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mercoledì 21 novembre 2007

London East City.

Negli anni Sessanta era Chelsea il regno della Swinging London. Oggi la metropoli trendy si è spostata nella zona dove artisti, fashion designer e musicisti si ritrovano in locali esclusivi. Le gru si muovono incessanti. E gli immigrati cercano fortuna. Aspettando le Olimpiadi del 2012 da Londra.

(Annalisa Piras - L'Espresso) cielo è bianco sporco. Pieno di acciaio, nuvole, e aerei che decollano senza sosta dal vicino City Airport. L'orizzonte verso est è coperto da gru. Verso ovest, domina lo Swiss Re, totem fallico del capitalismo globale. E di nuovo gru a perdita d'occhio. Giganti in marcia verso est, i mostri spuntano anche dietro di te, quando meno te li aspetti, in ogni angolo, insieme ai bulldozer che stanno sventrando quel che fu il centro dell'impero britannico: l'East End di Londra. "Il posto più lurido, bizzarro e straordinario dei tanti nascosti nel cuore della città", scrisse Charles Dickens. È domenica mattina e sta per piovere. Come quasi sempre. Ma questo non disturba minimamente i creativi con il post sbronza sul bordo della piscina di Shoreditch House. Sui lettini giganti di pelle bianca imbottita, a destra legge il giornale Tracy Emin.

A sinistra, se la ride Jay Joplin, il mercante d'arte che ha portato, e venduto, Tracy e la Brit Art al mondo. Il proprietario delle tre gallerie White Cube intrattiene un gruppetto di giovani artisti, arruffati e adoranti. Non c'è speranza che qualcuno lo spinga in piscina: l'East End 'c'est lui'. Le sue gallerie hanno attirato l'attenzione dei collezionisti internazionali, glamour e milioni di sterline in queste strade. Alexander McQueen, genio della moda British , in jeans e t-shirt bianca, fa il brunch nel ristorante, dominato al centro da un barbecue gigante. Si gode la vista a 180 gradi, una delle più belle della capitale, attraverso le pareti completamente trasparenti. Più tardi, parlottano al bar il nuovo astro della moda brit Gilles Deacon e Jefferson Hack, fondatore della rivista cult 'Dazed & Confused', nonché padre della figlia di Kate Moss. Nell'atmosfera irrealmente silenziosa e blasé, tutti mostrano reciproca, religiosa indifferenza. Ma ecco che passa Meg Matthews, ex moglie di Noel Gallagher degli Oasis. E un quasi impercettibile fremito di disapprovazione segue i suoi stivaloni da cow boy verso l'uscita. L'art director di 'Vogue' UK scuote la testa, una stilista di Marni concorda: non è posto da ex celebrity della pop music. Qui regna lo 'stealth style', lo stile furtivo, dove il glamour è minimalista, dettato non da cosa si indossa, ma da come lo si indossa, ovvero da chi si è. L'East End Glamour, tanto rarefatto da essere invisibile all'occhio non addestrato, è solo per iniziati. Vintage o no logo, anche quando il logo c'è. Vedi la giapponese Toga o il newyorchese Philip Lim. O la farfallina di Diane von Furstenberg dietro agli orecchini. È l'ultima difesa dai 'nouveaux riches' che assediano le isole del buon gusto, ma ne restano fuori: l'orda degli Abramovich, dei Mittal, dei Briatore.

Siamo tra i selezionatissimi eletti ammessi a Shoreditch House, esclusivissimo mega club privato. Svariati milioni di sterline per trasformare un'ex fabbrica di biscotti in tre piani di design 'uber-cool', ristoranti, bar, cocktail-lounge, biliardo, bowling, palestra, piscina. Il nuovo establishment londinese super snob porta la firma dell'estetica futurista e decadente di Tom Dixon. SH è l'ultimo nato dell'impero di Nick Jones che conta altri sei club, incluso Soho House di New York. È la frontiera "del nuovo coraggioso mondo che racchiude in sé tale bella umanità", direbbe Aldous Huxley. C'è chi la paragona alla New York di Ellis Island o di Andy Wharol. Un melting pot di energia creativa giunto al punto giusto di cottura. Di certo, sulla terrazza di Shoreditch House, accanto alla nuova aristocrazia creativa di NyLon, NewYork-Londra, guardando la sconfinata distesa di gru e cantieri verso est, si osserva il futuro prossimo venturo. Uscendo dal portone nero senza insegna (solo chi sa dove va può entrare a SH), si piomba nel mezzo della montagna di spazzatura appena prodotta dal mercato domenicale di Brick Lane, la Banglatown degli immigrati bengalesi. Un vecchio polacco fa la guardia a una collezione di quattro cacciaviti, arrugginiti quanto lui, in vendita sul marciapiedi.

I nuovi immigrati dall'Europa dell'Est sarebbero quasi un milione in Inghilterra, ma nessuno sa con precisione in quanti hanno passato la frontiera del nuovo Eldorado. Brulicano in una Londra parallela, violenta e sotterranea, alla quale David Cronenberg ha dedicato il suo ultimo, sanguinoso film: 'Eastern Promises'. In maggioranza sono i nuovi schiavi dei cantieri che stanno costruendo la nuova Londra. Accanto al vecchio polacco, dei somali litigano con dei bengalesi per delle Marlboro. Le tensioni tra vecchi e nuovi poveri crescono. Troppo veloci i nuovi arrivi. Ma le loro facce sono solo l'ultima incarnazione degli immigrati dell'East End. Sotto ai loro piedi, almeno quattro secoli di strati di disperazione, sopraffazione, sudore, povertà e ricchezza. Dagli ugonotti francesi agli ebrei dei pogrom russi, ai fuggiaschi della decolonizzazione del subcontinente indiano, camminando per le strade dell'East End si incontra dovunque la memoria di una diaspora senza fine. Shoreditch, viene da Sour Ditch, la fossa amara. La Porsche che sta attraversando ora la strada, ha girato l'angolo da Spitafields, la zona adiacente alla City, oggi piena di boutiques e ristoranti super chic, che è stata invasa dai nababbi del polmone finanziario del mondo, stockbroker e hedgefunder. I finanzieri sono ammaliati dal fascino dei creativi, ma da questi tenuti ad altezzosa distanza. Non ci arrivano al glamour rarefatto dell'East End, l'arte del perfetto look di chi è talmente 'cool' da sembrar uno che se ne frega del 'look'.

A SH, per esempio, i 'City Boys' non passano. Portano ancora la cravatta. Loro compensano mischiandosi alla folla dei giovani veramente 'arty' che sciama per i mercatini locali camuffata da Wharol. E comprano arte a vagoni. Le loro tasche piene di bonus moltiplicano piccole e grandi gallerie d'arte. Una 'trickle theory' che ha senz'altro funzionato. Solo i 'Fashion purist' riescono a entrare a Boombox, la festa in 'drag' di Hoxton. Un cult mondiale. Shoreditch High Street dai tempi delle prostitute di Jack lo squartatore è zona a luci rosse, famosa ancora oggi per i suoi strip pub. L'intera zona pulsa fino alle prime ore del mattino, nei nascondigli dei suoi innumerevoli 'speakeasy', locali illegali dove si perpetua un edonismo esasperato e alterato, erede della ricerca d'oblio delle case d'oppio e dei bordelli vittoriani. A Spitafields vi erano gli ospedali dei miserabili della Londra dickensiana. Spit-a-field significa i 'campi degli sputi'. Pochi altri posti al mondo grondano come l'East End tanta storia e mistero, energia e contrasti, una tale moltitudine di eroi radicali, artisti e criminali. Qui Stalin e Trotsky divisero un appartamento, vissero Ghandi e le suffragette, Marx scrisse il 'Manifesto del partito comunista', e qui nacque il Labour. Dickens, Conan Doyle, Wilde, Blake, Conrad trassero ispirazione da questo angolo di tenebra, dissenso e contrasti, per scrivere le loro storie. E un'altra storia, altrettanto avvincente, si sta forse scrivendo ora.

Sull'estuario del Tamigi, sul celtico Tamasa, il fiume scuro, sta vertiginosamente sorgendo una nuova città, la seconda Londra. È il Thames Gateway, uno dei progetti di rigenerazione e sviluppo più ambiziosi del mondo. L'impulso travolgente delle Olimpiadi del 2012, con la sua pioggia di miliardi, si è aggiunto alle ondate di energia antiche e nuove. Una corrente in piena, che risale il fiume a Oriente, percorre a ritroso la via delle navi che, salpando dal cuore di Londra, iniziarono la globalizzazione, creando il primo vero impero commerciale mondiale. Tornano ora indiani, cinesi, vietnamiti, coreani. Rinascono i docks, smantellati insieme alle fabbriche, nella de-industrializzazione violenta del thatcherismo. In quelle lande desolate sta sorgendo la visione di un nuovo crocevia mondiale. C'è chi dice che nella pancia di Londra si agita un serpente indomabile, in continuo movimento.

È quello che negli anni 60 portò la Swinging London a Chelsea, dove gli affitti bassi attirarono la gioventù artista e bohemienne, i Beatles e i Rolling Stones che avrebbero rivoluzionato la musica mondiale. Oggi a Chelsea, il quartiere più caro del pianeta, ci sono rimasti solo i russi e i banchieri italiani. Il serpente si è mosso a est all'inizio degli anni '90, trascinando giovani artisti, musicisti, poeti, fashion designer, pubblicitari, filmaker. Attirati dal basso costo dei grandi spazi derelitti delle strutture industriali, reliquie della potenza svanita dell'impero. Ma anche dalla sua anima torturata.

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