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lunedì 14 gennaio 2008

Speciale Milano moda e modelli. L'uomo che lavora detta la moda. E Giorgio Armani attacca i colleghi che copiano.

nella foto in alto un momento della sfilata Byblos, in basso Vivienne Westwood saluta il pubblico.

(Annalisa Lospinuso - Il Messaggero) Dimmi che lavoro fai e ti dirò che uomo sei. In tempi di precarietà e incertezza in tutti (o quasi) i settori professionali, gli stilisti dalle passerelle milanesi sembrano voler rendere omaggio al lavoro che, non solo nobilita l'uomo, ma lo caratterizza in modo univoco. Tanto che tute e divise possono essere indossate con disinvoltura in tutte le ore del giorno, non necessariamente soltanto in officina e in fabbrica, come per gridare: "Laboro ergo sum". Insomma, il lavoro è tutto, anche per la moda. Nella seconda giornata di Milano Moda Uomo, alcune maison si sono ispirate all'abbigliamento tipico di vari mestieri per realizzare uno stile comodo e pratico. Dopo l'uomo-pastore fatto sfilare da Dolce e Gabbana, la moda maschile milanese sembra voler ristabilire una certa semplicità nelle linee e nei tessuti e riportare in auge il maschio con la "M" maiuscola. Bando, dunque, ai modelli ibridi o alla virilità ostentata con eccessi. C'è anche chi, come la Westwood, non rinuncia alla stravaganza e ai colpi di scena.

Bottega Veneta. «Bottega Veneta ricerca sempre la funzionalità. Per questa stagione abbiamo iniziato a pensare alla relazione tra ciò che un uomo fa e quello che indossa - spiega il direttore creativo Tomas Maier - È interessante vedere che un tempo gli abiti che hanno ispirato questa collezione (capi formali e abiti da lavoro) non avrebbero potuto trovarsi nell'armadio dello stesso uomo. Oggi la scelta è così ampia che ritengo che molti uomini arrivino a creare una propria "divisa". Il nostro obiettivo è di offrire al cliente Bottega Veneta scelte ispirate, indipendentemente dallo stile che sceglie per se stesso».

Una parte della collezione è costituita dall'abbigliamento formale, creato per le occasioni importanti e le cerimonie. Nell'altra troviamo abiti da lavoro. In entrambe, però, è impressa la stessa eleganza e la perfetta lavorazione artigianale. La silhouette si è evoluta rispetto all'anno passato: i pantaloni sono più ampi, con una vita più alta. Le giacche possono essere monopetto o doppio petto, con spalle alte e maniche plissettate davanti e dietro. I tessuti vanno dai gessati in lana inglese e i plaid tartan alle spesse lane di Shetland e al cachemire italiano. I colori sono scuri: blu, grigio e nero. Gli abiti formali sono impreziositi da una serie di accessori, come gilet, cravatte a pois, gemelli, fermacravatta, cappelli, fazzoletti cuciti a mano, valigette classiche e splendide borse.

L'abbigliamento sportivo prende il taglio ampio e morbido dagli abiti da lavoro che garantiscono praticità e libertà di movimento. I tessuti sono resistenti, come la tela pesante, il jeans e il cotone. Ai neri, grigi e blu scuri degli abiti formali si aggiungono il blu oceano e il verde. Per essere casual ed eleganti, Bottega Veneta suggerisce giacche da lavoro in cotone, semplici giubbotti da autista, pantaloni da muratore e jeans di tessuto pesante. La pelle rende più "nobili" i capi e ne aumenta la duttilità: nelle camice da lavoro, nelle cappe da pescatore e nei giubbotti da autista e anche in abbinamento al popelin di cotone. Anche le scarpe, solide e ruvide, sono fatte di pellame robusto e opaco, con punta tonda e suole pesanti

Frankie Morello e Antonio Marras. Lavori in corso anche da Frankie Morello: i due stilisti Maurizio Modica e Pierfrancesco Gigliotti hanno fatto sfilare muratori acrobati, carpentieri sexy ed eccentrici ingegneri. In passerella elmetti e stivaloni, zaini incorporati ai caban, pantaloni ampi con macchie di vernice flu, tute intere di pelle, pancere di cachemire portate sui completi gessati e con la 24 ore viola acceso. Più concettuale l'operazione di Antonio Marras, che ha dedicato la sua collezione a Piero Manzoni, rubando dettagli e motivi dalle sue opere, con il permesso della Fondazione che gestisce l'eredità dell'artista.

Gli anni '60 della grande Avanguardia milanese, quella che si ritrovava allo storico bar Giamaica, dettano linee e atmosfere, tra maxicardigan, giacchine con martingala, blazer in patchwork di tessuti diversi, trench negligentemente chiusi con cordini di pelle (come usava fare lo stesso Manzoni), pantaloni con bordi di maglia e completi gessati che sembrano ispirarsi al concetto di riciclo dell'arte povera. Capo cult della collezione è la camicia bianca, come i celebri "Achromes" manzoniani, con impronte digitali, motivi grafici e strisciate di colore sempre ispirate all'autore della "Merda d'artista". La kermesse si conclude con una "liberatoria" fuoriuscita di palloncini bianchi.

Gianfranco Ferré. Grande debutto con la collezione maschile per lo stilista svedese Lars Nilsson, 41 anni, che ha ereditato la poltrona di Gianfranco Ferré. Un esordio cauto, per alcuni un po' freddo, come un primo giro di prova per tentare di avvicinarsi a quel complesso e monumentale mondo architettonico che è stata la moda del fondatore della maison. Coerentemente con il suo temperamento razionale, da tipico uomo del nord, Nilsson ha deciso di ambientare il defilé non sulle tradizionali passerelle ma nel "paradiso" dell'uomo moderno e colto più interessato allo stile che al trend: una grande libreria e mobili decò.

Supportato da un team di tutto rispetto (dal neo-amministratore delegato Michela Piva alla pierre Noona Smith-Petersen, dal set designer Michael Howells alle due figure creative, ovvero Fabien Baron e Karl Templer), lo stilista ha realizzato una collezione senza effetti speciali ma in grado di mantenere alto il prestigio del marchio. Sono tre mesi che Nilsson lavora incessantemente, dormendo poche ore per notte, controllando e ricontrollando ogni minimo dettaglio. Tra un mese dovrà affrontare la dura prova della passerella milanese femminile, ma già con questa collezione ha dimostrato di avere grinta e capacità tali da non dover rimpiangere troppo il genio creativo di Gianfranco.

L'uomo che propone è semplice ma esigente, vuole la comodità ma non rinuncia all'eleganza e al lusso. Indossa giacche con spalle decostruite e pantaloni asciutti oppure strutturate e geometriche ma accostate a calzoni morbidi. C'é naturalmente un'aria Ferré ma è meno sontuosa, anche i modelli e i manichini sembrano più esili. Inizia una nuova era che non vuole cancellare la prima, ma deve imporsi comunque: più che sull'archivio, Lars ha lavorato sulla percezione del marchio. Nilsson e Michela Piva descrivono i dettagli, parlano del lusso discreto, del vero calzolaio e dell'abile sarto sempre a disposizione dei clienti per il "su misura". Indicano la giacca di camoscio a taglio vivo e quella in lana che pesa solo 350 grammi, completamente fatta a mano, un vero «lusso discreto». Nell'uso dei materiali, soprattutto del principe di Galles, si vede che lo stilista ha cercato con cura di legarsi alla tradizione della maison: il completo in tre pezzi con gilet, completato da dolce vita in cachemire, ha però qualcosa di soffice e di disinvolto, una naturalità più nordica, così come il soprabito Mackintosh e perfino i blazer a doppiopetto.

Emporio Armani. Giorgio Armani ha espresso tutta la sua delusione verso un mondo che non gli «piace per niente», dove «il bello è discutibile, si ha paura dei sentimenti, l'uomo teme la donna che, ormai, si comporta come un uomo e in discoteca si fa avanti mettendogli le mani lì». Lo stilista, al termine della sua sfilata, non lesina attacchi alla società contemporanea, nella quale c'è molta violenza e degrado. «Qui intorno ho visto tutti i muri, compreso un mio poster, imbrattati - afferma Armani - da quei coglioni di graffitari e mi sono chiesto perché ci sia questa mancanza di rispetto, visto che un poster di Armani Jeans, oltre a farmi vendere, dà lavoro a un sacco di gente».

Parole dure che stridono con gli abiti mostrati in passerella che sono un inno «al rispetto per l'essere umano e la sua bellezza, un riavvicinamento a certi valori che, per alcuni versi, è identificabile in una coppia ben vestita». Nonostante amarezza e disillusioni, il designer non ha intenzione di mollare e vuole «rimanere sulla breccia per molti anni». Del resto il successo gli consente di guardare lontano: «Negli ultimi tempi il mio prodotto è molto appetito dalla concorrenza: dopo sei mesi le mie giacche vengono rifatte non solo dalla grande distribuzione, ma anche da colleghi da cui non me lo aspetterei», aggiunge Armani.

Per i prossimi freddi, l'uomo potrà indossare blazer da giorno, anche a motivi di occhio di pernice, con il colletto di maglia che si può chiudere e rialzare, o sono tagliati come una camicia, con cappuccio e stondature davanti, e si portano con i pantaloni morbidi stile jogging. Per la sera, invece, trionfa il velluto rasato, illuminato da bottoni dorati.

Prada. Prada si spira alla continua commistione tra realtà e finzione che domina la nostra vita. È la moda dell'inganno: giacche sensuali in tessuti jacquard a effetto trompe l'oeil, finte cravatte e falsi bustini, colletti-ombra e gilet virtuali. L'uomo ormai vuole apparire, cerca il palcoscenico che è sempre una rappresentazione ma anche una finzione.

Miuccia è sempre in controtendenza: niente cappotti in passerella dato che «le stagioni sono diventate anche loro virtuali», come ha spiegato la stilista. Il suo uomo è una sorta di eroe «equivoco» che non c'entra con l'omosessualità e con la confusione dei generi. Ma poi non rinuncia a un tocco femminile, per arricchire il costume maschile, un suo vezzo di sempre e un segno di libertà regalato all' uomo. Ecco allora i minigonnellini da portare come fasce da smoking, gli abstract di pantaloni da indossare sui calzoni con un effetto di doppia cintura, le cravatte che si trasformano in piatti bavaglini, i polsini e i colletti che si raddoppiano giocando con la propria ombra. Le camice si allacciano dietro, rendendole vivacemente osè.

Vivienne Westwood. Si dice Westwood e si pensa alla spettacolarità, anche questa volta non smentita. Per questa collezione maschile la stilista inglese si è ispirata al "chaos". La kermesse si è svolta a Palazzo Reale dove, tra pochi giorni, si conclude la grande retrospettiva a lei dedicata dalla città di Milano. In passerella, si sono viste stranezze come tre cappelli sovrapposti, un abito di pelle stile uomo delle caverne, kilt ricavati da plaid, gonne dorate e giacche da smoking scintillanti, tute intere con grafismi fluo, mocassini e borsoni a motivi floreali. Più portabili, invece, sono i completi maschili nei più classici motivi inglesi, magari sdrammatizzati da t-shirt con teschi di memoria punk.

Byblos e Neil Barret. I marchi Byblos e Neil Barret hanno proposto un uomo vitale e sportivo. Ospiti delle passerelle di Byblos sono state proprio quattro star italiane del pattinaggio a rotelle, a partire dal campione del mondo in carica Roberto Riva. Per questi "eleganti sportivi", giacche insellate, sciancrate e corte, portate insieme a pantaloni sottili, con segmenti luminosi a scomparsa,
stivali effetto bagnato o sneakers multicolori. Neil Barret ha immaginato un guardaroba che ruba i capi usati per sciare: indumenti doppi con finto effetto multistrato, cappotti con gilet attaccati all'esterno, gilet applicati sopra ai cardigans, stivali da biker e scarponi da sci in vernice.

Alexander Mc Queen. Un pellegrino con lo spirito dell'esploratore è il modello ideato da Alexander Mc Queen che, non a caso, ha intitolato la sfilata "Pilgrim". La collezione è ispirata a un lungo viaggio devozionale intrapreso dallo stesso stilista: si parte da Bangalore e da lì ci si sposta verso est, attraverso Cochin, Mumbai, Udaipur, Delwara, Indore, Delhi, Patna, Gaya, per poi approdare al sito sacro di Paro, in Bhutan, l'ultima tappa prima del ritorno a casa. I ricordi del viaggio prendono forma nella collezione attraverso l'impiego degli elaborati ricami del Rajasthan, le lavorazioni a maglia tibetane e le pellicce della Mongolia.

Ermanno Scervino. Ermanno Scervino ha inaugurato oggi, presentando la collezione maschile, la nuova show room milanese, in via Manzoni 37. Si vocifera anche di trattative in corso per aprire presto una boutique nel quadrilatero della moda. Per il prossimo inverno, il marchio fiorentino propone la reinterpretazione tecnologica dei capi classici: il piumino è nascosto nella giacca di cachemire, il cappotto cammello ha una calda anima tecnica, il giaccone di lana spigata diventa iper-tecnico, i pantaloni di velluto millerighe tinto in capo spiazzano la giacca quasi-smoking, i calzoni da tuta si trasformano in pantaloni morbidissimi, i blazer di felpa vanno indossati con jeans spalmati e croccanti.
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