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domenica 30 dicembre 2007

Storie d’Italia: noi, che lottiamo perché i nostri figli disabili non siano come isole.

[i](Credits: [url=http://www.flickr.com/photos/jemsweb/5710092/]jemsweb[/url] by Flickr)[/i]
(Panorama) “Non siamo quelli che vanno in giro in carrozzina, non abbiamo un anziano non autosufficiente a carico, non ci portiamo dietro le conseguenze invalidanti di un infortunio sul lavoro. Siamo quelli che convivono con la disperazione, che ogni giorno confidano a un amico di volere farla finita o di voler porre fine alla sofferenza dei propri figli”. La tragedia della madre di Fano che poche settimane fa ha ucciso la figlia disabile o quella, più recente, della donna 60enne che a Rivoli ha colpito a morte in ospedale la figlia con gravi problemi psichici danno voce ai genitori di disabili gravi e gravissimi (psichici o fisici), riuniti dalla fine del 2006 in un Coordinamento nazionale.

“Nessuno di noi è stupito da quello che è successo a Fano”, confessa Pietro Stefani, referente per la Lombardia del Coordinamento. “Purtroppo l’esasperazione di quella madre la conosciamo bene. Una frustrazione che nasce non certo dalle gravissime menomazioni dei nostri cari né dalle cure che dedichiamo loro senza sosta, ma dal fatto che non possiamo contare sui più elementari diritti”. Una prigione fatta di indifferenza da parte delle istituzioni, di disorganizzazione da parte di chi dovrebbe fornire i servizi, di regole che cambiano da città a città, di silenzio da parte dei media.

Pietro Stefani è un ex carabiniere di 43 anni. Lui e la moglie, impiegata, hanno una figlia di 21 anni, disabile grave da quando ne aveva 3. Accanto a lei deve esserci qualcuno 24 ore su 24, un impegno che diventa inconciliabile con un’attività lavorativa a tempo pieno. “O meglio”, precisa Stefani, “che non lo sarebbe se i datori di lavoro rispettassero la legge, che in caso di ’stato di gravità’ di un familiare (articolo 3 comma 3 della legge numero 104 del 1992, ndr) prevede alcune agevolazioni. Dopo anni di permessi non concessi, orari rigidi e trasferimenti, sette mesi fa sono stato invitato a lasciare l’Arma. Allo stesso modo il 90 per cento dei genitori di disabili gravi è costretto a rinunciare al lavoro”.

I propri figli li chiamano “figli della Basaglia, quelli nati dopo la legge che ha giustamente chiuso i manicomi, ma che non è stata applicata nelle misure alternative che prevedeva e ci ha lasciati completamente soli”, continua il referente lombardo dei genitori. “Il problema non sono tanto i soldi o la pensione di accompagnamento. Non ci serve l’assistenzialismo, ma vogliamo poter decidere dei nostri ragazzi. Per noi la risorsa più preziosa è il tempo”. Dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 13, ci sono le scuole e gli istituti. Molti Comuni appaltano a cooperative a associazioni questo tipo di servizi. Ma il bello viene dopo. Non solo le visite mediche continue e la spola tra Asl e uffici. Ci sono il corso di nuoto, il provare a partecipare a un lavoro, un salto in biblioteca, una passeggiata in centro, ogni tanto una visita al parco giochi. “Cerco di far fare esperienze sempre nuove a mia figlia, trovare degli stimoli che le facciano fare progressi nel relazionarsi col mondo esterno. L’alternativa è seppellirla in casa. E noi con lei”, spiega Stefani e conclude: “Il mio sogno sarebbe poter inserire i nostri ragazzi nelle realtà cittadine, biblioteche, circoli, associazioni, negozi, uffici pubblici, magari affiancati da un genitore. Acquisterebbero più autonomia e il mondo sarebbe costretto a confrontasi con loro. Si parla tanto di integrazione…”.

La battaglia delle famiglie dei disabili gravi oggi ha un obiettivo preciso. L’equiparazione giuridica del loro impegno ai lavori usuranti e la possibilità di prepensionamento. Katia Bellillo ha presentato una proposta di legge che potrebbe rientrare nella legge sul welfare. Intanto il Coordinamento dei genitori ha raccolto 110 mila firme.
Per l’Istat sono circa 7 milioni le persone disabili in Italia, ma il dato è calcolato sulle pensioni erogate dall’Inps e comprende invalidi, anziani non autosufficienti, disabili di ogni tipo. Mentre le famiglie con figli disabili gravi e gravissimi sono circa 1 milione e 300 mila. “Siamo una minoranza”, dicono i rappresentanti, “ma mai come nel nostro caso è necessario prendere in considerazione l’intero nucleo familiare e non il singolo assistito. Noi siamo tutt’uno coi nostri figli, il disabile non è un’isola”.

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Una manifestazione dei genitori di ragazzi disabili per il diritto alla scuola

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