(Sabrina Cottone - Il Giornale) Il camerino del giorno dopo la Prima è la libreria Feltrinelli piena di gente dove Daniel Barenboim firma senza stancarsi trecento copie del suo ultimo libro, «La musica segna il tempo». Il Tristan di Wagner ha aperto la stagione della Scala con quindici minuti di applausi e oltre due milioni di incasso ma le pose da star non si addicono al personaggio, nemmeno mentre una paziente fila di fan attende il turno per portarsi a casa una sua firma. Una donna elegante e assorta gli bacia la mano all’ingresso in sala. «L’unica altra persona a cui ho chiesto l’autografo è Robert De Niro» lo corteggia una bella signora bionda. Lui solleva lo sguardo intelligente: «Così scende di livello...».
L’entusiasmo per il suo Wagner si lega all’ammirazione per l’uomo che ha diretto un’opera lunga e difficile senza spartito. Per non dire senza scarpe. Un’improvvisazione senza falsi divismi: «Mi si è incastrato il piede nella predella della sedia e la scarpa si è completamente aperta. Allora le ho tolte tutte e due». E gli spartiti incisi nota per nota in testa? «Non so leggere la musica - gigioneggia -. E devo seguire l’orchestra. È semplice...». Meno facile fronteggiare le critiche alla messa in scena di Patrice Chéreau, all’assenza di pathos che qualcuno contesta. «Non ho ancora letto i giornali» butta lì ma «è stata una grande regia - diceva già subito dopo la fine dell’opera -. Questa musica di Wagner ha uno slancio sensuale, direi sessuale, in sé. Non la si può aggiungere anche in regia, che con la musica è stata un tutt’uno».
Il culto della bacchetta è molto milanese, la città ama avere il «suo» direttore d’orchestra, ha eletto alla Scala il musicista israelo-argentino e si dà un gran da fare per conquistarlo. «Ormai non ci chiedono più il libro di Barenboim, ci chiedono il libro del Maestro perché c’è un solo maestro...» dice al microfono l’assistente di Inge Feltrinelli, che ha visto la prova generale e si mescola al pubblico per i complimenti all’artista.
Come nei corteggiamenti più intriganti, Barenboim si concede e si nega, tira fuori la rivale tedesca: «A Milano c’è un’atmosfera meravigliosa, sento che la gente mi vuole bene. Anche l’orchestra ha suonato con grandissima generosità, nonostante il 98 per cento dei musicisti eseguisse Tristano e Isotta per la prima volta. Abbiamo provato tre quattro settimane». E però c’è anche il bastone e l’ombra del suo teatro Unter den Linden, di cui è direttore artistico: «A Berlino, con i ventiquattro laghi intorno, c’è un’aria meravigliosa. A Milano non riesco a respirare. Fisicamente, non spiritualmente...». Intanto se ne vola in Germania e tornerà qui per le sei repliche previste (11, 16, 20, 23, 28 dicembre e 2 gennaio). Sempre che, con l’aria che tira, non ci si metta di mezzo un altro sciopero. I musicisti sono ancora in agitazione.
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