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mercoledì 21 novembre 2007

Gay e Iran. Caso Makvan: Amnesty International e il Gruppo EveryOne si incontrano.

Il segretario internazionale di Amnesty International Drewery Dyke e il direttore dell'ufficio comunicazione in Italia Riccardo Noury hanno preso contatto con il Gruppo EveryOne riguardo al caso del giovane gay iraniano Makan Moloudzadeh. Amnesty International ci chiede come mai abbiamo tanto ottimismo riguardo al'esito del caso, quando purtroppo non si può ancora definire conclusa la vicenda di Makvan. Naturalmente la nostra convinzione non nasce solo da fiducia ed entusiasmo, che sono virtù fondamentali per chi si batte per i Diritti Umani, ma non ottengono alcun esito se non vengono sorrette da spirito critico e capacità analitica di situazioni giudiziali complesse e difficili da interpretare "a distanza".

Innanzitutto siamo lieti che Amnesty International dedichi ora maggiori attenzioni al caso di Makvan, che indubbiamente è simbolico di una situazione di discriminzione grave che esiste in Iran verso le persone omosessuali. Il Gruppo EveryOne ritiene molto importante la posizione espressa dalla massima autorità religiosa e giudiziaria iraniana, l'Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi riguardo al caso del giovane omosessuale. Ricordiamo che l'Ayatollah è Ministro della Giustizia della Repubblica Islamica. Riassumendo gli eventi più recenti, il ragazzo era già destinato al patibolo, quando la campagna internazionale ha indotto Shahroudi a rileggere il verdetto e fare grazia della vita a Makvan, che adesso è vivo - seppure ancora in carcere e sotto giudizio - e ha notevoli possibilità di vedersi riconosciuto innocente al termine del nuovo procedimento giudiziale, anche perché non vediamo autorità religiosa o politica in grado di capovolgere la lettura del Codice Penale Islamico effettuata (correttamente) da Shahroudi e d'altra parte non ci risulta che un fatto simile sia mai accaduto.

Ora il Gruppo EveryOne intende avviare un dialogo con il Ministro della Giustizia e il Presidente dell'Iran, oltre che continuare a monitorare il procedimento. Non è detto che i contatti otterranno un feedback, ma è una via da tentare. La Campagna per la vita di Makvan è molto, molto delicata e riteniamo che essa debba essere ravvivata fra breve, magari ricorrendo ancora al linguaggio simbolico dei fiori, che il mondo islamico ha mostrato di recepire positivamente. E' auspicabile che Amnesty sostenga la Campagna dei Fiori per la Vita in Iran, perché è uno strumento nuovo che ci consentirà di dialogare con il mondo islamico riguardo ai Diritti Umani.

Ho inviato una lettera a Riccardo Noury, rammentandogli - ma di certo Riccardo ne è ben cosciente - che oggi i Diritti Umani sono più che mai calpestati, in tutto il mondo e che è necessario recuperare i fondamentali valori su cui si basa la civiltà: la vita, la solidarietà, l'uguaglianza. Perché la pena di morte non è più - purtroppo - soltanto il patibolo o un'iniezione letale, ma si manifesta quando esseri umani sono vessati e annientati al punto di non essere più in grado di conservare il bene più prezioso. Ho scritto a Riccardo: "Pensa ai nomadi in Italia: la pena di morte, per loro (la cui speranza media di vita è sempre più bassa) si chiama fame, si chiama freddo, si chiama povertà. Dai un'occhiata al nostro sito (www.everyonegroup.com): forse riterrai utile e importante sostenere alcune delle nostre campagne. Campagne contro una pena di morte che ha trovato vie oscure e subdole per distruggere vite umane". Amnesty International e il Gruppo EveryOne si sono incontrate. Si è sviluppata affinità, fra le due organizzazioni, così diverse fra loro? Non lo so, ma mi auguro che da questo "incrociarsi" su strade virtuali possa iniziare un percorso parallelo verso la giustizia e la vita.

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