Peter Dean, responsabile della nuova stamperia, ha spiegato al South China Morning Post che, dal 1986 ad oggi, il gruppo Amity ha già messo in circolazione più di cinquanta milioni di Bibbie, di cui l’80% in lingua cinese, vendendole, tramite le chiese ufficiali, a 9,5 Yuan l’una, poco meno di un Euro. Tuttavia, non riuscendo a far fronte alla domanda di testi sacri in costante aumento, il gruppo ha deciso di investire in un nuovo complesso industriale. “Nonostante la nostra produzione abbia già raggiunto numeri significativi”, continua Dean, “solo il 60% dei cristiani della Cina continentale ha oggi accesso ai testi religiosi. È vero, il governo continua a punire severamente chi distribuisce le Bibbie illegalmente, ma questo non è il nostro caso. Inoltre, va notato che attualmente ci sono circa 55.000 chiese ufficialmente registrate nel Paese, e ne nascono almeno altre dieci ogni settimana, mentre le statistiche ufficiali sul numero di cristiani in Cina oscillano dai 40 ai 100 milioni. Questi numeri fanno lievitare la domanda di testi sacri, cui noi cerchiamo di far fronte, rispettando le regole”. Ovvero, vendendo le Bibbie direttamente alle chiese e non facendo proselitismo. Come? Facile, conclude Dean: “Basta non mettere icone cristiane nelle fabbriche ed evitare che gli operai siano sorpresi a parlare di religione”.
Alle Europee con lo sbarramento al 5%. Barricate da sinistra.
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(Panorama) Liste bloccate, con parità di genere, sbarramento al 5% e dieci
circoscrizioni.Queste sono le caratteristiche del testo base di riforma
della le...
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