Il sito americano promette infatti, per “soli” 1.500 euro, di curare ognuna delle circa 1.500 fobie elencate nel data base.
Una circostanza che ha insospettito quelli del New Scientist, autorevole rivista scientifica del Regno Unito, che proprio su segnalazione di alcuni lettori hanno dato un occhio alla sedicente “clinica delle fobie”. Scoprendo che la cura proposta per la ‘hippopotomonstrosesquipedaliofobia’ - paura per le parole troppo lunghe - è identica a quella per la colrofobia - chi ne è affetto non sopporta la vista dei clown.
Una patologia, a sorpresa, piuttosto comune.
“Non è poi così inusuale avere delle fobie bizzarre”, ha detto al Times Robert Endelmann, psicologo membro della National Phobics Society. Niente a che vedere con l’agorafobia (spazi aperti), claustrofobia (spazi chiusi) o aracnofobia (ragni): troppo istituzionali. I medici, oggigiorno, devono vedersela con “l’octofobia”, ovvero la paura per il numero otto, la “lutrafobia”, terrore per le lontre, o persino la “fobofobia”: il timore per le fobie in generale.
L’origine di tutte queste patologie sembra essere quello di un trauma patito durante l’infanzia o l’adolescenza. Ma anche, come nel caso della paura del buio o degli insetti, un retaggio ancestrale che ci riporta agli albori della specie umana. “Aver paura di queste cose poteva essere utile per i nostri progenitori”, dice il professor Endelmann.
Un meccanismo che potrebbe benissimo tornare utile al nostro tempo. Il New Scientist, infatti, lamenta ironicamente che nella lista stilata da ChangeThatsRightNow.com non figuri la fobia per “siti internet ripetitivi” o quella per “strategie di marketing idiote”. Infine, è toccato proprio al Times constatare come la proliferazione di queste psicopatologie di vita quotidiana stia tracimando in ogni direzione: “Io ho la fobia per i giornalisti del Times”, avrebbe dichiarato Alexander Gardner, l’ennesimo psicologo contattato dal quotidiano britannico, in cerca di commenti.
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