Caso arcinoto che sta assumendo ora dopo ora i tratti tipici del circo mediatico: quelli delle letture a senso unico, delle visioni manichee e dei reciproci arroccamenti. Ad Este non si parla d'altro. La difesa di don Paolino.
(Matteo Bianchi - Korazym.org) Caso arcinoto che sta assumendo ora dopo ora i tratti tipici del circo mediatico: quelli delle letture a senso unico, delle visioni manichee della realtà, dei reciproci arroccamenti. Stiamo parlando della storia di Alberto Ruggin, il giovane 21enne di Este, in provincia di Padova, allontanato dal coro della chiesa dopo aver ammesso pubblicamente di essere omosessuale. Cattolico praticante e una giovinezza trascorsa in parrocchia come animatore e catechista, Alberto è balzato alla ribalta dopo la sua partecipazione alla sfida tra gay ed etero di “Ciao Darwin”, su Canale 5.
Tanto è bastato perché il parroco, don Paolino, prendesse la sua decisione. Alberto ha così denunciato la cosa al Mattino di Padova, scatenando la corsa alle attestazioni di solidarietà (governatore del Veneto, Giancarlo Galan, in testa), ma anche raccogliendo un bel po’ di pubblicità. Immediata la nomina a responsabile regionale di Gaylib, che raggruppa gli omosessuali liberali e di centrodestra (Alberto è un militante dei Circoli della Libertà di Michela Vittoria Brambilla), immediate le richieste di interviste e di inviti, a cominciare da “Otto e mezzo” di Giuliano Ferrara, andato in onda ieri sera.
"Quel parroco sta poco in mezzo alla gente, - ha detto Alberto - per questo non mi meraviglia la sua reazione nonostante mi conosca da 13 anni". In paese, intanto, non si parla d’altro, mentre don Paolino e diocesi preferiscono la linea del silenzio. A parlare è stato Carlo Zaramella, amico di Alberto e responsabile dell’Acr della parrocchia, che invita a mettre la parola fine sulla vicenda, “scatenata da un giovane forse animato di carrierismo politico e fama hollywoodiana”. “Nessuno – dice al Gazzettino - discute, né deve permettersi di farlo, le scelte personali di Alberto, che conosco personalmente e che consideravo e considero un bravo ragazzo”.
E ancora: “Gli attacchi indiscriminati che stanno arrivando alla nostra chiesa e al nostro parroco don Paolino Bettanin non possono più passare sotto silenzio; chi, come me, ha lavorato e lavora da anni come educatore dei più giovani, conosce bene quanta ansia e preoccupazione paterna don Paolino mette ogni giorno nella vita del patronato, sempre pronto a dare una mano ed un consiglio cristiano a chi lo chiede”. Anche perché, si chiede Zaramella, cosa avrebbe dovuto fare il sacerdote? “Come opinione personale, - conclude - credo che non si possa sostenere che l'essere omosessuale rientri nella normalità delle cose, come invece vogliono far credere Alberto Ruggin ed altri”.
Il clima tuttavia, rimane incandescente, anche perché secondo la mamma dello stesso Alberto, il ruolo della parrocchia non si sarebbe limitato alla questione del coro. “Alla predica della messa di domenica - racconta la donna - il celebrante, don Ruggero Puliero, ha alzato la voce come non lo avevo mai sentito. Ha urlato contro i divorziati e contro gli omosessuali. Così ha voluto colpire anche me che sono divisa da mio marito. Non capisco come mai la chiesa faccia tutto questo polverone”.
Toni accesi, dunque, e vicenda difficile da interpretare, dal momento che non è ancora possibile sentire le due versioni. In ogni caso, se cacciata c'è stata, al di là delle posizioni del Magistero, rimangono in piedi gli interrogativi sull'approccio pastorale del parroco. Se il caso invece, è stato ingigantito, l'invito ad abbassare i toni è sacrosanto, anche perché la questione del rapporto tra Chiesa e omosessuali è molto più complessa. A riguardo, vi riproponiamo una nostra inchiesta, realizzata nel giorno del Family Day.
Cattolico e gay: la preghiera e il confronto
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