Il 20 novembre 1971 veniva diffuso, su fogli ciclostilati, il primo documento militante gay italiano, “Il Manifesto per la Rivoluzione Morale: L’Omosessualità’ Rivoluzionaria”. Autore era un giovane romano di venticinque anni, Massimo Consoli, che dopo avere girato l’Europa, soprattutto i paesi del nord, si era messo in testa di importare in Italia quel fermento culturale e sociale che stava cominciando a diffondersi in Olanda, in Germania, in Scandinavia. Da lui e da pochi altri pionieri avrebbe preso il via da lì a poco il movimento omosessuale italiano. Massimo Consoli se n’è andato nelle prime ore di domenica. Infaticabile ricercatore, scrittore, animatore, pubblicista, archivista, ha anticipato e poi attraversato da protagonista trentacinque anni di movimento gay italiano. Ci ha lasciato quaranta suoi libri di cultura e storia lgbt e un’importante collezione documentaria e libraria che è stata rilevata dall’Archivio di Stato. Ma, soprattutto, ci ha lasciato l’esempio di un inarrestabile militante sempre in prima fila, che si trattasse di commemorare la morte di Alfredo Ormando o di sfilare a un Pride.
Massimo ha avuto due famiglie. La prima è quella formata da Lorenzo, il giovane amico che ha voluto con forza adottare, Malika, moglie di Lorenzo, e i due nipotini che gli hanno dato la gioia di essere nonno. La seconda è la rete di amicizie nata all’interno di quella comunità lgbt che aveva contribuito a creare. Pochi giorni prima della sua morte ci ha fatto inviare da Lorenzo un’ultima mail: “Mio padre mi incarica di dirvi che siete stati e siete lo scopo della sua vita. Vi ha sempre voluto bene, vi vuole bene e spera che anche dove sta per andare sia possibile continuare a volervi bene”. Anche noi te ne vogliamo, Massimo, e ti siamo riconoscenti per il tanto che ci hai dato.
Sergio Lo Giudice.
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