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mercoledì 7 novembre 2007

Intervista a Brad Pitt: La Colt più sexy del West in un ruolo dai tratti omosessuale.

Da una parte Hollywood. Dall'altra l'impegno ecologico. In mezzo, una famiglia multietnica e una carriera che ora convince anche i critici. Ringraziando Jesse James.
(Silvia Bizio - L'Espresso) Si dice che Brad Pitt si riconosca particolarmente nella sfuggevolezza del suo ultimo personaggio: l'enigmatico pistolero Jesse James, mitico antieroe del Wild West. Sarà per questo che lo ha interpretato così bene in 'L'assassino di Jesse James per mano del codardo Robert Ford', tanto da vincere la Coppa Volpi come migliore attore all'ultimo Festival di Venezia. Pitt, eterno ragazzo di 43 anni, appare oggi come la più inafferrabile delle celebrità internazionali, protagonista di un'esistenza nomadica con la sua nuova quanto vasta famiglia messa su in tempo record (in tre anni tre adozioni in paesi diversi e una figlia naturale) con l'altrettanto inafferrabile Angelina Jolie. Le loro splendide teste sono il bersaglio numero uno dei tabloid e dei paparazzi.

Inseguito da tutti, Pitt viaggia con la sua tribù proprio come Jesse James faceva con la sua gang. Ma è l'unico punto di contatto con il fuorilegge braccato che interpreta in quella che è sicuramente finora la sua migliore interpretazione, che esce in questi giorni in vari paesi ma arriverà da noi il 21 dicembre. Un segno della maturità professionale di questo attore sopravvissuto alle trappole di una fama mondiale che dura da oltre 15 anni: da quando divenne un sex symbol per poche scene in 'Thelma & Louise'. Bisogna riconoscere che se non fosse per lui migliaia di americani non saprebbero dove si trovino la Namibia, il Darfur, tantomeno della piaga dell'Aids che affligge gli orfani in Sudafrica. Un divo 'leggero' riscopertosi uomo d'impegno umanitario, meno materialista di quanto la sua immensa ricchezza non spinga a pensare. Pitt era a Los Angeles pochi giorni fa per consegnare il premio 'Attore rivelazione dell'anno' al suo coprotagonista Casey Affleck, accanto a Richard Gere (Attore dell'anno) e al nostro Dante Ferretti (Scenografo dell'anno) da parte dell'Hollywood Film Festival. Lo abbiamo incontrato.

Signor Pitt, lei è anche produttore del film 'Jesse James'. Come ha contribuito a realizzarlo?
"Il lavoro più importante di un produttore è lasciare liberi lo sceneggiatore e il regista di realizzare la loro storia, senza interferire troppo. Quello che mi aveva interessato del libro di Ron Hanson e che aveva colpito Andrew Dominik, il regista, era l'aspetto psicologico di Jesse James visto negli ultimi anni della sua vita, il mito del suo assassinio e il mito di Robert Ford. Non mi sarebbe piaciuto fare un western tradizionale, ne sono stati fatti fin troppi".

C'è anche per caso il fascino per un uomo di giocare ai cowboy, come da ragazzino?
"Altroché! Ogni scusa è buona per far sfogare il ragazzino che è dentro di me. In effetti mi piace sempre fare cose che mi ricordano la mia infanzia. Tranne la passione per le armi. È curioso: io sono cresciuto in mezzo alla natura ed era quasi un rito di passaggio per un padre dare una pistola al figlio. Avevo una pistola a pallini all'asilo, un fucile in prima elementare, una calibro 22 in seconda elementare, ma mio padre ha sempre insistito sul rispetto e l'uso appropriato di un'arma. È stata una buona cosa perché ho superato presto quella fase e da allora non ho più avuto molto interesse per le armi. Ciò detto, c'è sempre il fascino del fuorilegge, di chi è al di sopra della legge, che crea le proprie regole. Forse perché viviamo in una società in cui dobbiamo operare fin troppo all'interno di tante regole, che viene voglia di romperle".

Lei e Angelina riuscite ad avere una famiglia normale, con tutta l'attenzione che vi circonda?
"Siamo una famiglia normalissima: una madre, un padre e un gruppo di ragazzini indisciplinatissimi e allo stesso tempo fantastici. La cosa più importante è trovare sempre un tempo per tutti noi insieme, perché è nostra responsabilità dare ai figli un buon modello di comportamento, aiutarli a crearsi dei giusti valori. Nella mia vita la paternità e la famiglia vengono per primi. Angelina è il mio amore, è la mia partner e la madre dei miei figli, e tutto quello che emerge da questo nucleo familiare è la mia priorità. Poi viene il lavoro".

Ci sono momenti particolari che le hanno insegnato ad essere padre?
"È una comprensione graduale di quello che significa avere figli, del tipo di padre che vuoi essere, di come vuoi che i bambini portino avanti il tuo nome. Ma sono stato sorpreso da quanto sia tutto istintivo. È bello vedere come i tuoi figli imparino da te, dal tuo esempio, anche quando ti sembra di non avergli insegnato niente".

Siete sempre in giro in qualche posto diverso del mondo: non è duro per i bambini?
"In effetti siamo una famiglia di nomadi, ma per noi va bene così. Penso che i posti e la gente che i nostri figli conoscono insieme a noi piano piano entrano nella loro coscienza e non credo faccia del male, anzi. La scuola non è un problema perché seguono dei programmi internazionali che possiamo trovare ovunque al mondo. L'unico problema è il continuo assalto dei paparazzi. È spaventoso per loro: tutte queste persone che ti ficcano in faccia in continuazione macchine fotografiche e videocamere, che urlano i loro nomi ovunque andiamo".

Curioso che uno degli aspetti del film 'Jesse James' sia un'analisi del culto della celebrità. Lei con quali divi è cresciuto?
"Quando ero piccolissimo adoravo Elton John ed ero un gran fan di Evel Knievel, quello che saltava con la motocicletta. Poi sono arrivati Mohammed Ali e gli Harlem Globetrotters: è stata una grande emozione quando li ho incontrati di persona".

Conosciamo tutti la sua passione per l'architettura. Lei si è dato un gran da fare per gli sforzi di ricostruzione a New Orleans, nelle zone devastate da Katrina. Ce ne parla?
"Gli ostacoli sono stati immensi, all'inizio pensavo fossero insuperabili. La gente sbaglia a pensare che sia stata una sciagura venuta dal cielo e che se vivi in quella zona devi imparare a conviverci. Sciocchezze. Katrina non solo è stato un effetto del riscaldamento globale, ma un disastro creato dall'uomo, da una serie di errori di ingegneri e politici. E c'è una grossa parte del nostro Paese cui nessuno presta attenzione, le zone povere: dopo anni ancora nessuno le vede, ci sono ancora 12 mila persone che non sono riuscite a tornare nelle loro case. Quando abbiamo cominciato gli sforzi di ricostruzione abbiamo fatto capire che più del 40 per cento del nostro inquinamento viene dagli edifici, e chi ne fa più le spese sono le persone a basso reddito, perché nessuno fa caso agli standard da seguire per costruire le loro case".

Anche Leonardo DiCaprio nel suo documentario 'The 11th hour' parla dell'importanza di creare edifici ecologici.
"È importantissimo, dobbiamo completamente cambiare i paradigmi con cui funzioniamo, anche come architetti e ingegneri. Invece di andare contro la natura, come l'uomo ha sempre fatto, dobbiamo cercare il modo di integrarci. Vorrei un presidente che aumenti questo tipo di programmi, che ci liberi dalla nostra dipendenza dal petrolio. Ma sono ottimista: ci vorranno dieci anni ma ce la faremo, chiameremo le migliori menti americane e del mondo e risolveremo questi problemi".

Come entrano questi temi nella sua vita quotidiana? Riciclaggio, energia solare...
"Non sono ancora riuscito a essere ecologico al 100 per cento, ma faccio la mia parte. Sto passando all'energia geotermica per risparmiare acqua, sto mettendo i pannelli solari in un paio di case, compro macchine ibride. Il mio obiettivo? Arrivare a non dover più pagare neanche una bolletta di elettricità, acqua o gas".

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