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venerdì 7 dicembre 2007

Decreto sicurezza: I resoconti della votazione. Passa emendamento contro discriminazione e omofobia, ora la palla alla Camera. Verrà stravolto?

SICUREZZA: SENATO; ARRIVA LA FIDUCIA ALL'ULTIMO RESPIRO. TROVATI I 160 VOTI NECESSARI. DECRETO VA MEGLIO DELLA FIDUCIA.

(Massimo Colaiacomo - Ansa) Un'ordinaria giornata di tensioni, una delle tante vissute dal governo al Senato, fino al voto finale sulla fiducia. L'asticella e' a quota 160 voti: il governo li trova tutti, anche se si ferma proprio al centosessantesimo, a dispetto della defezione di Paola Binetti, la senatrice teodem che ha scelto la liberta' di coscienza, e dell'ex Prc Franco Turigliatto, e dell'assenza del 'senador' Luigi Pallaro.
L'opposizione ne conta 158, e puo' lamentare una sola assenza, quella del senatore di An Francesco Divella.
La 24/ma fiducia ottenuta dal governo Prodi non ha cambiato piu' di tanto il copione scritto nelle precedenti puntate. La fiducia si e' resa necessaria per spezzare il filibustering dell'opposizione, ma anche per superare di slancio le divisioni che si andavano allargando pericolosamente nella maggioranza.
Per il governo si trattava di portare a casa un risultato mai come questo incerto e, alla fine, il cerchio ha trovato una miracolosa quadratura con soddisfazione del Prc, che ha visto accolta la norma sull'omofobia, e con qualche trambusto di troppo fra i teodem ai quali, in serata, e' arrivata l'assicurazione del ministro Chiti che quella stessa norma sara' corretta con un successivo provvedimento.

La contabilita' dei voti sempre mutevole nelle ore che hanno preceduto la duplice votazione (sulla fiducia e sul provvedimento) e' finita un po' a soqquadro quando in serata un vecchio navigante delle aule parlamentari come Giulio Andreotti ha annunciato che non avrebbe votato la fiducia. Il non possumus andreottiano e' presto detto: il maxi-emendamento con la norma sulla discriminazione sessuale non puo' proprio votarlo. Una tegola imprevista sulla fragile contabilita' della maggioranza, ma non del tutto imprevedibile vista la natura della norma che inserisce una fattispecie di reato - l'omofobia - mal digerita dal mondo cattolico ben rappresentato nei due schieramenti. E per tutta la giornata le gerarchie vaticane erano state mobilitate in un'operazione di pressing su quelle parti del mondo politico piu' sensibili ai richiami d'Oltretevere.
L'inserimento di questa norma non e' stato indolore. Una prima versione, con un profilo molto netto sul piano sanzionatorio contro ogni reato di omofobia, e' stata rivista e smussata con un richiamo al Trattato di Amsterdam. Un richiamo di principio molto gradito al Prc - partito che in qualche misura andava risarcito dopo la vicenda del protocollo sul welfare - e digeribile per quelle componenti (i diniani) appagate per il successo ottenuto su quella stessa riforma.
Il governo ha deciso di presentare il maxi-emendamento e di porre la fiducia quando e' stato evidente, verso mezzogiorno, che il decreto rischiava di essere risucchiato nelle sabbie mobili dell'ostruzionismo architettato dall'opposizione. Il governo, a quel punto, ha scelto di distinguere la questione di fiducia dal voto complessivo sul provvedimento: la fiducia e' sul maxi-emendamento, con la norma che contiene il reato di omofobia, mentre non coinvolge il complesso del decreto. Una distinzione che ha come risultato di separare in qualche misura la sorte del governo da quella del provvedimento. Anche se, nelle votazioni finali, contro il provvedimento (156 voti) l'opposizione e' stata piu' indulgente che contro il governo (158 no).

Il centrosinistra non ha esitato a indicare nel filibustering dell'opposizione la causa della fiducia. Il ministro Vannino Chiti ha detto al Senato che il governo avrebbe preferito un confronto aperto purche' questo non andasse a discapito della rapidita' dei lavori. L'opposizione non ha esitato a girare il dito nella piaga delle divisioni che serpeggiano fra le componenti dell'Unione. Fernando Rossi aveva preannunciato il voto contrario sulla fiducia, riservandosi di valutare il merito del provvedimento.
Nel pallottoliere della fiducia hanno pesato i casi di coscienza. E i senatori a vita, mai come in questo caso, sono stati decisivi. Al netto del loro voto, il governo ha ottenuto 155 si' contro 157 no, come hanno fatto notare il leghista Roberto Castelli e il leader de La Destra Francesco Storace. Il lungo travaglio dei teodem si e' risolto con il solo voto contrario di Paola Binetti. A loro aveva lanciato segnali rassicuranti il ministro della Giustizia, Mastella: il quadro e' brutto per il governo, vedrete pero' che alla Camera il maxi-emendamento sara' ampiamente rimaneggiato. Un segnale rassicurante per i cattolici dubbiosi nel centrosinistra, ma anche provocatorio per quella sinistra radicale alla quale si vuole presentare il voto al Senato come una vittoria di Pirro.
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SICUREZZA: PARITA' GENERE, SCOGLIO AGGIRATO CON RICHIAMO TRATTATO UE.

(Asca) Come dire le stesse cose con parole diverse. O quasi. E' questa la strada trovata, nel maxiemendamento approntato dal governo sul decreto legge sicurezza su cui stasera si votera' la fiducia al Senato, per ricomporre le tensioni scoppiate ieri all'interno della maggioranza tra i rappresentanti teodem ed il senatore dei Verdi, Gianpaolo Silvestri.
L'ultimo scoglio sulla strada del decreto si era rivelato quello di un emendamento Prc relativo all'identita' di genere ed alla difesa contro le discriminazioni , oltre che ''razziali, etniche, nazionali, religiose'', anche quelle fondate ''sull'orientamento sessuale o sull'identita' di genere''.

In sede di vertice di maggioranza la senatrice Binetti aveva posto con forza la richiesta di ritirare questo emendamento, su cui pure il governo aveva dato parere favorevole, pena il venir meno del suo voto.
Un atteggiamento che ha subito scatenato le reazioni del senatore Verde, il quale rispondeva sullo stesso tono: ''Se l'esecutivo cancella il riferimento all'identita' di genere, io non voto il dl''.
Successivamente il sottosegretario all'Interno, Marcella Lucidi, rassicurava tutti gli animi: l'accordo della maggioranza sul maxiemendamento e' piena, compreso il punto dell'identita' di genere. Scorrendo il testo del maxiemendamento si scopre l'escamotage che ha disinnescato la bomba: via tutti i riferimenti alle singole discriminazioni, sostituiti da un burocraticissimo riferimento alle ''discriminazioni dell'articolo 13, numero 1 del trattato di Amsterdam'', firmato e ratificato anche dall'Italia.
Articolo 13, numero 1 che fa riferimento testualmente alle ''discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'eta' o le tendenze sessuali''.
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(Ansa) Nel maxi-e mendamento messo a punto dal centrosinistra sul decreto sulla sicurezza su cui il governo ha posto la fiducia al Senato si e' trovato l'accodo anche sull' ultimo punto controverso dopo aver sciolto il nodo sui Cpt: l'emendamento che contiene norme antidiscriminazione in relazione all' orientamento sessuale e all' identita' di genere.
Lo ha riferito la sottosegretario degli Interni Marcella Lucidi, che per il governo sta seguendo a palazzo Madama l' esame del provvedimento.
Le senatrici teodem, Paola Binetti e Emanuela Baio, avevano annunciato che non avrebbero votato quest'emendamento nonostante il parere favorevole del governo.
Per reazione, il senatore dei Verdi Giampiero Silvestri aveva detto che se il testo fosse stato cambiato secondo le indicazioni dei teodem non avrebbe votato.

In attesa di conoscere il nuovo testo, l'emendamento contestato prevede pene detentive fino a tre anni per coloro che diffondono idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale
o etnico, ma anche di discriminazione per motivi religiosi, orientamento sessuale e identita' di genere. E pene da sei a quattro anni per chiunque incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza sempre per gli stessi motivi.

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