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mercoledì 7 novembre 2007

Tutto su Pedro Almodovar.

Tutto su di meL’evento editoriale cinematografico dell’anno: Pedro Almodóvar intervista se stesso!

Legge del desiderio e legge di gravità
(Concita De Gregorio -La Repubblica) Il mondo di Almodóvar è il nostro. Terribile e ridicolo, fuori fuoco. Può piacere, il suo cinema, o non piacere ma nessuno può discutere il fatto che viviamo un tempo in cui la profondità risiede nei dettagli dell’apparenza, la luce nell’ombra, il non senso ripristina l’ordine perché altrimenti l’unico ordine possibile è fatto di ipocrisia. Di fronte a un libro-intervista di duecentocinquanta pagine in cui nessuna risposta, nessuna, nessuna curiosità da cinefili o da spettatori grati resta inevasa viene da dire leggetelo, che altro c’è da aggiungere?, leggete quel che nel corso di più di dieci anni gli ha domandato l’amico e critico francese Frédéric Strauss, quel che ha cucito qui per voi e facciamola finita: saprete tutto.

Ci sono le foto, tra l’altro. Queste foto fantastiche che lo mostrano — adulto — sulla panchina dei giardinetti mentre regge con le due braccia la matassa di lana (rossa) alla madre che fa la calza, con la peineta di corno in testa e il vestito da torero, con i baffetti quand’era soldato, grasso come un orso che dà indicazioni a Gael Garcia Bernal en travesti, più bello da donna che da uomo, Bernal, ma questo si sapeva da La mala educación. I suoi disegni, i suoi collages, i suoi fotoromanzi (qualcuno conosceva il testo di Erezioni generali? Eccolo) la sua famiglia, la casa. Eppure dopo aver sfogliato l’ultima pagina di Tutto su di me, edizioni Lindau-Cahiers du Cinéma, insieme al fatale senso di intrusione resta un’eco di qualcosa che manca. Il cinema, ecco cosa. Il cinema manca da un libro, è evidente. Le immagini che si muovono e che in uno sguardo — quasi sempre uno sguardo di donna — dicono quel che poi a trascrivere si fa così tanta fatica. Gli stacchi, i piani sequenza. Le musiche. La camicia da notte di Victoria Abril in Legami!, bianca da collegiale. Il coltello di Penelope Cruz in Volver, buono per uccidere e per affettare peperoni. La bellezza da bella addormentata nel bosco della ragazza in coma in Parla con lei, la bellezza assoluta in bilico con la morte.

Un regista non si racconta, non può aggiungere niente a quel che ha già detto al cinema. Questo luogo — la sala — che per due ore accomuna centinaia di estranei in un’identica emozione e che a ciascuno, tuttavia, dice quel che vuol vedere e sentire: qualcosa di sé. Eppure anche nelle parole di Almodóvar, sebbene non quanto nei suoi film, c’è sempre qualcosa di assurdo e intimamente autentico, di semplice e indicibile. "La legge del desiderio è sottoposta a regole invariabili come per esempio quella di gravità. Nulla può impedirti di desiderare di volare saltando da una finestra, tuttavia la legge di gravità ti farà sfracellare a terra". Ecco, il desiderio e la legge di gravità. Fine delle elucubrazioni sul tema: è questo. Puoi anche buttarti ma tanto prima o poi ti sfracelli. "Le ragazze moderne restano sole, è questa la morale di Pepi, Luci, Bom: libere ma sole". Altro? "Non vedo uomini che cercano di aiutarsi e organizzarsi. Le donne lo fanno, gli uomini no. La sola idea mi sembra grottesca, non riesco a immaginarla".

Per i collezionisti di curiosità da backstage perle a bizzeffe. Perché non ha usato in Tacchi a spillo le musiche originali, create per il film, di Sakamoto? "Perché non mi piacevano", pazienza per il Maestro. Perché non ha più lavorato con Carmen Maura dopo Donne sull’orlo di una crisi di nervi e prima di Volver? "Perché il nostro rapporto era entrato in un terreno extraprofessionale, e questo ci ha danneggiati molto entrambi". Capita, no? Come ha scoperto Banderas? "Era appena arrivato da Malaga e faceva la comparsa in un’opera teatrale. L’ho visto e ho pensato che sarebbe diventato una star del cinema. Recitava come un bambino. Era evidente che era nato per quello". Perché tanti colori nei suoi film, perché tanto rosso? "Perché mia madre si è vestita di nero per tutta la vita".

Alla madre sono dedicate le parti più belle del libro, non è una notazione statistica. L’ha quasi sempre fatta recitare nei suoi film. "Aveva una grande spontaneità e nessun rispetto per la macchina da presa. Recitare non le sembrava un lavoro serio, per questo lo faceva così bene". Non glieli faceva vedere, i film, dopo. "Non ero sicuro che le piacessero". Quando era bambino, a otto anni, lei per integrare lo stipendio del padre aveva aperto un’attività di lettura e scrittura di lettere. "Mentre lei leggeva mi accorgevo con sorpresa che le sue parole non corrispondevano al testo: in parte inventava.
Le vicine non lo sapevano perché quello che inventava era un prolungamento della loro vita, uscivano incantate". Perciò la realtà ha bisogno della finzione per essere accettabile, è chiaro. Per essere un po’ meglio di com’è, per essere più vera.»
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IL LIBRO

Autore di commedie brillanti (ad esempio Donne sull’orlo di una crisi di nervi) o di melodrammi capaci di far vibrare le emozioni più intime (Tutto su mia madre), Pedro Almodóvar è un cineasta che, di film in film, non smette di sorprendere e di affascinare lo spettatore con il suo stile unico e la sua abilità nel raccontare le ironie e i paradossi della vita.

A partire dalle sue prime opere (Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, Labirinto di passioni) e fino agli ultimi capolavori (Parla con lei, La mala educación e Volver) Almodóvar mette in scena un universo originale e assurdo, un mondo in cui ha senso soltanto ciò che appare un controsenso, in cui solo i grandi disordini sembrano in grado di rimettere ordine nelle cose. Frédéric Strauss, attraverso una serie di interviste raccolte nel corso degli anni (i primi incontri risalgono al 1994), racconta passo dopo passo la carriera del regista spagnolo: dal periodo della movida madrilena ai primi lavori in super8, realizzati con gli amici durante i fine settimana, quando ancora lavorava per la compagnia telefonica spagnola; dalla nascita della casa di produzione El Deseo, ideata con il fratello Agustín, alle opere che gli hanno garantito il successo internazionale (Légami!, Tacchi a spillo); per finire con gli importanti riconoscimenti ottenuti a Cannes e agli Oscar.

Almodóvar parla a ruota libera, in maniera divertente e divertita, pronto a evocare ricordi della propria infanzia, a fornire spiegazioni tecniche per farci comprendere meglio una scena, a raccontare aneddoti riferiti al set e al suo rapporto, non sempre facile, con gli attori, oppure a descrivere sequenze tagliate in fase di montaggio, e a parlare dei film e degli autori che lo hanno maggiormente influenzato. Il ritratto dell’artista è reso ancora più vivido dalla riproposizione di alcuni suoi testi scritti in occasione dell’uscita dei film, e da un imponente apparato iconografico completo di foto di scena, storyboard realizzati da Almodóvar, disegni di importanti artisti (Mariscal, Dis Berlin, Juan Gatti) utilizzati per le scenografie, locandine originali e molto altro.

L'AUTORE
FRÉDÉRIC STRAUSS è critico cinematografico per «Télérama», dopo essere stato vicecaporedattore dei «Cahiers du cinéma» negli anni ’90. Ha anche realizzato un cortometraggio: Rouge maman (2003). Lindau ha pubblicato, nel 2007, Fare un film, scritto in collaborazione con Anne Huet.
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P. Almodóvar e F. Strauss
Tutto su di me

Edizioni Lindau - Cahiers du Cinéma
euro 44,00

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