(Lampi di pensiero) 4 novembre 2007. Nella sua casa di Frattocchie (l’antico borgo di Boville nel territorio di Marino) Massimo Consoli ha terminato il suo cammino umano, dopo un lungo e doloroso itinerario di malattia.
Lo hanno definito papa e papà del movimento omosessuale in Italia.
Non sono d’accordo.
Non credo che avrebbe gradito l’espressione “Papa degli omosessuali”. Anzi, temo ne avrebbe avuto ribrezzo.
Come pensare di accostare la sua figura di intellettuale fortemente impegnato in una battaglia storica di civiltà ad un’istituzione diametralmente opposta alla sua visione. I suoi scritti lo dimostrano! E poi, il pontefice è un’autorità non solo morale; è un capo di stato e il vertice della più autoritaria forma di controllo delle coscienze che esista al mondo. E questo pure è diametralmente lontano dalla figura di Massimo Consoli che è stato, è, resta e resterà un intellettuale e un uomo politico di primo piano.
Gli dobbiamo moltissimo, ma non credo che neanche la figura del padre nobile gli si addica. Forse è più adatto rispolverare un termine un po’ inflazionato, ma che dà il senso della figura di Massimo: l’eroe. Abbiamo infatti nei suoi confronti un debito di esempio: di lui dobbiamo ricordare e perpetuare il senso del suo agire contro i pregiudizi e contro la violenza, sviluppando contenuti di analisi, di studio, di approfondimento e elementi di provocazione tendenti a risvegliare e documentare.
La sala del Circolo Mario Mieli in cui la bara era adagiata sulla grande bandiera rainbow che non mancava mai ai Pride, oltre che un evento assoluto, rappresenta per me un ricordo di grande suggestione. Ho scritto poche parole sul libro dei visitatori, ma gliele dico ancora:
Vai, Massimo accompagnato dai nostri sorrisi, nell’eco del nostro grazie.
Difficile potergli dire di più in quel momento.
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