(Potere sinistro) Il governo si regge su un equilibrio sempre più precario, appeso com’è alle insoddisfazioni dei teodem, alle richieste di radiazione nei loro confronti, alle parole di Mussi che si chiede come possano stare insieme la Binetti e le femministe o – più in grande – gli operai di Torino e Luca Cordero di Montezemolo. Un quadro di fronte al quale Prodi, però, dice di voler stare fermo “come un semaforo” mentre tutto gli gira intorno.
Mastella-Di Pietro
Il Guardasigilli agita ancora una volta lo spettro della crisi di governo nel caso in cui dovesse essere mantenuta nel dl sicurezza la norma sull’omofobia: “Se Rifondazione comunista e altri rinnegano l’impegno di modificare alcuni elementi nel decreto sicurezza, per noi dell’Udeur è crisi di governo, togliamo la fiducia e la nostra esperienza politica finisce qui. Rimarremo formalmente nel governo fino a fine anno, solo per votare la Finanziaria ed evitare l’esercizio provvisorio”.
Dichiarazioni che hanno suscitato la reazione del ministro della Solidarietà sociale Ferrero, che non vuole sentir parlare di modifiche al testo: “Spero che si possa ricredere e ravvedere, perché la norma fatta è assolutamente corretta e non ha nulla a che vedere con i reati di opinione”.
Mentre il ministro Di Pietro ha sancito la fine politica della maggioranza: “Piaccia o non piaccia dopo il voto di fiducia la maggioranza politica non c’è più. Di questo va preso atto e per questo noi di Idv chiediamo non solo una verifica politica, ma che si avvii un nuovo processo costituente affinché la prossima coalizione sia ‘del fare’ sullo stesso programma e non della logica dello stare insieme solo contro qualcuno. Non se ne può più di litigiosità. Meglio scomporre e ricomporre i poli in modo più omogeneo”.
Omofobia
All’indomani dell’ennesima fiducia risicatissima ottenuta al Senato sul decreto sicurezza, la questione omofobia fa fibrillare la maggioranza. Chiti ribadisce a nome del governo che l’esecutivo cancellerà le norme controverse con un successivo provvedimento. Ma questo non è certo sufficiente a scongiurare la guerra di religione, che è già in atto, tra laicisti e integralisti cattolici. Da una parte Rifondazione ripete che quell’emendamento è sacrosanto e non va toccato, dall’altra Mastella minaccia la crisi.
Un bel rompicapo sul tavolo di Palazzo Chigi. E il caso Binetti è tutt’altro che risolto, visto che qualcuno nella maggioranza - e anche nel Partito democratico - vorrebbe vedere punita con l’espulsione dal gruppo la senatrice cattolica per il voto che ha fatto sfiorare la crisi di governo. L’ultimatum dell’ala sinistra è però speculare a quello dei moderati, anch’essi in grado - di fronte a una rottura del patto di coalizione - di staccare la spina al governo.
La situazione appare dunque sempre più precaria, e la polemica sui reciproci estremismi sta ulteriormente allargando le ferite della coalizione.
Base di Vicenza
Ma i problemi della maggioranza non si riducono alle sole divaricazioni sull’omofobia. Come dimostrano le nuove polemiche sulla Finanziaria: i Comunisti italiani hanno infatti abbandonato platealmente l’ultima riunione. Per di più, i quattro ministri che rappresentano la “cosa rossa”, che ieri era impegnata negli stati generali della sinistra, hanno scritto a Prodi per riaprire la questione della base militare di Vicenza. Tema che è stato al centro dell’assemblea di ieri, con un’irruzione dei pacifisti sul palco e con il pronunciamento di Pecoraro Scanio secondo il quale, senza una verifica dell’impatto ambientale, i lavori di ampliamento della base militare non potranno partire. Ma Prodi ha già dato il via libera.
Legge elettorale
Il filo diretto tra Veltroni e Berlusconi sulla riforma elettorale sta terremotando l’Unione sia perché i cespugli temono di essere spazzati via, sia perché all’interno del Pd i prodiani doc non nascondono i propri malumori. Ma chi sperava, nella direzione del partito, che Veltroni facesse qualche passo indietro sulla linea della trattativa, è rimasto deluso. La Bindi ha chiesto le primarie sulla linea della legge elettorale elaborata da Vassallo, e Parisi ha proposto di sottoporre a un referendum le due linee contrapposte. Il ministro della Difesa sostiene che nel Pd si confrontano una linea della continuità ulivista e un’altra della discontinuità proporzionalista.
Il caso Bertinotti
L’outing del presidente della Camera contro Prodi e la sua certificazione della fine politica del governo hanno prodotto uno strappo che probabilmente non potrà mai essere ricucito.
La risposta del sottosegretario Micheli ha aperto una crisi istituzionale senza precedenti tra Palazzo Chigi e Montecitorio, e inoltre la prodiana Bindi si è scagliata contro Bertinotti dicendo che, se cade il governo, cade anche la maggioranza che ha eletto il presidente della Camera. Il quale, dunque, in tal caso si dovrebbe immediatamente dimettere.
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