sangue e quindi non è un rosso nel senso che noi intendiamo. E il termine porpora (oggi rosso) lo usa per il vino, il mare e le greggi.
Omero dice che il cielo è bronzeo ma non si riferisce al colore ma alla lucentezza.
Nell'antichità anche la parola glauco, che noi riferiamo agli occhi azzurro chiaro, non indicava il colore del cielo ma il suo livello di luminosità.
Aristotele identificò 7 livelli di colore che erano più che altro gradi di luminosità e andavano dal bianco al nero.
Mi fa formicolare il cervello pensare che duemila anni fa non avevano ancora parlato abbastanza dei colori del mondo per arrivare a dar loro un nome comune e cromatico.
E mi piacerebbe sapere se i popoli della Micronesia dediti alla promiscuità sessuale esagerata e alla contemplazione (ad esempio i Trukese e gli Yapese) hanno nomi per i colori (qualcuno lo sa?).
Credo che abbia a che fare con questa storia anche il fatto che nel Medio Evo i colori venivano identificati col nome del pittore che era riuscito a fabbricarli. Allora i pittori producevano direttamente i colori che utilizzavano e la capacità di creare certe tinte era un vanto e un marchio di fabbrica.
C'erano il Verde Veronese e il Rosso Tiziano. Altri colori vennero poi indicati con la loro provenienza geografica (vera o presunta) come il blu di Prussia o il Rosso pompeiano, o quella materiale come il blu cobalto, il bianco cadmio o il giallo cromo.
Comunque sia, la mente umana si evolve appropriandosi di nuove capacità di descrivere e interpretare la realtà.
Per millenni il vocabolario dei più non raggiungeva le 500 parole dell'attuale lessico quotidiano.
La cultura oggi sta solo iniziando a maneggiare concetti come pace, amore e solidarietà. Abbiamo le parole ma sono ancora per lo più concetti astratti. Ad esempio non siamo culturalmente convinti che l'amore passionale sia il fondamento della vita. Esistono addirittura persone che si sposano ancora per interesse.
E anche l'idea che la cooperazione paritaria offra enormi vantaggi non fa molta presa, nonostante millenni di esperienza e molti esperimenti dovrebbero aver convinto i più. A questo proposito ti segnalo un grande libro prodotto dalla rivista Internazionale (santi subito!) dal titolo "La saggezza della folla".
In ogni caso ti propongo di dedicare alcuni minuti della giornata che hai davanti a immaginare nel dettaglio come funzionerebbe una società dove le prime notizie del telegiornale fossero dedicate a storie d'amore eroiche e a lieto fine, invenzioni ecologiche e gesti di solidarietà. Pensare bene fa bene.

Informazioni tratte in parte da Il libro dell'ignoranza" di John Lloyd John Mitchinson. Einaudi.

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